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MUTILILAZIONI FEMMINILI IN ITALIA SE FAContro le mutilazioni femminili il finto impegno dell'Italia pubblicata da INFORMAZIONE LIBERA il giorno martedì 7 febbraio 2012 alle ore 17.10 Nell'incontro con la premio Nobel yemenita Tawakkul Karman, in occasione della giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili, le istituzioni italiane cercano di nascondere l'inerzia del nostro paese
Luisa Betti - 06.02.2012
Invitata dal partito Radicale e dalla Ong “Non c’è pace senza giustizia”, la premio Nobel yemenita Tawakkul Karman è arrivata ieri a Roma nella giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili (MGF), un fenomeno che nel mondo coinvolg 130 milioni di donne e che ogni anno viene praticata su un numero di bambine stimato tra i 2 e i 3 milioni, per la maggior parte sotto i 14 anni. Una tortura millenaria presente in 26 Stati africani, ma anche in Egitto, nello Yemen e in tutto il Medio Oriente dove, secondo il World Report 2012 di Human Rights Watch, sarebbe in aumento in Iraq e nel Kurdistan, dove la mutilazione verrebbe imposta a circa il 40% delle ragazze. Una pratica non estranea neanche all’Europa dove, secondo stime Ue, sarebbero circa 500.000 le donne residenti infibulate, mentre in Italia ci sarebbero 93.000 donne a rischio, tra cui 7.700 bambine.
Per chi non lo sapesse, le MGF vanno dall’asportazione parziale della clitoride all’asportazione totale, comprese le grandi labbra, con cucitura degli organi genitali femminili esterni: un’operazione che lascia una fessura solo per l’uscita di urina e mestruazioni, con conseguenti e terribili dolori durante i rapporti sessuali, e con lacerazioni gravissime durante il parto. L’operazione, praticata senza conoscenze mediche, senza anestesia e fatta con coltelli, pezzi di vetro, ferro e rasoi non sterilizzati, provoca infezioni tali da causare morte, cheloidi, tetano, infertilità, e pus permanente.
In una giornata così, fatta di appelli e di richiami a diverse Convenzioni internazionali che la MGF violerebbero (Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, Convenzione dei diritti del fanciullo, Convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne, Carta africana sui diritti e il benessere del fanciullo, Carta africana dei diritti umani e dei popoli), le istituzioni italiane a colloquio con Tawakkul Karman, che - oltre ad aver ricevuto il premio Nobel per la pace 2011 insieme a Ellen Johnson Sirleaf (presidente della Liberia) e a Leymah Gbowee (fondatrice del movimento pacifista delle “donne in bianco”) - è una la leader della primavera araba nello Yemen, si sono prodigati in convenevoli di circostanza e in esaltazione del ruolo delle donne in totale contrasto con la realtà che viviamo in Italia.
E se il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, si è limitato, riferendosi alla MGF, a un generico “noi siamo fortemente impegnati nella lotta contro questa pratica e la presenza di Karman Roma è un motivo per ricordare il nostro impegno”, nell’incontro a palazzo Giustiniani il presidente del Senato Renato Schifani ha detto di essere “sempre a fianco delle donne che si battono per l'affermazione della libertà”, riconoscendo che “il contributo che l'universo femminile è in grado di offrire, passa necessariamente per il riconoscimento della sua autonomia che significa, prima di ogni altra cosa, diritto ad accedere al mondo dell'istruzione e del lavoro”, aggiungendo infine che la questione femminile è “decisiva anche nell’era della globalizzazione”.
Parole che in realtà sembrano di circostanza in un’Italia che, come già osservato dalle Nazioni Unite e dal Cedaw, appare oggi come uno dei paesi europei che dà meno peso alla presenza e al ruolo delle donne nella società e tanto meno si interessa a proteggere le donne dalla violenza (come dimostrano i 18 femmicidi registrati dall’inizio del 2012 a oggi). A parlare chiaro su questo, è il fatto che l’Italia, come ha sottolineato in questi giorni Amnesty International, non abbia ancora né firmato né ratificato la “Convenzione del Consiglio d'Europa per prevenire e combattere la violenza contro le donne e la violenza domestica”, redatta a maggio dell’anno scorso a Istanbul e già firmata da 18 stati europei, in cui è compresa una chiara posizione per proteggere le donne e le bambine dalle mutilazioni dei genitali femminili. Come nessuna risposta ha avuto Aidos (Associazione italiana donne per lo sviluppo), che giorni fa ha indirizzato una lettera aperta ai ministri del Welfare con delega alle Pari opportunità, della Salute, degli Esteri e della Cooperazione per chiedere quale fosse l’impegno attuale dell'Italia nella lotta alle MGF. http://www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN/6427/ Condividi · · |
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