Creato da franco_delogu il 23/09/2008

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racconti dal giappone

 

 

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ONSEN!

Post n°9 pubblicato il 10 Dicembre 2008 da franco_delogu
 
Foto di franco_delogu

E’ da un po’ che penso di scrivere qualcosa sugli Onsen, ma non lo faccio mai. Quello che mi muove a scrivere è che gli Onsen sono adesso la cosa che mi piace di più del Giappone. Quello che mi ferma è che non so raccontare cosa hanno di speciale. Gli Onsen sono i bagni termali giapponesi. L’arcipelago nipponico è terra vulcanica attivissima e per questo le acque calde emergono in pozze e fiumi caldi in diverse migliaia di luoghi in tutto il Giappone. Ai giapponesi quest’acqua calda piace da impazzire e qui è strapieno di Onsen dappertutto. Ce ne sono di tutti i tipi. A pagamento o pubblici, al coperto o all’aperto, in riva al mare e in alta montagna, in mezzo al brulichìo delle giungle urbane di Tokyo e Osaka e nei piccoli villaggi sperduti nei boschi. Ce ne addirittura uno dove fanno il bagno i macachi selvatici. Ma io non sono un esperto. Ad ora sono stato solo in soli tre Onsen, due a Akone e uno a Wako-shi, a tre minuti di bicicletta da casa.
Solo di questo racconterò.
Tu entri e c’è un atrio dove ti levi le scarpe perchè il pavimento è di legno e si va scalzi. Le scarpe le lasci in uno stipetto. Poi fai il biglietto e ti danno un braccialetto elettronico, non quello agognato dai politici di destra, ma quello che serve come identificativo per comprare qualsiasi cosa dentro la struttura. Oltre i bagni termali infatti c’è un ristorante e un centro massaggi, negozietti, etc... Vabbè, veniamo al bagno vero e proprio. Sali le scale e da li tutto diventa doppio e simmetrico, nel senso che a partire da un corridoio centrale di accede al bagno maschile e a quello femminile che sono quasi uguali, ma vicendevolmente inaccessibili alle persone dell’altro sesso. Quindi se vai solo, o con una donna, varcata la soglia ti trovi davvero solo tra i marziani. La prima volta in assoluto è un po’ scioccante. Ogni comunicazione è impossibile, un po’ per la lingua, un po’ per l’abilità tutta giapponese di ignorare completamene le possibili fonti di imbarazzo. E tu sei fonte di imbarazzo. Così il tuo corpo diventa trasparente: non ti guardano, manco per errore. Più il tuo corpo è diverso dal loro, più sei fonte di imbarazzo, più loro non ti guardano. Fare la cosa giusta e non risultare imbranato o peggio maleducato richiede buon intuito, grande sforzo di osservazione e di interpretazione. E allora fai come le scimmie: imiti i marziani. Vedi che gli altri si spogliano completamente e tu ti spogli completamente, loro mettono tutto dentro un mobiletto e lo fai anche tu. Si dirigono tranquilli, con mini-asciugamanino in mano verso l’ingresso dei bagni e lo fai anche tu. Facile no? Per niente! Nonostante l’attenzione rischi di sbagliare tutto comunque. E io la mia prima volta ovviamente l’ho fatto violando la legge più importante di tutti gli Onsen dell’impero del Sol Levante: prima di entrare nelle vasche ci si deve lavare. Per questo ci sono decine di box attrezzati di doccia, saponi, sgabellino e bacinella dove farsi una bella doccia. L’acqua termale è rispettata, ha qualcosa di sacro, sicuramente fa parte dell’affolato olimpo scintoista. Insomma per nessuna ragione si deve sporcare. Io ovviamente ne lo sapevo, ne ho visto i box, e così ho fatto splash dentro l’acqua termale. Sono rimasto con la pelle asciutta dal petto in su, compresi i (pochi) capelli per un bel po’, a testimoniare il mio gravissimo delitto! Per di più con una stupida espressione finto-rilassata nel tentativo di nascondere l’imbarazzo della novità e simulare competenza onseniana e lunghi anni di navigazione nella giapponesità. Chissà la repulsione della gente che divideva con me la vasca! Se ci ripenso rido di nuovo. Dopo la disavventura, di cui comunque sono rimasto inconsapevole per tutto il mio primo giorno di Onsen, è iniziata l’esperienza.
Le vasche sono abbastanza grandi per contenere una decina di persone. Spesso sono fatte di legni profumati, altre volte di pietre naturali. Altre volte ancora, quelle con idromassaggio o funzioni curative speciali, sono più asettiche e assomigliano a basse piscinette con gradini. Ci sono vasche caldissime, altre tiepide, una freddissima. Poi c’è sauna, bagno turco, letti di pietra su cui scorre l’acqua
Quello che devi fare è aggirarti tra le vasche, trovarne una che ha un po’ di posto, entrare e stenderti o sederti. E poi? E poi non devi fare più nulla. Semplicemente devi stare là. La mia prima volta dopo cinque minuti volevo morire. Io non sono abituato a stare fermo. E poi non puoi leggere. Non hai nessuno con cui parlare. Puoi solo stare fermo e farti non-guardare dai giapponesi che magari stanno pensando “che schifo! C’è un Gaijin dentro la mia vasca!”. Magari è una mia paranoia, ma mi sembra che spesso quando entro io qualcuno esce. Comunque…è qua che è avvenuto il miracolo di cui ringrazio il Giappone. Lentamente dalla noia è emerso un nuovo senso per quel non-fare. Sono riuscito a rallentare, poi a fermarmi e stare fermo dentro l’acqua. Pensare all’acqua, a quanto è calda, a stare comodo, a sudare, a non avere freddo stando seduto in una sedia all’aperto, senza niente addosso a dicembre. Vedere dove comincia a sudare il tuo braccio inizialmente asciutto dentro la sauna. Vedere quanto ci mette.
Poi mentre stai fermo puoi guardare quello che succede intorno. Sono strane tante persone nude che si aggirano, in quasi perfetto silenzio, tra acqua, pietra e legno. Sembrano tante scimmie, anche se molto poco pelose. Ci sono gli scimmioni grandi e i cuccioli di scimmie. I cuccioli più grandicelli si aggirano giocosi, quelli molto piccoli non si aggirano e stanno avvinghiati al genitore. E’ strano stare là, senza compagnia, senza linguaggio, senza vestiti. Nudo in mezzo a centinaia di giapponesi nudi. Con le risse e la discoteca, è il contesto che più mi ha fatto pensare all’animalità degli esseri umani. Ma mentre la sfida fisica delle risse e i rituali non verbali del corteggiamento in pista ricordano il comportamento degli animali, qua è il corpo in se a farmi pensare alla nostra natura. Corpo che deambula nella sua struttura di quattro arti, tronco e testa. Corpo, con le pance che sbilanciano la simmetria dei grassi, la grinzosità della pelle dei vecchi, i muscoli degli atleti. Senza scarpe costose o vestiti di lavoro. Centinaia di corpi giapponesi, tutti diversi che stanno in acqua perché è piacevole. Come il gatto davanti al fuoco. Con un piccolo asciugamano ripiegato in testa, a occhi chiusi.
L’onsen è pieno di sensazioni per il corpo. Vissute senza distrazioni. Puoi avere freddissimo e poi smettere di pensare di avere freddo in una vasca di acqua completamente fredda. Magari pensare a altro, alla tua vita, alla tua cena, e poi dopo minuti ricordarti di essere dentro una vasca di acqua fredda e…ri-avere freddo. Se poi passi dal freddo all’acqua calda senti i mille piccoli spillini della circolazione del sangue che riprende a correre veloce. Lì però rischi di svenire.
E ancora, puoi provare i crampi tremendi causati dalla vasca dell’acqua elettrificata che all’onsen di Wako-shi è la principale attrazione. Tutti fanno la fila per stare dentro l’acqua elettrica. Si siedono tra i due poli e si beccano una bella dose di elettricità che fa contrarre tutti i muscoli della zona immersa. Ho provato. Ovviamente non lo sapevo, mica si vede, l’acqua è calma, sembra innocente e amica. Del resto come fai a prevedere che l’acqua possa essere elettrificata? Ho urlato, pensavo ad un corto circuito, credevo di morire. Qualcuno ha riso, per un attimo ho smesso di essere l’uomo invisibile. La scossa elettrica è qualcosa a cui non riesci ad abituarti, ispira alla fuga e all’urlo. I tuoi arti si ritraggono contro la tua volontà e devi fare un grande sforzo per farli ubbidire dicendogli di rimanere fermi a prendersi una bella scossa. E’ come se centinaia di crampi ti cogliessero insieme. Chissà se, e perché, fa bene. Più ti avvicini ad uno dei due poli più l’intensità della scossa diventa insostenibile. Dopo lento e progressivo allenamento sono riuscito a stare al centro dei due poli. Mai sono riuscito però a poggiare una parte del corpo ad uno dei poli, cosa che gli altri fanno con una tranquillità incredibile.
Vabbè, la finisco qui se no diventa un romanzo.
Comunque se venite in Giappone andate all’onsen, è proprio bello.

 
 
 
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