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salviamolo

Post n°515 pubblicato il 26 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
 
Tag: cina

Data di pubblicazione dell'appello: 04.04.2008Status dell'appello: attivo

Hu Jia ©Hu Jia and Zeng Jinyan
Hu Jia ©Hu Jia and Zeng Jinyan

Il 3 aprile, il Tribunale intermedio del primo municipio di Pechino ha condannato Hu Jia a tre anni e sei mesi di prigione, oltre che a un anno di privazione dei suoi diritti politici, per "incitamento alla sovversione". I suoi avvocati erano presenti all'udienza, così come sua madre e sua moglie, l'attivista Zeng Jinyan.
 
È probabile che le autorità abbiano posto in prigione Hu Jia in modo da impedirgli di portare avanti le sue attività pacifiche in difesa dei diritti umani e mettere a tacere la sua voce critica sulle violazioni dei diritti umani in Cina in vista delle Olimpiadi. Amnesty International considera Hu Jia un prigioniero di coscienza, condannato solo per aver esercitato il suo diritto alla libertà d'espressione.

 

Questo verdetto dimostra che gli impegni presi dalle autorità cinesi sul miglioramento dei diritti umani in vista delle Olimpiadi non sono stati mantenuti. La condanna di Hu Jia, inoltre, rappresenta un monito per gli altri attivisti cinesi.

Hu Jia era stato arrestato il 27 dicembre 2007 e incriminato il 28 gennaio 2008. Durante il periodo di detenzione preventiva, gli era stata negata la possibilità di incontrare un avvocato e di vedere la sua famiglia. Inoltre, gli erano state rifiutate le cure mediche necessarie per l'epatite B di cui soffre ed era stato posto agli arresti domiciliari per mesi prima di essere formalmente arrestato.

Zeng Jinyan e la loro bambina sono ancora agli arresti domiciliari; alla moglie è permesso lasciare la sua abitazione e la linea telefonica e la connessione a Internet sono state tagliate.

Prime Minister of the People's Republic of China
WEN Jiabao Guojia Zongli
The State Council General Office
2 Fuyoujie
Xichengqu
Beijingshi 100017
People's Republic of China
Fax: +86 10 65961109

Minister of Justice
WU Aiying Buzhang
Sifabu
10 Chaoyangment Nandajie
Beijingshi 100020
People's Republic of China
Fax: +86 10 65292345
Email: minister@legalinfo.gov.cn, pfmaster@legalinfo.gov.cn

Eccellenza, Egregio Ministro,

Esprimiamo preoccupazione per il fatto che Hu Jia è detenuto solo per aver svolto attività pacifiche e legittime in difesa dei diritti umani, in violazione del suo diritto fondamentale alla libertà di espressione.

Vi chiediamo di rilasciarlo immediatamente e senza condizioni perché è un prigioniero di coscienza.

Vi sollecitiamo a revocare la sorveglianza di polizia e a porre fine alle vessazioni nei confronti di Zeng Jinyan, consentendole di avere contatti con il mondo esterno, in accordo con i diritti umani fondamentali che le spettano.

Desideriamo, inoltre, trasmettervi la nostra preoccupazione per il fatto che arrestare, processare e condannare difensori dei diritti umani per le loro attività pacifiche va contro gli impegni presi da numerosi funzionari cinesi circa l'intenzione di migliorare il rispetto dei diritti umani in vista delle prossime Olimpiadi di Pechino dell'agosto 2008.

Vi ringraziamo per l'attenzione.

 
 
 

lettera ad un poliziotto  da zorro

Post n°514 pubblicato il 24 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
 

Caro poliziotto,
quando domani i tuoi padroni ti inviteranno a sgomberare l’università di turno, per un attimo chiudi gli occhi, un solo attimo prima di alzare il manganello e iniziare la repressione.
Guardali i tuoi figli barcamenarsi tra un presente incerto e precario e la pura bellezza dei loro sogni, mentre studiano, lavorano, si sacrificano in strutture fatiscenti, con poca qualità e mezzi ancor inferiori, per costruirsi il loro futuro.
Pensa a quanti sacrifici, quante notti di lavoro, quali rischi e quanta fatica hai affrontato tu, per permettere loro una esistenza migliore.
E pensa, per un’ attimo solo, alle ragioni della loro generazione; vittima della precarietà lavorativa e di conseguenza economica ed esistenziale.
Pensa come la scuola e l’università siano l’unico mezzo, per chi non ha i soldi e santi in paradiso, per garantire, come hai fatto o stai facendo tu, una possibilità di un futuro più dignitoso ai propri figli.
Non ti chiedo caro “tutore dell’ordine?” di venir meno agli ordini che ti daranno....non puoi!!!!!.

Ma quando tornerai a casa la sera, dopo aver compiuto il tuo crudele “dovere”, guarda negli occhi tua figlia, tuo figlio, e quando, con tutto il coraggio della tua vita onesta sussurrerai loro poche parole:
“scusatemi sono con voi”.....sarà troppo tardi!!!!!.

Auguri. da zorro

 
 
 

nelle scuole diecimila lavagne luminose  che bel regalo?

Post n°513 pubblicato il 24 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
 


www.camera.it

Seduta n. 63 di mercoledì 8 ottobre 2008 \ Resoconto stenografico

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, nell'illustrare il mio ordine del giorno, in premessa, voglio leggere una dichiarazione che ho sentito nei giorni scorsi.

Ai Ministri Gelmini e Tremonti ricordo le parole di don Milani: usare misure eguali tra diseguali è un'ingiustizia.

Non si possono prendere le stesse misure per il nord e il sud dell'Italia.

Con questa riforma la Sicilia, a regime, perderà ventimila posti di lavoro. Il Presidente Berlusconi si è impegnato a far arrivare nelle scuole diecimila lavagne luminose, ma, se non ci sono insegnanti e strutture, che le manda a fare? Ci rifletta il Governo.

 
 
 

KOSSIGA  BOIA!!!!

Post n°512 pubblicato il 24 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
 

AnSia newSSSS,KoSSSiga il cattolico.@@

(Tratto da:San Benedetto oggi,quotidiano on line)

Dice,il presidente "emerito" Cossiga...

"Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand'ero ministro dell'interno.Ovvero,lasciar stare i liceali,lasciar protestare gli universitari,
ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università,infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto,e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi,diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città… Dopo di che,forti del consenso popolare,il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri e inoltre le forze dell'ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale.Non arrestarli,che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà,ma picchiarli,picchiarli unitamente a quei docenti che li fomentano".
############
CoSSSiga = ex presidente della Repubblica,ora presidente emerito e,dice lui,elettore del P.D.
##############################

Ma vai a fanKulo KoSSSiga,unitamente al figlio che é sottosegretario del governo berlusKazz IV.
Cam.(Uno dei tanti che KoSSSiga fece "bastonare")

 
 
 

BERLUSKASS

Post n°511 pubblicato il 24 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
 

QUALCOSA  DEL BERLUSCA

 

Il quarto governo Berlusconi, ha imparato dagli errori del passato ed oggi si è fatto furbo...

1994 attacco alle pensioni, rivolta nel paese e ciao Silvio.

2001 attacco all'articolo 18, rivolta nel paese e lento declino di Silvio (che tra l'altro ha tecnicamente dovuto creare un nuovo governo in corsa).

2008 non ce lo leviamo più di torno.
Si è fatto furbo, ha capito dagli errori del passato che non era possibile attaccare direttamente i diritti delle grandi masse di italiani, ed ha iniziato a puntare il dito sui piccoli "gruppi".
Grazie al prode Brunetta, ha spostato l'attenzione sulla "nicchia dipendenti pubblici" e con un attacco frontale ha reso il diritto al part-time ed all'assenza per malattia praticamente impraticabili.
La sua forza sta nell'averlo fatto con il sostegno di tutto il paese (rinverdendo la lotta tra poveri sempre gradita al potere).
Ora l'attenzione è rivolta verso gli "invalidi" e chi li assiste.
Con un emendamento al dll 1441 (in discussione alla camera) ha proposto variazioni gravemente restrittive alla legge 104 (tutela dell'handicap).
Nel mentre la riforma Gelmini devasta la scuola ed è già pronto ad inviare le forze dell'ordine contro i manifestanti (ragazzini di 15-16 anni!)
Riesce a fare tutto questo con il sostegno dei cittadini che all'urlo
"daglie all'extracomunitario", "daglie all'assenteista", "daglie all'insegnante", "daglie all'invalido", E MOLTI gli vanno dietro.
La verità è che ha capito che non c'è trippa, per essere rieletto deve abbassare le tasse e l'unico modo che ha trovato per fare cassa è devastare il welfare...
Loro lo chiamano riduzione degli sprechi.

PAOLO  CARINCI

 
 
 

CI HANNO VENDUTO L'ACQUA

Post n°510 pubblicato il 24 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
 

Il governo Berlusconi ha venduto la nostra acqua
In Italia l'acqua e' stata privatizzata!
La notizia e' passata nel silenzio piu' assoluto, ma facendo una ricerca in rete spuntano diverse conferme: il 5 agosto il Parlamento italiano ha votato l’articolo 23 bis del decreto legge numero 112, scritto dal ministro G. Tremonti. Nel comma 1 si afferma che la gestione dei servizi idrici deve essere sottomessa alle regole dell’economia capitalistica.
Scrive Alex Zanotelli sul settimanale Carta: “Cosi' il governo Berlusconi, con l’assenso dell’opposizione, ha decretato che l’Italia e' oggi tra i paesi per i quali l’acqua e' una merce (in mano alle multinazionali). Dopo questi anni di lotta contro la privatizzazione dell’acqua con tanti amici, con comitati locali e regionali, con il Forum e il Contratto Mondiale dell’acqua, queste notizie sono per me un pugno allo stomaco, che mi fa male.”
 
PAOLO CARINCI
Il governo Berlusconi senza dire niente a nessuno ha dato il via alla privatizzazione dell'acqua pubblica.
Mentre nel paese imperversano annose discussioni sul grembiulino a scuola, sul guinzaglio per il cane e sul flagello dei graffiti, il governo Berlusconi senza dire niente a nessuno ha dato il via alla privatizzazione dell'acqua pubblica. Il Parlamento ha votato l'articolo 23bis del decreto legge 112 del ministro Tremonti che afferma che la gestione dei servizi idrici deve essere sottomessa alle regole dell'economia capitalistica.

Così il governo Berlusconi ha sancito che in Italia l'acqua non sarà più un bene pubblico, ma una merce e, dunque, sarà gestita da multinazionali internazionali (le stesse che già possiedono le acque minerali). Già a Latina la Veolia (multinazionale che gestisce l'acqua locale) ha deciso di aumentare le bollette del 300% Ai consumatori che protestano, Veolia manda le sue squadre di vigilantes armatati e carabinieri per staccare i contatori.
La privatizzazione dell'acqua che sta avvenendo a livello mondiale provocherà, nei prossimi anni, milioni di morti per sete nei paesi più poveri. L'acqua è sacra in ogni paese, cultura e fede del mondo: l'uomo è fatto per il 65% di acqua, ed è questo che il governo italiano sta mettendo in vendita.
L´acqua che sgorga dalla terra non è una merce, è un diritto fondamentale umano e nessuno può appropriarsene per trarne illecito profitto.
L´acqua è l'oro bianco per cui si combatteranno le prossime guerre.
Guerre che saranno dirette dalle multinazionali alle quali oggi il governo, preoccupato per i grembiulini, sta vendendo il 65% del nostro corpo.
Acqua in bocca.
Rosaria Ruffini (Docente di teatro allo IUAV di Venezia

 
 
 

Post N° 509

Post n°509 pubblicato il 23 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
 
Tag: italia

L'Ocse: «Davanti al nostro Paese
solo Messico, Turchia, Portogallo,
Stati Uniti e Polonia»

ROMA
Negli anni passati in Italia come
in altri paesi avanzati la crescita economica ha prevalentemente
favorito chi era già ricco, e in questo modo si è ulteriormente
aggravato il divario a discapito dei poveri. A lanciare l’allarme è
l’Ocse - Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico -
con un rapporto pubblicato oggi su redditi, disuguaglianza e povertà.
Il peggioramento dei divari tra ricchi e poveri è un fenomeno molto
esteso, colpisce i tre quarti dei 30 paesi che fanno parte
dell’organizzazione parigina, ma la penisola finisce nella non lodevole
lista degli stati in cui, in più, si assiste anche ad un aggravamento
del divario tra i più abbienti e la classe media.

Si conquista
un poco invidiabile primato negativo, l’Italia, in questo rapporto
dell’Ocse: dalla metà degli anni ’80 ad oggi ha visto la disuguaglianza
su redditi da lavoro, risparmi e capitale aggravarsi del 33 per cento,
rileva il rapporto nella scheda dedicata al bel paese. «Si tratta del
più elevato aumento nei paesi Ocse, dove l`aumento medio é stato del 12
per cento», avverte l’organizzazione parigina, e questa tendenza è
proseguita durante i primi anni novanta. In questo modo, da livelli di
disuguaglianza in linea con la media, ora l’Italia si ritrova a valori
che invece sono più da «Europa del Sud», dice ancora l’Ocse.

«La
disuguaglianza é rimasta ad un livello comparativamente elevato. Tra i
30 paesi Ocse oggi l`Italia ha il sesto più grande gap tra ricchi e
poveri». Il rapporto riconosce che sono state adottate delle
contromisure: «L`Italia ha in parte colmato il crescente gap tra ricchi
e poveri aumentando la tassazione sulle famiglie e spendendo di più in
prestazioni sociali per le persone povere. Sorprendentemente, l`Italia
é uno dei tre soli paesi Ocse che ha aumentato la spesa in prestazioni
rivolte ai poveri negli ultimi dieci anni». Ma i dati nudi e crudi
restano allarmanti: il reddito medio del 10 per cento degli Italiani
più poveri è circa 5000 dollari, tenuto conto della parità del potere
di acquisto, quindi sotto la media Ocse di 7000 dollari. Il reddito
medio del 10 per cento più ricco è circa 55000 dollari, sopra la media
Ocse. «I ricchi hanno beneficiato di più della crescita economica
rispetto ai poveri ed alla classe media».

Sempre nella scheda
dedicata all’Italia, in positivo l’Ocse riconosce anche la diminuzione
del tasso di povertà ottenuta tra la metà degli anni novanta e il 2005.
«La povertà minorile è scesa in modo particolarmente rapido, dal 19 al
15 per cento» e solo in Gran Bretagna si è registrata una diminuzione
di questa portata. «Ciononostante - si legge - un tasso di povertà
minorile del 15% è ancora sopra la media Ocse del 12 per cento».
«Sanità, educazione ed alloggi forniti dal settore pubblico riducono la
disuguaglianza nella distribuzione del reddito più che nella maggior
parte dei paesi Ocse. Ma in Italia la mobilità sociale è più bassa che
in altri paesi, come Australia o Danimarca. Figli di famiglie povere
hanno una più bassa probabilità di diventare ricchi rispetto ai figli
di famiglie ricche.

La ricchezza è distribuita in modo più
diseguale rispetto al reddito: il 10 per cento più ricco detiene circa
il 42 per cento del valore netto totale. In confronto, il 10 per cento
più ricco possiede circa il 28 per cento del totale del reddito
disponibile». Presentando il rapporto, il segretario generale dell’Ocse
Angel Gurria ha meso in guardia dai pericoli nascosti nella
disuguaglianza, spronando i governi ad affrontare la questione. Non si
può più gestire facendo leva su strumenti fiscali e redistibuzione
sociale: bisogna intervenire sul mercato del lavoro, dove si sono
creati quei mutamenti che hanno fatto peggiorare i divari. «La
crescente disuguaglianza tende a dividere. Polarizza le società, crea
divisioni regionali tra paesi e allarga la voragine tra ricchi e poveri
- ha detto Gurria, secondo quanto riporta un comunicato dell’Ocse -.

Impedisce
la mobilità tra generazioni, rendendo più difficile per le persone di
talento ottenere ciò che meritano. Anche se il ruolo delle agevolazioni
fiscali resta importante, i nostri dati confermano che la sua efficacia
è scemata negli ultimi dieci anni. Cercare di colmare i divari solo
tramite la spesa sociale significa intervenire sui sintomi invece che
sulla malattia». «La parte più rilevante della crescita delle
disuguaglianze deriva dai cambiamenti nel mercato del lavoro. È lì che
i governi devono agire - ha detto ancora Gurria - I lavoratori con
basse qualifiche stanno avendo difficoltà sempre più gravi per trovare
una occupazione. Il modo migliore per ridurre la povertà è aumentare
l’occupazione».

 
 
 

Post N° 508

Post n°508 pubblicato il 23 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
 
Tag: italia

OCSE:SI ALLARGA FORBICE REDDITI, FORTE DISUGUAGLIANZA ITALIA




ROMA - Ricchi sempre più ricchi, classe media che va assottigliandosi e
disparità economiche e sociali sempre più marcate. L'Italia è tra i
paesi dell'Ocse dove la differenza di reddito tra ricchi e poveri è più
ampia. Tra i 30 stati membri dell'Organizzazione, la disuguaglianza è
maggiore solo in cinque paesi (Messico, dove le differenze sono in
assoluto maggiori, Turchia, Portogallo, Usa e Polonia).

Tra
i paesi del G7 l'Italia è seconda solo agli Stati Uniti. All'opposto
Danimarca, Svezia e Lussemburgo, dove le distanze sono meno profonde. I
dati emergono dal rapporto dell'Ocse 'Growing Unequal' che sottolinea
come la disparità di reddito sia aumentata più o meno in tutti i paesi
anche se con ritmi molto diversificati.

"La disuguaglianza di
reddito - si legge nel rapporto - è cresciuta significativamente dal
2000 in Canada, Germania, Norvegia, Stati Uniti, Italia e Finlandia,
mentre è diminuita in Gran Bretagna, Messico, Grecia ed Australia". La
disparità è aumentata in due terzi dei paesi che fanno parte
dell'organizzazione, spiega l'Ocse, e questo è avvenuto "perché le
famiglie ricche hanno raggiunto risultati particolarmente positivi
rispetto alla classe media e alle famiglie che si trovano ai livelli
più bassi della scala sociale".

L'Ocse definisce l'Italia come
un paese in cui le differenze di reddito sono particolarmente ampie: i
salari di livello basso sono estremamente ridotti mentre i ricchi hanno
standard di vita più elevati rispetto a paesi, come la Germania, dove
invece le differenze di reddito sono più limitate e dove i salari
minimi sono più alti. Come parametro di misurazione per la
disuguaglianza, l'Ocse utilizza un coefficiente denominato 'Gini', che
indica proprio la disparità di reddito. Le differenze tra i paesi
dell'organizzazione sono profonde, basti pensare che in Messico la
forbice è due volte più larga rispetto alla Danimarca. I due paesi sono
all'opposto nella classifica con un coefficiente di 0,23 per la
Danimarca e di quasi 0,50 per il Messico contro una media Ocse di 0,30.
Per l'Italia si calcola un coefficiente di 0,35 circa, mentre gli Stati
Uniti sono a 0,38. Il rapporto evidenzia quindi come la risposta dei
governi alle disparità sia stata soprattutto di carattere fiscale e
sociali, aumentando la spesa a favore di una popolazione che tende ad
invecchiare velocemente. Si tratta però, secondo l'Ocse, di una
risposta che può essere "solo temporanea". "L'unica via sostenibile per
ridurre le disuguaglianze" è assicurarsi che le persone siano in grado
di trovare e mantenere un'occupazione. Questo significa che "i paesi
sviluppati devono sforzarsi molto di più per inserire i cittadini nel
mercato del lavoro piuttosto che sostenerli con indennità di
disoccupazione o pensioni anticipate".

 
 
 

PIU'  RICCHI  I  RICCHI

Post n°507 pubblicato il 23 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
 
Tag: italia










 
 
 

sepmre   piu' verso il baratro

Post n°506 pubblicato il 23 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
 
Tag: italia

Lo dice l'Organisation of Economic Cooperation and Development
Italia fra i Paesi più «diseguali»
Nel Belpaese aumenta il divario fra ricchi e poveri . La Danimarca è la nazione con meno disparità

 










(da  www.oecd.org)
(da www.oecd.org)

Rousseau, che nel suo Discorso sull'ineguaglianza legittimava
un'insurrezione popolare contro il dispotismo del denaro, rimarrebbe
probabilmente deluso se vivesse ai nostri tempi: il rapporto
dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico parla
chiaro e dice che tra ricchi e poveri la forbice si sta allargando,
anziché restringersi. L'Ocse
ha esaminato il tasso di disuguaglianza tra chi ha e chi non ha,
utilizzando il coefficiente di Gini, che misura le differenze di
reddito con un numero tra 0 e 1 (dove 0 rappresenta l'uguaglianza
perfetta e 1 l'ineguaglianza perfetta) e ha riscontrato nel mondo uno
sconfortante aumento medio del divario, lievitato a un tasso oscillante
tra il 7 e il 30 per cento nell'ultimo ventennio.



MIGLIORI E PEGGIORI - Insomma, pur con qualche isola felice
(geograficamente e anagraficamente), dove invece sono stati fatti
importanti passi in avanti, la tendenza generale dei governi è stata
negli ultimi anni di scegliere politiche che favoriscono il profitto a
scapito del salario. Le oasi felici sono rappresentate da nazioni come
la Danimarca, la Svezia e il Lussemburgo, rispettivamente al primo,
secondo e terzo posto della classifica degli stati più equi con
coefficienti entro lo 0,25. Inoltre tra coloro che hanno tra i 55 e i
75 anni il gap si è ristretto. Ma in nome di questi miglioramenti si
registra un'ineguaglianza crescente tra i bambini e nella maggior parte
delle nazioni (e non per nulla il rapporto si intitola Growing Unequal,
anche se c'è un punto di domanda che sfuma la frase lapidaria). Il
peggiore è il Messico (con un coefficiente di Gini dello 0,48), seguito
dalla Turchia e dal Portogallo.




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L'ITALIA – Cattive notizie per il nostro Paese, che si piazza al
sesto posto tra i peggiori, con un coefficiente di Gini dello 0,35. Del
resto è da tempo che a casa nostra si parla di scomparsa della classe
media, prefigurando uno stato dove i ricchi sono sempre più ricchi e i
poveri sono sempre più poveri. Si distingue per cattive politiche di
redistribuzione anche l'America democratica, figurando al quarto posto
tra gli Stati con un gap maggiore e sfoggiando un coefficiente dello
0,38 ancor più vergognoso dell'Italia. Da segnalare infine le tendenze
più vistose, al di là dei risultati in termini assoluti: dal 2000 la
disequità è cresciuta in Canada, Germania, Norvegia, Stati Uniti,
Italia e Finlandia, mentre è diminuita in Gran Bretagna, Messico,
Grecia e Australia. Inutile dire che la disuguaglianza accresce le
tensioni e ostacola la mobilità sociale, e che la disequità non può
esistere in un Paese profondamente democratico e progredito. O almeno
non dovrebbe.


Emanuela Di Pasqua

21 ottobre 2008

 
 
 

sempre piu' poveri

Post n°505 pubblicato il 23 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
 
Tag: italia

Secondo il rapporto 'Growing Unequal' nel nostro Paese dagli anni '80 a oggi
il gap tra le classi sociali è cresciuto del 33% contro la media del 12%
Ocse, l'Italia tra i peggiori
per la disuguaglianza economica

Le differenze, dimostra un'indagine Coldiretti, emergono anche a tavola
Crescono infatti da un lato gli acquisti di prodotti a basso prezzo e dall'altro di alta qualità
di ROSARIA AMATO






Ocse, l'Italia tra i peggiori per la disuguaglianza economica

Case popolari a Bari








ROMA - Negli ultimi anni in Italia si è pesantemente aggravato il divario tra ricchi e poveri. Secondo il rapporto dell'Ocse Growing Unequal?,
che analizza la distribuzione del reddito e la povertà all'interno dei
30 Paesi che compongono l'organizzazione, l'Italia è infatti al sesto
posto per il gap tra le classi sociali, dopo Messico, Turchia,
Portogallo, Stati Uniti e Polonia.



La
disuguaglianza economica è cresciuta del 33 per cento dalla metà degli
anni Ottanta a oggi, contro una media Ocse del 12 per cento. Un dato
sul quale hanno inciso pochissimo le recenti misure adottate a favore
dei più poveri, che pure gli autori del Rapporto elogiano,
sottolineando come solo tre Paesi Ocse, tra i quali appunto l'Italia,
negli ultimi 10 anni abbiano varato misure per sostenere i redditi più
bassi. Ma le misure non hanno inciso nel dato di fondo: "I ricchi hanno
beneficiato maggiormente della crescita sociale rispetto ai poveri o
alle classi medie".



La povertà
favorisce naturalmente l'esclusione, e pertanto la mobilità tra le
classi sociali "è più bassa in Italia rispetto a paesi come l'Australia
o la Danimarca. - si legge nel rapporto - I figli di genitori poveri
hanno molte meno probabilità di accedere alla ricchezza". La ricchezza
è distribuita in modo anche più diseguale delle entrate: infatti in
Italia il 10 per cento dei più abbienti possiede il 42 per cento della
ricchezza totale e il 28 per cento delle entrate globali.



In effetti dal
rapporto Ocse emerge un generale aumento della disuguaglianza in tutti
i Paesi del mondo. Il gap si è allargato, oltre che in Italia, anche in
Canada e in Germania, mentre è diminuito in Messico, Grecia e Regno
Unit. Ma in Italia i dati di riferimento sono notevolmente peggiori:
"Il reddito medio del 10 per cento degli italiani più poveri è di circa
5000 dollari (l'equivalente di circa 3770 euro ndr),
tenuto conto della parità del potere di acquisto, quindi sotto la media
Ocse di 7000 dollari (l'equivalente di circa 5280 euro, ndr). Il reddito medio del 10 per cento più ricco è circa 55000 dollari (l'equivalente di circa 41500 euro, ndr), sopra la media Ocse".





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In Italia
si è registrato, rileva l'Ocse, una riduzione del tasso di povertà dei
bambini, che tra la metà degli anni Novanta e il 2005 è diminuito dal
19 al 15 per cento. Solo nel Regno Unito si è avuto un calo di queste
dimensioni, si legge nel rapporto: però un tasso di povertà infantile
del 15 per cento "è ancora sopra il tasso medio Ocse del 12 per cento".




Le disuguaglianze
di reddito e ricchezza si riflettono anche a tavola. Da un'indagine
Coldiretti - Swg sui consumi alimentari emerge infatti che la crisi
economica sta provocando una polarizzazione nei consumi alimentari e se
da un lato cresce in numero di quanti sono costretti a ricercare
prodotti a più basso prezzo, dall'altro si assiste ad un consolidamento
della domanda di prodotti di alta qualità, tradizionalmente acquistati
da fasce di cittadini a più alto reddito.



"La metà di
coloro che hanno cambiato le proprie abitudini alimentari per effetto
della crisi economica lo hanno fatto - sottolinea la Coldiretti -
cambiando i luoghi della spesa a favore di bancarelle ed hard discount
e modificando il tipo di alimenti acquistati con conseguenze sulla
dieta e sulla qualità dell'alimentazione. Ma dall'altra parte, aumenta
la domanda di prodotti di elevata qualità e cresce dell'8 per cento la
percentuale dei cittadini che acquista regolarmente prodotti a
denominazione di origine (sono il 28 per cento) e del 23 per cento di
quelli che comperano cibi biologici, i quali però interessano una fetta
più ridotta della popolazione (il 16 per cento)".

( 21 ottobre 2008)

 
 
 

Piu' poveri

Post n°504 pubblicato il 23 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
 
Tag: italia

Ocse, in Italia cresce il divario tra ricchi e poveri

lavoro, precariato
Un
abisso tra ricchi e poveri. L’Italia è tra i paesi dell’Ocse,
l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico che
racchiude 30 paesi del mondo, dove la differenza tra chi ha i soldi e
chi no è più alta. Non si tratta di “fortune” che capitano alla
nascita, ma di una precisa politica dei redditi che ha favorito il
profitto a scapito del salario e che da tempo non utilizza strumenti
redistributivi.

La crescita economica, spiega lo studio Ocse, ha
favorito chi era già ricco, e ha fatto sì che le disparità economiche
aumentassero nel corso degli anni: «Le famiglie ricche - si legge nel
rapporto Growing Unequal - hanno raggiunto risultati
particolarmente positivi rispetto alla classe media e alle famiglie che
si trovano ai livelli più bassi della scala sociale». Dagli anni
Ottanta ad oggi, la disuguaglianza su redditi da lavoro, risparmi e
capitale si è aggravata del 33 per cento. «Si tratta – rileva il
rapporto – del più elevato aumento nei paesi Ocse, dove l’aumento medio
è stato del 12 per cento».

La classe media, insomma, è in via
di estinzione: avanti di questo passo e nel nostro Paese avremo persone
ricche sfondate e gente che tira a campare. Sono messi peggio di noi
solo il Messico, dove le differenze sono in assoluto maggiori, la
Turchia, il Portogallo, gli Usa e la Polonia. Non c’è invece questo
divario economico e sociale così marcato in Danimarca, Svezia e
Lussemburgo.

Le conseguenze di questo gap, sono soprattutto
sociali: «La crescente disuguaglianza - spiegano dall'Ocse - tende a
dividere. Polarizza le società, crea divisioni regionali tra paesi e
allarga la voragine tra ricchi e poveri. Impedisce la mobilità tra
generazioni, rendendo più difficile per le persone di talento ottenere
ciò che meritano». Finora, spiega ancora il rapporto, i governi hanno
risposto a questo divario in crescita attraverso politiche fiscali e
sociali, riconducendo soprattutto il problema al fatto che la
popolazione invecchia velocemente e per questo si impoverisce. Ma
secondo l’Ocse questa può essere solo una risposta «temporanea»,
significa «intervenire sui sintomi invece che sulla malattia». Per
risolvere davvero la questione bisogna iniziare a preoccuparsi da
prima: «L'unica via sostenibile per ridurre le disuguaglianze», spiega
il rapporto, è assicurarsi che le persone siano in grado di trovare e
mantenere un'occupazione. Questo significa che «i paesi sviluppati
devono sforzarsi molto di più per inserire i cittadini nel mercato del
lavoro piuttosto che sostenerli con indennità di disoccupazione o
pensioni anticipate».

 
 
 

NON ABBIAMO BISOGNO DEL NUCLEARE

Post n°503 pubblicato il 21 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
 

PETIZIONE POPOLARE

NON ABBIAMO BISOGNO DEL NUCLEARE

Al Presidente della Repubblica,
Al Presidente del Senato,
Al Presidente della Camera Deputati,
Al Presidente del Consiglio,
Ai Parlamentari tutti

Noi cittadini e cittadine italiane, visto il “Piano Triennale per lo Sviluppo”, approvato dal Consiglio dei Ministri, che lancia “il ritorno all’energia nucleare”, facciamo presente che:

a. Il popolo italiano ha votato a larghissima maggioranza, con i 3 referendum del 1987, l'uscita definitiva dell'Italia dall'avventura nucleare, come hanno deciso anche Austria e Polonia (che non hanno avviato le loro centrali già costruite), Danimarca, Grecia, Norvegia e Irlanda (che hanno rinunciato alla loro costruzione), Germania, Belgio, Olanda, Spagna e Svezia (che hanno deciso di non costruire più centrali nucleari nel loro territorio, puntando sulle energie rinnovabili).

b. Il nucleare non ci libera dalla dipendenza dall'estero: l’uranio è una fonte esauribile; per far funzionare le centrali dovremmo importarlo e il suo prezzo sta salendo ancora più rapidamente del petrolio: dal 2001 al 2007 si è moltiplicato per dieci.

c. Non esiste il nucleare “sicuro” e “pulito”: i reattori di “quarta generazione” sono previsti tra 25-35 anni (dopo il 2030, attorno al 2040); intanto il governo vuole costruire centrali di “terza generazione” che non hanno risolto né il problema della sicurezza ( non c'è solo Cernobyl, ma decine di incidenti gravissimi come quelli che hanno provocato 7 morti nelle centrali giapponesi tra il 1995 e il 2005) né di come smaltire le scorie che restano radioattive per centinaia e migliaia di anni.

d. La strada maestra sono le energie rinnovabili: Germania, Spagna, Austria, Grecia, Danimarca e tanti altri stati, europei e non, si stanno liberando dalla schiavitù del petrolio investendo grandi risorse sull'energia solare termica, fotovoltaica e a concentrazione, sull’energia eolica e sul risparmio e razionalizzazione degli attuali consumi. In Italia basterebbe coprire di pannelli fotovoltaici solo lo 0,1% (un millesimo) del territorio nazionale (utilizzando un decimo di tetti, pensiline, barriere autostradali ecc.) per soddisfare il 20% del fabbisogno nazionale di energia elettrica.

e. Il nucleare è fuori mercato, vive grazie a sovvenzioni statali e militari: Le stime Usa per i nuovi impianti danno il costo del kWh nucleare a 6.3 cent, addirittura il 20% in più dei 5,5 cent del gas o 5,6 del carbone (anche questi, peraltro, dannosi per la salute e l’ambiente). Per questo negli Usa, nonostante gli enormi incentivi stanziati da Bush, nessun privato ci investe dal 1976. L'unico reattore in costruzione in Europa è in Finlandia, perchè quello stato carica sul proprio bilancio (dei contribuenti) smaltimento delle scorie e smantellamento finale della centrale (che costa quasi come la costruzione). Gli altri 8 stati che, nel mondo, investono nel nucleare, lo fanno, quasi tutti, per produrre anche materia prima per le bombe: Cina, India, Russia, Pakistan, Giappone, Argentina, Romania e l'Iran, attualmente nel mirino degli Usa, perchè non è suo alleato.

Perciò chiediamo ai massimi rappresentanti di Stato e Parlamento di non tradire la volontà popolare e non imboccare, con i nostri soldi, questo costosissimo vicolo cieco.

I firmatari sono informati, ai sensi dell’art. 13 decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 [Codice in materia di protezione dei dati personali], che promotrice della petizione è la lista civica nazionale PER IL BENE COMUNE con sede nazionale in Ferrara, Piazzale Stazione 15 , e che possono esercitare i diritti di cui all´art. 7 del codice della privacy scrivendo al responsabile del trattamento dati personali dott.ssa Benini Monia. I dati personali verranno trattati per le sole finalità della presente petizione.

TRATTA DA  PER IL BENE  COMUNE

FIRMA  QUI   www.http://petizione.perilbenecomune.org/

 
 
 

dove si   vive meglio

Post n°502 pubblicato il 20 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
 
Tag: europa

 La Svizzera è l’Eldorado della qualità della vita, Zurigo è la città dove si vive meglio. La peggiore Baghdad, che per il terzo anno consecutivo si attesta ultima in classifica. E l'Italia?  
 
 La città dove si vive meglio al mondo è Zurigo, seguita da Ginevra e Vancouver. Le città prese in considerazione dalla società di risorse umane Mercer sulla qualità della vita sono 215, in tutto il mondo.
I parametri considerati per il giudizio sono 39: la situazione politica locale, economica (cambi di valuta e servizi bancari), cultura (ed eventuale presenza di censura), sanità, vivibilità dell'ambiente urbano, habitat, spazi verdi e loro accessibilità. E traffico, e inquinamento atmosferico.

Primeggia la Svizzera, che dopo Zurigo si guadagna anche il secondo posto con Ginevra. Poi Vienna, scesa all'attuale 4° del 2006 dal 3° dell'anno scorso. Anche in Germania si sta bene, con 3 città tra le prime 10 (Dusseldorf, Francoforte, Monaco); l'Europa occidentale ha trenta delle sue principali città in cima alla classifica. Tra le città bavaresi e del bel Danubio blu ci sono ben quaranta posizioni rispetto alla prima italiana. Per l'Italia, un dato pessimo. Se nel 2004 Milano era tra le prime venti, oggi scende al cinquantunesimo posto (invariata rispetto all’indagine 2005). Se la passa male anche Atene, ultima tra le europee occidentali con il posto numero 79. Sono in rapida risalita Paesi dell'Est come Repubblica Ceca e Ungheria. 

Buona la classifica del Nord America con Vancouver al terzo posto e Honolulu prima tra le città statunitensi con un ventisettesimo posto. Per quanto riguarda il Sud America, Montevideo e Buenos Aires sono le prime due in classifica, mentre la stella nascente dell'Asia è Shanghai.

La lista delle peggiori comincia con Il Cairo, in discesa libera perdendo ben nove punti e raggiungendo quota 131 "a causa delle agitazioni politiche e degli attacchi terroristici in città e nei dintorni", scrive Mercer. Negli ultimissimi posti, oltre la martoriata capitale irachena, ci sono Bangui (Repubblica Centrafricana) e Brazzaville (Congo Brazzaville).

Queste le migliori città in cui vivere (tra parentesi la posizione dell'anno scorso)

1. Zurich, Switzerland (1)
2. Geneva, Switzerland (2)
3. Vancouver, Canada (3)
4. Vienna, Austria (3)
5. Auckland, New Zealand (8)
6. Dusseldorf, Germany (5)
7. Frankfurt, Germany (6)
8. Munich, Germany (7)
9. Bern, Switzerland (9)
9. Sydney, Australia (9)
11. Copenhagen, Denmark (11)
12. Wellington, New Zealand (14)
13. Amsterdam, Netherlands (12)
14. Brussels, Belgium (13)
15. Toronto, Canada (16)
16. Berlin, Germany (16)
17. Melbourne, Australia (14)
18. Luxembourg, Luxembourg (18)
18. Ottawa, Canada (21)
20. Stockholm, Sweden (19)
21. Perth, Australia (20)
22. Montreal, Canada (22)
23. Nuremberg, Germany (22)
24. Dublin, Ireland (22)
25. Calgary, Canada (25)
26. Hamburg, Germany (25)
27. Honolulu, HI (25)
28. San Francisco, CA (28)
29. Adelaide, Australia (29)
29. Helsinki, Finland (29)
31. Brisbane, Australia (31)
31. Oslo, Norway (32)
33. Paris, France (33)
34. Singapore, Singapore (35)
35. Tokyo, Japan (34)
36. Boston, MA (36)
37. Lyon, France (37)
37. Yokohama, Japan (37)
39. London, UK (39)
40. Kobe, Japan (40)
41. Washington, DC (41)
41. Chicago, IL (52)
43. Portland, OR (42)
44. Barcelona, Spain (43)
45. Madrid, Spain (44)
46. New York City, NY (45)
47. Seattle, WA (46)
48. Lexington, KY (47)
49. Pittsburgh, PA (48)
49. Winston Salem, NC (48)
51. Osaka, Japan (50)
51. Milan, Italy (51)...

e le peggiori...

1. Baghdad, Iraq
2. Brazzaville, Congo
3. Bangui, Central African Republic
4. Khartoum, Sudan
5. Pointe Noire, Congo
6. Ndjamena, Chad
7. Sanaa, Yemen Arab Republic
7. Port Harcourt, Nigeria
7. Nouakchott, Mauritania
8. Ouagadougou, Burkina Faso
 Redazione Ambiente

 
 
 

dove si  vive meglio

Post n°501 pubblicato il 20 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
 

Svizzera Zurigo


Scappare all'estero? Ecco le 10 città dove si vive meglio!
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Mappa Zurigo Qual è la città migliore dove vivere? Dove si trovano abbastanza parchi, negozi e altri servizi che trasformino la vostra vita nel livello più confortevole possibile? Gli standard occidentali stanno diventando sempre più elevati, le persone hanno una mobilità superiore sia in ingresso che in uscita in cerca di una migliore opportunità di lavoro, nonché cercano una migliore qualità della vita e tendono oggigiorno ad essere difficili da accontentare.
La compagnia “Mercer Human Resource consulting” ha recentemente svolto una ricerca focalizzata alla qualità della vita e le norme generali di vita nelle città e nelle capitali di tutto il mondo. Alle persone è stato chiesto di giudicare la qualità della loro vita e stimare quanto sono soddisfatti della loro città. Il prodotto di questa ricerca è l'elenco delle migliori città del mondo dove abitare.

1. Zurigo

Non è una sorpresa che la Svizzera disponga di tre città nella top ten, due dei quali nelle prime 3 posizioni. Il tenore di vita in questo paese alpino, ricco di industria così come di elementi naturli e siti culturali, è da tempo uno dei più alti in Europa (la Svizzera è stata in lotta per la vittoria con l'Islanda e la Norvegia).

2. Ginevra

La seconda città più grande della Svizzera e anche la seconda in questa graduatoria è Ginevra. Gli svizzeri sono indubbiamente una nazione molto felice! Dobbiamo tuttavia ammettere che un elevato tenore di vita è strettamente collegato con dei costi di vita molto elevati.

3. Vancouver

L'unica rappresentante delle Americhe, Vancouver, la più grande città della provincia canadese della Columbia Britannica, detiene la terza posizione. È da notare come non vi sia alcuna città degli Stati Uniti nei primi dieci posti. Forse gli Stati Uniti d'America cessano di essere il paradiso che erano. Se si vuole vivere un sogno americano, dimenticate l'America, i vostri Paesi sono la Svizzera e il Canada.

4. Vienna

Un'altra città europea in quarta posizione. E un altro di lingua tedesca! In realtà, ci sono solo delle città europee di lingua tedesca in questo elenco, che probabilmente significa che i tedeschi, oltre che per essere "puntuali" e ossessionati dalla pulizia sono anche molto felici per il modo e il luogo in cui vivono la loro vita (lo sapevate che ci sono più espressioni per definire i tipi di pulizia in tedesco che in qualsiasi altra lingua?).

5. Auckland

La seconda delle tre città del Commonwealth nella top ten è Auckland, la più grande città della Nuova Zelanda. E 'soprattutto la grande quantità di parchi e, in generale, la vicinanza alla natura che gli abitanti apprezzano di più. In Auckland risiedono 1,4 milioni di abitanti, che è circa un quarto della popolazione totale della Nuova Zelanda.

6. Düsseldorf

Le posizioni dal 6 all’8 sono occupati da città tedesche. Di queste tre, Düsseldorf, il centro tedesco di industria pubblicitaria, situata nella più grande area industriale tedesca chiamata la regione della Ruhr (con Colonia, Duisburg Dortmund o di paesi vicini) è il vincitore. E 'del tutto una sorpresa che Berlino non entra nei primi dieci, visto che è ampiamente considerato un piacevole luogo multiculturale per vivere.

7. Francoforte

Francoforte sul Meno è la quinta città più grande in Germania e, ovviamente, anche la seconda piu 'conosciuta e un piacevole città dove vivere. Una delle caratteristiche della città è la sua skyline con molti grattacieli, che contano il numero più alto tra quelli in Europa, ed un grande e bene organizzato aeroporto.

8. Monaco

Il terzo e ultimo rappresentante tedesco, Monaco di Baviera sembra essere quello meno sorprendente. La capitale della Baviera, la più grande e più ricca regione della Germania, sicuramente è un luogo piacevole in cui vivere. Una delle cose che rendono interessante Monaco di Baviera è l’eccezionale Oktoberfest, la più grande festa della birra in Europa. Durante questo evento, la gente bere birra dai boccali di un litro, e quindi non c'è da stupirsi che essi siano felici e sorridenti tutto il tempo…

9. Berna

La terza città Svizzera in questo elenco è anche la capitale della Svizzera. Così ci sono tre città tedesche e tre svizzere nella classifica, il che rende la Germania e la Svizzera i vincitori assoluti di questa piccola competizione. E se l’Europa esce a testa alta, sono chiari i perdenti e cioè l'Asia, con nessun rappresentante in classifica, e le Americhe, con una sola città.

10. Sydney

Sydney condivide la nona posizione con Berna, cosa che è un successo considerando che è stata fondata come colonia penale Britannica! I suoi primi abitanti difficilmente crederebbero che un giorno la gente sarebbe stata così appassionata a vivere qui. Naturalmente, Sydney è cambiata molto da allora e appartiene, con la sua architettura moderna, molti parchi, spiagge e atmosfera multiculturale, alla lista delle città più belle del mondo.

 
 
 

LA  TERZA   BOMBA   NUCLEARE

Post n°500 pubblicato il 18 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
 

L’ACCUSA DEL VETERANO
LA TERZA BOMBA NUCLEARE
di Maurizio Torrealta con la collaborazione di Alessandro Rampietti

IL   VIDEO

http://www.rainews24.it/ran24/rainews24_2007/inchieste/08102008_bomba/video_ITA.asp


Per controllare queste dichiarazioni Rainews24 ha cercato di verificare se durante la prima guerra del Golfo era stato registrato un evento sismico pari a 5 chilotoni. Consultando l’archivio "on line" del "Sismological International Center" ha trovato che proprio nella zona descritta dal veterano, era stato registrato un evento sismico di potenza corrispondente a 5 chilotoni, l’ ultimo giorno del

Nell’inchiesta un veterano americano che ha partecipato a “Desert Storm”, accusa l’Amministrazione americana di aver utilizzato una piccola bomba nucleare a penetrazione di 5 chilotoni di potenza nella zona tra la città irachena di Basra ed il confine con l’Iran.

Per controllare queste dichiarazioni Rainews24 ha cercato di verificare se durante la prima guerra del Golfo era stato registrato un evento sismico pari a 5 chilotoni. Consultando l’archivio "on line" del "Sismological International Center" ha trovato che proprio nella zona descritta dal veterano, era stato registrato un evento sismico di potenza corrispondente a 5 chilotoni, l’ ultimo giorno del conflitto.

Si tratta dunque di un indizio che richiede lo sviluppo di un vasto lavoro di verifiche che noi di Rainews24 vogliamo svolgere coinvolgendo giornalisti di altri paesi, i centri sismici che hanno registrato l'evento ai quali richiediamo ulteriori dati sulle onde sismiche, e le organizzazioni internazionali preposte al monitoraggio nucleare.

La redazione ha deciso di trasmettere questa intervista perché la situazione sanitaria a Basra ha raggiunto livelli di pericolosità davvero critici: i decessi annuali per tumore, secondo il responsabile del reparto oncologico dell’ ospedale di Basra , Dott Jawad Al Ali , sono aumentati da 32 nel 1989 (prima della guerra del Golfo) a più di 600 nel 2002. Il Dipartimento della Difesa statunitense chiamato ad esprimersi sulle accuse del veterano ha dichiarato che durante “Desert Storm” sono state utilizzate solo armi convenzionali.

Documenti:
- Note su Jim Brown
- Il testo della nostra inchiesta in italiano ed inglese
- Il video (in italiano e in inglese)
- I dati sulla situazione sanitaria a Basra (immagini, anche molto crude e realistiche, raccolta dal Dr. Jawad al Ali, oncologo dell'ospedale di Bassora) (PowerPoint file - 1,33 MB)
- I dati sugli eventi sismici nell area nel mese di Febbraio 1991 rilevati sul sito dell'ISC
- Il dato sismico di magnitudo 4.2 che abbiamo individuato durante desert storm
- La tavola di confronto tra Chilotoni e Scala Richter [file doc]
- I dati simici rintracciati nel sito della rete di monitoraggio sismico NORSAR relativi ai giorni 1, 2 e 3 marzo 2002 In Afghanistan
- Il testo delle 2 lettere del Dipartimento della difesa Americana

LA TERZA BOBMBA ATOMICA


Rainews24


di Maurizio Torrealta


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:::->Scheda tecnica del filmato<-:::




Titolo: La terza bomba atomica
Serie: Inchieste Rainew24
Emittente: Rainew24
Trasmesso il: 09/10/08
Genere: documentario Inchiesta
A cura di: Maurizio Torrealta
Audio: Italiano
Sottotitoli: n.d.






La notizia è di quelle che potrebbero finire presto nei libri di storia. A raccontarla è un ex militare statunitense, Jim Brown, ingegnere meccanico di quarto grado che ha combattuto nella prima Guerra del Golfo nell’ambito dell’Operazione Tormenta del Deserto, al giornalista di Rainews24, Maurizio Torrealta. Brown accusa, infatti, l’Amministrazione americana di George Bush senior, di aver sganciato un bomba nucleare di penetrazione della potenza di cinque kilotoni, in una zona situata tra la città irakena di Bassora e la frontiera con l’Iran, il 27 febbraio del 1991, ossia l’ultimo giorno del conflitto.
Una testata nucleare relativamente più piccola di quelle sganciate su Hiroshima e Nagasaki, le quali avevano rispettivamente una potenza di 16 e 22 kilotoni, ma dagli effetti assolutamente devastanti.
Nel reportage trasmesso nella serata di giovedì dal canale satellitare della Rai, Torrealta mostra tra l’altro i documenti forniti dal Centro Sismologico Internazionale i quali attestano che effettivamente quel giorno, in questa zona, si registrò un movimento sismico di 4,2 gradi Richter, una potenza equivalente proprio a cinque kilotoni.
Prima di mandare in onda il documentario della durata di 20 minuti, l’inviato della Rai ha inoltre chiesto al Pentagono una conferma di quanto raccontato da Brown. Ma la risposta ricevuta dalla Difesa americana non chiarisce affatto la vicenda, anzi aumenta le nebbie. Il Pentagono si è infatti limitato a dichiarare che l’Esercito degli Stati Uniti ha utilizzato durante quel conflitto solo armi convenzionali, aggiungendo inoltre che la possibile spiegazione del movimento sismico registrato quel giorno, sarebbe dovuto alla Blue 82 sganciata in quell’area. Ma nonostante la Blue venga considerata come la madre di tutte le bombe, il movimento sismico da essa prodotto si limiterebbe a 3 gradi della Richter.
E’ lo stesso Torrealta a riconoscere, tuttavia, che ciò che il veterano Brown racconta durante la sua prima intervista televisiva è “una storia difficile da credere e da confermare”, ma le ragioni per cui la RAI ha deciso di trasmettere il video rispettano a pieno il principio di precauzione. “Non ci sono prove del fatto che l’accusa sia vera, ma non ci sono nemmeno del fatto che sia falsa”, afferma i giornalista, e dunque è necessario che un accusa così grave venga approfondita “dalle organizzazioni internazionali con la trasparenza necessaria”.
Nell’ultima parte del reportage di Rainews24 vengono riportati anche i dati sull’aumento di casi di cancro e di tumori proprio nella zona di Bassora. Secondo le cifre fornite dal direttore del reparto di oncologia dell’ospedale locale, Dott. Jawad Al Ali, tali casi sono passati dai 32 all’anno nel 1989 a più di 600 nel 2002.
Il documentario mostra inoltre diverse foto delle vittime provocate dall’epidemia tumorale che ha colpito l’intera area a partire dal primo conflitto nel Golfo, nonostante Al Ali creda che l’apparizione di queste patologie molto rare negli adulti, ma soprattutto nei bambini, possano essere riconducibili all’uso massivo di proiettili all’uranio impoverito.

:::->Trama<-:::

 
 
 

Avvelenato l'avvocato di anna

Post n°499 pubblicato il 18 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
 

Politkovskaya Fare luce sull' avvocato di mia madre

PONDENTE LEONARDO COEN MOSCA - Il processo contro i presunti assassini di Anna Politkovskaya comincerà il 17 novembre: lo ha stabilito ieri, durante l' udienza preliminare, il tribunale militare di Mosca che giudicherà i quattro imputati, tre dei quali accusati di concorso in omicidio: un ex funzionario della polizia criminale di Mosca, Sergej Khadzhikurbanov, accusato d' aver fornito l' indirizzo della giornalista al commando che uccise la giornalista; e i fratelli Dzhabrail e Ibragim Makhmudov, che materialmente pedinarono per giorni la Politkovskaya, mentre un terzo fratello, Rustam, indicato come il killer, è latitante. Il quarto imputato, Pavel Riaguzov, è il tenente colonnello dei servizi segreti (Fsb), sospettato di abusi d' ufficio e associazione per delinquere. L' inchiesta non avrebbe appurato la sua complicità nell' omicidio, ma lo ritiene membro della stessa banda. E lui stesso ha chiesto d' essere giudicato da un tribunale militare. All' udienza preliminare, ieri, c' erano i figli di Anna, Ilia e Vera. Cosa avete provato, quando sono entrati in aula i complici dell' assassino di vostra madre? È Ilia che risponde: «Li ho visti in faccia per la prima volta. È stato duro. Mi è difficile dire che sentimenti ho provato. Ho cercato di farmi forza. Di pensare alla verità. Io aspetto la verità. Sul banco degli imputati però ci sono solo i pesci piccoli. Non i mandanti, e non il killer». Non c' era nemmeno l' avvocatessa Karina Moskalenko, che ha denunciato d' essere stata avvelenata, probabilmente con il mercurio. «Io non so se quel che le è successo è da collegarsi al nostro caso, perché Karina si occupa di tanti affari clamorosi e pericolosi. Però, qualcosa di grave deve esserci se la polizia francese ha avviato un' indagine. Ma è ancora troppo presto per esprimere giudizi concreti. Occorre fare luce». Parlando di cose concrete, è vero che avete chiesto un processo «trasparente», a porte aperte? «Sì. Anche gli imputati l' hanno chiesto. Il tribunale militare deciderà il 17 novembre. Spero che si possa mettere ordine in un' inchiesta che ha prodotto una quantità di informazioni enorme, ma che nel merito non è andata a fondo. Il processo attuale è solo una piccola base per una futura inchiesta. Qui manca tutto: oltre ai mandanti, al killer, non si parla neanche degli intermediari». C' è qualcosa che trova discutibile, nell' istruzione del processo? «La posizione stralciata del tenente colonnello Riaguzov. Penso che debba essere processato con gli altri, per due motivi. Primo: è stato membro costante della stessa banda che ha ucciso mia madre. Secondo, ma è la mia impressione personale, è che materialmente lui è stato complice dell' omicidio». Crede che il processo possa avere un impatto sull' opinione pubblica russa? «Davanti a questo tribunale ci sono tanti giornalisti e tante tv. Vuol dire che il caso Politkovskaya interessa. Ma aspetto di leggere i giornali e di vedere i notiziari tv. Sinora, dell' inchiesta se ne è occupata solo Novaja Gazeta, il giornale per cui lavorava mia madre. È stata la conferma di una pessima tradizione: l' attività di mia madre era circoscritta solamente al suo giornale, gli altri la ignoravano, soprattutto la tv». - LEONARDO COEN

 
 
 

RICORDIAMO ANTONIO

Post n°498 pubblicato il 18 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
 

Antonio Russo, un film, una mostra fotografica, uno spettacolo e un dibattito




PESCARA. In occasione dell'anniversario della morte del giornalista Antonio Russo, la Fondazione che porta il suo nome, promuove la seconda edizione de "L'informazione che non muore".
Abruzzese, reporter di guerra di radio radicale, testimone instancabile sempre in prima linea nelle zone calde del pianeta, Antonio Russo viene ucciso il 16 ottobre del 2000 proprio per la documentazione scottante e scomoda che era riuscito a raccogliere su una guerra terribile di cui poco si parla.
L'evento prenderà il via venerdì 17 ottobre alle ore 20,30 al cinema Asterope di Francavilla al Mare, con la proiezione de "L'inquilino di via Nicoladze", un film-inchiesta ispirato alla vicenda del giornalista abruzzese. Si tratta di una pellicola del 2003 del regista Massimo Guglielmi, interpretata da un convincente Roberto De Francesco, vincitrice del Premio FACIBA e del Premio CICT UNESCO come miglior film per contenuti culturali e sociali.
Al film seguirà un incontro-dibattito con la partecipazione dei protagonisti, moderato dal giornalista del TG5 – Canale 5 Toni Capuozzo.
L'appuntamento continua sabato 18 ottobre con due momenti di riflessione sui temi dell'informazione nei conflitti bellici e del ruolo svolto dai reporter di guerra:
Alle 9,30 apertura de "Gli Occhi del Reporter di guerra", una mostra fotografica multimediale dei reporter Fausto Biloslavo e Gian Micalessin. Dall'Afghanistan alla Birmania, dall'Angola al Kosovo, dal Libano all'Iraq una selezione di 33 scatti fotografici tra i più significativi e toccanti raccolti dai due giornalisti nei venticinque anni trascorsi nelle aree geografiche più calde del pianeta.
Alle 10,30 protagonisti diventano gli studenti delle quarte e quinte classi superiori degli istituti di Pescara e Chieti che potranno assistere allo spettacolo di teatro-narrazione "La Voce dei Silenzi"
con Alessio Tessitore: un ritratto della figura umana e professionale di Antonio Russo per la regia di Sabatino Ciocca.
Alle 12,00 seguirà l'incontro–dibattito dal titolo "Cecenia, Balcani e non solo. E' più difficile fare la guerra o costruire la pace?".
Interverranno volti noti del giornalismo televisivo e firme autorevoli della carta stampata: Guido Alferj (inviato speciale), Fausto Biloslavo (Il Giornale e Il Foglio), Toni Capuozzo (TG5 – Canale 5), Aldo Forbice (RADIO1 – Zapping), Gabriella Simoni (Studio Aperto – Italia1), Francesca Sforza (La Stampa).

 
 
 

 

ANNA  E ANTONIO  ZORRO  NON DIMENTICA

Post n°497 pubblicato il 18 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
 

Anna Politkovskaja e Antonio Russo. Due nomi i cui destini si intrecciano tragicamente. Entrambi giornalisti, entrambi uccisi nel mese di ottobre: Antonio il 16 nel 2000 a Tbilisi, in Georgia, Anna il 7 nel 2006 a Mosca. Sia la Politkovskaja che Russo si occupavano di Cecenia, e chi scrive di Cecenia muore. Così scriveva l'Information Safety and Freedom, organizzazione di giornalisti a difesa della libertà di stampa, che aveva collegato in un comunicato stampa l'assassinio di Anna all’uccisione di Antonio. Entrambi avevano denunciato al mondo intero le atrocità perpetrate sulla popolazione civile cecena, ed entrambi erano diventati scomodi per il Cremlino.

Chi li ha uccisi e perché? Non ci sono ancora risposte a queste domande. Proprio ieri è iniziato il processo-farsa per l’omicidio della Politkovskaja che vede alla sbarra tre ceceni, i fratelli Dzhabrail e Ibragim Makhmudov e Sergheji Khadzhikurbanov. A due anni dalla sua morte il presunto esecutore materiale, Ruslan Makhmudov, è latitante e ricercato in Europa, mandante e movente sconosciuti, anche se secondo il procuratore generale Cajka il mandante è da ricercare all’estero alludendo chiaramente a Berezovsky nemico numero uno di Putin. Sempre ieri abbiamo appreso la drammatica denuncia che Karina Moskalenko, l’avvocato che difende la famiglia della Politkovskaja, ha fatto alla Radio “Eco di Mosca”: “Mi hanno avvelenata con una sostanza che ha tutte le caratteristiche del mercurio”. Ancora una volta l’ombra dei servizi segreti russi, la sconcertante vicenda dell’avvocato ricorda il caso dell’ex-ufficiale dei servizi segreti russi Aleksandr Litvinenko. Ancora una volta si vuole oscurare la verità. Se qualcuno pensava che la Russia di Medvedev era cambiata si era sbagliato.

Se per Anna un processo-farsa si farà per Antonio non ci sarà nemmeno quello. Sulla sua morte non è stata fatta chiarezza anche se la matrice russa, è emersa subito dopo il suo assassinio. Nel suo ultimo intervento pubblico Russo aveva parlato del possibile uso dei proiettili all’uranio impoverito in Cecenia, in una conferenza sull’impatto ambientale della guerra in Cecenia che la Federazione Russa aveva fortemente contrastato. Qualche giorno, prima della sua morte, Antonio aveva parlato alla madre di una videocassetta sulle torture e le violenze dei reparti speciali russi ai danni della popolazione cecena. Probabilmente, si trattava delle prove che Russo aveva raccolto sull'utilizzo di armi non convenzionali contro i bambini ceceni.

Il corpo di ANTONIO fu ritrovato sulla strada che da Tbilisi porta al confine con l’Armenia, su quella strada all’epoca c’era una base russa. Antonio morì per schiacciamento della cassa toracica: Mamuka Areshidze, un ex parlamentare che aiutò Russo in Georgia, ha detto: "Penso che sia stato ucciso perché qualcuno voleva occultare il materiale che lui aveva raccolto: questo è il motivo per cui le cassette sono scomparse. So che gli agenti delle forze di sicurezza sono esperti nella tecnica di schiacciare le persone a morte senza lasciare nessun segno di violenza".

Anche la Politkovskaja aveva del materiale scottante sulla Cecenia che stava per essere pubblicato. Chi l’ha uccisa sperava di averla messa a tacere per sempre sparando quei 5 colpi. Invece Anna attraverso i suoi scritti continua ad urlare oggi più che mai la sua lotta contro l’ingiustizia, diventando simbolo di libertà e democrazia.

Lei che non indossava casacche di nessun partito è diventata l’anima ispiratrice dei gruppi più forti dell’opposizione, di tutti coloro che in Russia vogliono un’altra Russia. “Anna la sua vita, la morte e la sua luce sono diventati la fiamma dell’opposizione intera. Ognuno di noi si spartirà i sogni della sua anima” ha detto Garry Kasparov ex campione di scacchi ed esponente dell’opposizione.

Antonio Russo, a 8 anni dal suo assassinio, è stato ricordato stamattina in una conferenza stampa a cui ha aderito anche l’Associazione Annaviva. La conferenza si è tenuta sotto il palazzo dell'Eni all’Eur per richiamare i dirigenti dell'Ente Nazionale Idrocarburi e il governo italiano, azionista di maggioranza, a non subordinare il rispetto della democrazia e dei diritti umani in Russia agli interessi economici e agli accordi commerciali che vengono sottoscritti dall’asse Roma-Mosca.

Hanno ricordato Antonio Russo Massimo Bordin, Direttore di Radioradicale, Marco Perduca, senatore radicale eletto nel Pd, membro della Commissione Esteri. Sono intervenuti, inoltre Bruno Mellano, presidente di Radicali Italiani e Nodar Gabashvili, ex-viceministro degli Affari Esteri della Repubblica della Georgia, Michele Ded Lucia, tesoriere di Radicali Italiani

ANTONIO RUSSO, OVVERO: CHI TOCCA LA CECENIA MUORE

Sei anni fa veniva assassinato in Georgia Antonio Russo, giornalista freelance che indagava sull’operato russo in Cecenia. Riporto l’articolo pubblicato all’epoca da “The Observer”, ripreso da radical party.

IL REPORTER E' STATO UCCISO DAI SERVIZI SEGRETI DI PUTIN?
Amelia Gentleman in Moscow and Rory Carroll in Rome

Antonio Russo, trovato morto vicino a un passo di montagna caucasico, potrebbe avere scoperto troppo sulle atrocità in Cecenia.
Abbandonato sul ciglio della strada, in un passo tra i campi alle prime luci dell'alba, il contorto, congelato cadavere aveva qualcosa di strano. Antonio Russo era stato ucciso, e i suoi assassini si erano assicurati di non lasciare segni sul suo corpo.
Sull'altro lato del Passo Gombori, nella Repubblica della Georgia, gli amici lo stavano aspettando al villaggio di Mirzaani. Russo doveva unirsi alle celebrazioni per l'anniversario di Nico Pirosmani, un artista locale del diciannovesimo secolo. Non sapevano che un grande, pesante oggetto veniva schiacciato sul petto di Russo, finché la rottura di quattro costole e l'emorragia interna non causarono la sua morte.
Non sapevano che il suo telefono satellitare, la telecamera digitale, il computer portatile e le videocassette erano sparite. Un giornalista italiano che aveva speso la vita scoprendo segreti ne stava lasciando dietro di sé un altro. Chi lo ha ucciso, e perché?
Dalla strada 30 miglia a nord-est della capitale georgiana, Tblisi, c'è un filo di fatti e di sospetti che qualcuno afferma portino al Cremlino e alla aggressione russa alla Cecenia. Gli amici di Russo credono che lui sia stato assassinato dai servizi segreti russi dopo avere scoperto l'uso di armi non convenzionali contro i bambini. Sarebbe stato uno scoop per un reporter che rischiò la vita infinite volte in Africa, in Bosnia e in Kosovo.
Impiegato presso l'emittente di Roma Radio Radicale, affiliata al Partito Radicale italiano, rimase a Pristina quando tutti gli altri giornalisti occidentali se ne andarono durante i bombardamenti della Nato. Questo gli portò un premio e fama, ma Russo, quarantenne, non fu mai uno che cercava i riflettori. Lasciava ad altri la gloria. Poco denaro ed evitare la massa erano il suo stile.
Lo scorso novembre si spostò a Tblisi. Attraversando le montagne verso la Cecenia, fece amicizia con il leader dei ribelli, Aslan Mashkadov, che stava conducendo la guerra contro le truppe russe. Entrambe le parti stavano commettendo atrocità.
Il mese scorso Russo telefonò a sua madre, Beatrice, farmacista in Toscana. Aveva una videocassetta. Bambini morti, orrori inimmaginabili, crimini di guerra. Il mondo l'avrebbe vista quando lui sarebbe ritornato in Italia, il 18 ottobre.
Il suo corpo è stato scoperto il 16 ottobre. Accanto c'era del nastro che la polizia sospetta sia stato utilizzato per imbavagliarlo. Gli amici hanno trovato aperta la porta del suo appartamento nel centro della città. Le sue cose erano in disordine, i documenti e la macchina rubati. Il medico legale ha detto che i danni non erano certamente il risultato di un incidente stradale. Non si sa se la sua cassa toracica sia stata sfondata da una pietra, da un pezzo di metallo, o dalla pressione umana.
Mamuka Areshidze, un ex parlamentare che aiutò Russo in Georgia, ha detto di non sapere in che direzione investigare sull'omicidio, ma si è detto convinto che non sia stato semplicemente un fatto di criminalità comune. Ha detto: "Penso che sia stato ucciso perché qualcuno voleva occultare il materiale che lui aveva raccolto: questo è il motivo per cui le cassette sono scomparse. So che gli agenti delle forze di sicurezza sono esperti nella tecnica di schiacciare le persone a morte senza lasciare nessun segno di violenza".
Questa è una delle diverse teorie che l'inchiesta sull'omicidio sta esaminando, ha detto la polizia. Un'organizzazione ambientalista di Tblisi, e i colleghi di Roma, affermano che Russo aveva le prove di una nuova arma russa capace di uccidere le persone lentamente.
Non ci sono prove e gli scettici evidenziano che giornalisti più noti stavano raccogliendo notizie di atrocità. Il Partito Radicale afferma che la tempistica è significativa. Per un anno, il Presidente Putin ha fatto lobby alle Nazioni Unite per togliere al Partito Radicale il suo status consultivo di organizzazione non governativa. Putin ha accusato i radicali di pedofilia, terrorismo e narcotraffico. Il voto finale delle Nazioni Unite, che ha respinto la richiesta, è stato calendarizzato per il 18 ottobre.
C'è un'altra teoria che gira negli studi di Radio Radicale. Russo è stato ucciso perché aveva un'intervista audiovideo con una donna georgiana che afferma di essere la madre del Presidente Putin, confutando la tesi di Putin che lei fosse morta. Come movente per un omicidio sembra improbabile. La storia emerse la scorsa primavera e fu ripresa dai media internazionali prima di essere screditata.
Altri dicono che il giornalista, che il giorno della sua morte era stato visto nella zona cecena, è stato ucciso per denaro. "Ma perché avrebbero dovuto lasciargli il suo passaporto e il crocifisso d'oro? E perché ucciderlo in un modo così strano? Non ha senso", ha detto un collega, che ha chiesto di non essere nominato.
Gruppi che si occupano di diritti umani vogliono che l'Occidente chieda conto a Putin di Russo e di altri due giornalisti che hanno scritto sulla Cecenia: Alexander Yefremov, ucciso a maggio nella ragione separatista da un'esplosione controllata a distanza, e Iskander Khationi, che si concentrò sulle violazioni di diritti umani in Cecenia, trovato colpito a morte a settembre.
Nel giro di ore dalla morte di Russo, i colleghi a Roma sono stati travolti dai messaggi. L'attivista dalla coda di cavallo aveva creato molte amicizie nei suoi viaggi.
"Sapevamo molto poco di lui. Storie di lui che porta trenta bambini a un ristorante, che salva vite umane,…", ha detto un collega. I liberali, liberi pensatori radicali non gli promettevano né fama né grandi guadagni, ma Russo accettò perché "loro sono pazzi, proprio come me", come era solito dire.
Gli attacchi del partito alla Destra e alla Sinistra possono spiegare la minima copertura da parte della faziosa stampa italiana. "I giornalisti italiani sono snob. Antonio ha ricevuto più attenzione all'estero", ha detto il collega.
Un piccolo corteo funebre ha accompagnato la sepoltura di Antonio nella tomba di famiglia a Francavilla, in Abruzzo. Beatrice Russo, settantacinquenne, crede che gli assassini di suo figlio non saranno mai identificati. "E' tutto così oscuro. La sola cosa che mi consola è che è stata una morte coerente con la sua vita".

Antonio Russo ieri come Anna Politkovskaya oggi e chissà quanti altri che non conosciamo o che abbiamo dimenticato, e poi anche questo, come ci ricorda Inoz. Qui nessuno, sia ben chiaro, nega che quello ceceno sia autentico terrorismo: teatro Dubrovka e Beslan, per non dire altro, parlano da soli; ma se un giornalista dietro l’altro vengono assassinati per impedire loro di documentare ciò che avviene lì, è difficile dubitare che ciò che avviene vada ben al di là di una sia pure, inevitabilmente, sporca guerra al terrorismo. Aggiungo che se la “giustificazione” della tortura è la necessità di far rivelare al terrorista notizie su prossimi attentati per salvare così delle vite umane, una tortura che uccide dimostra inequivocabilmente che l’unico fine di quella tortura è la tortura stessa. Ora, ci viene raccontato, il signor Putin condanna l’assassinio di Anna Politkovskaya; non lasciamoci impressionare: lo faceva anche Arafat dopo ogni attentato terroristico. Un’ora dopo, per la precisione: perché la prima ora gli serviva per andare a Radio Palestine a lodare gli eroici martiri che si erano immolati contro il nemico sionista. Vecchio copione dunque, caro signor Putin, perciò ce lo risparmi.
Nella mia ricerca di notizie su Antonio Russo per preparare questo post, mi sono imbattuta anche in goffi tentativi di depistaggio, come questo: «
In un documento il sig. G.G. afferma: "… L'agguato è stato organizzato e realizzato da Personale dell'FSB, tutto di origine delle Repubbliche del Caucaso, sia della CSI che Autonome, in complicità con alcuni esponenti di Famiglie di tipo Mafioso, assai note, e di "ceppo" Ceceno, Georgiano, Azero ed Armeno […]”» - e chissà se questo signor G.G. lo farà per noia o per professione o forse né l’uno né l’altro ma solo per passione … Sarebbe bene, in ogni caso, che si cercasse di non dimenticare questi coraggiosi giornalisti che hanno pagato con la vita la propria sete di giustizia e di verità, perché quello della memoria è il primo – minimo - dovere di chi, al caldo delle proprie comode case, non sta rischiando niente.



E ricordiamo.

 I VIVI NON RICORDANO: antonio russo, giornalista

Tutti i giornalisti uccisi nella Russia di Putin fino a oggi

La morte di Magomed Evloev, fondatore di un sito web molto critico nei confronti dell'amministrazione della repubblica russa d'Inguscezia (Ingushetiya.ru), è l'ultima di un lunghissimo elenco di omicidi e morti misteriose di giornalisti critici verso il regime di Mosca.

Stando alle autorità federali, Evloev sarebbe deceduto in un incidente stradale, mentre si trovava a bordo di un'auto della polizia. "Durante l'incidente è rimasto ferito alla testa da un colpo d'arma da fuoco ed è morto dopo il ricovero in ospedale" ha aggiunto la fonte della procura. Evloev era stato fermato all'aeroporto di Nazran, principale città dell'Inguscezia, mentre scendeva da un aereo su cui viaggiava anche il presidente inguscio Murat Zyazikov, ha spiegato alla radio Eco di Mosca un leader dell'opposizione inguscia, Magomed Khazbiyev.

Ingushetiya.ru è una delle uniche fonti di informazione critica nei confronti delle autorità dalla regione prevalentemente musulmana che confina con la Cecenia. Il suo direttore, Rosa Malsagova, aveva dichiarato il 12 agosto di voler richiedere "asilo politico in Francia". La magistratura russa aveva ordinato all'inizio di giugno l'oscuramento del sito, accusato di diffondere informazioni "estremiste", in virtù di una legge controversa accusata di essere uno strumento per fare tacere l'opposizione.

Pubblichiamo in questo spazio l'elenco dei giornalisti uccisi, partendo da Antonio Russo, corrispondente di Radio Radicale, ucciso in Georgia il 16 ottobre del 2000 mentre documentava la guerra in Cecenia.

1. Antonio Russo, giornalista di Radio Radicale, ucciso in Georgia attraverso lo schiacciamento del torace, un metodo tipico dei servizi segreti sovietici. Russo era in procinto di rientrare in Italia per portare nuove testimonianze e documenti sull’atrocità della guerra in Cecenia. Il suo corpo privo di vita è stato trovato sulla strada dove si trovava la base russa di Vasiani
2. Ilyas Shurpayev , giornalista Dagestano responsabile per la copertura delle notizie del Caucaso Settentrionale su Channel One; muore strangolato con una cintura a Mosca.
3. Gaji Abashilov, responsabile della Tv di Stato del Daghestan, VGTRK, fucilato nella sua auto.
4. Magomed Yevloyev, proprietario di Ingushetiya.ru, ucciso a colpi di pistola in un’auto della polizia.
5. Khabarovsk Konstantin Brovko, giornalista della compagnia televisiva “Gubernia”, ucciso a Khabarovsk.
6. Ivan Safronov, militare opinionista del quotidiano “Kommersant”. Morto a Mosca il 2 marzo; la causa della sua morte non è mai stata chiarita.
7. Vadim Kuznetsov, redattore capo della rivista “World and home. Saint Petersburg”, ucciso a San Pietroburgo.
8. Vaghif Kochetkov, del quotidiano Trud (Labor), ucciso a Tula;
9. Ilya Zimin, ha lavorato per il canale televisivo NTV Russia, ucciso a Mosca.
10. Vyacheslav Akatov, reporter speciale dello show televisivo “Business Mosca”, ucciso a Mosca.
11. Anton Kretenchuk, cameraman del canale TV 38 °, ucciso a Rostov-on-Don;
12. Yevgeny Gerasimenko, del giornale “Saratovsky Rasklad”, ucciso a Saratov;
13. Vlad Kidanov, giornalista freelance, del Cheboksary;
14. Alexander Petrov, redattore capo, della rivista “Right for Choice”, ucciso vicino a Omsk – nella Repubblica di Altai.
15. Vyacheslav Plotnikov, reporter del canale “41a TV Channel”, Voronezh;
16. Anna Politkovskaja, del quotidiano Novaya Gazeta, Mosca,
17. Anatoly Voronin, capo del settore commercio di ITAR-TASS; Mosca.
18. Pavel Makeyev, reporter per la SocietàTNT-Pulse, Rostov-sul-Don;
19. Magomedzaghid Varisov, Makhachkala;
20. Alexander Pitersky, reporter di Radio Baltika, San Pietroburgo;
21. Vladimir Pashutin, del giornale Smolensky Literator, Smolensk;
22. Tamirlan Kazikhanov, capo del servizio stampa Anti-terrorismo del Centro Russian Ministry of Internal Affairs’s, dipartimento per il Distretto Federale Meridionale, Nalchik;
23. Kira Lezhneva, cronista del quotidiano “Kamensky Worker “, nella regione di Sverdlovsk
24. Yefim Sukhanov, ATK-Media, Archangelsk;
25. Farit Urazbayev, cameraman, Vladivostok TV / Radio Company, città di Vladivostok;
26. Adlan Khassanov, Reuters reporter, ucciso a Grozny;
27. Shangysh Mondush, corrispondente per il quotidiano Khemchiktin Syldyzy, Repubblica di Tuya
28. Paul Klebnikov, redattore della versione russa di Forbes Magazine, Mosca;
29. Payl Peloyan, redattore della rivista Armyansky Pereulok, Mosca;
30. Zoya Ivanova, dell’ emittente televisiva BGTRK, Repubblica di Buryatia;
31. Vladimir Pritchin, redattore capo del canale Nord Baikal TV / Radio Company, Repubblica di Buryatia;
32. Ian Travinsky, San Pietroburgo, ucciso a Irkutsk,
33. Aleksei Sidorov, Tolyatinskoye Obozreniye. È il secondo redattore capo del giornale locale, “Tolyatinskoye Obozreniye” ad essere ucciso.
34. Yuri Shchekochikhin, Novaya Gazeta, Mosca. Vice redattore della Novaya Gazeta, morì pochi giorni prima del suo viaggio in programma negli Stati Uniti d’America per discutere i risultati della sua inchiesta giornalistica con i funzionari dell’FBI. Ha investigato su alcuni scandali di corruzione delle che ha coinvolto alti funzionari FSB. Shchekochikhin è morto per un “grave reazione allergica” ad una sostanza che presumibilmente è stata identificata come tallio.
35. Dmitry Shvets, della TV-21 Northwestern Broadcasting, morto a Murmansk. E’ stato vice direttore della stazione televisiva indipendente TV-21 Northwestern Broadcasting. E’ stato ucciso al di fuori del suo ufficio. Shvets’ aveva detto ai colleghi di aver ricevuto molteplici minacce per la sua relazione sugli influenti politici locali.
36. Natalia Skryl, del giornale Nashe Vremya, città di Taganrog;
37. Konstantin Pogodin, Novoye, del quotidiano Delo, città di Niznij Novgorod;
38. Valeri Batuev, giornale di Moscow News, Mosca;
39. Sergei Kalinovski, Moskovskiy Komsomolets, Smolensk;
40. Vitali Sakhn-Val’da, fotoreporter, della città di Kursk;
41. Leonid Shevchenko,del giornale Pervoye Chteniye , Volgograd;
42. Valeri Ivanov, redattore capo del Tol’yattinskoye Obozrenie , nella regione Samara;
43. Sergei Zhabin, al servizio stampa del governatore della regione di Mosca;
44. Nikolai Vasiliev, di Cheboksary , Chuvashia;
45. Leonid Kuznetsov, del giornale Mescherskaya Nov’ , della regione di Ryazan;
46. Paavo Voutilainen, redattore principale della rivista Kareliya, Kareliya;
47. Roddy Scott, della Frontline-TV inglese.
48. Alexandr Plotnikov, del giornale Gostiny Dvor, della città di Tyumen;
49. Oleg Sedinko, fondatore della Novaja Volna TV e Radio Company, di Vladivostok;
50. Nikolai Razmolodin, direttore generale della Europroject TV e Radio Company, Ulyanovsk
51. Igor Salikov, capo del Dipartimento di informazioni di sicurezza dei Moskovskiy Komsomolets, giornale in Penza;
52. Leonid Plotnikov, della casa editrice “Periodici di Mari-El”, Yoshkar-Ola.
53. Eduard Markevich, curatore ed editore del giornale locale Novy Reft, a Sverdlovsk. Viene trovato morto, colpito alla schiena. Ha spesso criticato i funzionari locali ed aveva ricevuto minacce prima dell’assassinio.
54. Vladimir Yatsina, corrispondente di ITAR-TASS, rapito e poi ucciso da un gruppo di Wahhabis in Cecenia
55. Aleksandr Yefremov, Cecenia. Fotoreporter della Siberia occidentale del giornale Nashe Vremya, ucciso in Cecenia dai ribelli.
56. Igor Domnikov, dalla Novaya Gazeta, Mosca. Uno sconosciuto assassino lo colpisce ripetutamente alla testa con un martello, all’ingresso del suo palazzo a Mosca. L’assassino non è mai stato trovato.
57. Sergey Novikov, Radio Vesna, Smolensk. E’ colpito e ucciso nel vano scala del suo appartamento. Ha spesso criticato il governo di Smolensk.
58. Iskandar Khatloni, Radio Free Europe, Mosca. È ucciso di notte con un ascia nel suo appartamento di Mosca da uno sconosciuto. Khatloni lavorava sugli abusi dei diritti umani in Cecenia.
59. Sergey Ivanov, Lada-TV. E’ colpito cinque volte alla testa e al torace davanti al suo palazzo. È stato direttore della Lada-TV, la più grande televisione indipendente nel Togliattigrad.
60. Adam Tepsurgayev, Reuters. Cameraman ceceno, ha prodotto la maggior parte delle riprese Reuters’ dalla Cecenia nel 2000, tra cui gli scatti del ribelle ceceno Shamil Basayev.
61. Cynthia Elbaum. fotografo per Time magazine, Cynthia èstata uccisa nel corso di bombardamenti russi nel 1994.
62. Vladimir Zhitarenko, veterano militare corrispondente per le forze armate russe per il quotidiano Krasnaya Zvezda (Stella Rossa), è colpito da due proiettili di un cecchino al di fuori della città di Tolstoy-Yurt, nei pressi della capitale cecena di Grozny.
63.Nina Yefimova, reporter per il giornale locale “Revival” è stata rapita dal suo appartamento e uccisa insieme a sua madre. Diversi giornalisti a Grozny e a Mosca credono che il suo omicidio sia legato ai suoi articoli sulla criminalità in Cecenia.
64. Jochen Piest. È ucciso in un attacco suicida da un ribelle ceceno nel villaggio di Chervlyonna, a nord-est della capitale cecena.
65. Farkhad Kerimov. Autore delle riprese di Associated Press dei “ribelli” della Cecenia. Non è mai stato stabilito il motivo dell’uccisione.
66. Natalya Alyakina Free-lance corrispondente per la Germania, è uccisa da un soldato vicino alla città meridionale russa di Budyonnovsk.
67. Shamkhan Kagirov. Reporter per il quotidiano di Mosca Rossiyskaya Gazeta e il giornale locale Vozrozheniye, è colpito e ucciso in un agguato in Cecenia.Tre agenti di polizia locale che viaggiavano in automobile con lui vengono anch’essi uccisi.
68. Viktor Pimenov. Fatalmente colpito alla schiena da un cecchino posizionato sul tetto di un edificio a Grozny.
69. Nadezhda Chaikova. Il suo corpo è stato trovato sepolto nel villaggio ceceno di Geikhi bendato e recante segni di percosse. La causa della morte è un colpo d’arma da fuoco.
70. Supian Ependiyev. Muore in un affollato mercato all’aperto nel centro di Grozny, in un raid che causò l’uccisione o il ferimento di centinaia di persone. Secondo altre fonti, morì due giorni dopo.
71. Ramzan Mezhidov. Uccisi in un attacco aereo a un convoglio di rifugiati lungo la Rostov-Baku, strada da Grozny a Nazran nella vicina Inguscezia.
72. Vladimir Yatsina , corrispondente per ITAR-TASS, è rapito e ucciso da un gruppo di Wahhabis.
73. Roddy Scott. Ucciso nella repubblica russa di Inguscezia. Soldati russi hanno trovato il suo corpo nella regione di Galashki, vicino al confine con la Cecenia, a seguito di una sanguinosa battaglia tra le forze russe e un gruppo di combattenti ceceni.
74. Magomedzagid Varisov , scienziato politico e giornalista, è colpito a morte nei pressi della sua abitazione a Makhachkala. Aveva ricevuto minacce e aveva chiesto, senza ottenerla, l’aiuto della polizia locale. Sharia Jamaat ha rivendicato la responsabilità per l’uccisione.

ed inoltre, dal 75 al 103

Dmitry Krikoryants - Yvan Scopan - Sergei Krasilnikov - Rory Peck - Igor Belozyorov - Vladimir Drobyshev - Aleksandr Sidelnikov - Aleksandr Smirnov - Yuri Soltis - Dmitry Kholodov - Viatcheslav Rudnev - Vladislav Listyev Vadim Alferyev - Felix Solovyov - Viktor Pimenov - Viktor Mikhailov - Ramzan Khadzhiev - Larisa Yudina - Anatoly Levin-Utkin - Supian Ependiyev - Eduard Markevich - Natalya Skryl - Roddy Scott - Adlan Khasanov - Pavel Makeev Maksim Maksimov - Andrei Soloviev - Grigol Chikhladze - Stan Storimans.

Fonti:
Committee to protect journalists - Glasnot defence foundation

in foto: "Conferenza stampa di Berlusconi e Putin in Sardegna del 18 aprile 2008. Dopo una domanda indiscreta rivolta da una giornalista russa a Putin, Berlusconi mima colpi di mitragliatrice verso la corrispondente mentre Putin annuisce"

 
 
 

ANTONIO  RUSSO  VIVE

Post n°496 pubblicato il 18 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
 

antoniorusso1Francavilla a mare - . Iraq, Iran, Libano, Somalia, ex Jugoslavia, Eritrea, Etiopia, Afghanistan, Pakistan, Cecenia, Ruanda, Congo, da ultima l’ex Birmania. Sono solo alcune delle zone “calde” del pianeta, teatro di conflitti internazionali o di sanguinose guerre civili, di cui abbiamo conoscenza grazie al coraggio dei reporter che sfidano il pericolo pur di raccontarli. Il giornalista abruzzese Antonio Russo, ucciso il 16 ottobre 2000 a Tbilisi, in Georgia, era uno di loro e pagò con la vita il dovere di indagare gli aspetti più controversi della guerra in Cecenia.Per il sesto anno consecutivo la Fondazione “Antonio Russo” lo ricorda, premiando i più autorevoli inviati speciali nei territori di guerra con il Premio Nazionale sul Reportage di Guerra “Antonio Russo”. Paolo Carinci  Zorro è vivo
PREMIO ANTONIO RUSSO  

Reporter di Guerra. Il Premio Russo
FRANCAVILLA AL MARE. Iraq, Iran, Libano, Somalia, ex Jugoslavia, Eritrea, Etiopia, Afghanistan, Pakistan, Cecenia, Ruanda, Congo, da ultima l’ex Birmania. Sono solo alcune delle zone “calde” del pianeta, teatro di conflitti internazionali o di sanguinose guerre civili, di cui abbiamo conoscenza grazie al coraggio dei reporter che sfidano il pericolo pur di raccontarli.





Antonio Russo (Francavilla al Mare, Chieti, 3 giugno 1960 - Georgia, 16 ottobre 2000) è stato un giornalista, ucciso in circostanze misteriose nei pressi della città georgiana di Tiblisi.

Antonio Russo era un free-lance, abituato a vivere in prima persona gli eventi più scottanti. Non aveva voluto iscriversi all'Ordine dei giornalisti e aveva rifiutato offerte di testate blasonate, poiché così si sentiva libero di raccontare senza veti le realtà della guerra e - diceva - le atrocità che le popolazioni civili erano costrette a subire.

Russo è stato per molti anni free lance e reporter internazionale di Radio Radicale. Tra le sue corrispondenze più note quelle dall'Algeria, durante gli anni sanguinosi della repressione, dal Burundi e dal Rwanda, che hanno documentato la guerra nella regione dei grandi laghi, e poi dall'Ucraina, dalla Colombia e da Sarajevo.

Russo fu inoltre inviato di Radio Radicale in Kosovo, dove rimase - unico giornalista occidentale presente nella regione durante i bombardamenti NATO - fino al 31 marzo 1999 per documentare la pulizia etnica contro gli albanesi kosovari. Nel corso di quelle settimane collaborò anche con altri media italiani e con agenzie internazionali.

In quell'occasione fu anche protagonista di una rocambolesca fuga dai rastrellamenti serbi, unendosi ad un convoglio di rifugiati kosovari diretto in treno verso la Macedonia. Il convoglio si fermò durante il percorso e Antonio Russo raggiunse Skopjie a piedi. Di lui non si ebbero notizie per due giornate intere, in cui lo si diede già per disperso.

Antonio Russo è deceduto tra la notte del 15/16 ottobre 2000 in Georgia, dove si trovava in qualità di inviato di Radio Radicale per documentare la guerra in Cecenia. Il suo corpo fu ritrovato ai bordi di una stradina di campagna a 25 km da Tbilisi, torturato e livido, con tecniche riconducibili a reparti specializzati militari. Il materiale che aveva con sé - videocassette, articoli, appunti - non fu ritrovato, anche il suo alloggio fu ritrovato svaligiato da appunti e video (pur senza toccare oggetti di valore).

Le circostanze della morte non sono mai state chiarite, ma molti hanno avanzato pesanti accuse al governo di Vladimir Putin a Mosca: Antonio Russo aveva infatti cominciato a trasmettere in Italia notizie scottanti circa la guerra, e aveva parlato alla madre, solo due giorni prima della morte, di una videocassetta scioccante contenente torture e violenze dei reparti speciali russi ai danni della popolazione cecena. Secondo i suoi amici, Russo aveva raccolto prove dell'utilizzo di armi non convenzionali contro bambini ceceni [1].

ricordo la sua voce, su radio radicale, la mattina mentre facevo colazione prima di andare a scuola. da pristina, nascosto in una cantina durante la pulizia etnica della città, dopo che i serbi avevano gentilmente pregato i giornalisti di togliersi dalle palle e quelli non se l'erano fatto ripetere... e ricordo l'ansia per tre giorni di silenzio, quando si pensava che l'avessero preso, e poi di nuovo la sua voce energica, dopo una fuga in colonnato con i profughi fino a skopje.

poi la cecenia, i suoi dubbi, le ricerche, poi all'improvviso il ritrovamento del suo corpo e l'eco del suo annuncio: aveva dei filmati, davanti ai quali aveva pianto, filmati orribili, forse torture su bambini ceceni, agghiacciante e incontrovertibile prova di gravissime violazioni dei diritti umani da parte dei russi, gli stessi che in quei giorni cercavano di tagliare fuori il partito radicale dall'onu accusandolo di... pedofilia e narcotraffico.

e dopo quella morte di 16 ottobre 2000, la morte di un giornalista italiano ammazzato a percosse... silenzio. peggio, cazzate.

la guerra in cecenia è un abominio e il comportamento della stampa a riguardo anche. la velina del provvidenziale terrorismo islamico è stata recepita e riferita, e una volta che il conflitto ha cessato di essere di moda, le sinistre hanno provveduto a indignarsi di qualcos'altro in qualche altro salotto.

ma dopotutto, non riesco a pensare che il sacrificio di Antonio sia stato inutile... finchè ci sono ancora persone che ricordano il suono della sua voce.

 PAOLO  CARINCI

Martiri della verità: a 8 anni dall'omicidio di Antonio Russo PDF Stampa E-mail
martedì 14 ottobre 2008

di GIULIO SAVINA

 

Paolo Guzzanti nel suo blog telematico ha rivolto un vibrante "Je accuse" contro Putin, l'"Innominato" di San Pietroburgo ed il suo partner italiano, il "bravo" Don Rodrigo, Silvio Berlusconi. Nel suo strale Guzzanti ha enumerato in una lunga lista i nomi (settantacinque, si trovano scritti sul settimanale Tempi) dei giornalisti, io li chiamo martiri della verità, morti nella Federazione Russa e nei paesi dell'ex URSS dal crollo del Muro di Berlino ad oggi. In questo elenco compare anche il nome di uno dei più coraggiosi reporters italiani, Antonio Russo, martirizzato, dopo essere stato rapito e torturato, alle 2 del mattino  del 16 Ottobre del 2000 vicino il Passo Gombori, a 35 km ad Est da Tbilisi.

Nel 2000, prima di Antonio erano, finiti morti ammazzati:

 

Iskandar Khatloni, di Radio Free Europe/Radio Liberty's Tajik Service, ammazzato a colpi di ascia a Mosca il 21  Settembre . Stava investigando su abusi di diritti umani dell'Esercito russo in Cecenia;

Georgiy Gongadze, scomparso a Kiev il 16 Settembre del 2000 e trovato cadavere il 3 Novembre a Kiev decapitato ed in parte disciolto nell'acido. Stava investigando su un caso di corruzione che coinvolgeva l'amministrazione dell'ex Presidente ucraino Uchman;

Sergei Novikov, proprietario dell'omonima Radio Novikov, assassinato con quattro revolverate in Smolensk il 26 Luglio.I suoi colleghi dicono a causa i suoi reportages su casi di corruzione del Governatore locale;

Igor Domnekov, un giornalista del giornale indipendente Novaia Gazeta (lo stesso giornale su cui scriveva Anna Politkovskaia), ammazzato a martellate a Mosca il 16 Luglio. L'assassino l'aveva confuso per Oleg Soultanov, un collega che stava investigando su casi di corruzione;

Alexander Yefremov, corrispondente del giornale siberiano Nashe Vremya, ammazzato vicino Grozny il 12 Maggio, dopo essere saltato con la sua automobile su una mina telecomandata;

Vladimir Yatsina, un fotografo dell' ITAR-TASS,  assassinato il 20 Febbraio  da un gruppo di rapitori ceceni

 

Il corpo di Antonio invece venne rinvenuto privo di vita, abbandonato sul ciglio della strada, in un passo tra i campi alle prime luci dell'alba del 16 Ottobre del 2000. Accanto c'era del nastro adesivo che la polizia sospetta sia stato utilizzato per imbavagliarlo. Un paio di ore prima gli amici georgiani del reporter erano andati a trovarlo nella sua casa a via Nikoladze a Tbilisi: la porta era aperta, sfondata, l'appartamento in disordine, Antonio non c' era.

 

Il cadavere di Antonio era contorto, congelato. I suoi assassini,abili professionisti dell'assassinio di Stato, si erano assicurati di non lasciare segni sul suo corpo. Gli amici georgiani quel giorno lo stavano aspettando al villaggio di Mirzaani per le celebrazioni dell'anniversario di Nico Pirosmani, un artista, pittore pre-impressionista, nato lì nel diciannovesimo secolo.

 

Il medico legale riportò che Antonio "morì per un trauma toracico che provocò la frattura di numerose costole, dello sterno e la lacerazione del tessuto polmonare sinistro, un trauma causato da un corpo contundente rigido e non tagliente. I danni non erano certamente il risultato di un incidente stradale o di una caduta dall'alto".

 

Non si sa se la sua cassa toracica sia stata sfondata da una pietra, da un pezzo di metallo, o dalla pressione del peso di una automobile passata su di un asse di legno appoggiata sul suo corpo. Si trattava, gli inquirenti dissero, "di una metodica che prevede lo schiacciamento senza lasciare tracce esterne, tipica dei servizi russi". Anche il suo telefono satellitare, la telecamera digitale, il computer portatile e le videocassette sparirono (ma non alcuni oggetti di valore come la sua catenina d'oro) e così la sua auto.

 

Antonio Russo era un free-lance, abituato a vivere in prima persona gli eventi più scottanti. Non aveva voluto iscriversi all'Ordine dei giornalisti e aveva rifiutato offerte di testate blasonate, poiché così si sentiva libero di raccontare senza veli le realtà della guerra e le atrocità che le popolazioni civili subivano. Antonio non fu mai uno che cercava i riflettori. Lasciava ad altri la gloria. Possedere poco denaro ed evitare la massa erano il suo stile. "Codino, anello, braccialetto: Antonio non passava di certo inosservato",così lo ricordano a Radio Radicale.

 

E non passavano inosservate le sue obiettive relazioni durante il conflitto in Kosovo e i suoi stretti legami con i membri dell' Esercito di liberazione del Kosovo (UCK), molti dei quali ancora ricordano l'aiuto offerto loro da Antonio quando membri dell'UCK furono circondati dai macellai dei reparti militari serbi.

 

"For a year, Antonio Russo was considered by Prishtina residents as the characteristic resident of the town, who always used the opportunity to meet and talk to people. The children of Prishtina remember Antonio when he gathered them in groups in front of stores and bought them hamburgers. He was the last foreign journalist to leave Kosovo, whereas for his reports for 'Radio Radicale' during the war he received a series of awards for journalism," concluded the paper.

 

I figli di Pristina ricordano ancora Antonio, quando riuniti dei bambini in un gruppo di fronte ad un fast food comprò per tutti loro hamburgers. Inviato di Radio Radicale in Kosovo, vi rimase - unico giornalista occidentale presente nella regione durante i bombardamenti NATO - fino al 31 marzo 1999 per documentare la pulizia etnica contro gli albanesi kosovari. Nel corso di quelle settimane collaborò anche con altri media italiani e con agenzie internazionali.

 

In quell'occasione fu anche protagonista di una rocambolesca fuga dai rastrellamenti serbi, unendosi ad un convoglio di rifugiati kosovari diretto in treno verso la Macedonia. Il convoglio si fermò durante il percorso e Antonio Russo raggiunse Skopjie a piedi.

 

Oltre che in Kosovo Antonio aveva rischiato la vita in Africa (Algeria, Burundi, Rwanda), in Colombia, Ucraina, Bosnia scoprendo dei segreti che sarebbero restati tali senza i suoi documenti scritti e filmati.

Dietro la sua morte in Georgia c'è un filo di fatti e di sospetti che più di qualcuno afferma portino al Cremlino e alla aggressione russa alla Cecenia. Gli amici ceceni e georgiani di Antonio credono che lui sia stato assassinato dai servizi segreti militari russi dopo avere scoperto l'uso di armi non convenzionali contro i bambini ceceni.

 

Esiste anche un video (in possesso della TV georgiana Rustavi 2) girato il 25 Settembre del 2000 in occasione della conferenza dei Movimenti dei Verdi georgiani e ceceni, durante la quale Antonio oltre ad aver confermato l'uso di armi batteriologice a Shatili ed Arghuni, regioni della Georgia ai confini colla Cecenia, affermò di essere in possesso di prove inconfutabili (una videocassetta) riguardanti il genocidio dei Ceceni da parte dei militari russi. Dopo aver affermato ciò Antonio ebbe una discussione con una persona della platea, la persona visibile nel video, non venne identificata e alcuni ipotizzano che quegli potrebbe essere l'uomo dei "servizi" russi. Una settimana dopo la conferenza, i primi di Ottobre del 2000, il Ministero degli Esteri georgiano ricevette una nota di protesta dal governo di Putin in cui si lamentava la eccessiva libertà di espressione di A. Russo permessa dalle autorità georgiane.

 

Attraversando le montagne verso la Cecenia, fece amicizia con il leader dei ribelli, Aslan Mashkadov, che stava conducendo la guerra contro le truppe russe. Le sue amicizie coi leaders ceceni indipendentisti e le notizie, scottanti, circa la guerra che dava in Italia non passarono di certo inosservate. Le spie dei Russi in Georgia, anche tra i Ceceni rifugiati nella Valle del Pankisi, informavano i militari dell'intelligence russa. I suoi racconti, i suoi reportages infastidivano chi voleva tenere celati i reali interessi politici ed economici che si muovono dietro l'instabilità del Caucaso e che hanno portato al recente conflitto tra Georgia e Russia. 

Un membro del Partito radicale transnazionale, Mamouka Tsagareli offrì un movente: "Stava raccogliendo materiale concernente la richiesta russa (di Putin) di espulsione del Partito radicale dall'Onu (per ingerenza del movimento, che ha per le Nazioni Unite lo status di organizzazione non governativa, negli affari interni della repubblica cecena.

 

Anche Mamuka Areshidze e Gia Gachechiladze e Surkho Idiev affermano che l'assassinio di Antonio fu istigato da chi non voleva che venisse divulgato il contenuto della video cassetta di Antonio che provava la violazione dei diritti umani durante il conflitto russo-ceceno.

 

A Tbilisi un giornalista americano J. Silverman azzarda l'ipotesi di un coinvolgimento di servizi deviati georgiani che su istigazione del GRU russo hanno dato a dei banditi Ceceni filorussi l'autorizzazione ad eliminare Antonio. Giornalisti, politici ed investigatori georgiani, incluso il procuratore georgiano Dzhamlet Babilashvili affermano che Antonio possa essere stato ucciso per impedire che i suoi documenti venissero alla luce. Anche le Brigate di al Qaida  attribuirono la morte di Antonio all'apparato dell'intelligence di Putin.

Sin dalla caduta dell'URSS si è visto uno scioccante numero di politici dissidenti e di reporters assassinati. La vasta maggioranza di questi omicidi rimane e rimarrà ancora un mistero fino a quando una gola profonda non comincerà a parlare. Sono d'altronde passati solo 19 anni dalla caduta del Muro ma la Russia rimane e rimarrà un embrione di democrazia (qualcuno parla di feto abortito) finché ci saranno uomini del KGB ora FSB e del GRU sempre più coinvolti in casi di corruzione e crimine organizzato e, come provato da Anna Politkovskaia, di terrorismo e genocidio.

 

All'OSCE Freimut Duve afferma che "ci sono personaggi di potere - affari, mafia, terroristi, o governo e altri poteri amministrativi - che tentano di silenziare le voci critiche appena essi realizzano che queste voci saranno udite. Ma più questi poteri occulti fanno così meno il loro scopo sarà raggiunto.Tentando di mettere a tacere essi producono il contrario,cioè una esplosione di non-silenzio. L'attenzione della gente si alzerà sempre più".

 

"Rischiava la vita contro la morte, per raccontare le vittime delle guerre", questo è il ricordo di Marco Pannella.

Anche Uchi un ceceno-kisti che vive in Pankisi (la Valle dove vivono 5.000 rifugiati ceceni) e che ospitò in casa sua Antonio, ricorda con grande gratitudine e colle lacrime agli occhi suo "fratello" Antonio, "l'italiano amico del popolo ceceno".

 

La Signora Beatrice,madre di Antonio,sottolinea:"Le infamie hanno bisogno del buio, voi giornalisti potete portare la luce della verità: fate conoscere la verità.Con la verità scompare anche la giustizia. Se però  la nostra memoria rimane vigile", continua la Signora Beatrice, "le atrocità non possono durare a lungo. L'infamia ha bisogno del buio.La luce e la conoscenza  sconfiggono le infamie nel mondo".

 

Ha ben ragione Guzzanti quando dice di essere in crisi di coscienza e che le parole del Cavaliere sulle cause e responsabilità della guerra in Georgia (tutte attribuite al georgiano Saakashvili) lo han fatto vomitare. Quelle parole dette alla platea del PDL sono l'indicazione della nuova strategia geopolitica (geoenergetica) del Cavaliere che ha già invitato gli Italiani ad investire in azioni ENI ed ENEL. Putin e Berlusconi sono ormai in joint venture.

Alle persone oneste non interessano le strategie energetiche di Putin e Berlusconi, alle persone pulite interessano di più gli eroi caduti  per la difesa dei diritti umani, per la Verità: Antonio Russo, Ilaria Alpi, Anna Politovskaia, Alexander Litvenenko e tutti i martiri della Verità.

 
 
 
 
 
 
 
 
 

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