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Post n°82 pubblicato il 19 Settembre 2015 da bellegi0
La teoria della decisione è dominata da due diverse ed opposte impostazioni: i modelli istruttivi o normativi, che prescrivono al decisore il miglior modo per raggiungere l’obiettivo (la teoria della scelta razionale), e quelli descrittivi, che all’opposto si limitano ad osservare e prendere atto dei processi decisionali messi in atto dai soggetti nei contesti naturali. Anche nel campo dell’errore medico si confrontano questi due atteggiamenti. Due però sono i modelli normativi a confronto, collocati agli estremi di un continuum, quasi come due opposti estremismi: da un lato abbiamo i modelli bayesiani e dall’altro il cosiddetto risck management (RM). Secondo il primo filone il decisore per conseguire il suo intento basta che applichi in modo rigoroso il teorema di Bayes, cioè la complicata formula elaborata del reverendo inglese, che nel 700 codificò in modo statistico come devono essere riviste le probabilità alla luce dell’acquisizione di nuove informazioni. Per decidere correttamente serve quindi un soggetto iper-razionale, freddo calcolatore in grado di computare tutte le informazioni in suo possesso, fino a raggiungere la probabilità finale corretta per poi passare all’azione. Inutile dire che non è facile trovare nella realtà fattuale un soggetto in grado di portare a termine in tempi utili e di routine calcoli così complicati, ammesso che disponga di capacità mentali sufficienti e dei dati statistici necessari per applicare in modo impeccabile la fatidica formula. I decisori in carne ed ossa sono purtroppo affetti da una irrimediabile “razionalità limitata” individuale, formula coniata oltre mezzo secolo fa del premio Nobel per l'economia Herbert Simon per descrivere come in realtà vengono prese le decisioni nei contesti naturali: oggi si direbbe, in modo prosaico e scherzoso, che le persone utilizzano un metodo spannometrico. Sul versante opposto abbiamo il modello del RM in cui spariscono calcoli, formule matematiche e pensiero formale per lasciare spazio a semplici atti in una ben precisa sequenza, stabilita a priori e codificata in protocolli altrettanto rigorosi. Il RM si concentra solo sugli eventi avversi prevedibili, cioè quelli che possono essere evitati applicando in modo scrupoloso protocolli operativi, linee guida, check list, schemi d'azione etc.. predefiniti e, in quanto tali, garanti dell'efficacia/successo clinico. Da qui la definizione di errore, inteso come “fallimento nella pianificazione o esecuzione di una sequenza di azioni che determina il mancato raggiungimento, non casuale, dell’obbiettivo desiderato". Ma oltre alle sequenze preordinate di atti protocollari, in situazioni rischiose e quindi prevedibili, esistono purtroppo anche condizioni e circostanze imprevedibili, che interessano in particolare la fase diagnostica e che implicano processi cognitivi e comunicativi, ovverosia: raccolta ed elaborazione delle informazioni, valutazione probabilistica, interpretazione di sintomi e test clinici, rappresentazioni mentali, formulazione e verifica di ipotesi e degli effetti delle decisioni adottate etc... Insomma c’è di mezzo la mente, il pensiero e la cognizione umane, in tutta la loro misteriosa complessità, compresiva di bias cognitivi, limiti computazionali, euristiche, errori interpretatvi etc… Vale a dire quell'imprevedibile combinazione di circostanze e fatti che portano fuori strada e viene scartata a priori dal RM. Questo è il nodo cruciale e il limite ("errore"?) epistemico del RM! Il disinteresse per la mente da parte del RM è un retaggio del comportamentismo, che ha dominato per decenni la psicologia, fino all'avvento della cibernetica e poi del cognitivismo: vale a dire quell’impostazione metodologica che negava la rilevanza dei processi mentali all’interno della “scatola nera”, per dedicarsi solo alla registrazione degli effetti comportamentali (output) osservabili dopo opportuni stimoli esterni (input), sul modello dei riflessi condizionati scoperti da Pavlov. La prospettiva cognitiva è la via di mezzo tra le due opposte visioni, la razionalità assoluta bayesiana da un lato e l’impostazione comportamentista del RM dall'altro. Diciamo che per evitare o prevenire l'errore diagnostico/cognitivo possono essere utili protocolli operativi (ad esempio check list) ma soprattutto servono processi mentali meta-cognitivi e riflessivi, al fine di smascherare e stanare bias cognitivi, illusioni percettive, euristiche semplificate e automatismi mentali insiti nel pensiero etc. Quasi tutti i gravi errori medici, che comportano un evento avverso con pesanti conseguenze per i pazienti, sono dovuti al concorso, non sempre prevedibile, di concause organizzative, comunicative, operative e cognitive. P.S. Per analizzare i Quasi errori in medicina.... è stato creato un gruppo di discussione su FaceBook. Per contatti e iscrizioni: giusbel@teletu.it |
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MI PRESENTO....
Sono un medico di Medcina Generale che esercita la professione dal 1981 in un paese alle porte di Brescia in medicina di gruppo. Da anni svolgo anche l'attività di animatore di formazione nei ranghi della SIMG (Societa' Italiana di Medicina Generale), di ricercatore in Medicina Generale (audit, governo clinico, formazione sul campo, ricerche epidemiologiche ed osservazionali) tutor del tirocinio valutativo per l'esame di stato e docente alla scuola di formazione in Medicina Generale di Brescia.
Ho collaborato con le principali riviste Italiane della MG, come Occhio Clinico, Medicinae Doctor e rivista SIMG. Dall'inizio del secolo modero e partecipo alle discussioni pubbliche su Mailing Lista locali (rete UNIRE di Brescia), nazionali e sui gruppi professionali di FaceBook. I miei interessi spaziano dalla metodologia clinica alla psicologia cognitiva, alle medical humanities in generale, con paticolare riferimento alla diagnosi e all'errore in MG.
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