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GUERRA  MONDIALE IMMINENTE

Post n°449 pubblicato il 31 Agosto 2008 da dammiltuoaiuto
 

A SIAMO DAVVERO SULL'ORLO DI UNA GUERRA MONDIALE?


Di redazione (del 31/08/2008 @ 02:58:57, in Osservatorio Internazionale, linkato 452 volte)





La prima pagina del quotidiano olandese " De Telegraaf" con la notizia dell'imminente attacco aereo all'Iran.


 


“ De Telegraaf”, il più diffuso quotidiano dei Paesi Bassi, dedica
la prima pagina alla notizia secondo la quale i Servizi Segreti
olandesi avrebbero aiutato la CIA nella preparazione di un attacco
aereo, ormai considerato imminente, contro l’Iran.


Secondo informazioni che il quotidiano ha avuto da fonti
strettamente riservate l'AVID, vale a dire il Servizio Segreto
olandese, avrebbe interrotto tutte le operazioni in corso in Iran e
richiamato i propri agenti in quanto ritiene che l’attacco possa già
essere sferrato nelle prossime settimane.


“ De Telegraaf” riferisce inoltre che l’operazione, che ha già
ottenuto l’avallo del Pentagono, dovrebbe essere condotta con aerei
senza pilota e avere come targets i siti nucleari e alcune
installazioni militari.


Per leggere la notizia originale:


http://www.telegraaf.nl/binnenland/1796098/__Aanval_op_Iran_verwacht__.html?cid=rss


 


Immediata la risposta iraniana.


Il Generale Massoud Yazayeri nel corso di un briefing ha dichiarato
che: “ (…) un attacco contro l’Iran significherebbe lo scoppio di una
guerra mondiale”.



Il Generale Massoud Yazayeri


L’alto ufficiale ha poi proseguito sottolineando come: “ La
prepotenza senza limiti della dirigenza americana (…) sta
progressivamente portando il mondo sull’orlo di un precipizio. Prova ne
sono i conflitti in Afghanistan, Iraq, Sudan e Georgia”. ( Fonte Irna).


Redazioneonline- Osservatorio Internazionale


 
 
 

E IO  PAGO I TERRORISTI

Post n°448 pubblicato il 31 Agosto 2008 da dammiltuoaiuto
 

GOVERNO COLOMBIANO: "COSÌ RIFONDAZIONE AIUTÒ I RAPITORI DELLA
BETANCOURT"
MEMBRO DELLE FARC RICOVERATO IN SVIZZERA A SPESE DEL PARTITO DI
BERTYNIGHTS
ECCO COME ROMA ACCOGLIE INGRID – CHE COSA LE DIRÀ VELTRONI,
STASERA A CENA?









1 - "COSÌ RIFONDAZIONE AIUTÒ I
RAPITORI DELLA BETANCOURT"
Omero Ciai per La Repubblica

Un
Dossier del governo colombiano accusa Rifondazione comunista di aver avuto una
relazione con le Farc che va oltre i semplici "contatti politici". Sulla
base delle mail e dei documenti rinvenuti nei computer di Raul
Reyes, il numero due della guerriglia ucciso il primo marzo, emergono
appoggi espliciti, raccolta di fondi, scambio di informazioni e la vicenda di un
rappresentante in Europa delle Farc che si ricovera in clinica in
Svizzera a spese del partito.

In una email datata 4 dicembre 2004
Marco Consolo, allora incaricato dell'America Latina presso la
sezione esteri del partito, scrive a Raul Reyes sulla nomina di
Ingrid Betancourt "cittadina onoraria di Roma". Consolo che
si firma come "Il suo amico dall'altra parte dell'Oceano" scrive: "Caso
Ingrid. Come tu sai è diventata una questione fortemente internazionale.
Nonostante il fatto positivo che significa per mantenere aperto lo spazio del
negoziato (immagino che sia questa la tua valutazione) c'è il rischio concreto
che diventi un boomerang...".

In seguito informa il vice capo delle
Farc delle iniziative che Rifondazione sta proponendo al Comune di Roma a
favore delle trattative tra governo colombiano e le Farc ma conclude
"Devo dirti però che il sindaco (Veltroni, ndr.) è una stella del
firmamento e, nonostante nel governo locale ci stiamo anche noi, fa
olimpicamente tutto per conto suo senza neppure avvisarci...". Poi
Consolo invia i saluti di Mantovani (allora capo della sezione
esteri); invita un rappresentante delle Farc al Congresso del partito che
però dovrà partecipare "bajo otro sombrero", ossia in incognito; ed accenna ad
un caso personale del leader Farc, forse si tratta dei figli di
Reyes, e consiglia la Spagna piuttosto che l'Italia come luogo dove
possano essere ospitati.

Dal 2002 le Farc sono finite nella
"lista nera" dell'Onu e dell'Unione europea e sono state dichiarate
"organizzazione terrorista" sia per il sequestro dei civili - dopo la
Betancourt, liberata da un blitz, nelle loro carceri ci sono ancora 700
ostaggi - , sia per il coinvolgimento nel traffico della cocaina e relazioni
così fraterne non sono solo politicamente inadatte ma anche vietate e
clandestine. Non è un caso che da un certo momento in poi, secondo il governo
colombiano, i responsabili di Rifondazione cominciano ad usare dei nickname (Max
e il Poeta) nelle loro comunicazioni con le Farc.

Insieme a
Reyes il contatto di Rifondazione con le Farc è il loro
rappresentante in Europa Lucas Gualdron. Grazie a Rifondazione che paga tutto
(medicine comprese), Gualdron si ricovera in una clinica in Svizzera per qualche
tempo. Poi scrive a Reyes e gli racconta tutto scrivendo che quelli di
Rifondazione "hanno voluto tutte le ricevute". Ma il rapporto con Gualdron è
molto fluido: si parla di politica, di iniziative comuni, di contributi, di
altri membri delle Farc da aiutare in Italia. Ad un certo punto Gualdron
informa di denaro raccolto per le Farc da Rifondazione e lo invia (una
volta mille, un'altra volta 400 euro).

In un'altra email Reyes
definisce "Ramon" un loro "appoggio speciale" in Europa e di
Consolo scrive: "Con Marco Consolo abbiamo una relazione
politica da molti anni e loro di Rifondazione ci forniscono un importante
sostegno in Italia". In un altro messaggio Gualdron si dispera con Reyes
perché ha saputo che Consolo sta per essere spostato ad altro incarico e
teme di perdere "un contatto importante", ma poi si calma quando Consolo
si reca a visitarlo in Svizzera e gli presenta il suo successore, (Fabio Damato,
scrive Gualdron, ma si tratta di Fabio Amato) assicurandogli che tutto seguirà
come prima.

Nella stessa riunione si parla del nuovo governo Prodi -
siamo nel giugno 2006 - e Gualdron, nell'email a Reyes, cita Gennaro
Migliore, nuovo capo del gruppo parlamentare di Rifondazione alla Camera, come
"molto amico nostro" e gli ricorda che lo conosce perché si sono incontrati. Di
D'Alema, ministro degli Esteri, Gualdron dice che Rifondazione propone: "di
fronte al noto ego di D'Alema di scrivere una lettera direttamente a lui". E
aggiunge che i suoi interlocutori adesso sperano di essere più efficaci
nell'aiuto alle Farc perché c'è un vantaggio: "Rifondazione è
indispensabile per formare il governo".


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In
tutto si tratta di due centinaia di documenti dai quali, secondo il governo
colombiano, emerge un sostegno che va al di là delle "relazioni politiche" con
un gruppo considerato "terrorista da Ue e Onu" e che teneva in ostaggio
Ingrid Betancourt, circostanza della quale i funzionari di
Rifondazione sembrano preoccuparsi solo perché può diventare "un boomerang". È
come se lo spartiacque del 2002 non ci fosse. Fallite le trattative di pace
quando il nuovo governo colombiano proibisce qualsiasi contatto con le
Farc perché è ricominciata la guerra, Rifondazione fa finta di niente e
prosegue segretamente i rapporti tanto che Consolo scrive a Reyes
che spera di andarlo ad incontrare con una delegazione nella quale ci saranno
"compagni più importanti di me". Rintracciato da Repubblica, l'ex responsabile
della sezione esteri di Rifondazione, Ramon Montavani, non ha voluto
rilasciare dichiarazioni.

2 - INGRID BETANCOURT ARRIVA A ROMA -
DOMANI DAL PAPA POI DA NAPOLITANO
Repubblica.it

Arriva a
Roma, per una visita di quattro giorni in Italia, Ingrid
Betancourt. L'ex ostaggio delle Forze armate rivoluzionarie colombiane
(Farc), sequestrata per oltre sei anni, finalmente realizza uno dei primi
desideri espressi all'indomani della sua liberazione avvenuta il due luglio
scorso: incontrare il Papa.

Il primo impegno nella capitale della
franco-colombiana, che è una fervente cattolica, sarà una visita alla Comunità
di Sant'Egidio, seguita stasera da una cena con il leader del Pd Walter
Veltroni. Poi domani, lunedì primo settembre, sarà il giorno clou della
sua permanenza in Italia: alle 12 Ingrid Betancourt, accompagnata
dai suoi familiari, verrà ricevuta da Benedetto XVI, ancora nella residenza
estiva di Castel Gandolfo. A gennaio, quando Ingrid era ancora
prigioniera, il Papa aveva incontrato la madre Yolanda Pulecio. Poi, nel
pomeriggio, è prevista anche una visita alla Basilica di San Pietro e alla
Cappella Sistina.

Ospite della provincia di Roma, lunedì l'ex ostaggio
vedrà anche il presidente Nicola Zingaretti a Palazzo Valentini, dove è prevista
una conferenza stampa. Nell'annunciare nei giorni scorsi la visita di
Ingrid Betancourt, Zingaretti ha ribadito l'impegno "per il
rilascio di tutti gli ostaggi prigionieri delle Farc e la riconciliazione
in Colombia" e rilanciato "la campagna internazionale per l'assegnazione del
premio Nobel a questa grande donna".

Martedì 2 settembre l'ex candidata
alla presidenziali della Colombia - che nel 2002 fu rapita proprio durante la
campagna elettorale - incontrerà alle 11 al Quirinale il presidente della
Repubblica Giorgio Napolitano. Secondo quanto si legge sul
programma della sua visita in Italia, alle 12.30 sarà quindi ricevuta in
Campidoglio dal sindaco di Roma, Gianni Alemanno, e alle 15 dal ministro degli
Esteri, Franco Frattini, alla Farnesina. Concluderà la sua permanenza a Roma una
visita alla senatrice a vita e premio Nobel Rita Levi Montalcini.

Il
giorno dopo, a Firenze, Ingrid Betancourt riceverà la cittadinanza
onoraria e il Giglio d'oro in una cerimonia alle 11 a Palazzo Vecchio. Nella
sede della prefettura, vedrà nel pomeriggio il presidente della Camera,
Gianfranco Fini, senza tralasciare visite turistiche al Ponte Vecchio e agli
Uffizi. Il viaggio in Italia si concluderà giovedì mattina con una visita a
Pisa: nel pomeriggio la partenza per New York.


Dagospia 31 Agosto
2008
 

 
 
 

verso il baratro 

Post n°447 pubblicato il 26 Agosto 2008 da dammiltuoaiuto
 

l'Italia sta diventando quarto mondo... metà italia in mano alle mafie
con delinquentelli che sfottono le forze dell'ordine... un presidente
del consiglio proveniente dalla p2 con legami diretti con la mafia...
un'immigrazione costituita prevalentemente da analfabeti,
ignoranti,accattoni e criminali (le nostre università non attirano di
certo matematici indiani o ingegneri cinesi)...denaro pubblico sprecato
per i benefici delle caste....debito pubblico in mano a banche private
americane che ogni anno prendono dalle nostre tasse 90 miliardi di euro
di interessi...le nuove generazioni prive di prospettive (una casa
costa 200000 euro... lo stipendio di un cococo sapete quant'è?)....il
parlamento non rappresenta il paese ma solo il duopolio veltroni
berlusconi e pochi interessi di casta...le poche istituzioni che
funzionano o non hanno i mezzi per operare (università di eccellenza e
istituzioni di ricerca privi di fondi)... o è impedito loro di
funzionare.... la giustizia è allo sfascio...nove anni per un processo
civile... la medicina convenzionata privata in alcune regioni è
controllata da piccole mafie locali... come comunione e liberazione....
il vescovo bagnasco rivendica il diritto di fare politica e nessun uomo
politico rilascia una dichiarazione sulla laicità dello Stato...la
massoneria è diventata un covo di delinquenti affaristi ignoranti che
non ha nulla a che spartire con quella risorgimentale Gli ultimi due
gravissimi episodi di stupro, furto e violenza ci fanno vergognare una
volta di più della situazione in cui si trova il nostro paese.
Turisti
tedeschi e olandesi, abituati a nazioni civili, si ritrovano a vivere
scene da film horror sulla propria pelle.Ma è inutile che adesso i
politici parlino a vanvera una volta di più cercando di darsi la colpa
a vicenda.

IL SISTEMA GIUDIZIARIO ITALIANO E' STATO INDEBOLITO
IN MANIERA SCIENTIFICA da una classe politica collusa con la
criminalità organizzata.
Trasferimenti ingiustificati e vergognosi
(Forleo e De Magistris), leggi ad personam, un parlamento pieno di
avvocati del piduista e soprattutto la legge vergogna dell'indulto ci
hanno portato ad essere un paese dove la giustizia non è più garantita.

E purtroppo con la ripresa dei "lavori" parlamentari , la giustizia si ritroverà nuovamente sotto attacco

PAOLO  CARINCI

 
 
 

NUCLEARE  NO GRAZIE

Post n°446 pubblicato il 26 Agosto 2008 da dammiltuoaiuto
 

nserito il 07 luglio 2008 alle 12:51:23 da Enrico Turrini.








ENERGIA NUCLEARE: UNA SCELTA SBAGLIATISSIMA (di Enrico Turrini)

Dati i gravi problemi ambientali dovuti all'utilizzo sempre crescente delle fonti energetiche fossili (carbone,
petrolio
e gas), si cerca di porre un particolare accento sull'importanza di uno
sviluppo crescente delle fonti energetiche nucleari. Cercherò di
esporre i gravi pericoli che una tale scelta comporta, utilizzando
anche la mia
diretta esperienza, avendo lavorato per molti anni in questo campo.

Dati
i gravi problemi ambientali dovuti all'utilizzo sempre crescente delle
fonti energetiche fossili (carbone, petrolio e gas), si cerca di porre
un particolare accento sull'importanza di uno sviluppo crescente delle
fonti
energetiche nucleari. Anche in Italia si pensa giá alla
costruzione di centrali nucleari, non dando più alcuna importanza alla
vittoria antinucleare ottenuta con il referendum dell'8 novembre del
1987. Non é un caso che l'Africa, che si conidera possegga circa il 20%
delle riserve mondiali di uranio, sta suscitando l'interesse di varie
multinazionali del nucleare.

Cercherò di esporre i gravi
pericoli che una tale scelta comporta, utilizzando anche la mia diretta
esperienza, avendo lavorato per molti anni in questo campo. I reattori
nucleari oggi in funzione e in fase di realizzazione nel Mondo sono
reattori termici che utilizzano uranio 238
arricchito al 3 - 4% con
uranio 235 fissionabile. Nel reattore avviene una fissione nucleare
attraverso una reazione a catena, dove piccole particelle chiamate
neutroni rompono gli atomi di uranio 235 producendo un forte calore
che mette in funzione una turbina a vapore e di seguito un alternatore per la produzione di energia elettrica.

In
questa reazione si formano grandi quantità di rifiuti radioattivi. In
funzionamento normale una centrale nucleare emette radioattivitá
all'esterno in piccole dosi, che però possono ugualmente provocare
gravi danni agli esseri viventi quando questi vi rimangono esposti per
lunghi periodi. Faccio qui solo un breve accenno ai reattori veloci
fortemente arricchiti in uranio 235 fino al 60% o plutonio 239. Sono
reattori estremamente pericolosi e per questo per il momento è stato
messo fuori servizio anche l'unico reattore veloce in funzione, il
Superfenex francese. Gli incidenti ai reattori possono avvenire
soprattutto per rottura di valvole o tubazioni dove scorre il
refrigerante; è impossibile pensare di poterli eliminare al 100% e le
conseguenze possono essere catastrofiche.

Si
pensi a Chernobyl, dove si calcola che nell'arco di 70 anni dalla data
dell'incidente si siano formati e si possano formare piú di 1 milione
di casi tumorali. Se il numero dei reattori dovesse aumentare nelle
prossime decine di anni di un fattore 10 o piú, si avrebbero migliaia
di reattori
funzionanti con una probabilitá di un incidente grave
ogni 3 - 4 anni, secondo uno studio del noto scienziato Rasmussen degli
Stati Uniti.

Naturalmente non si deve dimenticare che incidenti
micidiali possano essere causati da attentati terroristici, guerre,
ecc. Un pericolo estremamente grave e inevitabile è quello delle
scorie, le quali possono mantenere alti gradi di radioattivitá per
decine ed anche centinaia di migliaia di anni e devono quindi rimanere
isolate dall'ambiente. Anche se depositate in contenitori sotterranei
non si sono trovate soluzioni soddisfacenti. Di conseguenza aumentano
di anno in anno i depositi provvisori di scorie ed i trasporti
estremamente pericolosi delle stesse da un Paese all'altro.
Inoltre è sufficiente un terremoto per liberare radioattività in dosi catastrofiche. Cosa lasciamo alle generazioni future?

Vi
sono poi in funzione stazioni di riprocessamento delle scorie
radioattive, che emettono forti dosi di radioattività nelle zone
circostanti, dove si registra un aumento notevole delle leucemie (anche
se non si parla apertamente di queste cose), stazioni che possono
estrarre e mettere a disposizione plutonio radioattivo utilizzabile per
la costruzione di bombe atomiche. Qui nasce il problema del forte
legame nucleare civile - nucleare militare, per cui un Paese con
centrali nucleari puó facilmente arrivare a costruirsi bombe atomiche.

Inoltre
la pericolositá del nucleare civile a seguito di incidenti non solo
casuali, ma dovuti, come accennato presedentemente, a sabotaggi e la
forte militarizzazione che il nucleare civile comporta per ragioni di
sicurezza,
sono altri aspetti che mostrano la stretta parentela nucleare civile - nucleare militare.

Alcune
considerazioni ora sui reattori a fusione nucleare che per il momento
sono solo in fase di studio, dove la fusione avviene per collisione di
nuclei di elementi a basso numero atomico come il deuterio derivato
dell'idrogeno. Si puó avere una fusione calda a temperature di decine di
milioni
di gradi, che però comporta la necessità di impianti di dimensioni
mastodontiche, forte inquinamento termico, inquinamento nucleare dovuto
alla produzione locale di prodotti di fissione radioattivi ed inoltre
rimane
sempre forte il collegamento nucleare civile - nucleare militare.

Si
parla anche di fusione fredda, ma questa è ancora un sogno per il
momento, ed inoltre non verrebbero per nulla risolti i problemi di
emissione di radioattivitá ed il legame civile - militare. Si cerca di
difendere la
fusione dicendo che questa si genera nel sole e
permette di inviarci una splendida energia. É verissimo, ma nel sole
non vi sono esseri viventi, quindi il problema dei pericoli della
radioattivitá non esistono, e i raggi di energia del sole che
raggiungono la terra sono totalmente esenti da ogni
forma di
radioattivitá. Ci possiamo quindi chiedere: è compatibile con il
diritto alla vita e alla pace l'utilizzo di tecnologie «inquinanti»
anche in funzionamento normale e che comunque non sopportano mal
funzionamenti e
presuppongono un medio ambiente perfetto, dove non
si verificano terremoti, uragani, ecc. , ed una societá perfetta dove
non esistano rivalità tra gli Stati e non si programmino azioni
terroristiche e guerre?

Penso si possa rispondere a questa
domanda con un chiaro no. Per fortuna abbiamo, se lo vogliamo, una via
d'uscita dai pericoli dei combustibili fossili e nucleari, la via delle
fonti energetiche rinnovabili, ossia solari dirette (termiche e
fotoelettriche) e indirette (acqua, vento, biomassa) con un loro
utilizzo efficiente. Si tratta di fonti che, oltre ad essere pulite al
100%, sono inesauribili finché esiste il sole, presenti in forma
decentralizzata e sovrabbondanti in ogni Paese per cui danno vera
indipendenza e sicurezza a tutti i popoli, al contrario delle fonti
fossili e nucleari, inquinanti, nelle mani dei potenti ed in
esaurimento.

Ognuno di noi dovrebbe proporsi di discutere in
famiglia, tra amici e nei circoli che frequenta, queste problematiche
perché le persone si facciano sempre più colte, capaci di giudicare
oggettivamente i fatti e nasca cosí la voglia di impegnarsi in comune
per incamminarsi in direzione della vita.



Enrico Turrini

Enrico
Turrini, fisico di origine trentina, già componente del comitato
scientifico dell'Università internazionale delle Istituzioni dei Popoli
per la Pace e presidente della Camera dei ricorsi di Fisica II
dell'Ufficio europeo dei brevetti di Monaco di Baviera (Germania), dove
vive. E amico di GRILLOnews.

 
 
 

E  IO  PAGO

Post n°444 pubblicato il 13 Agosto 2008 da dammiltuoaiuto
 

ECCO   COME LO STATO  PREMIA...........
 
ci vuole  una bella  faccia tosta   penso  ai disabili  con pensioni da 240 euro mensili
 
12 agosto 2008 - 
A casa con la borsa piena
 
 
 
L'ex governatore dell'Abruzzo, ora ai domiciliari dopo 28 giorni di carcere per lo scandalo nella sanità della sua Regione, riceverà un indennizzo di 24mila euro per la fine dell’attuale consiglio regionale. Che ne pensi? 
 
 DA  LIBERO .IT

 
di Redazione
Dopo lo scandalo sanitario e i 28 giorni di carcere a Sulmona, per Ottaviano Del Turco, presidente della Regione Abruzzo, si sono aperte le porte della prigione e fra poco anche quelle della cassa regionale. Se infatti il giudice per le indagini preliminari Maria Michela Di Fine ha concesso i domiciliari a Del Turco (che dopo la sospensione dal suo partito, il PD, si è dimesso, sì, dalla carica di governatore, ma non anche da quella di consigliere), d'altra parte quando diventerà ufficiale la decadenza dell'attuale consiglio regionale, tutti, coinvolti nell'inchiesta e non, percepiranno la buonuscita prevista dal regolamento. Si tratta, stando a quanto scrive Libero di oggi, martedì 12 agosto, di circa di 24mila euro, ai quali andrà a sommarsi anche un vitalizio mensile che dovrebbe aggirarsi fra i 3 e i 6mila euro.
Sommando tutti gli indennizzi e le buonuscita si raggiunge più o meno la cifra di un miliardo di euro: un non poco oneroso impegno per il già disastrato bilancio regionale sul quale pesa, fra le altre voci, proprio quel buco causato dai debiti accumulati nella sanità. Non si potrebbe evitare di pagare almeno chi è coinvolto nello scandalo di "sanitopoli"?
 
E IO  PAGO
 
sono 30 anni e forse piu che in Italia esiste la questione morale, una disonesta' dilagante a tutti i livelli, e sempre assurdamente tollerata, ma quando si arriva a questi livelli e' giunto il momento di prendere una posizione netta e chiara al di la del convincimento politico di ciascuno di noi. Il problema esiste, come lo si affronta? L'esperienza mi dice che e' necessario affrontarlo con la dovuta serieta e col dovuto rigore, e che quindi e' il momento di finirla con i distinguo e le sottili disquisizioni tra i cosiddetti giustizialisti ed i diversamente giustizialisti. E' necessario che la societa' nella sua interezza abbia fiducia delle forze dell'ordine e della magistratura anche se talune volte puo commettere errori, ma di astenersi dal prendere parte attivita in ogni senso a favore di persone inquisite e per di piu per ragioni di apparteneza politica.Invito umilmente tutti di qualsiasi parte politica di rispettare le istituzioni e non denigrarle.Mi sento  letteralmente  preso in giro  quando personaggi  del genere portano  dopo aver affossato  la sanita'  
vegono  premiati  dalle istituzioni  in questo modo  mi  rabbrividisce
PAOLO CARINCI

 
 
 

LA STORIA RISCRITTA

Nell’ultimo giorno del viaggio in Brasile, il Papa Benedetto XVI decide di riscrivere la storia dell’America Latina.

Forse deluso della fredda accoglienza brasiliana, Benedetto XVI decide di spararla più grossa del solito e travisare l’intera storia della Chiesa in America Latina, cancellando di fatto le riflessioni autocritiche sollevate da Papa Wojtyla in passato. Secondo Ratzinger e la sua idilliaca visione della storia, infatti, “l’annuncio del Vangelo non comportò in nessun momento l’alienazione delle culture precolombiane, né fu un imposizione di una cultura straniera”, anzi il Papa ha tenuto a precisare che “i popoli precolombiani attendevano il Verbo, che cercavano senza saperlo”. Ricordiamoci quindi di gettare tutti i libri di storia che abbiamo nelle nostre case, i Conquistadores che sconvolsero tradizioni, religioni e culture millenarie con l’aggressione e con la forza non sono realmente mai esistiti, sono solo leggende.

Mi sembra a questo punto che si stia veramente scadendo nell’assurdo, non può essere ammissibile che si arrivi a sconvolgere in questo modo la storia, anche se è un Papa a farlo. Siamo giunti al revisionismo storico, al completo stravolgimento della realtà. La negazione di anni buoi per il Cristianesimo e per l’Europa in generale non è e non può essere più tollerabile. Un Papa come Ratzinger che dice basta ai regimi autoritari nel Mondo quando è proprio la Chiesa di Roma ad essere tornata autoritaria ed addirittura negazionista fa veramente paura. Non bastavano forse le scomuniche a suo dire “giuste” per i messicani che depenalizzavano l’aborto o quelle minacciate in Brasile per l’uso di anticoncezionali, già sintomi di incredibile irresponsabilità verso “l’avvenire dei popoli”, considerando i problemi di Aids o di morti causate da aborti illegali?

Nessun cattolico dovrebbe accettare tali dichiarazioni, la storia non si deve occultare, i metodi coercitivi e violenti con i quali più di 500 anni fa si è imposto una religione cancellando intere culture non possono essere rivisti, è un’offesa alle intelligenze di tutti e soprattutto un offesa verso tutte le popolazioni indigene dell’America Latina, sebbene ora cattoliche. I popoli indigeni di sicuro non aspettavano l’evangelizzazione, è assurdo anche solo pensarlo; si è trattato invece del più grande genocidio della storia delle Americhe. Solo nel 1992 Papa Wojtyla aveva ammesso giustamente le colpe della Chiesa, chiedendo apertamente scusa ai popoli indigeni latinoamericani per il vergognoso passato; a distanza di soli 15 anni è arrivato Ratzinger a riscrivere interamente la storia.

Se ci indigna la negazione dell’Olocausto ci deve indignare allo stesso modo il negazionismo papale, altrimenti ci si deve aspettare, a questo punto, anche una nuova versione storica delle Crociate…

 
 
 

Argentina 24 marzo 1976: golpe militare. Nuovi documenti confermano l’appoggio USA

Post n°442 pubblicato il 13 Agosto 2008 da dammiltuoaiuto
 

Sono passati 31 anni dal giorno in cui un golpe militare cambiò tragicamente la storia argentina. In quest’ennesimo anniversario è d’obbligo ricordare le innumerevoli vittime e denunciare i colpevoli, in memoria uno sterminio silenzioso e a purtroppo a lungo taciuto. Intanto emerge sempre più l’appoggio statunitense al governo militare.

desaparecidosIl 24 marzo 1976 una giunta militare composta dal generale Jorge Videla, comandante in capo dell'esercito, dall'ammiraglio Emilio Eduardo Massera, comandante della marina militare, e da Orlando Ramon Agosti, comandante dell'aeronautica, prese il potere con un golpe si stato. Oggi 24 marzo 2007, a distanza di 31 anni, siamo qui a parlare di 30 mila desaparecidos (il 30% di origine italiana), 2.300 omicidi politici ed oltre 10.000 arresti politici, 2 milioni gli esiliati. 500 sono invece i bambini che sono stati sottratti brutalmente alle proprie madri, prima sequestrate e poi sistematicamente uccise dopo il parto, per essere affidati alle famiglie dei militari.

In Argentina, diversamente da quello che avveniva nel vicino Cile di Pinochet, venne adottata una “strategia rivoluzionaria”. Niente arresti di massa o fucilazioni, sebbene fosse subito proclamata la legge marziale, ma sequestri illegali, torture e infine l’eliminazione fisica. Crimini raccapriccianti, un genocidio selettivo, che eliminò con una feroce repressione tutti i meccanismi di solidarietà creati all’interno delle organizzazioni dei lavoratori e dei movimenti sociali urbani, ma anche tanta gente comune, non necessariamente di sinistra: intellettuali, professionisti, operai.

golpe argentinaPerò Argentina e Cile condividono buona parte delle motivazioni che sfociarono con le rispettive dittature militari, sono infatti gli esempi classici di come negli anni settanta, tanto semplicemente quanto brutalmente, venne imposto il neoliberismo in molti paesi in via di sviluppo, ossia attraverso un colpo di stato militare, appoggiato dalle classi dominanti tradizionali, oltre che dal governo statunitense (ora a quanto pare invece primo esportatore mondiale di democrazia). Anche in Argentina infatti al golpe seguirono i prestiti del Fondo Monetario Internazionale e l’affidamento dell’economia ai “Chicago boys” (gruppo di economisti chiamati così in virtù della loro adesione alle teorie neoliberiste di M.Friedman che insegnava all’università di Chicago). Proprio con il golpe gli Usa, in stretta alleanza con i militari riuscirono, a trasformare anche l’Argentina in una cavia di capitalismo estremo, reprimendo qualsiasi movimento di opposizione, e iniziando un opera conclusasi poi con l’Argentina di Memen, rendendo definitivamente il paese schiavo del FMI, del fondamentalismo di libero mercato e dell’ortodossia neoliberista.

Come spesso accadeva quindi c’era l’ombra statunitense ad appoggiare i regimi autoritari e le storie di violenze contro i movimenti popolari, esclusivamente per meri interessi economici e di sfruttamento. Gli Usa infatti accettavano, in particolare in America Latina, l’utilizzo di dittature militari repressive, appoggiandole e stringendoci forti alleanze economiche, sorvolando sulla violazione di qualsiasi diritto di base.

desaparecidos argentinaGli ultimi tasselli per capire la connessione Usa – Argentina sono usciti fuori dagli archivi statunitensi e sono stati resi noti dai National Security Archives, un’organizzazione universitaria non governativa americana molto attiva nel campo della ricerca. Aggiungono qualche particolare a quanto già si sapeva rispetto all’atteggiamento di Washington e dei suoi rapporti con le dittature sudamericane.

Questo è uno dei dialoghi emersi tra il presidente statunitense Henry Kissinger e il ministro degli esteri argentino Cesar Augusto Guazzetti, risalenti al giugno 1976:

Guazzetti: “Il nostro principale problema è il terrorismo....assicurare la sicurezza interna del paese...l’Argentina ha bisogno da parte degli Stati Uniti di comprensione e supporto, anche per la crisi economica.

Kissinger: “Abbiamo seguito le vicende argentine da vicino. Vediamo bene il nuovo governo e vogliamo che ce la faccia. Faremo il possibile perché ce la faccia

Ma le cose da vicino, ricordano i ricercatori americani, le aveva seguite anche la stampa americana, il Congresso e la stessa ambasciata Usa in Argentina che si era lamentata proprio con Guzzetti anche per il sequestro e la tortura di cittadini americani. Le violazioni che avevano caratterizzato i primi tre mesi della dittatura erano dunque ben note.

Ma Kissinger si dimostrò comprensivo: “Sappiamo che siete in difficoltà....sono tempi curiosi quelli in cui attività politiche, criminali e terroristiche tendo ad emergere senza una chiara separazione. Capiamo che dovete stabilire un’autorità.... farò quel che posso”.

Dopo circa un mese poi, il 9 luglio, il principale consigliere di Kissinger, Harry Shlaudeman, gli forniva particolari sui sistemi applicati dagli argentini, che utilizzavano “...il metodo cileno...terrorizzare l’opposizione, anche a costo di uccidere preti e suore....”. Il 7 ottobre a New York, il fatto è noto da tempo, Kissinger aggiustò il tiro con Guzzetti: “...prima avrete finito meglio sarà”.

Chiara appare quindi la copertura statunitense alla criminale dittatura argentina, che in questa data è giusto ricordare e farne memoria storica.

Allo stesso modo in cui è fondamentale ricordare le migliaia di desaparecidos ed i loro assassini soprattutto in questi giorni in cui comincia ed essere fatta giustizia, anche con le condanne in Italia e con i numerosi processi finalmente in pieno svolgimento in Argentina.

Fondamentale è ricordare anche e soprattutto per non dimenticare.

chat desaparecidosPregevole a riguardo, ad esempio, un iniziativa di un artista argentino che ha lanciato una campagna in ricordo dei desaparecidos attraverso MSN di Messanger. Si chiama “NN red 2007” e consiste nell’utilizzare come “nick”, tra il 24 ed il 31 marzo, il nome di un desaparecido includendo anche una sua foto, in modo tale da generare nelle chat uno spazio per fare memoria e riflettere sulla storia.

Per approfondire l’appoggio statunitense alla dittatura argentina potete leggere qui direttamente dagli archivi del National Security Archives:

- Documentos muestran apoyo de EEUU y la brutal represion de la dictatura;
- Kissinger to argentines on dirty war: “The quicker you succeed the better";
- La luce verde Usa alla dittatura argentina;
- Altri documenti dall'archivio.

Infine qualche link utili a capire la tragedia dei desaparecidos:

- 24 de marzo, del horror a la esperanza, sito governativo argentino;
- Muro della memoria dei desaparecidos.

Un articolo che dimostra la rinascita economica argentina, che ha coinciso con la rottura delle relazioni con il Fondo Monetario Internazionale:
- L'Argentina dalla schiena dritta.

 
 
 

CENTRO   OLI  ZORRO  IN LOTTA

Post n°441 pubblicato il 11 Agosto 2008 da dammiltuoaiuto
 

 ZORRO    VI INVITA   A   COMBATTERE  CONTRO  IL CENTRO OLI

 www.zorro.4000.it

 


ECCO   COME  L'ENI   VUOLE RIDURRE  IL   NOSTRO ABRUZZO


   http://www.youtube.com/watch?v=lyjcOWM8-M0&feature=related

 

http://www.youtube.com/watch?v=XWKgm3dmXLM&feature=related

 

 

http://www.youtube.com/watch?v=pHVAlN-s3X0&feature=related


LA   LOTTA  

http://www.youtube.com/watch?v=3nppGVoW7sg&feature=related

 

The petition
Gentile Giunta Comunale di Ortona,

i cittadini qui elencati chiedono a voce alta e ferma che la proposta raffineria di Ortona non venga realizzata.

Noi amiamo la nostra terra. Non esiste nessuna tecnologia moderna per creare raffiniere ad impatto ambientale zero e lo zolfo che dovra' essere separato dal poco petrolio che c'e' e' la sostanza piu' inquinante in assoluto che esista. Lo zolfo forma particelle fini che inevitabilmente respireremo, mangeremo e lasceremo ai nostri figli per gli anni a venire, anche dopo la fine del petrolio.

Qui ci sono di mezzo i nostri campi, l'acqua che beviamo, i nostri vini, il nostro turismo, la nostra pesca, i nostri mari e la vita di tutte le persone impiegate in questi settori. Non vogliamo diventare un'altra Gela, un'altra Falconara, un'altra Manfredonia, un'altra Viggiano.

Vi preghiamo di amare anche voi questo nostro Abruzzo e di pensare non con il portafoglio ma con la voce della coscienza, della mente e del cuore.

No alla raffineria!

PS: Per favore firmate con nome e cognome. Se non volete essere visibili, basta solo che clicchiate la voce "Display my name as anonymous". Le firme con il solo nome non sono valide. Alla fine se emerge una voce riguardante la donazione di denaro, ignoratela. Non bisogna pagare nulla.
Grazie di cuore per il vostro tempo!

Fermare la raffinieria di Ortona vuol dire anche porre seri limiti alle capacita' estrattive delle piattaforme marine abruzzesi che contano di usare il centro di Ortona per raffinare il petrolio del nostro mare sulla nostra terraferma. Maggiori informazioni sul blog www.dorsogna.blogspot.com

FIRMA   QUI
http://www.ipetitions.com/petition/noraffineria/


NO   AL CENTRO  OLI  DEI VELENI IN ABRUZZO 
NO  ALLA TRASFORMAZIONE  DELLAnostra regione
Nel  nostro  Abruzzo dove sono stati scoperti dei pozzi petroliferi di proprietà dell' ENI s.p.a.
L'ENI ha iniziato lo sviluppo del giacimento petrolifero.
Entro il 2010 andrà in produzione con un pozzo che darà 8.000 b/g di olio e 190.000 metri cubi al giorno di gas.
Il progetto prevede un investimento di 100 milioni di euro.
Nel cittadina di Ortona è in progetto la realizzazione di un centro OLi, cioè uno stabilimento di desolforazione del petrolio.
Il contratto per la realizzazione del Centro Olio è stato affidato alla Asean Brown Boveri (ABB). (da Assomin Notizie)
I pozzi ed il centro Oli inquinerebbero in modo irreparabile tutta la zona in cui vivo, distruggendo coltivazioni per un raggio di 40km...in una zona dove i prodotti vinicoli e dell'agricoltura in genere sono la forza dell'economia locale.
I danni economici sarebbero di gran lunga superiori al guadagno che si potrebbe avere costruendo una piccola raffineria, per non parlare dei danni alla nostra salute,...Tumori, leucemie ecc...e della desertificazione che avrebbe la zona, infatti molti sarebbero costretti a lasciare le proprie case.
Lo studio completo redatto dal Mario Negri, conferma quanto evidenziato nella prima sintesi, ovvero che le ricadute di anidride solforosa, di monossido di carbonio e di ossidi di azoto sono superiori rispettivamente fino a 5, 15 e 20 volte ai valori stimati nello studio d’impatto ambientale, ma che comunque rientrano nei limiti imposti dalle leggi relative alla protezione della salute. Tali valori però possono subire ulteriori aumenti, con ripercussioni negative sull’ecosistema e sull’agricoltura.
Scrivo per protestare contro una deturpazione ingiustificata e "stupida" incoerente con tutto ciò che è stato costruito, con molti anni di sacrifici, per la valorizzazione del territorio.
Non permettiamo che all'abruzzo, quindi all' Italia, venga dato l'ennesimo colpo di grazia con un progetto inefficente dal punto di vista economico e catastofico dal punto di vista della salute.
Per una volta cerchiamo di non apparire, noi Italiani, agli occhi delle altre nazioni come i soliti "stupidi" in balia di amministrazioni corrotte e interessi dei potenti di turno.
Difendiamo la nostra terra, la nostra aria, il nostro mare, la nostra salute, il principale inquinante dell'abruzzo è la politica. Ma che può fare un abruzzese
Strano, inoltre, che la popolazione di Ortona si sia mobilitata: un po' in tutta la regione un diffuso fatalismo, unito ad un generale senso di impotenza, demoralizza, spinge all'inazione e al contempo lava le coscienze: è sempre colpa dei poteri forti, mai di chi li elegge e poi li lascia fare  E QUESTO NON DEVE   ACCADERE
 
Il petrolio e' gia' sule nostre spiagge?




Sugli scogli di San Vito ci sono macchie oleose nere, se e' petrolio o no non lo so ma non assomiglia molto?

Giudicate voi:

blog: http://www.gliocchidelpopolo.splinder.com/
foto: http://picasaweb.google.it/occhidelpopolo/Petroli


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Eni: «Impatto trascurabile per in Centro oli»
Un sito di esplorazione Eni a Ortona
L'azienda fa sapere che è «consapevole delle preoccupazioni delle comunità locali» e le rassicura. E incassa l'apertura del governatore Del Turco
di MAURITA CARDONE

L'Eni è scesa in campo. Ripetute pressioni hanno costretto la multinazionale a esporsi e dire la sua sulla vicenda del centro petrolchimico sulla costa abruzzese. Il progetto era stato finora al centro di un acceso dibattito con posizioni trasversali e amministrazioni locali schierate su diversi fronti. Ma il cane a sei zampe era rimasto protagonista silenzioso. Presentato il progetto e la valutazione di impatto ambientale, aveva lasciato che fosse la politica, o almeno una parte di essa, a difendere le sue posizioni e i suoi interessi. Ora però si affaccia nel dibattito con l'intento di rassicurare la popolazione locale.

Nei giorni scorsi è stato reso pubblico lo studio che nel 2006 Eni aveva commissionato all'Università di Pisa, in collaborazione con il consorzio Pisa Ricerche di cui l'azienda petrolifera è da tempo partner. Dallo studio l'impatto ambientale del nuovo impianto risulterebbe «trascurabile». Tramite il suo rappresentante Walter Rizzi, la multinazionale ha fatto sapere che «l'azienda è del tutto consapevole delle preoccupazioni delle comunità locali. Vogliamo realizzare una struttura nel rispetto delle leggi, della salvaguardia dell'ambiente, del territorio e della salute come è proprio delle politiche dell'Eni».

L'azienda ha poi voluto marcare le distanze dal caso della Val d'Agri che costantemente viene portata a esempio dei possibili scempio su ambiente ed economia causati da impianti petrolchimici di quel genere. «Il Centro Oli che si intende realizzare a Ortona è ben lontano per dimensioni e tipologia d'impianto e di processo da quelli della mini raffineria di Viggiano». In ogni caso la questione Val d'Agri non sembra preoccupare tutti allo stesso modo. Il presidente della regione Abruzzo Ottaviano Del Turco ha infatti liquidato i timori degli agricoltori della costa teatina sostenendo che «in Val d'Agri c'è un'agricoltura fiorente, la più sviluppata della Basilicata».

La giunta regionale potrebbe essere l'ago della bilancia, ma il governatore ha scelto la linea della disponibilità nei confronti dell'Eni. Ben lontano dalle scelte radicali della Toscana, Del Turco vuole dialogare con la multinazionale del petrolio e per questo attende la conferenza dei servizi già convocata dalla regione e poi per ben due volte rimandata. La data di questo incontro, che potrebbe risultare decisivo, è ancora da definirsi. Quel che è certo è che nelle intenzioni dell'amministrazione regionale quella conferenza dovrebbe servire a scogliere i nodi più ostici della questione.

In particolare in quell'occasione, di fronte a dati e studi scientifici, verrà valutata la pericolosità dell'impianto per la salute umana. Infatti, come affermato in sede di Consiglio regionale, nel caso in cui venisse rilevato un reale rischio per i cittadini la Regione sarebbe pronta a porre il proprio veto. Insomma l'ente si dichiara competente solo in materia di emissioni, di qualità dell'aria e conseguentemente di ciò che attiene alla salute del cittadino. «Nessun consigliere regionale eletto da abruzzesi potrebbe mai votare a favore di un progetto che si rivelasse dannoso per la salute» ha proseguito Del Turco nel tentativo di rassicurare l'auditorio.

Nel corso di un precedente incontro tecnico rappresentanti della multinazionale hanno insisto sull'eccesso di preoccupazione intorno al progetto ortonese. «Le nostre scelte progettuali sono state modificate in base alle Via e i risultati dei nostri studi sono rasserenanti. Il nostro centro non è una bomba, non è una raffineria». Ma la popolazione della zona non è serena e secondo il fronte del no il rischio di incidenti è alto. Maria Rita D'Orsogna, fisico di origini abruzzesi, docente alla California University, che ha sposato la battaglia contro il centro oli si è documentata: «A Trecate, dove sorge un impianto del genere, si sono verificati 4 incidenti in 5 anni - racconta - mentre a Viggiano nel 2002 ci sono state fuoriuscite di idrogeno solforato e l'Eni non aveva pronti dei piani di evacuazione».

In molti sono poi preoccupati per le ripercussioni sull'economia agricola e turistica della zona. Le associazioni di categoria, le cantine, le aziende agricole, gli operatori turistici e le amministrazioni locali che da anni puntano su un'economia in simbiosi con il territorio non hanno intenzione cedere i frutti del proprio lavoro all'Eni. «La costa teatina da San Salvo a Francavilla al Mare costituisce un vero e proprio distretto vitivinicolo per creare il quale nel passato sono state investite grosse risorse – spiega carmine Rabbottini, presidente della Cantina di Tollo, una delle più rinomate della zona - Spero che la Regione non voglia trasformare un'economia diffusa che interessa molte aziende nell'economia di pochi». Anche l'assessore regionale all'Agricoltura ritiene un errore sottostimare il potenziale economico di quelle zone: «aspettiamo la conferenza dei servizi – ha detto – ma quel territorio ha il diritto di sviluppare forme di investimento che puntano sulla qualità».

19 febbraio 2008
 
 
 
 
Ortona, il Centro oli Eni è «pericoloso» I medici in municipio
ORTONA. «Ho ribadito il nostro fermo no, senza se e senza ma, a questo insediamento in un'area abitata». Parole di Fabio Di Stefano, portavoce di 88 dirigenti della Asl Chieti-Ortona, nel corso di un incontro avuto in municipio con il sindaco Nicola Fratino.
23 febbraio 2008
Fonte: Il Centro

- I medici hanno sottoscritto un documento in cui si esprime viva preoccupazione per l'impatto ambientale dell'insediamento Eni su un comprensorio di notevole pregio paesaggistico e vitivinicolo, a 800 metri in linea d'aria dal mare. Nel corso dell'incontro, Fratino ha ribadito che la salute pubblica resta al primo posto in ogni discorso e considerazione. Posizione condivisa da Di Stefano, il quale auspica un confronto con i tecnici che hanno dato parere favorevole al progetto.

ORTONA. Si è tenuto in municipio un incontro tra il sindaco Nicola Fratino e Fabio Di Stefano, portavoce degli 88 dirigenti medici della Asl Chieti-Ortona che hanno sottoscritto il documento in cui si esprime grande preoccupazione sull'impatto ambientale del Centro oli dell'Eni. «Ho ribadito il nostro fermo no, senza se e senza ma, a questo insediamento in un'area abitata, oltre che di notevole valore paesaggistico e vitivinicolo, a 800 metri in linea d'aria dal mare», dichiara Di Stefano, «tale insediamento pone, secondo noi, delle problematiche in termini di ricadute sulla salute, oltre che di impatto ambientale, sulla produzione agricola specializzata e sul turismo. Da medici, vogliamo soltanto considerare le ricadute sulla salute pubblica».

Durante l'incontro, Fratino ha ribadito che la salute pubblica resta al primo posto in ogni discorso e considerazione. «E' stato un incontro preliminare», dice il sindaco, «ma sui dubbi di natura ambientale e di salute il Comune può fare ben poco, nel senso che le autorizzazioni su questi aspetti sono state rilasciate da altri enti. Ho sottolineato che, in questo caso, il Comune non può essere l'interlocutore diretto, fermo restando che la salute dei cittadini resta al primo posto».

Secondo Di Stefano, questa visione della questione è condivisibile. «Un confronto deve essere aperto al più presto con i tecnici che hanno dato parere favorevole dal punto di vista sanitario in modo, a mio giudizio, generale e aspecifico, fissando una serie di condizioni e prescrizioni basandosi più su norme e regolamenti che su un approccio scientifico di un problema molto complesso», sottolinea, «per questo mi farò promotore di una serie di iniziative congressuali patrocinate dall'associazione medici per l'ambiente-Isde Italia, di cui faccio parte, a livello locale, regionale e nazionale circa la tutela dell'ambiente per il diritto alla salute».

Sul fronte politico, per Fratino l'unico modo per dare una risposta a chi protesta per il sì o per il no è quello di riportare il Centro oli in consiglio comunale, unica sede deputata a prendere decisioni per la città. «Qualora i consiglieri non se la sentissero, si ricorra al referendum», dice Fratino, «tornare in consiglio è comunque l'unico modo per rispondere a chi è contro il Centro oli senza se e senza ma». (s.f.)

Centro oli: opportuna la denuncia dei medici Asl

"Comprendo e condivido le motivazioni e i timori che hanno spinto tanti colleghi medici a pronunciarsi per chiedere rispetto per problematiche legate alla salute pubblica, prioritarie nei confronti di aspetti economici che a consuntivo non sarebbero affatto vantaggiosi per un territorio che ha saputo creare una vitivinicoltura di avanguardia in Italia e un turismo di eccellenza".

È quanto afferma il capogruppo IdV al Consiglio regionale, Bruno Evangelista, in merito alla denuncia dei medici della Asl Chieti-Ortona che si oppongono alla realizzazione del Centro Oli, unendosi alle altre categorie di agricoltori, ambientalisti e cittadini del territorio. "Il documento prodotto -spiega il capogruppo IdV - , corredato da una abbondante bibliografia puntuale ed aggiornata, può essere uno strumento di utile riflessione per tutti coloro che fino ad oggi tendono a minimizzare l'impatto di questo impianto per l'ambiente e la popolazione consequenziale alla emissione in atmosfera di agenti inquinanti.

"Se c'è convincimento politico - aggiunge Evangelista - per addivenire ad una soluzione concreta uno degli strumenti efficaci, torno a ribadire, è quello della istituzione in tempi rapidi della Riserva naturale; per la quale è già pronto un apposito progetto di legge. Ciò non esclude di adire tutte le opportunità utili a centrare l'obiettivo per scartare l'ipotesi della realizzazione di un impianto che andrebbe ad insediarsi in un'area, di fatto metropolitana, e di cui gli amministratori del territorio, con l'esclusione del sindaco Fratino, avvertono la piena drammaticità".

 
 
 

OSAMA   E' MORTO   le bugie di bush

Post n°440 pubblicato il 11 Agosto 2008 da dammiltuoaiuto
 

Osama Bin Laden è morto? Secondo Benazir Bhutto, ex primo ministro
pakistano uccisa in un attentato il 27 dicembre scorso, sì.
Lo aveva rivelato proprio lei in una intervista al canale Al Jazeera.
O meglio, nel corso di una intervista dello scorso 2 novembre ha detto
che Osama Bin Laden «è stato assassinato da Omar Sheikh», noto
ufficiale del servizio segreto militare pakistano ISI, considerato
vicino all'intelligence militare pachistana e già coinvolto
nell'inchiesta sul barbaro omicidio del giornalista Daniel Pearl.
Omar Sheikh, alias Mustafa Muhammad Ahmad, sarebbe anche lo stesso
uomo che nel 2001, qualche giorno prima dell'11 settembre, consegnò a
Mohammed Atta, il capo dei dirottatori delle Torri Gemelle, una
valigetta con 100 mila dollari e che, sempre secondo l'inchiesta
ufficiale del Congresso, si trovava proprio a Washington durante
l'attacco al Pentagono.
Ma la notizia dell'assassinio di Bin Laden (non esattamente una
notizia di secondo piano) non è mai stata nè confermata nè smentita da
alcuna fonte giornalistica o politica. In realtà nessun media sembra
essersene accorto. Fino a l’altro ieri.
E nemmeno il giornalista collegato con la Bhutto chiede lumi sulla
frase, come se fosse distratto, destinata a diventare un ennesimo
mistero mondiale.
Distratti come tutti gli altri che erano in studio o che hanno visto
l’intervista in questione…
La scoperta l'ha importata in Italia il giornalista Giulietto Chiesa
che ha aperto il video su You Tube dopo la segnalazione inviatagli via
email da un amico.
«L'intervistatore, David Frost», racconta Chiesa, «è un giornalista
esperto. Ma assorbe la notizia come se non l'avesse sentita. Non
chiede nemmeno «quando?». Passa oltre. Sbalorditivo. Guardo il
contatore delle persone che, nel frattempo, sono andate a vedere quel
filmato: in quel momento sono 292.364. Altre decine di siti web stanno
commentando quello che vedo io su You Tube».
E Chiesa si domanda come sia possibile che dal 2 novembre, giorno
dell'intervista,, ad oggi tutti i media abbiano taciuto la notizia.
Ma c'è anche chi, come la Bbc ritiene che quella frase sia frutto di
un lapsus della Bhutto e che in realtà la donna abbia confuso il nome
di Bin Laden con qualcun altro.
Secondo il canale inglese, infatti, la donna usa il termine
"murdered", assassinato, parola carica di condanna morale.
Perché dovrebbe condannare l'assassino di un terrorista della portata
di Bin Laden? Inoltre la Bhutto in quella parte di filmato sta
parlando di criminali efferati e a un certo punto elenca due di questi
criminali: il primo ha decapitato sei turisti occidentali, il
secondo... ha ucciso Bin Laden?
Potrebbe quindi trattarsi di un errore, ma è certo che il giornalista
in studio lascia correre e non chiede spiegazioni.
C'è un altro elemento che potrebbe far propendere per uno
strafalcione.
Negli stessi giorni anche la Cnn ha realizzato una intervista con la
Bhutto ma della morte di Bin Laden non c'è traccia.
Anzi, ci sono informazioni che direbbero il contrario.
La giornalista Whitfield domanda: «Do you Musharraf.... I'm sorry. Do
you think General Musharraf knows where Osama bin Laden
is?» (Musharraf...Scusi...Lei pensa che il generale Musharraf sappia
dov'è Bin Laden?). La risposta della Bhutto: «I don't think General
Musharraf personally knows where Osama bin Laden is» (No, non penso
che il generale Musharraf sappia personalmente dove si trovi Bin
Laden).

La risposta data non fa certo presumere che la donna sia a conoscenza
di dettagli circa l'assassinio del capo di Al Quaeda.
Sta di fatto che la Bhutto è rimasta uccisa in un attentato
sembrerebbe ad opera della stessa Al Quaeda.

17/01/2008 8.26

ECCO IL VIDEO DELL’INTERVISTA

http://www.youtube.com/watch?v=4TeYyHt3JZ4&feature=related

LA PAGINA DELL'FBI CHE DESCRIVE BIN LADEN COME UNO TRA I 10 RICERCATI
PIU' PERICOLOSI AL MONDO (MA NON SI FA MENZIONE DEGLI ATTACCHI DELL'11
SETTEMBRE

guantanamo     tragedia da 6 anni
Guantanamo, compie 6 anni la prigione piu' discussa
 La prigione militare di Guantanamo compie sei anni: è collocata sui
bordi di un'insenatura nella punta sud-est dell'isola di Cuba, lontana
13 mila km dall'Afghanistan, in una zona speciale chiamata 'Campo
Delta'. L'11 gennaio 2002, nella base della marina statunitense a
Guantanamo Bay a Cuba arrivarono i primi 20 'prigionieri di guerra',
condotti incappucciati, con le mani legate e i piedi incatenati.

Erano trascorsi esattamente quattro mesi dall'attacco all'America
dell'11 settembre 2001 e gli americani avevano ormai vinto la guerra
in Afghanistan, senza però catturare i leader di Al Qaida e taleban.
Da allora, poco meno di 800 prigionieri, ritenuti coinvolti in azioni
di terrorismo, sono passati da Camp Delta e dagli altri centri di
detenzione di Guantanamo. Per 380 di loro - di cui 114 nel corso del
2006 - c'é stata la possibilità del trasferimento ai paesi d'origine e
in molti casi la scarcerazione. Meno di 400 detenuti restano invece in
una condizione segnata da molte incertezze. Il Pentagono ha già
stabilito che 85 di loro non costituiscono più un pericolo, ma non è
riuscito al momento a trovare paesi disponibili ad accoglierli. Gli
altri dovrebbero essere processati ma il condizionale è d'obbligo
giacché sono proprio i processi l'aspetto più complesso della
questione Guantanamo. L'iter delle 'commissioni militari', i tribunali
speciali creati da Bush dopo l'11 settembre ha avuto vita
travagliata.

La Corte Suprema degli Stati Uniti li ha bloccati due volte sul
nascere. Il Pentagono da tempo sta mettendo a punto le procedure per
cominciare i processi. Bush, che più volte aveva ribadito di voler
chiudere Guantanamo, ha anche avvertito di non poter compiere passi
del genere prima che venga stabilito cosa fare con quelli che
l'America ritiene terroristi e 'combattenti nemici'. Il 29 giugno
2006, in occasione dell'appello di un detenuto yemenita, Salim Ahmed
Hamdan, presunto autista di Osama bin Laden, la Corte Suprema degli
Stati Uniti boccia le scelte del presidente sui tribunali militari
speciali (definendoli illegittimi) per i detenuti di Guantanamo.
Nell'agosto 2006, con una mossa a sorpresa, il presidente fa
trasferire a Guantanamo anche i 14 detenuti di Al Qaida di maggior
spessore custoditi dagli Usa, che si trovavano nelle prigioni segrete
della Cia. Il 17 ottobre 2006 George W. Bush firma la legge che crea
negli Usa un sistema giudiziario militare per i sospetti terroristi e
definisce le regole per interrogarli. Il 14 febbraio 2007 il
presidente americano firma un ordine esecutivo che avvicina il momento
in cui i sospetti terroristi detenuti a Guantanamo potranno essere
processati da speciali tribunali militari. Il documento autorizza la
creazione di commissioni militari incaricate di portare avanti i
processi contro i sospetti terroristi. Nel corso del 2007 viene creato
un tribunale smontabile, una tendopoli militare stile 'MASH',
all'interno della base, per processare i detenuti in attesa di
conoscere il proprio destino.

Guantanamo : 1200 parlamentari del mondo ne chiedono la chiusura
di Rico Guillermo
Oltre 1.200 parlamentari di tutto il mondo hanno sottoscritto
l'appello per la chiusura del carcere di Guantanamo nel sesto
anniversario del primo trasferimento di detenuti al centro americano
in territorio cubano.
L'inizitiva e' partita da Amesty International, che ha presentato al
governo USA un programma - costituito da 13 raccomandazioni - per
porre fine alle detenzioni illegali (a norma di diritto internazionale
e in teoriaa anche a norma della Costituzione USA) nella guerra al
terrore. Hanno sottoscritto parlamentari europei e nazionali, fra cui
quelli di Israele, Giappone, Gran Bretagna, con una mssiccia adesione
di Spagnoli (170).
Il piano d'azione chiede il ripristino dell'habeas corpus (il diritto
a sapere da un tribunale per quale motivo si sia detenuti), la
cessazione delle detenzioni segrete, il processo di tutti i detenuti
davanti a tribunali indipendenti e imparziali o, in alternativa, la
liberazione degli internati di Guantanamo.
"Le pratiche illegali adottate dal governo statunitense nella sua
guerra contro il terrore - che si sono manifestate a Guantánamo e con
il programma di detenzioni segrete della CIA - hanno promosso la
pericolosa idea che si possano mettere da parte i diritti umani
fondamentali nel nome della sicurezza nazionale", ha affermato Irene
Khan.
Peraltro, alcuni governi orientali, nordafricani o europei sono
divenuti complici di tale politica nel momento i cui hanno permesso
gli arresti illegali nel loro territorio, hanno chiuso un occhio
davanti allo scalo degli aerei CIA nei loro aeroporti o sono stati
teatro di torture per i prigionieri.
Speciale voli e prigioni CIA

LA TESTIMONIANZA  DI UNO DEI SOCCORRITORI
ECCO   LE VERITA' NASCOSTE   DA BUSH

http://www.youtube.com/watch?v=iwigvkxikbY

LA  PUNTATA DI RAI REPORT SULL  11/09
il  documentario   di report sull 11  di settembre
http://video.google.com/videoplay?docid=3220473705490576646&q=Confron...
LA  PUNTATA DI RAI REPORT SULL  11/09
http://www.media.rai.it/mpmedia/0,,report^10616,00.html
L'11 settembre è "un complotto USA", dice un ex alto ufficiale
dell'intelligence della CIA e della Marina

http://www.disinformazione.it/911_complotto_cia_e_marina.htm
Continuano le minacce ad uno degli avvocati delle famiglie dell'11
settembre 2001
http://www.disinformazione.it/avvocati11settembre.htm
ECCO  COME GLI USA  RICORDA ISUOI   EROI
http://www.youtube.com/watch?v=iwigvkxikbY
DEMOLIZIONI
http://www.youtube.com/watch?v=0l5uTImEebU
Il sito che mi ha fatto "aprire gli occhi" LUOGOCOMUNE.NET
altri siti di estremo interesse:
http://www.911truth.org/
http://www.loosechange911.com/
http://www.ae911truth.org/
http://www.9-11commission.gov/
http://www.coalitionof911families.org/
http://www.911blogger.com/
ecco le fonti parlano le vittime
http://www.coalitionof911families.org/
http://www.scholarsfor911truth.org/ ...

leggi tutto

 
 
 

LE BUGIE    DI BUSH  PINOCCHIO

Post n°439 pubblicato il 11 Agosto 2008 da dammiltuoaiuto
 

L'EROE DI GRAN ZERO    IL RAPPORTO   USA 11 SETTEMBRE
E' FALSO

William Rodriguez è il cittadino statunitense originario di Puerto
Rico, considerato il simbolo dell'eroismo dell'11 settembre 2001
perché salvò numerose persone dal World Trade Center in fiamme dove
era impiegato come operaio addetto alla manutenzione. Benché ferito,
Rodriguez penetrò per tre volte nella torre nord per prestare il suo
aiuto. All'ultimo tentativo venne quasi travolto dal crollo del
grattacielo, ma riuscì a salvarsi gettandosi sotto un camion dei
pompieri.
In seguito è stato ricevuto dal Presidente George W. Bush e nominato
eroe dal Congresso statunitense. Da allora ha perso il posto di
lavoro, dato che non esiste più, e di conseguenza ha perduto anche la
casa e ogni suo bene, come succede normalmente negli USA.
Nonostante la sua precaria situazione ha continuato ad occuparsi dei
familiari delle vittime, soprattutto di quelle di origine ispano-
americana, per aiutarli ad ottenere sussidi e riparazioni da uno stato
che da allora li ha completamente dimenticati. Come sopravvissuto e
rappresentante dei familiari delle vittime il 22 ottobre dello scorso
anno William Rodriguez, tramite il suo avvocato Philip Berg, ha
presentato presso la Corte Distrettuale di Philadelphia una denuncia
per complotto e strage nel confronti dei presidente degli Stati Uniti
George W. Bush e di tutti gli altri membri della sua amministrazione.
Nexus ha incontrato questo eroe e raccolto direttamente dalle sue
parole la tragica testimonianza che vi proponiamo.
Mi chiamo William Rodriguez, ho lavorato al World Trade Center di New
York per 20 anni della mia vita. Ero responsabile della manutenzione
nella torre nord. L'11 settembre avevo l'unico passe-partout per
aprire tutte le serrature delle porte degli edifici, anche se c'erano
altre quattro persone che avevano i passe-partout ed erano state
addestrate ad affrontare situazioni di emergenza e di soccorso, e che
furono le prime a fuggire dagli edifici. Guardate, questa è la
chiave.
Questo passe-partout era in grado di aprire tutto il complesso e quel
giorno, l'11 settembre, un'unità di circa 15 persone dei dipartimento
dei vigili dei fuoco mi doveva seguire mentre correvo da una parte
all'altra cercando di aprire le porte per aiutare le persone ad
uscire. Personalmente dopo l'11 settembre sono diventato il portavoce
delle famiglie delle vittime e sono andato a testimoniare davanti al
Congresso. A chiedere di creare una commissione, perché la commissione
che hanno fatto per l'11 settembre, come ricorderete, il Presidente
Bush non la voleva. Sosteneva che non ne avevamo bisogno ma noi ce
l'abbiamo messa tutta, abbiamo combattuto e siamo riusciti ad ottenere
la commissione».
«Questo che vedete è il rapporto finale ed io ho testimoniato, a porte
chiuse. Molte informazioni riferite provenivano dall'ultimo
superstite, una persona che conosceva bene gli edifici anche ad occhi
chiusi.
I membri della commissione sono stati molto turbati dalle informazioni
che ho fornito, ma in realtà non c'è traccia della mia testimonianza
nelle oltre 500 pagine di questo rapporto. Anche se sono stato
dichiarato eroe nazionale dal Congresso, loro non volevano che la mia
testimonianza potesse in qualche modo contrastare con la versione
ufficiale.
Ma permettetemi di parlare di quella giornata, l'11 settembre 2001,
una giornata bellissima con il cielo terso. Sono arrivato al lavoro
alle otto e mezza, stavo parlando con un supervisore, eravamo nel
sotterraneo, al primo livello dei sotterranei della torre nord che è
stata la prima ad essere colpita ma la seconda a crollare. Questo
edificio aveva sei sottolivelli, B1, B2, B3 e così via fino al B6,
ossia i livelli dei sotterranei dell'edificio. Il B1 aveva gli uffici
dei servizi di pulizia, di imbiancatura, di riparazioni meccaniche,
tutto ciò che aveva a che fare con la manutenzione dell'edificio.
Gli altri piani contenevano i magazzini, i generatori elettrici e così
via.
Alle ore 8:46 abbiamo sentito un bang, un'esplosione che proveniva dai
piani al di sotto di quello in cui mi trovavo, tra il B2 e il B3. E'
stata così violenta e l'edificio ha tremato così forte che le pareti
si sono crepate e il controsoffitto è crollato. Ho detto subito che
poteva essere un generatore elettrico che praticamente era esploso lì
nei sotterranei. Alcuni secondi dopo abbiamo sentito un impatto enorme
nella parte alta dell'edificio che ha iniziato subito a tremare così
forte che tutte le 40 persone che si trovavano con me in quell'ufficio
hanno iniziato a gridare tutte assieme, c'era una confusione e un caos
totale. Tutti gridavano: «E un'esplosione». Davanti a me è apparso un
uomo di colore che si guardava le braccia, mi sono accorto che c'era
qualcosa che pendeva dalle sue dita, mi sembravano pezzi di vestito ma
guardando più da vicino mi sono accorto che era la sua pelle. La pelle
era stata lacerata da sotto le ascelle fino alla punta delle dita e
gli stava pendendo come fossero dei guanti. Il suo nome è Felipe
David, lavoratore immigrato di origine honduregna, ed era in completo
stato di choc; ho guardato il suo volto che aveva delle parti
mancanti, gli ho chiesto che cosa fosse successo, e mi ha risposto:
«Gli ascensori, gli ascensori» Si trovava davanti agli ascensori ed
era stato ustionato, così ho cominciato a spingere tutti fuori
dall'ufficio.
A quel punto abbiamo sentito un'altra esplosione, siamo usciti fuori
dall'edificio, ho fermato un'ambulanza e ho fatto salire alcune
persone. Guardando verso l'alto dell'edificio ho avuto modo di vedere
l'incendio e tutte le macerie che cadevano, riuscivo a scorgere
l'antenna in cima all'edificio. Ho iniziato a pensare alle persone che
stavano a Windows on the World, il ristorante in cima, e mi sono molto
preoccupato perché avrei dovuto essere lì in quanto di norma, quando
iniziavo a pulire, cominciavo sempre da quei piani alti e ogni mattina
facevo colazione col personale del ristorante. Le conoscevo tutte bene
quelle 67 persone che sono morte nel ristorante; a quel punto ho
capito che dovevo ritornare indietro ma tutti mi gridavano: «Rodriguez
rimani qui, non rientrare» Ho preso una radio da una guardia della
sicurezza vicino a me e sono ritornato indietro entrando verso l'altro
edificio tramite un sotterraneo che collegava le torri 1 e 2.
Nel sotterraneo ho incontrato due persone che non sapevano che un
aereo si era schiantato sull'edificio, e questo vi può dare l'idea di
quante persone possono essere morte perché non si resero conto che
c'era stato questo attacco.
Nella torre 1 ho trovato una persona che lavorava in una squadra di
salvataggio, che mi ha detto: «Sento delle grida, sento gridare» C'era
acqua ovunque perché si era attivato immediatamente il sistema degli
sprinkler antincendio, tutto era inondato. A quel punto ho preso uno
degli ascensori, nella torre ce n'erano 150 di ascensori, e mi sono
avvicinato alle due persone che gridavano tra il B2 e il B3. Erano
disperate, nell'ascensore non c'era più luce né energia elettrica,
urlavano che stavano per annegare, io non riuscivo a capire, ma come?
Era perché l'acqua scendeva da tutti i piani e si accumulava in quelli
più bassi, entrava nel pozzo dell'ascensore con una tale forza che
quelli bloccati dentro rischiavano di annegare. Ho detto: «Dio
aiutami!». Non ero un credente: «Dios mio por favor aiudame! Mi sono
guardato attorno e ho trovato un pezzo di metallo, un rottame, ho
iniziato a dare colpi sulla porta per cercare di rompere il meccanismo
e la porta si è aperta. Ma c'era il vuoto perché, in realtà, la cabina
era molto più in basso. Ho cominciato a pregare Dio nella mia lingua.
Allora sono andato dove c'era il compattatore della spazzatura di
tutto l'edificio, dato che l'elettricista lasciava lì le scale che
però erano legate con delle catene. Fui fortunato: l'unica che non era
legata era la più lunga, circa sei metri. Ho preso quella scala, l'ho
inserita nel pozzo dell'ascensore e sono andato ad aprire la botola e
a far uscire le due persone, uno era un dipendente di colore di una
società che consegnava i pacchi, l'altro era Salvatore Giambanco, un
italiano che faceva l'imbianchino. Sono riuscito a farli uscire, a
caricarli su un'ambulanza e sono rientrato.
Ho incontrato degli agenti di polizia che mi hanno chiesto se avevo il
passe-partout, siamo andati nella hall e lì c'erano dei vigili dei
fuoco che aspettavano. Ho detto: «Seguitemi, so qual è la strada più
breve». Mentre salivamo le scale era difficile procedere, i pompieri
avevano un sacco di pesanti attrezzature con loro, attrezzi e
respiratori di 30 e 60 chilogrammi , inoltre c'erano tutte le persone
che correvano giù dalle scale. Al terzo piano siamo passati su
un'altra scala che era migliore, nella torre c'erano tre scale A, B e
C. Abbiamo preso la scala A, dopo un po' mi sono accorto che ero
sempre un paio di piani davanti a loro perché non avevo tutte quelle
attrezzature da portare, ero in condizioni fisiche migliori e per
quelle scale andavo su e giù ogni giorno. Mi ritrovavo ad aprire delle
porte ai vari piani, a far uscire molte persone che in molti casi non
riuscivano a capire che cosa stesse succedendo.
Mentre salivamo sentivamo delle esplosioni che continuavano a
verificarsi nei vari piani. Siamo arrivati al 27° piano, c'era una
persona disabile e la sua carrozzina che ostacolava la discesa degli
altri. A quel piano tutti i vigili del fuoco sono caduti al suolo, non
riuscivano più a salire, erano stanchi e distrutti dalla fatica di
salire con tutte le loro pesanti attrezzature. A quel punto ho
chiamato mia madre a Puerto Rico, lei stava guardano alla televisione
quello che stava succedendo, e le ho detto: «Mamma sono Willy, li devo
aiutare perché ho il passe-partout, non posso darlo a nessuno»
Ho continuato a salire e al 33° piano ho trovato una donna a terra che
non sapeva dov'era l'uscita; l'ho tirata su dicendo che dovevamo
uscire e l'ho affidata ad altre persone che scendevano. Mentre ero lì
ho distintamente sentito dal piano di sopra, il 34°, un rumore come di
spostamenti di attrezzature pesanti, mi sono stupito perché quel piano
era chiuso per ristrutturazione e in quel momento non ci doveva essere
nessuno all'interno. Sentivo invece come un qualcosa di pesante che
veniva trascinato. Ero spaventato, ero da solo ed ho oltrepassato
quella porta andando ai piani superiori. Devo dirvi che quello era un
edificio di classe A, ovvero una costruzione così alta ma dotata di
sistemi in grado di spegnere ogni tipo d'incendio e consentire i
soccorsi nei casi di emergenza, su ogni tre porte una deve aprirsi,
questo è il codice per quel tipo di edifici a New York.
Ad un certo punto ho incontrato alcuni agenti di polizia e stavamo
parlando quando abbiamo iniziato a sentire una serie di esplosioni in
rapida successione, bum... bum... bum... bum. Al radiotelefono
dicevano: «Abbiamo perso il 65, il 65° è crollato, dal 65° fino al
44°... » Tutti quei piani erano crollati. Abbiamo iniziato a scendere
raggiungendo il 27° piano, poi di corsa giù per le scale fino alla
hall e da qui sulla strada. Sentivamo le grida di tutte quelle persone
ancora bloccate negli ascensori, gridavano, chiedevano aiuto ma gli
ascensori erano bloccati, è stato orribile. Nella hall un vigile dei
fuoco mi ha detto: «Vai alla postazione delle ambulanze». Così ho
iniziato a camminare verso l'uscita e sentivo che mi gridavano: «Non
guardare indietro, non guardare». Era uno sbarramento di polizia che
aveva isolato l'area per sicurezza, guardando mi attorno ho visto i
corpi di tutti quelli che si erano buttati dall'edificio. Ho anche
riconosciuto il cadavere della signora dei 33° piano che avevo chiesto
di accompagnare giù, il suo corpo era stato tagliato a metà come da
una gigantesca ghigliottina, perché mentre usciva una lastra di vetro
le era caduta addosso precipitando dall'alto straziandola in quel modo
in una frazione di secondo. Ad un certo punto ho sentito tutti che mi
urlavano: «Corri, corri, correte». Ho sentito come un terremoto e
l'unica cosa che ho percepito è stato un autocarro dei vigili dei
fuoco di fronte a me, ho pensato che sarei rimasto ucciso e mi sono
ritrovato sotto questo automezzo con tutto che crollava attorno. Anche
l'autobotte sembrava dovesse crollarmi addosso, l'unica cosa che mi
sono detto è stata «Dio mio, spero che mia mamma non debba cercare il
mio corpo e che non debba identificarlo quando è a pezzi. Vorrei che
non debba riconoscere il mio cadavere».
Poi, tutto si è fermato, io mi sentivo come ustionato da quella strana
polvere che riempiva tutto. Dopo un po' sono riusciti a tirarmi fuori
dalle macerie e sono stato identificato dai vigili dei fuoco e dalla
polizia come l'ultima persona riuscita a salvarsi.
Da allora sono stato presente in vari programmi e ho raccontato sempre
ed esattamente questa storia. Se non mi credete andate a vedere su
internet, o guardatevi la registrazione delle mie interviste e vedrete
che fin dal primo momento la storia è stata questa.
Come superstite e come rappresentante delle famiglie delle vittime, ho
riscontrato che il rapporto ufficiale sui fatti dell'11 settembre 2001
è un rapporto falso e incompleto. Ma perché vi ho raccontato tutto
questo? Perché vogliamo darvi gli strumenti e gli elementi per capire
che questo potrebbe accadere anche a voi, e perché possiate
comprendere il modo in cui il nostro governo si è comportato con le
vittime. Sono molto grato di aver incontrato tutte queste persone che
non conoscevo prima, hanno cambiato la mia vita. Noi siamo animati da
una motivazione e dall'entusiasmo di arrivare alla verità per voi.

L'11 settembre è "un complotto USA", dice un ex alto ufficiale
dell'intelligence della CIA e della Marina

http://www.disinformazione.it/911_complotto_cia_e_marina.htm

Continuano le minacce ad uno degli avvocati delle famiglie dell'11
settembre 2001
http://www.disinformazione.it/avvocati11settembre.htm

ECCO  COME GLI USA  RICORDA ISUOI   EROI
http://www.youtube.com/watch?v=iwigvkxikbY

 
 
 

11  SETTEMBRE    E LE BUGIE DI  BUSH

Post n°438 pubblicato il 11 Agosto 2008 da dammiltuoaiuto
 


LA  PUNTATA DI RAI REPORT SULL  11/09

il  documentario   di report sull 11  di settembre
http://video.google.com/videoplay?docid=3220473705490576646&q=Confron...

Loose Change 2nd Edition Recut

http://video.google.com/videoplay?docid=7866929448192753501&total=31&...

LOSE  CHANGE 2 DOPPIATO IN ITALIANO

http://video.google.com/videoplay?docid=6536713546859321156&total=35&...

ECCO  LE BUGIE  DE PENTAGONO
http://www.youtube.com/watch?v=6MMFCqHuYR4

ECCO  LE BUGIE
http://www.youtube.com/watch?v=K8uo6_a7yF4

ECCO   IL COMPLOTTO
11 settembre complotto evidente.

http://www.youtube.com/watch?v=z2TC_ZS8tSc

Rebus - 911 Inganno globale?
http://video.google.it/videoplay?docid=-6507546513762151026&q=11%2F09...

ECCO  COME GLI USA  RICORDA ISUOI   EROI

http://www.youtube.com/watch?v=iwigvkxikbY

inganno globale
http://video.google.com/videoplay?docid=3740667276211273172

inganno globale  11 settembre 11/09  FILMATO COMPLETO IN ITALIANO

http://video.google.com/videoplay?docid=-4707106427582061756

11/09/  filmato americano

http://video.google.com/videoplay?docid=8022452963439593148&total=35&...

9/11: Press for Truth   DOCUMENTARIO   IN INGLESE  DELLE FAMIGLIE
AMERICANE VITTIME  DEL 9/11

http://video.google.com/videoplay?docid=3979568779414136481&total=37&...

http://video.google.com/videoplay?docid=8797525979024486145&total=31&...

LOSE  CHANGE 2 DOPPIATO IN ITALIANO

http://video.google.com/videoplay?docid=6536713546859321156&total=35&...

September 11th Revisited: Were explosives used?

9-11 Press For Truth sottotitolato in italiano.avi

http://video.google.com/videoplay?docid=3228264304077323969

ECCO  CASO CI DICONO ALTRI  Webster Tarpley  SUL 11/09

http://www.youtube.com/watch?v=4ARFdZ3RVDA

mensogne globali  conferenza mondiale sull' 11/09

http://video.google.com/videoplay?docid=-8462333767560978506&total=38...

VERITA' DI CRISTALLO

http://www.youtube.com/watch?v=hhg0nht7NRc

INDAGINI SULL'11/09

http://video.google.com/videoplay?docid=-6662803466724618179&total=38...

CONFERENZA MONDIALE 11/09

http://video.google.com/videoplay?docid=-8462333767560978506&total=38...

11/09   ECCO  LA VERITA'

http://video.google.com/videoplay?docid=3316491948551597135&total=37&...

ECCO  COSA DICE IL PROF JONES AMERICANO

http://www.youtube.com/watch?v=0l5uTImEebU

http://www.911revisited.com

ATTENTATO AIUTATO CON GLI ESPOLOSIVI

http://video.google.com/videoplay?docid=4194796183168750014&total=31&...

 
11  SETTERMBE COLOSSALE INGANNO?

Sono passati 6 anni dalla tragica ed indimenticabile giornata che ha
cambiato la storia del mondo. Circa 3000 persone perirono nel crollo
delle Torri Gemelle, altre ancora nel Pentagono e negli aerei
dirottati.
Secondo la versione ufficiale, 4 aerei di linea vennero dirottati da
19 terroristi islamici la mattina dell'11 settembre 2001. Due di
questi aerei si schiantarono
contro le Torri Gemelle (uno nella Sud, uno nella Nord), uno al
Pentagono, uno si schiantò in Pennsylvania (forse venne abbattuto)
dopo che i passeggeri si erano rivoltati contro i dirottatori (?).
Bin Laden venne subito indicato come il mandante e l'organizzatore
degli attentati e, quasi subito, vennero resi noti i nomi e i volti
degli attenatori, fra i quali il celebre Mohamed Atta.
Questo è quello che ci hanno propinato per 5 anni le televisioni ed i
giornali e continuano a fare in questi giorni dell'anniversario.
Cerchiamo, dunque, di rispondere alla domanda del titolo: chi ha
organizzato gli attentati? Per il lettore medio questa domanda sarebbe
poco più che retorica e avrebbe come unica risposta quella indicata
qualche riga più in su. In realtà, le cose starebbero diversamente da
quanto affermato dalla versione ufficiale e vi sarebbero delle prove
schiaccianti a riguardo. Esaminiamo i punti controversi:

1) Il crollo delle Torri Gemelle (e della terza Torre, il WTC-7).

I telegiornali e gli speciali sul 11/9 ci hanno spiegato che le Torri
sarebbero cadute a causa dell'impatto degli aerei e del calore
sviluppato all'interno che avrebbe fatto sciogliere l'acciaio e,
quindi, fatto collassare gli edifici. Tuttavia, esistono alcune prove
contrarie a questa tesi. Innanzitutto, vi sono parecchie testimonianze
di vigili del fuoco che hanno affermato di aver udito espolosioni nei
piani sotterranei e nei piani intermedi della Torre prima del crollo.
Esistono addirittura delle conversazioni telefoniche registrate in cui
si sentono i vigili parlare fra di loro annunciando in diretta le
esplosioni. In secondo luogo, il progettatore delle Torri, Hyman
Brown, ha affermato che le Torri erano state progettate per resistere
a qualsiasi tipo di danno causato da uragani, tempeste, e impatti
aerei... La tesi non ufficiale parla di demolizioni controllate in tutti
e tre i casi di crollo delle Torri (le due Gemelle e la terza)
basandosi sulle considerazioni esposte sopra, su alcune considerazioni
fisico-matematiche
e su alcuni video che mostrano la similitudine fra il crollo delle
Torri e le demolizioni controllate, mostrando anche gli "sbuffi"
tipici delle demolizioni controllate e riscontrabili nei video sul
crollo delle Torri. (Vedi anche qui)
Qualcuno è in gradi di spiegare perché in televisione nessuno si
preoccupi di farci vedere queste cose? Mistero, resta il fatto che,
confrontando le due tesi contrapposte, quella della demolizione
controllata mi sembra essere quella più plausibile.

2) L'aereo del Penatagono.

Secondo la versione ufficiale, il volo 77 della American Airlines (un
boeing 757) si sarebbe schiantato su una parete del Penatagono non
lasciando alcuna traccia di sé, se non rottami di piccolissime
dimensioni. Tuttavia, le immagini documentate mostrano l'impossibilità
di un tale evento, negato anche da considerazioni di carattere
scientifico. Il buco riscontrato nella facciata del Pentagono (poco
più di 20 m) è chiaramente incompatibile con lo schianto di un boeing
757, la cui apertura alare supera i 40 m. Inoltre, come è possibile
che la maggior parte delle finestre del Pentagono siano potute
rimanere intatte in seguito all'impatto di un aereo che si è
completamente disintegrato? E come è possibile che siano stati trovati
resti umani tali da consentire l'identificazione del DNA quando anche
i motori (indistruttibili) si sono polverizzati? L'ipotesi più
probabile, suffragata anche da numerosi testimoni oculari, parla di un
missile o di un piccolo aereo militare o da turismo, non di un boeing
757. Mi chiedo come mai tutti i video relativi allo schianto sul
Pentagono siano stati sequestrati e mai resi noti, al contrario di
quelli relativi alle Torri.
Per approfondimenti leggete qui

3) Altre questioni.

a) Le liste ufficiali passeggeri dei 4 voli non contengono nessun nome
arabo. Come è possibile che i dirottatori siano stati individuati
quasi subito dall'FBI?

b) Ci sono state delle speculazioni molto evidenti sulle azioni di
borsa della United Airlines nei giorni precedenti l'attacco.
Per quanto si cerchino di smentire le tesi complottiste, ecco qui il
testo presentato dalla versione ufficiale a proposito delle
speculazioni. Presento il testo inglese con la traduzione (fatta da
me).

"The 9/11 Commission investigated this issue in detail, concluding,
"Some unusual trading did in fact occur, but each such trade proved to
have an innocuous explanation."
For example, it stated, "much of the seemingly suspicious trading in
American [Airlines stock] on September 10 was traced to a specific
U.S.-based options trading newsletter, faxed to its subscribers on
Sunday, September 9, which recommended these trades."

Traduzione: La commissione sull'11 settembre ha investigato su questo
punto concludendo che: "Alcune strane speculazioni sono state in
realtà fatte, ma ognuna di esse ha dimostrato di avere una spiegazione
innocua". Per esempio, (la Commissione) ha stabilito che "la maggior
parte delle operazioni commerciali avvenute il 10 settembre erano
dovute all'invio di una newsletter americana sulle azioni di borsa ai
sottoscrittori (della newsletter) nella giornata del 9 settembre, in
cui si raccomandavano quelle determinate operazioni di borsa".

Bene, questa è la spiegazione del perché ci furono delle speculazioni.
A me non sembra per niente convincente, perché si afferma,
sostanzialmente, che coloro che avevano eseguito alcune strane
operazioni di borsa il 10 settembre, lo avevano fatto perché gli era
stato "consigliato" di farlo da una semplice newsletter. Resta però il
dubbio: perché la newsletter lo aveva consigliato proprio il giorno
prima degli attentati? E' evidente che qualcuno sapesse in anticipo
gli avvenimenti. Dunque, la questione rimane intatta, neanche
minimamente scalfita dalla spiegazione ufficiale.

c) Perché il Sistema di difesa degli USA è rimasto immobile per 2 ore?

d) Perché è stato consentito alla famiglia Bin Laden di lasciare gli
USA dopo gli attentati, mentre tutto lo spazio aereo era stato chiuso?

e) Come hanno fatto i dirottatori, poco esperti (o per nulla) di volo
a pilotare 3 dei 4 aerei in modo impeccabile, eseguendo manovre al
limite della fantascienza e servendosi di semplici documenti cartacei
di volo? La tesi alternativa afferma che, in realtà, gli aerei delle
Torri sarebbero stati controllati a distanza attraverso dei sistemi
riscontrabili negli aerei militari. Solo in tal modo, infatti, sarebbe
stato possibile centrare in pieno le Torri ed il Pentagono.

Non mi vorrei dilungare troppo su tutti i dubbi riguardo all'11
settembre che, peraltro, non si esauriscono affatto nelle questioni da
me poste. Ho cercato di evidenziare quelle più clamorose alle quali,
come per tante altre domande, non è ancora stata data risposta.

Qui sotto presento una suddivisione delle tesi generali sull'11
settembre secondo tre linee principali:

1) La colpa è tutta di Bin Laden e Al qaeda che hanno organizzato dei
feroci attentati di cui nessuno sapeva nulla e che, quindi, hanno
colto tutti (Bush compreso) di sorpresa.

2) Al Qaeda ha organizzato tutto con il consenso degli USA che
avrebbero "favorito" gli attacchi da usare come pretesto per la guerra
in Afghanistan, in Iraq e...?.

3) Bin Laden e Al Qaeda non avrebbero organizzato nulla. Tutto sarebbe
frutto degli USA che avrebbero inscenato gli attacchi e organizzato il
tutto sempre per lo stesso pretesto della tesi precedente.

Una delle tesi più intriganti (appartenente alla numero 3) sostiene
che i tre aerei (2 delle Torri e 1 del Pentagono, peraltro finto)
sarebbero stati vuoti e telecomandati. I passeggeri dei voli reali
sarebbero stati fatti atterrare in basi militari segrete ed imbarcati
sul quarto volo (Pennsylvania) insieme ai passeggeri di quest'ultimo.
Infine, il quarto volo sarebbe stato abbattuto per eliminare tutti i
passeggeri-testimoni.

Chi sostiene la verità ufficiale parla di tesi complottiste
riferendosi a quelle che indicano gli USA come organizzatori degli
attentati. Proviamo a rovesciare la questione e vedremo che di
complotto si può parlare anche al contrario. In questo senso, potrei
affermare che il vero complotto lo hanno inventato gli USA parlando di
arabi, terrroristi e Bin Laden. Dipende semplicemente dai punti di
vista.

Al di là di ogni considerazione, rimangono dei punti oscuri anche
nelle versioni non ufficiali. In particolare:

1) Che fine hanno fatto i passeggeri del volo del Pentagono, assumendo
che nessun aereo si schiantò mai quel giorno? Sono spariti nel nulla?
E le famiglie, perché ne hanno denunciato la scomparsa?

2) Perché Bin Laden e tutti i Paesi Musulmani, vista l'evidenza delle
prove contrarie alla verità ufficiale, non sono insorti dimostrando la
loro innocenza invece che essere appellati come terroristi da tutto il
mondo?

3) E' possibile che nessuno riesca a dimostrare la ovvia falsità della
verità ufficiale in modo incontrovertibile?

4) Come la mettiamo con gli attacchi i Madrid e Londra? Eventi
indipendenti dall'11 settembre?

5) Si afferma che 13 dei 19 terroristi sarebbero vivi e vegeti. Ciò
però non dimostra nulla, perché i veri terroristi avrebbero potuto
rubare l'identità a quelli ancora vivi. Infatti, alcuni dei terroristi
ancora vivi hanno dichiarato che il loro passaporto era stato rubato
prima dell'attentato.

6) In una puntata del programma di Minoli andata in onda circa una
settimana fa, sono state fatte ascoltare le voci delle hostess che
chiamavano dal primo volo schiantatosi sulle Torri. La hostess
riferiva una frase del tipo: "vedo i palazzi stiamo volando basso,
troppo basso...". Come giustificano un fatto del genere coloro che
affermano che gli aerei erano vuoti?

7) Sempre nello stesso programma, nella ricostruzione dell'accaduto si
parlava delle conversazioni fra le hostess ed il personale di terra
della compagnia nelle quali la hostess comunicava i posti a sedere dei
dirottatori (già nella rinchiusi nella cabina di pilotaggio) e subito
il personale di terra individuava i nomi. In questo modo si
spiegherebbe la celerità nell'individuazione dei terroristi. Ciò,
però, contrasta col fatto che le liste passeggeri non contengano nomi
arabi...Chi ha ragione?

Ognuno, in base a ciò che vede e sente si farà un'opinione personale
dell'accaduto. Per quanto mi riguarda, penso che:

a) Bush, Rumsfeld, Cheney, Giuliani, FBI, CIA e molti altri sapessero
degli attentati in anticipo.

b) I sopraccitati non abbiano fatto nulla per impedirli

c) Le Torri sono crollate perchè demolite intenzionalmente.

d) Al Pentagono non si schiantò nessun aereo di linea.

e) La guerra in Afghanistan e Iraq (e poi?) erano preparate da tempo e
serviva un pretesto forte per entrare in guerra.

f) Al Qaeda, anche se non so in che misura, potrebbe aver aituato gli
americani nell'organizzazione.

g) Bin Laden avrebbe accettato di farsi incolpare a patto che non lo
si prendesse (vedremo...) ed in cambio di aiuti economici.

h) Ci sono troppi buchi nella spiegazione ufficiale.

i) Ci sono alcuni buchi anche nelle tesi alternative ma, nel
complesso, queste risulatno più convincenti in base a prove oggettive.

l) anche qui in Italia qualcuno (alti vertici politici) sapeva degli
attentati in anticipo.

In conclusione, per rispetto ai familiari delle vittime degli
attentati (forse autoprodotti), chiederei pubblicamente che a Bush e
compagnia bella sia impedito di commemorare le vittime così come è
accaduto negli anni passati (e anche stamattina), se non dopo aver
fornito dettagliatamente le risposte ai mille dubbi suscitati dalla
versione ufficiale. Si rischia, altrimenti, di far divenire la
commemorazione dell'11 settembre uno dei più grandi capolavori del
cinema moderno in cui Bush e gli altri protagonisti recitano alla
perfezione il ruolo da protagonisti. Tuttavia, molte persone sanno
che, in realtà, Bush e amici non sono altro che attori molto bravi ma
pur sempre attori. Siccome la produzione cinematografica di Hollywood
riesce ad andare avanti anche senza attori come Bush, Cheney e
Rumsfeld, speriamo che i suddetti si trasformino da attori in
protagonisti di un reality in cui la verità venga finalmente a galla.
ECCO  COSA  DICONO LE FAMIGLIE  DELLE VITTIME  DELL'11  DI SETTEMBRE

9/11 Press For Truth è la storia di alcuni dei familiari delle vittime
dell'11 Settembre, in particolare di coloro che guidarono il Comitato
Direttivo dei Familiari che portò, dopo tante pressioni e reticenze,
alla nascita della Commissione Indipendente 11/9, di cui essi ne
contestano l'operato sin da quando dovevano ancora iniziare i lavori
ed era stato inizialmente nominato alla loro direzione un certo Henry
Kissinger.
La situazione non cambiò poi di molto, in quanto venne nominato
coordinatore dei lavori, col potere quindi di decidere cosa
investigare e chi ascoltare - oltre a poter scegliere cosa infine
inserire nel rapporto definitivo - un vero e proprio insider
dell'Amministrazione Bush ed intimo di Condoleezza Rice, Philip
Zelikow, colui che tra le altre cose scrisse nel 2002 il National
Security Strategy in cui veniva enunciato, per la prima volta, il
concetto di "guerra preventiva".

Le famiglie chiesero anche le sue dimissioni, ma inutilmente.

Anche il Presidente Thomas Kean, come la maggior parte degli altri
Commissari, ed almeno metà dei membri dello staff avevano conflitti di
interesse, e non possono quindi stupire, con queste premesse, il modus
operandi ed i risultati della Commissione: interrogatori morbidi e
spesso senza neanche che venisse prestato giuramento, alcuni persino a
porte chiuse e incredibilmente "accompagnati dal genitore", come nel
caso del Presidente Bush. Un basso stanziamento di fondi e risorse,
innumerevoli ritardi o dinieghi per le richieste di documentazione,
specie se riservata, ed in generale i fatti omessi o distorti nella
compilazione del rapproto finale, evidenziati da David Ray Griffin nel
suo libro di critica, innominabile da tv e giornali.

Nonostante il Rapporto della Commissione 11/9 sia stato accolto in
modo pomposo ed acritico dai media ufficiali come verità
indiscutibile, sono in realtà secondo gli ultimi sondaggi di opinione
solo il 16% gli americani che credono che sia stata raccontata loro la
verità, in netto contrasto con la copertura mediatica che invece
converge piuttosto verso percentuali bulgare.

La nascita ed il lavoro della Commissione è il perno su cui ruota la
storia raccontata dai familiari che ne hanno vissuto con tenacia la
lotta per chiederne l'istutizione; con sempre meno speranza il corso
dei lavori; ed infine con delusione e rabbia i risultati, di fronte a
cui chiedono adesso con forza ed urgenza una nuova commissione,
realmente indipendente, e che operi per la ricerca della verità e non
per perpetrare pregiudizialmente, come purtroppo accade molto spesso
nelle investigazioni ufficiali, la versione gradita al potere
politico.

Gli argomenti trattati sono molti ed in gran parte si basano sulla
Cronologia Completa dell'11 Settembre di Paul Thompson: dalla
indiscutibile evidenza che l'Amministrazione sapesse a più livelli
degli attacchi imminenti e lo abbia poi nascosto, per arrivare al
curioso comportamento - in termini di alleanze quantomeno dubbie e di
"errori" solo apparenti - degli Stati Uniti nella cosiddetta "guerra
al terrore", passando per la mancata reazione aerea ed il sospetto
crollo delle torri e dell'edificio 7, argomenti questi ultimi ormai
stradibattuti ed a cui viene dedicato in questo film meno spazio del
solito, rendendolo particolarmente prezioso in quanto ricco di
informazioni complementari a quelle discusse più di frequente.

A fare da sfondo a tutti i dubbi e le critiche dei familiari, ci sono
le solite, costanti e diffuse reticenze governative ad investigare nel
modo dovuto, e quelle dei media ad affrontare le questioni importanti
ma scomode, da qui il gioco di parole del titolo del film: "Press For
Truth" significa "Pressione per la verità", ma il termine "Press"
indica appunto anche la stampa, i giornalisti, sottintendendo quindi
che tocca a delle persone comuni, per di più segnate da un dolore
indescrivibile, fare il lavoro di chi non vuole o fa finta di non
saperlo fare.

Il film dura quasi un'ora e mezza, per cui vi consigliamo di vederlo a
tutta pagina direttamente su Google Video al seguente link:
http://video.google.it/videoplay?docid=3228264304077323969&hl=it

Probabilmente siete a conoscenza del fatto che in passato alcuni dei
filmati sull'11 Settembre, come Loose Change, siano stati visti da
decine di milioni di persone poichè sono riusciti a scalare la TOP 100
dei più visti su Google Video, e quando lo hanno fatto ci sono poi
rimasti per lungo tempo, poichè una volta in classifica è difficile
uscirne se i contenuti sono tanto validi quanto poco conosciuti, e
crediamo che questo sia particolarmente il caso.
Grazie alla nascita di nuovi canali mediatici come quello di Google,
questo genere di film - ignorato dai mezzi di comunicazione mainstream
- sono infine riusciti a raggiungere il grande pubblico americano, e
ci auguriamo che avvenga lo stesso positivo fenomeno in Italia, dove
parimenti dai due mesi che Press For Truth è stato lanciato, nessun
giornalista di professione ha creduto opportuno parlarne.
Oltre a pregarvi di diffondere il link di Google Video ai vostri amici
e conoscenti e di segnalarlo ad esempio nel vostro sito personale,
potreste farne delle copie e/o organizzare proiezioni pubbliche per
cui potrebbe farvi comodo la locandina originale, che abbiamo

DA   DISNFOMAZIONE   IT
 
 

 
 
 

ECCO  COME  FUNZIONA  LA POLITICA AMERICANA

Post n°437 pubblicato il 11 Agosto 2008 da dammiltuoaiuto
 

“Confessioni di un sicario economico” – di John Perkins


Venivamo preparati per il nostro lavoro, che era quello di costruire
l’impero americano. Dovevamo creare delle situazioni in cui la maggior
parte possibile di risorse fluisse verso il nostro paese, verso le
nostre corporations, il nostro governo, e in questo abbiamo avuto un
grande successo.
Abbiamo costruito il più grande impero nella storia dell’umanità. Ciò
è accaduto negli ultimi cinquant’anni, a partire dalla seconda guerra
mondiale, e con un uso assolutamente minimo di forza militare.
Soltanto in casi eccezionali, come quello dell’Iraq, si utilizza
l’esercito come ultima risorsa.
Questo impero, a differenza di ogni altro impero nella storia, è stato
costruito prima di tutto attraverso la manipolazione economica,
attraverso l’inganno, attraverso la frode, attraverso la seduzione
degli altri verso il nostro modo di vita, e attraverso l’uso dei
sicari economici come me.
Fui reclutato in una scuola di economia, sul finire degli anni 60,
dalla NSA (National Security Agency), la più grande e meno compresa
organizzazione di spionaggio nazionale. Ma in ultima analisi lavoravo
per le corporations private.
Il primo vero sicario economico risale agli anni 50: era Kermit
Roosevelt, il nipote di Teddy, che rovesciò il governo dell’Iran - un
governo democraticamente eletto – di Mossadegh. Kermit fu così bravo
nell’ottenere quel risultato senza versare una goccia di sangue – beh,
un po’ di sangue fu versato, ma non vi fu un intervento militare – e
con una spesa di alcuni milioni di dollari rimpiazzammo Mossadegh con
lo Scià dell’Iran. A quel punto capimmo che questa idea del sicario
economico era ottima.
Quando agivamo in questo modo, non dovevamo preoccuparci della Russia.
Il problema è che Roosevelt era un agente della CIA, era un impiegato
del governo, e se fosse stato scoperto avrebbe causato notevoli
complicazioni. A quel punto si prese la decisione di utilizzare le
organizzazioni come la CIA e la NSA solo per reclutare potenziali
sicari economici come me, per poi mandarli a lavorare per compagnie
private di consulenza, società di ingegneria, compagnie di
costruzione, in modo che se fossimo stati scoperti non vi sarebbe
stato alcun collegamento con il governo
Io lavoravo per una compagnia chiamata Chas. T. Main di Boston, nel
Massachusetts. Eravamo circa 2 mila impiegati, e io ero il capo del
settore economico. Sono arrivato ad avere fino a 50 persone che
lavoravano per me. Ma il mio vero lavoro era quello di concludere
affari. Facevo dei prestiti ad altre nazioni, prestiti enormi, molto
più grandi di quelli che avrebbero mai potuto ripagare. Una delle
condizioni del prestito – diciamo ad esempio un miliardo di dollari,
ad un paese come l’Indonesia o l’Ecuador - era che il paese avrebbe
dovuto restituire il 90% del denaro a una società americana che
costruisse le sue infrastrutture, come la Halliburton o la Bechtel,
che erano le più grandi.
Queste società andavano nel paese e costruivano un sistema elettrico,
dei porti, o delle autostrade, che in realtà servivano solo alle poche
famiglie benestanti del paese, mentre la povera gente restava con un
debito sulla gobba che non avrebbe mai potuto ripagare. Un paese come
l’Ecuador oggi deve versare più del 50% per suo prodotto lordo
nazionale per pagare i suoi debiti, e in realtà non ce la può fare.
Con loro abbiamo quindi il coltello dalla parte del manico. Se un
giorno, ad esempio, vogliamo più petrolio, andiamo in Ecuador e
diciamo: “Voi non siete in grado di ripagare vostro debito, per cui
date alle nostre società le vostre foreste amazzoniche, che sono piene
di petrolio”. Dopodichè noi arriviamo, distruggiamo la foresta
dell’Amazzonia e obblighiamo l’Ecuador a darla noi, a causa del debito
che ha accumulato.
Quando facciamo questi grandi prestiti, la maggior parte dei soldi
torna comunque negli Stati Uniti, mentre il paese rimane con il
debito, più un interesse enorma da pagare, e questi diventano
praticamente i nostri servi, i nostri schiavi. È un impero, non c’è
altro modo di definirlo. È un impero enorme, e in questo noi abbiamo
avuto grande successo.
Quando mi hanno reclutato, quelli della NSA mi hanno sottoposto a una
lunga serie di test della verità. Hanno scoperto tutte le mie
debolezze, e mi hanno immediatamente sedotto. Hanno usato le droghe
più potenti della nostra cultura, il sesso il potere e i soldi, per
convincermi a passare dalla loro parte.
Se non avessi vissuto la vita di un sicario economico, farei molta
fatica a credere che queste cose accadano. Ora invece ho scritto
questo libro perché il nostro paese ha bisogno di capire: se la gente
di questa nazione capisce come funziona davvero la nostra politica
economica, che cosa è l’aiuto ai paesi poveri, come funzionano le
nostre corporations, dove vanno a finire i soldi delle nostre tasse,
so che esigerà un cambiamento.
Ricordate, quando all’inizio degli anni ‘70 l’OPEC faceva tutto quello
che voleva, e ci razionava le importazioni di petrolio? Noi facevamo
lunghe code in macchina alla stazione di servizio, e il paese aveva
paura di dover affrontare un'altra depressione come quella del ’29.
Questo per noi era inaccettabile, e a quel punto il Ministero del
Tesoro ha reclutato me e alcuni altri sicari economici, e siamo
partiti per l’Arabia Saudita.
Sapevamo che l'Arabia Saudita era la chiave di volta per uscire dalla
nostra schiavitù e prendere in mano la situazione. E così abbiamo
messo a punto un accordo, grazie al quale la Reale Casa saudita
avrebbe rispedito negli Stati Uniti la maggior parte dei
petroldollari, e li avrebbe investiti in titoli governativi. Il
Ministero del Tesoro avrebbe usato gli interessi di questi titoli per
finanziare società americane che costruissero in Arabia Saudita nuove
città e nuove infrastrutture -cosa che abbiamo fatto.
La Casa Reale saudita si impegnava a mantenere il prezzo del petrolio
entro limiti accettabili per noi - cosa che negli anni ha sempre fatto
- mentre noi ci impegnavamo a mantenere al potere la Reale Casa
saudita.
Questo è uno dei motivi principali per cui siamo scesi in guerra con
l’Iraq. In Iraq avevamo provato a implementare lo stesso tipo di
strategia che aveva avuto così tanto successo in Arabia Saudita, ma
Saddam Hussein non ci era cascato.
Quando i sicari economici falliscono nel loro obiettivo, entrano in
gioco gli sciacalli, ovvero gli agenti della CIA, che si infiltrano
nel paese e cercano di fomentare un colpo di stato, o una rivoluzione.
Se anche quello non funziona, provano con l’assassinio vero e proprio.
Ma nel caso dell’Iraq non riuscivano a colpire Saddam Hussein, che
aveva molti sosia e delle ottime guardie del corpo, e non si riusciva
a farlo fuori. A quel punto è subentrata la terza linea strategica,
nella quale i nostri giovani uomini e donne vengono mandati a uccidere
ed essere uccisi, che è quello che chiaramente è successo in Iraq.
Ho sempre lavorato molto, molto da vicino con la Banca Mondiale. La
Banca Mondiale fornisce la maggior parte dei soldi che vengono usati
dai sicari economici. Ma dopo l’11 settembre qualcosa è cambiato
dentro di me. Sapevo che questa storia andava raccontata, perché
quello che è accaduto l’11 settembre è il diretto risultato del lavoro
dei sicari economici. E l’unico modo in cui torneremo a sentirci
sicuri in questo paese, l’unico modo in cui torneremo a sentirci bene,
è usando i sistemi che abbiamo messo in atto per creare un cambiamento
positivo nel mondo. Sono profondamente convinto che questo sia
possibile. Io credo che la Banca Mondiale e altre istituzioni possano
essere re-indirizzate a fare quello che dovevano fare originariamente,
e cioè aiutare a ricostruire le parti più devastate del mondo. Aiutare
la povera gente. Ci sono 24 mila esseri umani che muoiono di fame ogni
giorno, e noi questo possiamo cambiarlo.
 
Il racconto di Robert Fisk, il celebre giornalista britannico inviato a
Bagdad

La guerra è una frode. Non mi riferisco all'inesistenza delle armi di
distruzione di massa e dei rapporti tra Saddam Hussein e Al Qaeda, né a
tutte le altre bugie che sono servite da casus belli. Penso piuttosto alle
nuove menzogne.
Infatti, se prima della guerra i governi ci avvertivano di minacce
inesistenti, oggi ci nascondono minacce che esistono davvero. Gran parte
dell'Iraq è ormai fuori dal controllo del governo fantoccio imposto dagli
Stati Uniti a Bagdad, eppure non ci viene detto. Le truppe statunitensi
subiscono centinaia di attacchi al mese, ma nessuno ci avverte, a meno che
non muoia un americano. Il mese scorso, il bilancio delle vittime nella sola
Bagdad è stato di oltre 700 morti, il mese peggiore dalla fine
dell'invasione. Eppure, non ce l'hanno detto.

La regia della catastrofe irachena è stata fin troppo evidente anche in
occasione del "processo" a Saddam. L'esercito degli Usa non si è limitato a
censurare le registrazioni cancellando le voci degli altri 11 imputati, ma
ha anche fatto credere a Saddam (fino al suo arrivo in aula) che sarebbe
stato giustiziato. Quando è entrato in aula, pensava che il giudice avrebbe
sentenziato la sua condanna a morte: del resto, i tribunali di Saddam
funzionavano così. Non c'è da meravigliarsi quindi se all'inizio sembrava
"disorientato" - tempestiva precisazione della Cnn - anche perché era
proprio così che lo si voleva rappresentare, e noi abbiamo fatto in modo che
le aspettative non andassero deluse. Ecco perché Saddam ha chiesto al
giudice Juhi: «Lei è un avvocato? . Siamo a un processo?». E subito, non
appena si è accorto che si trattava dell'udienza preliminare - e non dei
preliminari della sua impiccagione - ha assunto un atteggiamento bellicoso.

Ma non pensiate che ci verranno date molte altre informazioni in merito alle
prossime apparizioni di Saddam in tribunale. Salem Chalabi, il cui fratello
Ahmed è stato condannato per frode, nominato dagli americani a capo del
tribunale, ha informato la stampa irachena già due settimane fa che i
giornalisti non potranno assistere alle prossime udienze. Non mi è difficile
capire il perché. Se Saddam si comporterà come Slobodan Milosevic, vorrà
parlare dei reali rapporti che il suo regime intratteneva con eserciti e
intelligence, specialmente con quelli degli Stati Uniti.

Trascorrere queste settimane in Iraq è un'esperienza insolita e pericolosa.
Mi dirigo in macchina verso Najaf. L'autostrada 8 è uno dei luoghi peggiori
di tutto il paese, dove gli occidentali vengono trucidati e l'asfalto è
ingombro di auto della polizia e di camion americani bruciati. Tutti i posti
di polizia in 110 km sono stati abbandonati. Nonostante tutto, poche ore più
tardi, mi trovo nella mia stanza a Bagdad e alla televisione vedo Tony Blair
alla Camera dei Comuni con un sorrisetto da primo della classe: e il
rapporto Butler, dov'è finito?

In questi giorni, guardare qualunque rete televisiva occidentale da Bagdad è
come sintonizzarsi con Marte. Ma possibile che Blair non si accorga che
l'Iraq sta per implodere su sé stesso? E Bush, neanche lui se ne accorge? Il
"governo" nominato dagli americani controlla soltanto alcune zone di
Baghdad, dove pure ministri e funzionari cadono vittime di imboscate e
vengono assassinati. Le città di Baquba, Samara, Kut, Mahmoudiya, Hilla,
Fallujah e Ramadi sono tutte sfuggite al controllo dell'autorità. Ayad
Allawi, il "primo ministro", è poco più che un sindaco di Baghdad. «Qualche
giornalista - annuncia Blair - sembra quasi desiderare che in Iraq si
verifichi un disastro». Non vuole proprio capire che il disastro è già in
atto.

Quando i kamikaze vanno a schiantarsi in automobile contro centinaia di
reclute a pochi passi da una stazione di polizia, come si fa anche solo a
pensare di poter svolgere le elezioni in gennaio?

Anche la Conferenza nazionale per la nomina dei responsabili delle elezioni
è stata posticipata per ben due volte. E sfogliando i miei appunti delle
ultime cinque settimane, mi accorgo che nessuna delle tante persone con cui
ho parlato, né un iracheno, né un solo soldato americano, e nemmeno un
mercenario - americano, inglese o sudafricano - crede davvero che a gennaio
si terranno le elezioni. Tutti mi hanno detto che l'Iraq peggiora di giorno
in giorno e la maggioranza mi ha chiesto come mai noi giornalisti non lo
diciamo.

Ma a Bagdad, accendo la televisione e vedo Bush che arringa i Repubblicani
dicendo che in Iraq va sempre meglio, che gli iracheni stanno con la
"coalizione", che sosterranno il nuovo governo forgiato dagli Usa, che la
"guerra al terrorismo" è ormai vinta, che gli americani ora sono più sicuri.
Poi vado su Internet e vedo due uomini incappucciati che tagliano la testa a
un americano a Riad, che fendono con un coltello le vertebre di un altro
americano che si trovava in Iraq.

Ogni giorno, i giornali locali fanno il nome di qualche impresa edile che
abbandona il paese.

E io scendo a salutare i lavoratori dell'obitorio di Bagdad, così gentili e
tragicamente tristi: laggiù, ogni giorno, vedo decine di quegli iracheni che
in teoria siamo venuti a liberare, intenti a piangere, gemere e imprecare
mentre trasportano in spalla i loro cari rinchiusi in squallidi feretri.
Andare in guerra può essere una decisione terribile: anche Neville
Chamberlain la pensava così, ma per lui non è stata affatto una decisione
difficile, proprio perché quando i nazisti hanno invaso la Polonia, era la
cosa giusta da fare.

Guidando per le strade di Bagdad, osservando il terrore delle sentinelle
americane e avvertendo, all'alba, il fragore dell'ennesima esplosione che
squassa porte e finestre, capisco che cosa intende Blair. Entrare in guerra
contro l'Iraq con l'invasione dell'anno scorso è stata la sua decisione più
difficile perché pensava - non a torto - che potesse essere una scelta
sbagliata. Non dimenticherò mai quando, a Bassora, disse all'esercito
britannico che il sacrificio dei soldati inglesi non sarebbe stato un film
di Hollywood, ma «vera carne e vero sangue». Infatti, il sangue sparso e la
carne straziata erano veri, ma non lo erano le armi di distruzione di massa
per cui tutto questo è avvenuto.

«È ammesso l'uso della forza letale», si legge a tutti i checkpoint di
Baghdad. Ma "ammesso" da chi? Non è chiaro a chi si debba rendere conto.
Sempre più spesso, sulle grandi superstrade alle porte della città, i
soldati ì urlano contro gli automobilisti e aprono il fuoco al minimo
sospetto. «L'altro giorno sono venuti al nostro checkpoint degli uomini dei
corpi speciali della Marina», mi ha detto un sergente della prima divisione
di cavalleria. «Ci hanno chiesto se avevamo dei problemi, e io ho risposto
di sì, perché ci sparavano da una casa, e gli ho indicato la direzione. Uno
di loro mi ha chiesto: "Quella casa? ", e noi abbiamo detto di sì. Avevano
tre jeep e molte armi al titanio: hanno preso le macchine e si sono diretti
verso la casa. Più tardi sono ripassati e hanno detto: "Tutto a posto". Da
allora non ci hanno più sparato».

Che cosa vorrà dire? Gli americani si vantano per l'assedio di Najaf. Il
tenente colonnello Garry Bishop del primo battaglione della 37° divisione
corazzata la giudica una battaglia «ideale» (anche se non è riuscito a
uccidere né a catturare Moqtada al-Sadr). «Ideale», ha spiegato Bishop,
perché gli americani hanno evitato di danneggiare i luoghi sacri degli Imam
Ali e Hussein. Che idea dovrebbero farsene gli iracheni? Che cosa direbbero
gli inglesi se un esercito musulmano occupasse il Kent e bombardasse
Canterbury, per poi vantarsi di non aver danneggiato la cattedrale?
Dovrebbero ringraziare?

E che dire poi di una guerra descritta in modo fantasioso dai suoi stessi
autori? Mentre gli stranieri fuggono dall'Iraq per paura di morire, il
Segretario di Stato americano Colin Powell afferma in conferenza stampa che
la presenza degli ostaggi sta avendo un «effetto» sulla ricostruzione.
Quale? Le esplosioni degli oleodotti sono ormai all'ordine del giorno, non
meno delle interruzioni dell'elettricità. In alcuni quartieri di Bagdad,
l'elettricità funziona solo per quattro ore al giorno; le strade pullulano
di mercenari stranieri che esibiscono il fucile alla finestra lanciando
ultimatum a tutti gli iracheni che non spariscono subito dalla loro vista.
C'è da chiedersi se il governo britannico abiti su questo pianeta.

Prendiamo ad esempio il processo a Saddam. Tutta la stampa araba - compresa
quella di Bagdad - pubblica il nome del giudice, lo stesso che ha rilasciato
interviste dopo aver accolto le accuse di omicidio a carico di Moqtada
al-Sadr. Si è perfino fatto fotografare sui giornali, ma quando ho scritto
il suo nome sull'Indipendent, il portavoce del governo britannico mi ha
censurato formalmente. Salem Chalabi mi ha anche minacciato di querela.

Allora, ricapitoliamo: invadiamo illegalmente l'Iraq e uccidiamo 11mila
cittadini iracheni. A questo punto, entra in scena Chalabi, nominato dagli
americani, e mi comunica ufficialmente che sono reo di «incitazione
all'omicidio». Penso di aver detto tutto.

Robert Fisk

 
 
 

BELUSCA   E LE FOTO TAROCCATE

Post n°436 pubblicato il 08 Agosto 2008 da dammiltuoaiuto
 

Basta confrontare questa foto risalente a pochi giorni fa (sopra) e uno scatto del servizio. Nel frattempo sono ringiovaniti di 20 anni, eh?

PUR DI APPARIRE  BELLO   SU CHI  E' CAPACE DI FARSI TAROCCARE

LE SUE  FOTO  CI SI PU' FIDARE  UN PERSONAGGIO SIMILE?

http://magazine.libero.it/fotogallery/fg4825/pg1.phtml?from=1

 
 
 

OLIMPIADI CON IL SANGUE  2

Post n°435 pubblicato il 08 Agosto 2008 da dammiltuoaiuto
 


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LE  OLIMPIADI   CON IL SANGUE
Oggi iniziano le Olimpiadi. LE BOICOTTERO'. Una manifestazione che dovrebbe unire le genti e i popoli e oggi è invece costruita su un bagno di sangue, sulle recenti repressioni in Tibet, sulla dittatura di un regime che sta attuando un vero genocidio. Vi ricordo che oltre 10 anni fa è scomparso Gedhun Choekyi Nyima, riconosciuto dal Dalai Lama (tuttora costretto all'esilio) quale Panchen Lama (importantissima carica sacerdotale buddista), probabilmente in mano al regime cinese.
Non abbiamo imparato niente. nel 1936 i nazisti hanno ospitato i giochi, e ora questi sono i nostri nazisti. nel '36 hanno sbagliato. è possibile che noi stiamo per fare la stessa identica cosa? il governo cinese, o meglio la dittatura cinese, non solo fa quello che fa in tibet e birmania. regala incarcerazioni e esecuzioni senza processo, nessuna libertà di religione o di parola, aborti e sterilizzazioni forzati, infanticida, campi di lavoro, ecc. più aria e acqua avvelenata e condizioni di lavoro orrende al suo stesso popolo.
sono molto molto peggio dei nazisti.
è assurdo che i giochi sono stati assegnati a loro.
tutti hanno diritto alla pace e alla vita qualcuno dice che sia sacra io mi limito a ricordare che sia unica ma moltissimi uomini propio da noi in occidente accettano e favoriscono la violenza o meglio la guerra che il suo significato sembra svanito si la guerra e' morte distruzione e barbaria non esiste un'altro effetto dopo lo svolgere di una guerra.I tibetani si lamentano di un geneocidio culturale mentre noi viviamo il suicidio culturale i piu' giovani senza memoria non possono capire ed e' qui che il guerrafondaio trova terreno fertile.
dobbiamo ricordare cio che i nostri nonni ci hanno trasmesso e ripudiare la violenza e la guerra.
Purtroppo quando si subisce una violenza si risponde con le stessa quasi sempre e' una regola umana I tibetani hanno usato la violenza e i cinesi hanno risposto violentemente ma possiamo dire che il riferimento ai giochi olimpici del 1936 non mi sembrano poi cosi casuali credo che ci risiamo.
la cina nazionalista e' un bel bocconcino o no
Pur comprendendo le ragioni addotte dagli atleti che vorrebbero andare a tutti i costi alle olimpiadi sono assolutamente d'accordo con il boicottaggio dei giochi. Sentire i burocrati cinesi parlare di una persona pacifica e illuminata come il Dalai Lama come capo di una "cricca" fa venire i brividi. Il popolo tibetano è in assoluto tra i più pacifici della terra, ricco di cultura non violenta e dettami spirituali di alto profilo. Chiunque andrà a gareggiare a Pechino si macchierà di sangue e anche se cercherà ragioni per potersi mettere la coscienza in pace lo spettro delle violenze di 50 anni di oppressione cinese in Tibet lo seguiranno per tutta la sua vita! Giustizia Pace e Autonomia culturale in Tibet!! Basta con la violenza cinese!! Mobilitarsi è un dovere morale di TUTTI proprio ora che si avvicinano le olimpiadi!!
Il TIBET OCCUPATO é uno smacco alla VITA e alla PACE per tutte le società democratiche o che si dichiarino tali e alle organizzazioni nazionali e internazionali che hanno preso decisioni incoerenti con il loro status.
Dall'autodistruzione con il doping all'omicidio. Povere olimpiadi, povero sport, da messaggio di PACE universale a messaggio di soppressione e sterminio. Quanti morti vale una medaglia Olimpica di pechino 2008?
Da atleta/allenatore mi dispiace per chi fa sacrifici per raggiungere il traguardo Olimpico e poi si vede dover decidere cose che non lo riguarderebbero se i giochi non fossero stati assegnati a chi ha problemi di DIRITTI UMANI!!! Purtroppo anche le Olimpiadi sono diventati politica e business.
L'unico modo per contrastare contro chi mette il DIODANARO davanti alla VITA é L'INFORMAZIONE LIBERA e la facoltà individuale di PRENDERE DECISONI (come ad esempio non comprare quello che ci si vuole vendere al prezzo dello sfruttamento).
Le rivoluzioni democratiche si fanno con la libertà di scegliere da chi comprare nell'interesse del progresso UMANO e non economico. L'interesse della VITA davanti all'interesse dei soldi a tutti i costi.
PAOLO  CARINCI
 
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http://www.avaaz.org/it/tibet_end_the_violence/15.php?cl=64278835

 

 

CINA   E L'OPPRESSIONE  TIBETANA
Ma quando ci decideremo a boicottare le merci CINESI ? L'embargo all'Iran e all'Iraq dei tempi di Saddam sì ( e intendiamoci: personalmente l'ho sempre trovato giusto perché anche quelli sono Paesi in cui i diritti civili non sanno nemmeno cosa siano), dicevo: all'Iran e all'Iraq l'embargo sì, e alla Cina il boicottaggio delle loro merci e delle loro Olimpiadi no? E Perchè? Perchè abbiamo troppi interessi in gioco? Eppure anche in Cina i diritti civili non sanno nemmeno cosa siano: basta vedere come trattano uomini e animali. Siamo degli ipocriti, dovremmo vergognarci!!!
Chissa',grazie ai miracoli della politica,l' import-export dall' Italia alla Cina continuera' a fiorire,la bandiera Coca Cola sventolera' alta ed il Prosciutto di Parma e la Ferrari continueranno a deliziare i nuovi milionari cinesi..Mi sembra un po' la stessa morale del denari di Giuda.Dove sono ora tutti gli strilloni della "democrazia all' occidentale a tutti i costi"? Si,certo,le armi trovate nei Monasteri..Ricordiamoci della storiella del "Lupo e l' Agnello..
Chissa',la prossima volta ci diranno che le armi di distruzione di massa dell' Iraq sono custodite al convento dei Francescani..E Bush invadera' Assisi
Mi sento di condividere il sentimento, oramai, popolare del boicottaggio mediatico delle Olimpiadi.
Quindi al pari di altri lettori nn le vedro', considerando il fatto che il nostro governo fatto di pecore, pecoroni, fannulloni e mangipane a tradimento, nn si e' nemmeno degnato di comunicare il suo sdegno per massacro tibetano.
Quando era il tempo, pero', di appoggiare la seccessione del Kossovo dalla Serbia (che nn e' quella di Milosevic, e ha gia' ampiamente pagato per le sue colpe), nn ha esitato un momento a dare man forte al coro dei seccessionisti.
Secondo me i diritti civili sono calpestati nn soltanto con l'azione diretta ma anche con la partecipazione omertosa di tutti i vari spettatori.
E per questo che boicottero' tutto cio' che mi capita con il marchio della cina, olimpiadi televisive comprese
Paolo  Carinci
 
BOICOTTIAMO   LE  OLIMPIADI E    I NEGOZI CINESI
Per la prima volta, in più di cinquanta anni di oppressione cinese, il Tibet si trova al centro dell’attenzione della comunità internazionale.
A prima vista dovrebbe trattarsi di un fatto positivo, ma non lo è; questo perché le notizie che giungono dal “Tetto del mondo” non fanno presagire nulla di buono.
Solo adesso infatti ci si scandalizza degli avvenimenti luttuosi in Tibet, come se per la prima volta il Governo cinese avesse usato la forza per ridurre al silenzio un’intera popolazione, si è portati a pensare che le rivolte e la repressione violenta siano un fatto del tutto nuovo, ma la reale drammaticità degli ultimi avvenimenti sta proprio nel fatto che questi si sono susseguiti ininterrottamente per oltre cinquant’anni.
Dov’è la differenza rispetto agli anni scorsi? È molto semplice, nelle olimpiadi.
Il fatto che la Cina si troverà, nella prossima estate, con gli occhi puntati addosso da parte dell’intero pianeta, ha fatto sì che ora tutti si sentono quasi in dovere di chiedere al Governo di Pechino precise risposte riguardo ai diritti umani violati, alle torture, alle esecuzioni sommarie (la Cina ne detiene il triste primato al mondo), alla totale mancanza di libertà civili e politiche.
E’ evidente l’ipocrisia dei governi occidentali (e spesso dei media) che hanno sempre ignorato le grida di dolore delle numerose minoranze etniche che popolano il territorio cinese e di quella tibetana in particolare.
Non descriviamo qui le grandi sofferenze del popolo tibetano (le trovate in altre pagine di questo sito), ma vogliamo sottolineare il fatto che l’Occidente ha barattato i valori ed i principi che dovrebbero costituire l’essenza stessa di una società civile in cambio dell’apertura del mercato economico da parte delle autorità di Pechino.
Questo atteggiamento è doppiamente deplorevole, perché non solo non tiene conto delle libertà calpestate, ma ignora anche le condizioni del lavoratore in Cina.
Più volte Sua Santità il Dalai Lama ha cercato di attirare l’attenzione degli organismi internazionali sulle misere condizioni cui il suo popolo era costretto ma, a parte sporadiche dichiarazioni di facciata, l’Occidente non è mai intervenuto in suo sostegno; è fin troppo evidente il fatto che le lievi aperture in senso capitalistico hanno fatto e fanno gola alla politica dei mercanti.
Non è possibile autoelevarsi a difensori del mondo civile solo in base al proprio tornaconto economico, stendendo veli di silenzio sulle angherie perpetrate da chi può offrire di più
Capiamo la posizione di S.S. il Dalai Lama, quando sostiene che la Cina non deve essere isolata ed i giochi olimpici non devono essere boicottati, ma crediamo che un gesto forte sia assolutamente necessario, anche perché se le olimpiadi sono basate sui valori di De Coubertin, ovvero rispetto e lealtà, allora la Cina è senza dubbio uno dei posti meno indicati per il loro svolgimento.
Non sappiamo cosa abbia portato il Comitato Olimpico Internazionale ad assegnare questi giochi a Pechino, forse la speranza che, così facendo, la Cina avrebbe riveduto e corretto alcuni suoi atteggiamenti liberticidi, tuttavia è ormai evidente che le sue speranze sono state vane, anzi, presumibilmente questa assegnazione ha causato un ulteriore inasprimento della politica interna cinese.
Nell’antica Roma si sosteneva che, per tenere tranquillo il popolo, erano sufficienti il pane ed i giochi (panem et circenses); ma a parte il fatto che il popolo tibetano non ha il pane, di questi giochi in cui i cinque anelli olimpici sembrano simboleggiare più una catena da carcerato che la fratellanza fra i popoli, non sappiamo che farcene.
PAOLO  CARINCI
 
"La cosa peggiore non è la violenza degli uomini malvagi, ma il silenzio degli uomini onesti"
Martin Luther King
 
www.zorro.4000.it    FOR   TIBET 
 
 
Olimpiadi 2008: le promesse mancate della Cina. Eredità positiva dei Giochi a rischio, denuncia Amnesty InternationalCS104-2008: 28/07/2008

In un nuovo rapporto diffuso a Hong Kong a dieci giorni dall'inizio delle Olimpiadi di Pechino 2008, Amnesty International ha dichiarato che la Cina è venuta meno alle promesse di migliorare la situazione dei diritti umani, tradendo in questo modo i valori fondamentali dell'Olimpismo.

"Continuando a perseguitare e punire chi parla in favore dei diritti umani, le autorità cinesi hanno perso di vista le promesse fatte sette anni fa, al momento dell'assegnazione dei Giochi" - ha affermato Roseanne Rife, vicedirettrice del Programma Asia e Pacifico di Amnesty International. "Il governo di Pechino sta gettando un'ombra sull'eredità delle Olimpiadi. Chiediamo la liberazione di tutti gli attivisti in carcere, piena libertà d'informazione per la stampa estera e nazionale e ulteriori progressi verso l'eliminazione della pena di morte".

Il rapporto di Amnesty International, "Conto alla rovescia verso le Olimpiadi: le promesse mancate", valuta il comportamento delle autorità cinesi in quattro aree strettamente collegate ai valori fondamentali dell'Olimpismo: la persecuzione degli attivisti per i diritti umani, la detenzione senza processo, la censura e la pena di morte.

In questi ultimi mesi, la situazione dei diritti umani è peggiorata nella maggior parte di queste aree. Nel periodo che ha preceduto i Giochi, le autorità cinesi hanno imprigionato, posto agli arresti domiciliari o allontanato a forza chi avrebbe potuto minacciare l'immagine di "stabilità" e "armonia" che intendono presentare al mondo.

Secondo Amnesty International, gli attivisti e i giornalisti locali che si occupano di diritti umani rischieranno in modo particolare di subire persecuzioni durante lo svolgimento dei Giochi.

L'attivista e scrittore Hu Jia continua a scontare una condanna per "incitamento alla sovversione", per aver scritto articoli e rilasciato interviste alla stampa estera sui diritti umani: ha problemi al fegato, a causa dell'epatite B, ma le autorità impediscono ai suoi familiari di fargli arrivare le medicine necessarie.

Il presidente del Comitato olimpico internazionale (Cio), Jacques Rogge, ha recentemente sostenuto che, grazie alla propria diplomazia silenziosa, il Cio è riuscito a ottenere varie riforme nel campo dei diritti umani, come le nuove norme sulla stampa estera.

"Apprezziamo il fatto che il Cio abbia riconosciuto di avere un ruolo sui diritti umani ma, data la situazione attuale, ci sorprende la sua fiducia nel fatto che la stampa estera potrà riferire liberamente e che non ci sarà censura su Internet" - ha commentato Rife. "Ora ci aspettiamo che il Cio si esprima, quando le autorità cinesi violano i principi olimpici nel loro complesso".

"I leader mondiali che assisteranno ai Giochi dovranno prendere pubblicamente posizione in favore dei diritti umani in Cina e appoggiare l'azione degli attivisti per i diritti umani. Se non lo faranno, manderanno al mondo il messaggio che è accettabile che un governo ospiti i Giochi olimpici in un'atmosfera di repressione e persecuzione".

Principali contenuti del rapporto di Amnesty International

Molti difensori dei diritti umani continuano a languire nelle carceri cinesi o sono sottoposti agli arresti domiciliari; altri sono sorvegliati a vista dalla polizia, che intende impedire loro in ogni modo di disturbare lo svolgimento dei Giochi.

Le autorità cinesi hanno esteso l'uso di forme punitive di detenzione amministrativa, tra cui la "rieducazione attraverso il lavoro" e la "riabilitazione forzata dalla droga", per "ripulire" Pechino prima dell'inizio delle Olimpiadi e tenere alla larga gli attivisti per tutta la durata dei Giochi.

Le norme provvisorie che avrebbero dovuto garantire più ampia libertà d'informazione per la stampa estera, non sono state del tutto applicate. Il Circolo della stampa estera in Cina ha segnalato, a partire dal 1° gennaio 2007, 260 casi di interferenze. Le norme peraltro non riguardano i giornalisti cinesi, cui continua a essere impedito di scrivere su argomenti giudicati sensibili dal governo.

La pena di morte resta prevista per 68 reati, compresi crimini di natura economica o connessi alla droga che non comportano il ricorso alla violenza. Nonostante dichiarino che il numero delle esecuzioni è diminuito da quando la Corte suprema del popolo ha ripristinato il suo potere di revisione delle condanne a morte, le autorità cinesi continuano a non pubblicare alcun dato sulla pena capitale.

Liu Jie, un'attivista per il diritto alla terra, sta scontando un periodo di 18 mesi di "rieducazione attraverso il lavoro" nella provincia dell'Heilongjiang (Cina nord-orientale); secondo fonti locali, è stata sottoposta a violenze fisiche per aver lanciato una campagna in favore di riforme politiche e legali, tra cui l'abolizione della stessa "rieducazione attraverso il lavoro".

A giugno, la polizia ha arrestato l'attivista per i diritti umani del Sichuan, Huang Qi, con l'accusa di "essere entrato illegalmente in possesso di segreti di Stato". Huang stava fornendo assistenza legale alle famiglie di cinque alunni morti a seguito del crollo di una scuola elementare nel terremoto di maggio.

Nel 2001, quando la Cina ottenne l'assegnazione delle Olimpiadi del 2008, Wang Wei, Segretario generale del Comitato promotore di Pechino 2008, affermò: "Garantiremo completa libertà d'informazione ai giornalisti che verranno in Cina. Abbiamo fiducia nel fatto che i Giochi non solo promuoveranno la nostra economia ma miglioreranno tutte le condizioni sociali, compresa l'educazione, la salute e i diritti umani".

 
 
 

OLIMPIADI CON IL SANGUE

Post n°434 pubblicato il 08 Agosto 2008 da dammiltuoaiuto
 

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Oggi iniziano le Olimpiadi. LE BOICOTTERO'. Una manifestazione che dovrebbe unire le genti e i popoli e oggi è invece costruita su un bagno di sangue, sulle recenti repressioni in Tibet, sulla dittatura di un regime che sta attuando un vero genocidio. Vi ricordo che oltre 10 anni fa è scomparso Gedhun Choekyi Nyima, riconosciuto dal Dalai Lama (tuttora costretto all'esilio) quale Panchen Lama (importantissima carica sacerdotale buddista), probabilmente in mano al regime cinese.

Personalmente credo nel Karma, e dunque da quel punto di vista individuo un errore che potrebbe aver causato l'invasione del Tibet nel 1948-9, e tutto quello che è accaduto e sta accadendo da allora, e questo potrebbe essere il sostegno dato a Hitler nel secondo conflitto mondiale. Quando gli alleati entrarono a Berlino trovarono diversi tibetani con le uniformi delle SS.


C'è però un altro fattore importante che non va tralasciato. Con la chiusura dell'Era dei Pesci si è chiusa anche la radianza energetica del cuore pulsante di Shambala nell'Himalaya, per aprirsi in un altro luogo del mondo, le Ande sud-americane, in rispetto dell'apertura della Nuova era dell'Acquario. Non me lo invento io, è da tempo che i Lama lavorano in accordo con gli sciamani delle tradizioni precolombiane ancora vive, come è da tempo che la conoscenza sciamanica delle genti amerinde si è risvegliata dopo qualche secolo di oblio dovuto alla conquista. Ciò è a mio parere dovuto all'apertura della radianza di Shambala nelle Ande. Vi fornisco un indizio che non è smentibile dato che quanto scrivo è avvenuto nella prima metà del secolo scorso, molto prima che il Tibet fosse invaso dalla Cina. F. Ossendowsky, in Bestie, Uomini e Dei (Ed. Mediterranee) durante un colloquio avuto a Lahsa con un Lama, in cui si disquisiva di Markandè o Sanat Kumara (il re del Mondo, come i tibetani chiamano Melkisedeq), il lama gli dice: «la conoscenza lascierà il Tibet per riapparire nel sud del mondo». Questo fu detto a Ossendowsky da un secerdote buddista, molto prima che il Tibet venisse invaso e dunque la profezia si è compiuta, essendo il sud del mondo il sud-America. Di conseguenza, ponendosi il centro radiante dell'Himalaya in stato di sonno, il Tibet è rimasto indifeso dalle invasioni esterne.

Nonostante ciò, noi non possiamo giudicare, in quanto è solo l'Altissimo a poterlo fare, ma la repressione e il genocidio bagnati di sangue richiedono una presa di posizione che nel mio piccolo può essere manifestata dicendo NO AI GIOCHI OLIMPICI CINESI!

 
 
 

gli Indiani oggi

Post n°433 pubblicato il 06 Agosto 2008 da dammiltuoaiuto
 
Tag: indiani, usa

I Sioux, oggi

A cura di Gloria Mattioni

La terra appare ancora più desolata, arsa dal sole d’agosto. Chilometri e chilometri che gli indiani Sioux-Lakota (originari del Wisconsin ma approdati nelle grandi pianure del Sud Dakota nel Diciottesimo secolo) chiamano, non a caso, Badlands. Non vi cresce quasi nulla. Il suolo non è abbastanza ricco. Neppure per coltivare l’orzo o l’alfalfa per nutrire i bisonti con il cui destino si identificano. “Verso la fine delle guerre con i bianchi”, raccontò Sidney Keith, leader spirituale Oglala Lakota-Minneconjou, durante una cerimonia di danza del sole nella riserva Cheyenne River di qualche anno fa, “il nostro popolo era ridotto in catene: prigioniero di riserve inospitali, dipendente dal governo degli Stati Uniti come un bambino inesperto e incapace di provvedere a se stesso, prostrato nell’orgoglio e con legami familiari spezzati.
I bisonti che a inizio ‘800 erano 40 milioni e che erano la nostra principale fonte di sostentamento erano ridotti a poco più di un migliaio dopo il 1877. E in via d’estinzione. Ma la profezia della “Donna Bisonte Bianco” (bellissima, secondo la leggenda portò in dono ai Lakota i riti religiosi) ha cominciato ad avverarsi. Se manteniamo vive le nostre cerimonie, se preghiamo Wakan Tanka (lo Spirito dell’Universo) con la pipa della pace che ci ha portato, se ci dimostriamo forti e capaci di resistere alle tentazioni dell’alcol e delle droghe, i bisonti torneranno. E il nostro popolo potrà vivere”. Attraversando la riserva di Pine Ridge (dove tra i circa 45mila Oglala-Lakota il tasso di disoccupazione è all’85 per cento) sulla rotta della sesta celebrazione annuale dei Lakota Hemp Days, lo scenario è il solito: desolazione e spiritualità, estrema povertà, stato di abbandono ma anche senso di riscatto che traspare da certi timidi segnali. Un paio di case prefabbricate con tetto di lamiera sfondato dalla grandine di chissà quanti inverni fa, lavatrici arrugginite e automobili con il motore fuso abbandonate sul prato dove scorrazza un gruppo di bambini già obesi e di cani denutriti. Ma anche un teepee come quelli in cui vivevano gli antenati cacciatori e guerrieri da cui sventola la bandiera tribale con le due pipe incrociate sulla “ruota di medicina” (una rosa dei venti, che assegna a ogni direzione cardinale il “luogo” metafisico per certi eventi e anche poteri di “guarigione”).


Indiani Sioux e bianchi

Kiza Park si trova nei pressi del torrente Wounded Knee, non lontano dal luogo dell’ultimo massacro di un villaggio indiano per mano dell’esercito (1890) e dell’occupazione dell’American Indian Movement per denunciare il mancato rispetto dei trattati da parte del governo federale. Nel 1973, infatti, l’occupazione di Wounded Knee da parte dell’Aim durò 71 giorni, attirò l’attenzione internazionale e fece sperare in un riscatto di quella che oggi viene considerata una minoranza, pur vivendo sul suo territorio ancestrale (destino spesso condiviso da altri popoli aborigeni). Kiza Park fa parte del lotto di terra della fattoria di Alex White Plume, un ingegnoso membro della tribù che nel 2000 tentò una nuova impresa coltivando canapa indiana che potesse essere trasformata in carta, tessuti d’abbigliamento o persino sostituire la plastica riciclata per certe produzioni industriali: un raccolto che persino le “terre cattive” potevano incoraggiare, offrendo fonti alternative di sostentamento tanto ai bisonti che agli indiani. Tre mesi dopo la semina, al tempo del primo raccolto, le speranze di Plume di dare lavoro a molti altri e di portare a termine ordini per centosessantamila dollari, vennero strappate insieme alle piantine di canapa da poliziotti sbarcati da elicotteri M15S che impugnavano un ordine di distruzione e sequestro degli ufficiali della Dea (Drug Enforcement Agency).


Bisonti al pascolo

“La polizia intervenne in base al Controlled Substance Act del 1970 che dichiara illegale la coltivazione della canapa indiana per uso industriale sul suolo americano ma non impedisce di importarla dalla Cina o dal Canada, né di distribuirla”, spiega Courtney Hermann, che insieme a Suree Towfighnia, come lui studente della scuola di cinema della Columbia University, ha girato sulla vicenda il documentario Standing Silent Nation, mandato in onda per la prima volta negli Stati Uniti lo scorso 3 luglio, ironicamente, alla vigilia della Festa dell’Indipendenza americana. “Hanno agito come se gli Oglala stessero coltivando marijuana da fumare”, le fa eco Towfighnia. “Ma la percentuale di THC allucinogeno nella canapa industriale è talmente bassa che non riusciresti a sballare neppure se ti fumassi l’intera camicia che indossi. La vera ragione è l’ipocrisia del governo americano che da un lato si lamenta di dover mantenere un “branco di fannulloni alcolizzati” passandogli razioni di cibo e assegni governativi ma dall’altro tenta di stroncare qualsiasi tentativo di emancipazione economica”. Una storia che si ripete, a quanto sembra, ogni volta che le nuove generazioni di laureati nell’Oglala Lakota College della riserva o anche in quelli più prestigiosi degli Stati Uniti riescono a varare qualche iniziativa che potrebbe spianare la strada verso l’autonomia. È successo così anche negli anni Novanta, quando sorsero casinò autogestiti dalle tribù in varie riserve indiane. Davano lavoro a molti membri tribali, incrementavano il turismo e offrivano una ragione di orgoglio. Ma gli Stati Uniti cominciarono a mettere i bastoni tra le ruote reclamando parte dei profitti e revocando le licenze per la vendita dei liquori. E soltanto pochi casinò sopravvissero alle battaglie legali. Quella che riguarda la coltivazione della canapa nella riserva di Pine Ridge va avanti da sette anni.


Alex White Plume al suo rientro a Pine Ridge

Nel 2002, Towfighnia riuscì a piazzare un microfono nascosto sotto la bandana di Alex White Plume proprio quando la polizia intervenne per il terzo anno di seguito per distruggere il raccolto che lui pazientemente ripiantava, forte dei diritti di autodeterminazione che gli indiani dovrebbero avere almeno dentro ai confini delle loro riserve. “Senza ironia”, dice Ramona White Plume, sorella di Alex, “non saremmo sopravvissuti”. E non allude soltanto alle vicende della sua famiglia o degli Oglala Lakota ma alla storia di tutti i nativi americani. Ha ragione. La capacità di ridere e scherzare nonostante le difficoltà e gli ostacoli, è uno degli insegnamenti più belli che si possono ricevere frequentando Pine Ridge. Dove è quasi impossibile trovare verdure e frutta fresca mentre sulle tavole abbondano lattine di Coca- Cola, carne in scatola di pessima qualità e ogni sorta di patatine o snack che aumentano l’incidenza di diabete e infarti a livelli impressionanti. Dove gli anziani dalle lunghe trecce raccontano la genesi del popolo “venuto dalle stelle e fuoriuscito sulla terra dalla Caverna del Vento” nelle vicine Colline Nere e dove i più giovani sfoggiano tatuaggi e teste rasate come i membri delle gang di Los Angeles o New York. “Ai tempi di mio padre c’erano solo il whisky e il vino da due soldi”, ha raccontato Leonard Peltier, un Oglala Lakota membro dell’American Indian Movement che dal 1975 è confinato in un carcere di massima sicurezza per un omicidio che sostiene di non avere mai commesso.


Un ritratto giovanile di Leonard Peltier

“Adesso le strade rurali della nostra riserva fanno invidia agli incroci metropolitani di South Central Los Angeles. Vi smerciano di tutto: eroina, amfetamina, cocaina, crystal-meth. I nostri bambini non vengono più strappati dalle famiglie e spediti in collegi lontani dove I bianchi cercavano di fargli dimenticare le loro origini, lingua e tradizioni come ai tempi delle boarding schools. Non è più necessario: ci pensa la televisione”. Peltier ha ragione. In molte case della riserva, per quanto poverissime, all’ingresso dove un tempo troneggiava l’altare dei Lakota, un teschio di bisonte spesso in compagnia della pipa il cui fumo “manda in cielo le preghiere”, oggi c’è una televisione. Un modello antiquato, spesso di seconda mano, cui i ragazzi stanno incollati pomeriggio e sera, soprattutto durante i rigidi inverni, sognando futuri impossibili.
Tutto iniziò per una mucca 1775 I Lakota che si spinsero a ovest e raggiunsero le Colline Nere del Sud Dakota si chiamano Teton e sono suddivisi in sette bande, tra cui gli Oglala, oggi abitanti di Pine Ridge. 1854 Primo episodio di conflitto tra i Lakota e gli Stati Uniti: i Lakota uccidono 30 soldati mandati a punirli per un equivoco riguardo a una mucca di un colono mormone. 1864 Massacro a Sand Creek (Colorado): un gruppo di Cheyenne (donne e bambini) è fatto a pezzi da una milizia di volontari. Cheyenne e Lakota si alleano contro gli Stati Uniti. 1866 Fetterman’s “Massacre”: il guerriero Lakota Cavallo Pazzo fa cadere quasi 100 soldati in un’imboscata dove verranno uccisi tutti. 1868 Trattato di Fort Laramie: gli Stati Uniti riconoscono che Lakota e Cheyenne hanno diritto a un pezzo di terra che include buona parte di Nord e Sud Dakota, Wyoming, Montana, Nebraska. Gli Stati Uniti hanno un solo modo legale di acquisire la terra: il 75% dei Lakota deve accettare di vendere. 1874 Custer trova l’oro e gli Stati Uniti cercano di comprare la terra dai Lakota che rifiutano. Il governo dichiara guerra. 1876 Battaglia di Little Big Horn: vittoria di Lakota e Cheyenne. 1877 Cavallo Pazzo si arrende. Non ci sono più bisonti e i Lakota morirebbero di fame. Viene assassinato perché rifiuta di andare in prigione. Il governo chiede ai Lakota di vendere. Solo il 10% dei Lakota accetta ma il governo ratifica la vendita. Inizia una delle più lunghe battaglie legali degli Usa. 1887 Il Dawes Act divide la terra in 160 acri per famiglia per insegnare la proprietà privata e distruggere il senso di appartenenza tribale. 1890 Toro Seduto è assassinato mentre “resiste all’arresto”. Piede Grosso scappa dalla Cheyenne River Reservation. È catturato durante il massacro di Wounded Knee. 1980/85 La Corte suprema riconosce che le Colline Nere sono state acquisite illegalmente e offre ai Lakota qualche milione di dollari come ricompensa. Il senatore Bill Bradley fa una proposta di legge per ridare parte delle Colline nere ai Lakota. Ma la proposta non passa.

 
 
 

ANTI  OLIMPIADI

Post n°432 pubblicato il 06 Agosto 2008 da dammiltuoaiuto
 

Le manifestazioni anti olimpiadi nel mondo

Queste alcune delle iniziative programmate in Italia e nel mondo in occasione, venerdi’ prossimo, dell’ apertura dei Giochi olimpici a Pechino per denunciare le violazioni dei diritti umani in Cina.Personalmente, terrò il blog chiuso. Alcuni amici accenderanno una candela alla finestra, altri lanceranno in aria un razzo rosso di quelli usati sulle barche.

VARIE CAPITALI. L’appuntamento e’ l’8 agosto con Reporters sans Frontieres (Rsf), in concomitanza con la cerimonia inaugurale delle Olimpiadi, di fronte alle ambasciate cinesi in molte capitali: Londra, Madrid, Berlino, Parigi, Washington, Bruxelles, Ottawa, Stoccolma e Roma, dove i manifestanti si potranno riunire dalle ore 13. Ma chiunque, senza doversi recare in una di queste citta’, potra’ aderire sempre venerdi’ a una ‘cyber-manifestazione’ (collegandosi al sito www.rsfbeijing2008.org) per ”manifestare virtualmente davanti allo stadio di Pechino” contro ”la censura sulla stampa e in internet” in vigore in Cina.

NEW DELHI. Piu’ di 25 mila tibetani si riuniranno, sempre venerdi’, a New Delhi - riferisce AsiaNews - in contemporanea con la cerimonia di apertura dei Giochi, per ricordare le vittime della repressione cinese in Tibet e per chiedere iniziative concrete ai politici, agli atleti e al Comitato olimpico internazionale (Cio). Il 28 luglio scorso il congresso dei giovani tibetani e altri gruppi pro-Tibet hanno lanciato uno ‘’sciopero della fame per il Tibet” a tempo indeterminato.

ITALIA. ASSISI. Gia’ citta’ simbolo della pace, Assisi sara’ l’8 agosto uno dei centri italiani della battaglia in favore dei diritti umani. I radicali italiani - in collaborazione con il Comune di Assisi e dell’ Anci dell’ Umbria - hanno organizzato la manifestazione ”Diritti umani e valori olimpici: strumenti di pace per le nazioni del mondo e per il Tibet”. Alle 14 (le 20 in Cina), ora dell’inizio delle Olimpiadi, verra’ suonata la Campana delle Laudi.

TORINO. Giovedi’ 7 agosto, dalle 19.30 alle 21, sara’ accesa una candela alle finestre in segno di solidarieta’ al popolo tibetano, mentre l’8 agosto, in collaborazione con il Cai, saranno organizzate passeggiate sulle montagne con lo sparo di fumogeni. Si asterra’ dalla promozione e dalla partecipazione ad eventi e proteste l’organizzazione per i diritti umani Amnesty International, che ha scelto di ”non interferire con lo svolgimento della rassegna olimpica”.

 
 
 

Quando si negava l’anti-Umanità dei Gulag…

«C’è una parola che si usa molto oggi: “anticomunismo”. È una parola molto stupida e mal composta perché dà l’impressione che il comunismo sia qualche cosa di primitivo, di basico, di fondamentale. E così, prendendolo come punto di partenza, anticomunismo è definito in relazione a comunismo. Per questo affermo che la parola è stata mal scelta e fu composta da gente che non conosceva l’etimologia: il concetto primario, eterno, è Umanità. Ed il comunismo è anti-Umanità. Chi dice “anti-comunismo”, in realtà sta dicendo anti-anti-Umanità. Un costrutto molto misero. Sarebbe come dire: ciò che è contro il comunismo è a favore dell’Umanità. Non accettare, rifiutare questa ideologia comunista, inumana, è semplicemente essere un essere umano. Non è essere membro di un partito.»

(Aleksandr Isaevič Solženicyn)

Sulla Stampa di ieri (5 Agosto 08) fa capolino un attento editoriale di Barbara Spinelli dal titolo Il profeta nel purgatorio del Gulag. Si parla dell’opera di Aleksandr Solzenicyn, scrittore e storico russo mancato nei giorni scorsi. Fu tra i primi a denunciare le barbarie del regime staliniano e fu, ovviamente, profeta inascoltato. Anzi, di più: fu proprio emarginato, nonostante il Nobel per la Letteratura ricevuto nel 1970. In Europa, Italia compresa, le sue opere furono boicottate. Nenache messe all’indice, perché nemmeno venivano pubblicate o diffuse. O sarebbe potuto venire qualche dubbio sulla grande ideologia comunista che, si sa, in Italia ha sempre avuto uno spessore culturale non indifferente. Ci son volute le ultime elezioni di quest’anno per vedere l’assenza in Parlamento di “Comunisti” che ancora si vantano di tale nome e delle insegne di falce e martello. Mi domando se sia “umano” (nel senso della citazione sopra riportata) il perorare una politica basata su tutto questo.

Personalmente paragono le insegne comuniste, in tutto e per tutto, alle insegne che portarono a morire milioni di persone innocenti nei campi di concentramento nazisti. Le une erano nere, le altre rosse: ma il minimo comun denominatore resta lo stesso: un totalitarismo che nulla ha da spartire con le parole democrazia, libertà, giustizia.

Andrea Macco

Soppressi solo nel 1960 (7 anni dopo la morte di Stalin) i Gulag videro 18 milioni di reclusi e 10 milioni di prigionieri di guerra e confinati speciali. Il numero di morti accertate si stima essere di circa 3 milioni, escludendo le morti dovute alle dure condizioni di vita (riguardante circa l80% dei prigionieri) 

Soppressi solo nel 1960 (7 anni dopo la morte di Stalin) i Gulag videro 18 milioni di reclusi e 10 milioni di prigionieri di guerra e confinati speciali. Il numero di morti accertate si stima essere di circa 3 milioni, escludendo le morti dovute alle dure condizioni di vita (riguardante circa l'80% dei prigionieri)

Di seguito alcuni stralci dell’editoriale di Barbara Spinelli. Per leggere l’articolo completo cliccare qui.

«Quando in Occidente apparve l’Arcipelago Gulag di Aleksandr Solzenicyn - scritto fra il 1958 e il ’68, uscì nel ’73 a Parigi - fu come un torrente che s’abbatté sulle menti, le conquistò o le intimidì, comunque le cambiò per sempre. Il «saggio di inchiesta investigativa» era colmo di fatti, non confutabili; il tono era quello del profeta; lo sguardo sui campi di Lenin e Stalin aveva l’acutezza che possiedono gli occhi costantemente spalancati sul dolore. Occhi che scrutano dietro il sipario srotolato sulle cose; che le disvelano, come nell’Apocalisse quando ogni velo cade. Occhi che scoprono la paura che muove i mondi e tuttavia prepara la coscienza. Come in Isaia 28, 19: «Solo il terrore farà capire il discorso».
I fatti e il terrore narrati da Solzenicyn non erano ignoti. Chi voleva sapere, sapeva quasi da principio.
[...] Solzenicyn fu un torrente perché iniziò a erodere questi tabù, in Francia anche se non in Italia. Qui lo scrittore venne sminuito, spesso ignorato. Più intelligente e astuto dei compagni francesi, il Pci seppe costruire un muro, attorno allo scrittore, che lo teneva a distanza e lo rendeva sospetto. Era troppo russo e sferzante, troppo credente. Disturbava i revisionismi sfumati, e aveva una serietà che stonava: pochi resistettero al conformismo di un’intellighenzia che a differenza della francese non stava discostandosi dal partito comunista, negli anni dell’Arcipelago, ma assaporava proprio allora le sue primizie di potere. […] »

 
 
 

I memoriali di Vincenzo Calcara

Post n°430 pubblicato il 06 Agosto 2008 da dammiltuoaiuto
 

I memoriali di Vincenzo Calcara PDF Stampa E-mail
Scritto da Bispensiero   
Saturday 28 June 2008

"Devo fare in fretta, perchè adesso tocca a me".
L'agitazione di Paolo in quei giorni non credo fosse tanto dovuta alla consapevolezza ormai definitivamente acquisita che stesse per scoccare la sua ora, quanto per la necessità impellente di completare il proprio lavoro prima che lo cogliesse la morte, che lui sapeva essere molto vicina.
In quei giorni, infatti, la sua "agendina rossa" si era caricata di troppe annotazioni, "esplosive" più delle cariche che avrebbero devastato la sua vita, perchè si trattava di qualcosa di più importante della vita sua e di chiunque altro. Chi lo voleva far fuori, infatti, aveva interesse che scomparisse di lui ogni possibile ricordo: "Di questo BORSALINO (così lo chiamava Francesco Messina Denaro, ndr) non deve rimanere niente, neanche le sue IDEE, DEVE ANDARE nel DIMENTICATOIO. Lui deve morire e basta! Lui non deve morire solo per il danno che ha causato a "Cosa NOSTRA", per questo si era deciso di aspettare il momento giusto, ma Lui deve morire subito in quanto non gli si deve dare la possibilità di causare un danno irreparabile verso il cuore di "Cosa Nostra" e verso il Cuore dei nostri fratelli alleati."

Ed è proprio quel Cuore che stava per essere attaccato. Erano proprio i "fratelli alleati" che costituivano il reale motivo di tanta fretta. Non si trattava più, infatti, di Cosa Nostra solamente, ma di qualcosa che nessuno mai avrebbe potuto sospettare, immaginare, nemmeno volendo. Qualcosa di talmente assurdo che nessuno avrebbe mai potuto credere e che proprio su questo fonda il suo potere, chè se nessuno lo può credere allora non esiste e può essere credibile l'esatto contrario.
Di questa IDEA assurda ed incredibile provò a rendere la propria testimonianza al Giudice Borsellino un certo Vincenzo Calcara. Sconvolto dall'integrità e dalla infinita grandezza dell'anima di Paolo, perfino uno come lui, che nella vita aveva assolutizzato un ideale opposto a quello per cui avrebbe dato di lì a poco la vita il giudice, avrebbe visto tremare l'impalcatura delle proprie sicurezze fino al definitivo crollo che lo avrebbe spinto a "collaborare". Una vera e propria conversione. La sua infinita devozione verso quel monumento vivente di integrità e di libertà lo avrebbe spinto ad una collaborazione così autentica e motivata che il termine "pentito", in moltissimi casi abusato e snaturato rispetto al suo vero significato, sarebbe calzato a pennello.
E' ad una trasmissione televisiva di pochi mesi fa (Top Secret) che Salvatore Borsellino, il fratello di Paolo, lo volle incontrare, venendo così in possesso del memoriale di Calcara. Un materiale scottante, che prima di giungere nelle sue mani era passato per anni fra quelle di molti magistrati. Se ne troverebbe traccia, infatti, in qualche sentenza, ma senza essere stato preso in esame nella sua completezza (secondo quanto afferma lo stesso Salvatore Borsellino) "come se scottasse, o forse perchè non ci sono sufficienti riscontri da parte di altri collaboratori di Giustizia. Sono stati resi noti anche ad alcuni giornalisti ma tra questi solo quelli di Antimafiaduemila hanno avuto, come sempre, il coraggio di parlarne”.. 
La prima parte di questi memoriali è stata pubblicata sul sito www.19luglio1992.com il 30 maggio di quest’anno. L’ultima  delle 5 “puntate” è stata pubblicata lo scorso 16 giugno.
Neanche un rigo su nessun giornale. Neanche un cenno in TV. NIENTE!!! Il nostro giornalismo, con la minaccia del bavaglio da parte del capo del Governo, è ormai completamente neutralizzato.
L'associazione Bispensiero è lieta di pubblicare e divulgare queste informazioni che, al di là del valore probatorio che possono avere al giorno d'oggi, quando ormai chiunque avrebbe avuto il tempo ed il modo per far sparire ogni traccia di prova rispetto a quanto accaduto 16 anni fa, non possono non essere divulgate, sperando che quanta più gente possibile possa conoscerne il contenuto. La speranza, inoltre, è che la magistratura (quella sana che ancora è rimasta nel nostro Paese) possa fare luce su queste pagine e si possa finalmente scoprire la verità.
Rimaniamo in costante contatto con Salvatore e, ringraziandolo per il lavoro importantissimo che sta svolgendo, gli offriamo tutta la nostra vicinanza e la nostra fattiva collaborazione.

Leggi e divulga il Memoriale di Vincenzo Calcara

"Devo fare in fretta, perchè adesso tocca a me".

 
 
 

IL COLONNELLO  TRAFFICANTE

Post n°429 pubblicato il 03 Agosto 2008 da dammiltuoaiuto
 

Oramai il colonnello non si può più nascondere dietro ad un dito. è stato
pubblicamente sputtanato ma pare nessuno se ne sia accorto, per primo il suo
amico personale Berlusconi.

Un giornale spagnolo indipendente (Diario Catalano) ha pubblicato lo scorso
giugno i seguenti dati:

- 9 carrette del mare su dieci partono dalle coste libiche dirette a
Lampedusa e solamente una su dieci per altre località siciliane.
- Gli imbarchi avvengono sotto la sorvegliamza dell'esercito libico e con
l'aiuto diretto della polizia.
- Per ogni "passeggero" la tassa è di
$ 5/3000,00 che viene incassata solo in contanti da funzionari governativi.
- I natanti sono, in parte, frutto dei sequestri abusivi di pescherecci
Italiani, infatti anni ed anni di sequestri abusivi da parte dei libici ha
arricchito i loro porti di natanti che ora rivendono agli scafisti (turchi,
marocchimi e egiziani) a prezzi da capogiro.
- Direttamente nessun cittadino libico è impegnato nel contrabbando di
esseri umani, i libici incassano solo.
- I clandestini vegono reclutati negli stati dove vi sono problemi,
costretti a vendere il poco che hanno per pagarsi il passaggio sino in
libia, qui giunti vengono "reclutati" da caporali che pagano per il loro
passaggio, l'anticipato verrà poi recuperato trattenendosi il 50% della
futura paga che sicuramente prenderanno in Italia, sia le regalie
governative che un eventuale lavoro.
- Su tutto questo la libia prende una provvigione.

A mio parere vi sono gli estremi per denunciare Gheddafi quale trafficante
di carne umana,novello schiavista peggiore dei portoghesi dei secolo bui ma
nessuno lo fa, perchè???

Ora non mi vorrete far credere che Berlusconi non sia al corrente di questo
traffico???
Gheddafi non lo pratica da pochi mesi ma da una decina d'anni e Berlusconi è
andato in libia 4 volte in 18 mesi nel 2004 e una volta nel 2008 ma Prodi
non è stato da meno, 3 viaggi del suo ministro degli esteri in due anni.

Nessuno ha il coraggio di mandare Gheddafi all'inferno, ne la destra ne la
ex sinistra, eppure questo essere ignobile non rappresenta nulla se non se
stesso. Abbandonato da tutti gli stati arabi gli è restato solo l'OLP e il
ricordo dello sputacchiatore suo capo, L'america non lo ha distrutto ma lo
sta ignorando. In Europa non lo voglono neppur sentir nominare tanto che gli
arrestano i figli.
Solo Berlusconi va a mangiare il cou-cous al sapore di motone
sotto la tenda beduina e gli promette un'autostrada da milardi di ?urini.

 

"L'orgoglio Italiano sepolto in mar, dopo l'armi lo vise la
vasellina........"


 
 
 
 
 
 
 
 
 

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