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Messaggi di Ottobre 2008
Data di pubblicazione dell'appello: 04.04.2008Status dell'appello: attivo
Il 3 aprile, il Tribunale intermedio del primo municipio di Pechino ha condannato Hu Jia a tre anni e sei mesi di prigione, oltre che a un anno di privazione dei suoi diritti politici, per "incitamento alla sovversione". I suoi avvocati erano presenti all'udienza, così come sua madre e sua moglie, l'attivista Zeng Jinyan. Questo verdetto dimostra che gli impegni presi dalle autorità cinesi sul miglioramento dei diritti umani in vista delle Olimpiadi non sono stati mantenuti. La condanna di Hu Jia, inoltre, rappresenta un monito per gli altri attivisti cinesi. Hu Jia era stato arrestato il 27 dicembre 2007 e incriminato il 28 gennaio 2008. Durante il periodo di detenzione preventiva, gli era stata negata la possibilità di incontrare un avvocato e di vedere la sua famiglia. Inoltre, gli erano state rifiutate le cure mediche necessarie per l'epatite B di cui soffre ed era stato posto agli arresti domiciliari per mesi prima di essere formalmente arrestato. Zeng Jinyan e la loro bambina sono ancora agli arresti domiciliari; alla moglie è permesso lasciare la sua abitazione e la linea telefonica e la connessione a Internet sono state tagliate. Prime Minister of the People's Republic of China Minister of Justice Eccellenza, Egregio Ministro, |
Post n°514 pubblicato il 24 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
Caro poliziotto, Ma quando tornerai a casa la sera, dopo aver compiuto il tuo crudele “dovere”, guarda negli occhi tua figlia, tuo figlio, e quando, con tutto il coraggio della tua vita onesta sussurrerai loro poche parole: Auguri. da zorro |
www.camera.it Seduta n. 63 di mercoledì 8 ottobre 2008 \ Resoconto stenografico GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, nell'illustrare il mio ordine del giorno, in premessa, voglio leggere una dichiarazione che ho sentito nei giorni scorsi. Ai Ministri Gelmini e Tremonti ricordo le parole di don Milani: usare misure eguali tra diseguali è un'ingiustizia. Non si possono prendere le stesse misure per il nord e il sud dell'Italia. Con questa riforma la Sicilia, a regime, perderà ventimila posti di lavoro. Il Presidente Berlusconi si è impegnato a far arrivare nelle scuole diecimila lavagne luminose, ma, se non ci sono insegnanti e strutture, che le manda a fare? Ci rifletta il Governo. |
AnSia newSSSS,KoSSSiga il cattolico.@@ "Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand'ero ministro dell'interno.Ovvero,lasciar stare i liceali,lasciar protestare gli universitari, |
QUALCOSA DEL BERLUSCA
Il quarto governo Berlusconi, ha imparato dagli errori del passato ed oggi si è fatto furbo... 1994 attacco alle pensioni, rivolta nel paese e ciao Silvio. 2001 attacco all'articolo 18, rivolta nel paese e lento declino di Silvio (che tra l'altro ha tecnicamente dovuto creare un nuovo governo in corsa). 2008 non ce lo leviamo più di torno. PAOLO CARINCI |
Il governo Berlusconi ha venduto la nostra acqua In Italia l'acqua e' stata privatizzata! La notizia e' passata nel silenzio piu' assoluto, ma facendo una ricerca in rete spuntano diverse conferme: il 5 agosto il Parlamento italiano ha votato l’articolo 23 bis del decreto legge numero 112, scritto dal ministro G. Tremonti. Nel comma 1 si afferma che la gestione dei servizi idrici deve essere sottomessa alle regole dell’economia capitalistica. Scrive Alex Zanotelli sul settimanale Carta: “Cosi' il governo Berlusconi, con l’assenso dell’opposizione, ha decretato che l’Italia e' oggi tra i paesi per i quali l’acqua e' una merce (in mano alle multinazionali). Dopo questi anni di lotta contro la privatizzazione dell’acqua con tanti amici, con comitati locali e regionali, con il Forum e il Contratto Mondiale dell’acqua, queste notizie sono per me un pugno allo stomaco, che mi fa male.” PAOLO CARINCI Il governo Berlusconi senza dire niente a nessuno ha dato il via alla privatizzazione dell'acqua pubblica. Mentre nel paese imperversano annose discussioni sul grembiulino a scuola, sul guinzaglio per il cane e sul flagello dei graffiti, il governo Berlusconi senza dire niente a nessuno ha dato il via alla privatizzazione dell'acqua pubblica. Il Parlamento ha votato l'articolo 23bis del decreto legge 112 del ministro Tremonti che afferma che la gestione dei servizi idrici deve essere sottomessa alle regole dell'economia capitalistica. Così il governo Berlusconi ha sancito che in Italia l'acqua non sarà più un bene pubblico, ma una merce e, dunque, sarà gestita da multinazionali internazionali (le stesse che già possiedono le acque minerali). Già a Latina la Veolia (multinazionale che gestisce l'acqua locale) ha deciso di aumentare le bollette del 300% Ai consumatori che protestano, Veolia manda le sue squadre di vigilantes armatati e carabinieri per staccare i contatori. La privatizzazione dell'acqua che sta avvenendo a livello mondiale provocherà, nei prossimi anni, milioni di morti per sete nei paesi più poveri. L'acqua è sacra in ogni paese, cultura e fede del mondo: l'uomo è fatto per il 65% di acqua, ed è questo che il governo italiano sta mettendo in vendita. L´acqua che sgorga dalla terra non è una merce, è un diritto fondamentale umano e nessuno può appropriarsene per trarne illecito profitto. L´acqua è l'oro bianco per cui si combatteranno le prossime guerre. Guerre che saranno dirette dalle multinazionali alle quali oggi il governo, preoccupato per i grembiulini, sta vendendo il 65% del nostro corpo. Acqua in bocca. Rosaria Ruffini (Docente di teatro allo IUAV di Venezia |
L'Ocse: «Davanti al nostro Paese
solo Messico, Turchia, Portogallo, Stati Uniti e Polonia» ROMA Negli anni passati in Italia come in altri paesi avanzati la crescita economica ha prevalentemente favorito chi era già ricco, e in questo modo si è ulteriormente aggravato il divario a discapito dei poveri. A lanciare l’allarme è l’Ocse - Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico - con un rapporto pubblicato oggi su redditi, disuguaglianza e povertà. Il peggioramento dei divari tra ricchi e poveri è un fenomeno molto esteso, colpisce i tre quarti dei 30 paesi che fanno parte dell’organizzazione parigina, ma la penisola finisce nella non lodevole lista degli stati in cui, in più, si assiste anche ad un aggravamento del divario tra i più abbienti e la classe media. Si conquista un poco invidiabile primato negativo, l’Italia, in questo rapporto dell’Ocse: dalla metà degli anni ’80 ad oggi ha visto la disuguaglianza su redditi da lavoro, risparmi e capitale aggravarsi del 33 per cento, rileva il rapporto nella scheda dedicata al bel paese. «Si tratta del più elevato aumento nei paesi Ocse, dove l`aumento medio é stato del 12 per cento», avverte l’organizzazione parigina, e questa tendenza è proseguita durante i primi anni novanta. In questo modo, da livelli di disuguaglianza in linea con la media, ora l’Italia si ritrova a valori che invece sono più da «Europa del Sud», dice ancora l’Ocse. «La disuguaglianza é rimasta ad un livello comparativamente elevato. Tra i 30 paesi Ocse oggi l`Italia ha il sesto più grande gap tra ricchi e poveri». Il rapporto riconosce che sono state adottate delle contromisure: «L`Italia ha in parte colmato il crescente gap tra ricchi e poveri aumentando la tassazione sulle famiglie e spendendo di più in prestazioni sociali per le persone povere. Sorprendentemente, l`Italia é uno dei tre soli paesi Ocse che ha aumentato la spesa in prestazioni rivolte ai poveri negli ultimi dieci anni». Ma i dati nudi e crudi restano allarmanti: il reddito medio del 10 per cento degli Italiani più poveri è circa 5000 dollari, tenuto conto della parità del potere di acquisto, quindi sotto la media Ocse di 7000 dollari. Il reddito medio del 10 per cento più ricco è circa 55000 dollari, sopra la media Ocse. «I ricchi hanno beneficiato di più della crescita economica rispetto ai poveri ed alla classe media». Sempre nella scheda dedicata all’Italia, in positivo l’Ocse riconosce anche la diminuzione del tasso di povertà ottenuta tra la metà degli anni novanta e il 2005. «La povertà minorile è scesa in modo particolarmente rapido, dal 19 al 15 per cento» e solo in Gran Bretagna si è registrata una diminuzione di questa portata. «Ciononostante - si legge - un tasso di povertà minorile del 15% è ancora sopra la media Ocse del 12 per cento». «Sanità, educazione ed alloggi forniti dal settore pubblico riducono la disuguaglianza nella distribuzione del reddito più che nella maggior parte dei paesi Ocse. Ma in Italia la mobilità sociale è più bassa che in altri paesi, come Australia o Danimarca. Figli di famiglie povere hanno una più bassa probabilità di diventare ricchi rispetto ai figli di famiglie ricche. La ricchezza è distribuita in modo più diseguale rispetto al reddito: il 10 per cento più ricco detiene circa il 42 per cento del valore netto totale. In confronto, il 10 per cento più ricco possiede circa il 28 per cento del totale del reddito disponibile». Presentando il rapporto, il segretario generale dell’Ocse Angel Gurria ha meso in guardia dai pericoli nascosti nella disuguaglianza, spronando i governi ad affrontare la questione. Non si può più gestire facendo leva su strumenti fiscali e redistibuzione sociale: bisogna intervenire sul mercato del lavoro, dove si sono creati quei mutamenti che hanno fatto peggiorare i divari. «La crescente disuguaglianza tende a dividere. Polarizza le società, crea divisioni regionali tra paesi e allarga la voragine tra ricchi e poveri - ha detto Gurria, secondo quanto riporta un comunicato dell’Ocse -. Impedisce la mobilità tra generazioni, rendendo più difficile per le persone di talento ottenere ciò che meritano. Anche se il ruolo delle agevolazioni fiscali resta importante, i nostri dati confermano che la sua efficacia è scemata negli ultimi dieci anni. Cercare di colmare i divari solo tramite la spesa sociale significa intervenire sui sintomi invece che sulla malattia». «La parte più rilevante della crescita delle disuguaglianze deriva dai cambiamenti nel mercato del lavoro. È lì che i governi devono agire - ha detto ancora Gurria - I lavoratori con basse qualifiche stanno avendo difficoltà sempre più gravi per trovare una occupazione. Il modo migliore per ridurre la povertà è aumentare l’occupazione». |
OCSE:SI ALLARGA FORBICE REDDITI, FORTE DISUGUAGLIANZA ITALIA
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Lo dice l'Organisation of Economic Cooperation and Development
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Emanuela Di Pasqua |
Secondo il rapporto 'Growing Unequal' nel nostro Paese dagli anni '80 a oggi ![]() Case popolari a Bari ROMA - Negli ultimi anni in Italia si è pesantemente aggravato il divario tra ricchi e poveri. Secondo il rapporto dell'Ocse Growing Unequal?, che analizza la distribuzione del reddito e la povertà all'interno dei 30 Paesi che compongono l'organizzazione, l'Italia è infatti al sesto posto per il gap tra le classi sociali, dopo Messico, Turchia, Portogallo, Stati Uniti e Polonia. La disuguaglianza economica è cresciuta del 33 per cento dalla metà degli anni Ottanta a oggi, contro una media Ocse del 12 per cento. Un dato sul quale hanno inciso pochissimo le recenti misure adottate a favore dei più poveri, che pure gli autori del Rapporto elogiano, sottolineando come solo tre Paesi Ocse, tra i quali appunto l'Italia, negli ultimi 10 anni abbiano varato misure per sostenere i redditi più bassi. Ma le misure non hanno inciso nel dato di fondo: "I ricchi hanno beneficiato maggiormente della crescita sociale rispetto ai poveri o alle classi medie". La povertà favorisce naturalmente l'esclusione, e pertanto la mobilità tra le classi sociali "è più bassa in Italia rispetto a paesi come l'Australia o la Danimarca. - si legge nel rapporto - I figli di genitori poveri hanno molte meno probabilità di accedere alla ricchezza". La ricchezza è distribuita in modo anche più diseguale delle entrate: infatti in Italia il 10 per cento dei più abbienti possiede il 42 per cento della ricchezza totale e il 28 per cento delle entrate globali. In effetti dal rapporto Ocse emerge un generale aumento della disuguaglianza in tutti i Paesi del mondo. Il gap si è allargato, oltre che in Italia, anche in Canada e in Germania, mentre è diminuito in Messico, Grecia e Regno Unit. Ma in Italia i dati di riferimento sono notevolmente peggiori: "Il reddito medio del 10 per cento degli italiani più poveri è di circa 5000 dollari (l'equivalente di circa 3770 euro ndr), tenuto conto della parità del potere di acquisto, quindi sotto la media Ocse di 7000 dollari (l'equivalente di circa 5280 euro, ndr). Il reddito medio del 10 per cento più ricco è circa 55000 dollari (l'equivalente di circa 41500 euro, ndr), sopra la media Ocse". <!-- OAS_RICH('Middle'); //--> <SCRIPT language='JavaScript1.1' SRC="http://ad.it.doubleclick.net/adj/N2263.repubblica.it/B3092296.7;abr=!ie;sz=180x150;ord=683682808?"> </SCRIPT> <NOSCRIPT> <A HREF="http://ad.it.doubleclick.net/jump/N2263.repubblica.it/B3092296.7;abr=!ie4;abr=!ie5;sz=180x150;ord=683682808?"> <IMG SRC="http://ad.it.doubleclick.net/ad/N2263.repubblica.it/B3092296.7;abr=!ie4;abr=!ie5;sz=180x150;ord=683682808?" BORDER=0 WIDTH=180 HEIGHT=150 ALT="Fare clic qui"></A> </NOSCRIPT> In Italia si è registrato, rileva l'Ocse, una riduzione del tasso di povertà dei bambini, che tra la metà degli anni Novanta e il 2005 è diminuito dal 19 al 15 per cento. Solo nel Regno Unito si è avuto un calo di queste dimensioni, si legge nel rapporto: però un tasso di povertà infantile del 15 per cento "è ancora sopra il tasso medio Ocse del 12 per cento". Le disuguaglianze di reddito e ricchezza si riflettono anche a tavola. Da un'indagine Coldiretti - Swg sui consumi alimentari emerge infatti che la crisi economica sta provocando una polarizzazione nei consumi alimentari e se da un lato cresce in numero di quanti sono costretti a ricercare prodotti a più basso prezzo, dall'altro si assiste ad un consolidamento della domanda di prodotti di alta qualità, tradizionalmente acquistati da fasce di cittadini a più alto reddito. "La metà di coloro che hanno cambiato le proprie abitudini alimentari per effetto della crisi economica lo hanno fatto - sottolinea la Coldiretti - cambiando i luoghi della spesa a favore di bancarelle ed hard discount e modificando il tipo di alimenti acquistati con conseguenze sulla dieta e sulla qualità dell'alimentazione. Ma dall'altra parte, aumenta la domanda di prodotti di elevata qualità e cresce dell'8 per cento la percentuale dei cittadini che acquista regolarmente prodotti a denominazione di origine (sono il 28 per cento) e del 23 per cento di quelli che comperano cibi biologici, i quali però interessano una fetta più ridotta della popolazione (il 16 per cento)". ( 21 ottobre 2008) |
Ocse, in Italia cresce il divario tra ricchi e poveri ![]() abisso tra ricchi e poveri. L’Italia è tra i paesi dell’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico che racchiude 30 paesi del mondo, dove la differenza tra chi ha i soldi e chi no è più alta. Non si tratta di “fortune” che capitano alla nascita, ma di una precisa politica dei redditi che ha favorito il profitto a scapito del salario e che da tempo non utilizza strumenti redistributivi. La crescita economica, spiega lo studio Ocse, ha favorito chi era già ricco, e ha fatto sì che le disparità economiche aumentassero nel corso degli anni: «Le famiglie ricche - si legge nel rapporto Growing Unequal - hanno raggiunto risultati particolarmente positivi rispetto alla classe media e alle famiglie che si trovano ai livelli più bassi della scala sociale». Dagli anni Ottanta ad oggi, la disuguaglianza su redditi da lavoro, risparmi e capitale si è aggravata del 33 per cento. «Si tratta – rileva il rapporto – del più elevato aumento nei paesi Ocse, dove l’aumento medio è stato del 12 per cento». La classe media, insomma, è in via di estinzione: avanti di questo passo e nel nostro Paese avremo persone ricche sfondate e gente che tira a campare. Sono messi peggio di noi solo il Messico, dove le differenze sono in assoluto maggiori, la Turchia, il Portogallo, gli Usa e la Polonia. Non c’è invece questo divario economico e sociale così marcato in Danimarca, Svezia e Lussemburgo. Le conseguenze di questo gap, sono soprattutto sociali: «La crescente disuguaglianza - spiegano dall'Ocse - tende a dividere. Polarizza le società, crea divisioni regionali tra paesi e allarga la voragine tra ricchi e poveri. Impedisce la mobilità tra generazioni, rendendo più difficile per le persone di talento ottenere ciò che meritano». Finora, spiega ancora il rapporto, i governi hanno risposto a questo divario in crescita attraverso politiche fiscali e sociali, riconducendo soprattutto il problema al fatto che la popolazione invecchia velocemente e per questo si impoverisce. Ma secondo l’Ocse questa può essere solo una risposta «temporanea», significa «intervenire sui sintomi invece che sulla malattia». Per risolvere davvero la questione bisogna iniziare a preoccuparsi da prima: «L'unica via sostenibile per ridurre le disuguaglianze», spiega il rapporto, è assicurarsi che le persone siano in grado di trovare e mantenere un'occupazione. Questo significa che «i paesi sviluppati devono sforzarsi molto di più per inserire i cittadini nel mercato del lavoro piuttosto che sostenerli con indennità di disoccupazione o pensioni anticipate». |
Post n°503 pubblicato il 21 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
PETIZIONE POPOLARE NON ABBIAMO BISOGNO DEL NUCLEARE Al Presidente della Repubblica, Al Presidente del Senato, Al Presidente della Camera Deputati, Al Presidente del Consiglio, Ai Parlamentari tutti Noi cittadini e cittadine italiane, visto il “Piano Triennale per lo Sviluppo”, approvato dal Consiglio dei Ministri, che lancia “il ritorno all’energia nucleare”, facciamo presente che: a. Il popolo italiano ha votato a larghissima maggioranza, con i 3 referendum del 1987, l'uscita definitiva dell'Italia dall'avventura nucleare, come hanno deciso anche Austria e Polonia (che non hanno avviato le loro centrali già costruite), Danimarca, Grecia, Norvegia e Irlanda (che hanno rinunciato alla loro costruzione), Germania, Belgio, Olanda, Spagna e Svezia (che hanno deciso di non costruire più centrali nucleari nel loro territorio, puntando sulle energie rinnovabili). b. Il nucleare non ci libera dalla dipendenza dall'estero: l’uranio è una fonte esauribile; per far funzionare le centrali dovremmo importarlo e il suo prezzo sta salendo ancora più rapidamente del petrolio: dal 2001 al 2007 si è moltiplicato per dieci. c. Non esiste il nucleare “sicuro” e “pulito”: i reattori di “quarta generazione” sono previsti tra 25-35 anni (dopo il 2030, attorno al 2040); intanto il governo vuole costruire centrali di “terza generazione” che non hanno risolto né il problema della sicurezza ( non c'è solo Cernobyl, ma decine di incidenti gravissimi come quelli che hanno provocato 7 morti nelle centrali giapponesi tra il 1995 e il 2005) né di come smaltire le scorie che restano radioattive per centinaia e migliaia di anni. d. La strada maestra sono le energie rinnovabili: Germania, Spagna, Austria, Grecia, Danimarca e tanti altri stati, europei e non, si stanno liberando dalla schiavitù del petrolio investendo grandi risorse sull'energia solare termica, fotovoltaica e a concentrazione, sull’energia eolica e sul risparmio e razionalizzazione degli attuali consumi. In Italia basterebbe coprire di pannelli fotovoltaici solo lo 0,1% (un millesimo) del territorio nazionale (utilizzando un decimo di tetti, pensiline, barriere autostradali ecc.) per soddisfare il 20% del fabbisogno nazionale di energia elettrica. e. Il nucleare è fuori mercato, vive grazie a sovvenzioni statali e militari: Le stime Usa per i nuovi impianti danno il costo del kWh nucleare a 6.3 cent, addirittura il 20% in più dei 5,5 cent del gas o 5,6 del carbone (anche questi, peraltro, dannosi per la salute e l’ambiente). Per questo negli Usa, nonostante gli enormi incentivi stanziati da Bush, nessun privato ci investe dal 1976. L'unico reattore in costruzione in Europa è in Finlandia, perchè quello stato carica sul proprio bilancio (dei contribuenti) smaltimento delle scorie e smantellamento finale della centrale (che costa quasi come la costruzione). Gli altri 8 stati che, nel mondo, investono nel nucleare, lo fanno, quasi tutti, per produrre anche materia prima per le bombe: Cina, India, Russia, Pakistan, Giappone, Argentina, Romania e l'Iran, attualmente nel mirino degli Usa, perchè non è suo alleato. Perciò chiediamo ai massimi rappresentanti di Stato e Parlamento di non tradire la volontà popolare e non imboccare, con i nostri soldi, questo costosissimo vicolo cieco. I firmatari sono informati, ai sensi dell’art. 13 decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 [Codice in materia di protezione dei dati personali], che promotrice della petizione è la lista civica nazionale PER IL BENE COMUNE con sede nazionale in Ferrara, Piazzale Stazione 15 , e che possono esercitare i diritti di cui all´art. 7 del codice della privacy scrivendo al responsabile del trattamento dati personali dott.ssa Benini Monia. I dati personali verranno trattati per le sole finalità della presente petizione. TRATTA DA PER IL BENE COMUNE FIRMA QUI www.http://petizione.perilbenecomune.org/ |
La Svizzera è l’Eldorado della qualità della vita, Zurigo è la città dove si vive meglio. La peggiore Baghdad, che per il terzo anno consecutivo si attesta ultima in classifica. E l'Italia? Primeggia la Svizzera, che dopo Zurigo si guadagna anche il secondo posto con Ginevra. Poi Vienna, scesa all'attuale 4° del 2006 dal 3° dell'anno scorso. Anche in Germania si sta bene, con 3 città tra le prime 10 (Dusseldorf, Francoforte, Monaco); l'Europa occidentale ha trenta delle sue principali città in cima alla classifica. Tra le città bavaresi e del bel Danubio blu ci sono ben quaranta posizioni rispetto alla prima italiana. Per l'Italia, un dato pessimo. Se nel 2004 Milano era tra le prime venti, oggi scende al cinquantunesimo posto (invariata rispetto all’indagine 2005). Se la passa male anche Atene, ultima tra le europee occidentali con il posto numero 79. Sono in rapida risalita Paesi dell'Est come Repubblica Ceca e Ungheria. Buona la classifica del Nord America con Vancouver al terzo posto e Honolulu prima tra le città statunitensi con un ventisettesimo posto. Per quanto riguarda il Sud America, Montevideo e Buenos Aires sono le prime due in classifica, mentre la stella nascente dell'Asia è Shanghai. La lista delle peggiori comincia con Il Cairo, in discesa libera perdendo ben nove punti e raggiungendo quota 131 "a causa delle agitazioni politiche e degli attacchi terroristici in città e nei dintorni", scrive Mercer. Negli ultimissimi posti, oltre la martoriata capitale irachena, ci sono Bangui (Repubblica Centrafricana) e Brazzaville (Congo Brazzaville). Queste le migliori città in cui vivere (tra parentesi la posizione dell'anno scorso) 1. Zurich, Switzerland (1) e le peggiori... 1. Baghdad, Iraq |
Svizzera Zurigo
1. Zurigo Non è una sorpresa che la Svizzera disponga di tre città nella top ten, due dei quali nelle prime 3 posizioni. Il tenore di vita in questo paese alpino, ricco di industria così come di elementi naturli e siti culturali, è da tempo uno dei più alti in Europa (la Svizzera è stata in lotta per la vittoria con l'Islanda e la Norvegia). 2. Ginevra La seconda città più grande della Svizzera e anche la seconda in questa graduatoria è Ginevra. Gli svizzeri sono indubbiamente una nazione molto felice! Dobbiamo tuttavia ammettere che un elevato tenore di vita è strettamente collegato con dei costi di vita molto elevati. 3. Vancouver L'unica rappresentante delle Americhe, Vancouver, la più grande città della provincia canadese della Columbia Britannica, detiene la terza posizione. È da notare come non vi sia alcuna città degli Stati Uniti nei primi dieci posti. Forse gli Stati Uniti d'America cessano di essere il paradiso che erano. Se si vuole vivere un sogno americano, dimenticate l'America, i vostri Paesi sono la Svizzera e il Canada. 4. Vienna Un'altra città europea in quarta posizione. E un altro di lingua tedesca! In realtà, ci sono solo delle città europee di lingua tedesca in questo elenco, che probabilmente significa che i tedeschi, oltre che per essere "puntuali" e ossessionati dalla pulizia sono anche molto felici per il modo e il luogo in cui vivono la loro vita (lo sapevate che ci sono più espressioni per definire i tipi di pulizia in tedesco che in qualsiasi altra lingua?). 5. Auckland La seconda delle tre città del Commonwealth nella top ten è Auckland, la più grande città della Nuova Zelanda. E 'soprattutto la grande quantità di parchi e, in generale, la vicinanza alla natura che gli abitanti apprezzano di più. In Auckland risiedono 1,4 milioni di abitanti, che è circa un quarto della popolazione totale della Nuova Zelanda. 6. Düsseldorf Le posizioni dal 6 all’8 sono occupati da città tedesche. Di queste tre, Düsseldorf, il centro tedesco di industria pubblicitaria, situata nella più grande area industriale tedesca chiamata la regione della Ruhr (con Colonia, Duisburg Dortmund o di paesi vicini) è il vincitore. E 'del tutto una sorpresa che Berlino non entra nei primi dieci, visto che è ampiamente considerato un piacevole luogo multiculturale per vivere. 7. Francoforte Francoforte sul Meno è la quinta città più grande in Germania e, ovviamente, anche la seconda piu 'conosciuta e un piacevole città dove vivere. Una delle caratteristiche della città è la sua skyline con molti grattacieli, che contano il numero più alto tra quelli in Europa, ed un grande e bene organizzato aeroporto. 8. Monaco Il terzo e ultimo rappresentante tedesco, Monaco di Baviera sembra essere quello meno sorprendente. La capitale della Baviera, la più grande e più ricca regione della Germania, sicuramente è un luogo piacevole in cui vivere. Una delle cose che rendono interessante Monaco di Baviera è l’eccezionale Oktoberfest, la più grande festa della birra in Europa. Durante questo evento, la gente bere birra dai boccali di un litro, e quindi non c'è da stupirsi che essi siano felici e sorridenti tutto il tempo… 9. Berna La terza città Svizzera in questo elenco è anche la capitale della Svizzera. Così ci sono tre città tedesche e tre svizzere nella classifica, il che rende la Germania e la Svizzera i vincitori assoluti di questa piccola competizione. E se l’Europa esce a testa alta, sono chiari i perdenti e cioè l'Asia, con nessun rappresentante in classifica, e le Americhe, con una sola città. 10. Sydney Sydney condivide la nona posizione con Berna, cosa che è un successo considerando che è stata fondata come colonia penale Britannica! I suoi primi abitanti difficilmente crederebbero che un giorno la gente sarebbe stata così appassionata a vivere qui. Naturalmente, Sydney è cambiata molto da allora e appartiene, con la sua architettura moderna, molti parchi, spiagge e atmosfera multiculturale, alla lista delle città più belle del mondo. |
Post n°500 pubblicato il 18 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
L’ACCUSA DEL VETERANO LA TERZA BOMBA NUCLEARE di Maurizio Torrealta con la collaborazione di Alessandro Rampietti ![]() IL VIDEO http://www.rainews24.it/ran24/rainews24_2007/inchieste/08102008_bomba/video_ITA.asp
Nell’inchiesta un veterano americano che ha partecipato a “Desert Storm”, accusa l’Amministrazione americana di aver utilizzato una piccola bomba nucleare a penetrazione di 5 chilotoni di potenza nella zona tra la città irachena di Basra ed il confine con l’Iran. Si tratta dunque di un indizio che richiede lo sviluppo di un vasto lavoro di verifiche che noi di Rainews24 vogliamo svolgere coinvolgendo giornalisti di altri paesi, i centri sismici che hanno registrato l'evento ai quali richiediamo ulteriori dati sulle onde sismiche, e le organizzazioni internazionali preposte al monitoraggio nucleare. La redazione ha deciso di trasmettere questa intervista perché la situazione sanitaria a Basra ha raggiunto livelli di pericolosità davvero critici: i decessi annuali per tumore, secondo il responsabile del reparto oncologico dell’ ospedale di Basra , Dott Jawad Al Ali , sono aumentati da 32 nel 1989 (prima della guerra del Golfo) a più di 600 nel 2002. Il Dipartimento della Difesa statunitense chiamato ad esprimersi sulle accuse del veterano ha dichiarato che durante “Desert Storm” sono state utilizzate solo armi convenzionali. LA TERZA BOBMBA ATOMICA Rainews24 di Maurizio Torrealta :::->Scheda tecnica del filmato<-::: Titolo: La terza bomba atomica Serie: Inchieste Rainew24 Emittente: Rainew24 Trasmesso il: 09/10/08 Genere: documentario Inchiesta A cura di: Maurizio Torrealta Audio: Italiano Sottotitoli: n.d.
:::->Trama<-::: |
Politkovskaya Fare luce sull' avvocato di mia madre PONDENTE LEONARDO COEN MOSCA - Il processo contro i presunti assassini di Anna Politkovskaya comincerà il 17 novembre: lo ha stabilito ieri, durante l' udienza preliminare, il tribunale militare di Mosca che giudicherà i quattro imputati, tre dei quali accusati di concorso in omicidio: un ex funzionario della polizia criminale di Mosca, Sergej Khadzhikurbanov, accusato d' aver fornito l' indirizzo della giornalista al commando che uccise la giornalista; e i fratelli Dzhabrail e Ibragim Makhmudov, che materialmente pedinarono per giorni la Politkovskaya, mentre un terzo fratello, Rustam, indicato come il killer, è latitante. Il quarto imputato, Pavel Riaguzov, è il tenente colonnello dei servizi segreti (Fsb), sospettato di abusi d' ufficio e associazione per delinquere. L' inchiesta non avrebbe appurato la sua complicità nell' omicidio, ma lo ritiene membro della stessa banda. E lui stesso ha chiesto d' essere giudicato da un tribunale militare. All' udienza preliminare, ieri, c' erano i figli di Anna, Ilia e Vera. Cosa avete provato, quando sono entrati in aula i complici dell' assassino di vostra madre? È Ilia che risponde: «Li ho visti in faccia per la prima volta. È stato duro. Mi è difficile dire che sentimenti ho provato. Ho cercato di farmi forza. Di pensare alla verità. Io aspetto la verità. Sul banco degli imputati però ci sono solo i pesci piccoli. Non i mandanti, e non il killer». Non c' era nemmeno l' avvocatessa Karina Moskalenko, che ha denunciato d' essere stata avvelenata, probabilmente con il mercurio. «Io non so se quel che le è successo è da collegarsi al nostro caso, perché Karina si occupa di tanti affari clamorosi e pericolosi. Però, qualcosa di grave deve esserci se la polizia francese ha avviato un' indagine. Ma è ancora troppo presto per esprimere giudizi concreti. Occorre fare luce». Parlando di cose concrete, è vero che avete chiesto un processo «trasparente», a porte aperte? «Sì. Anche gli imputati l' hanno chiesto. Il tribunale militare deciderà il 17 novembre. Spero che si possa mettere ordine in un' inchiesta che ha prodotto una quantità di informazioni enorme, ma che nel merito non è andata a fondo. Il processo attuale è solo una piccola base per una futura inchiesta. Qui manca tutto: oltre ai mandanti, al killer, non si parla neanche degli intermediari». C' è qualcosa che trova discutibile, nell' istruzione del processo? «La posizione stralciata del tenente colonnello Riaguzov. Penso che debba essere processato con gli altri, per due motivi. Primo: è stato membro costante della stessa banda che ha ucciso mia madre. Secondo, ma è la mia impressione personale, è che materialmente lui è stato complice dell' omicidio». Crede che il processo possa avere un impatto sull' opinione pubblica russa? «Davanti a questo tribunale ci sono tanti giornalisti e tante tv. Vuol dire che il caso Politkovskaya interessa. Ma aspetto di leggere i giornali e di vedere i notiziari tv. Sinora, dell' inchiesta se ne è occupata solo Novaja Gazeta, il giornale per cui lavorava mia madre. È stata la conferma di una pessima tradizione: l' attività di mia madre era circoscritta solamente al suo giornale, gli altri la ignoravano, soprattutto la tv». - LEONARDO COEN |
Antonio Russo, un film, una mostra fotografica, uno spettacolo e un dibattito ![]() PESCARA. In occasione dell'anniversario della morte del giornalista Antonio Russo, la Fondazione che porta il suo nome, promuove la seconda edizione de "L'informazione che non muore". Abruzzese, reporter di guerra di radio radicale, testimone instancabile sempre in prima linea nelle zone calde del pianeta, Antonio Russo viene ucciso il 16 ottobre del 2000 proprio per la documentazione scottante e scomoda che era riuscito a raccogliere su una guerra terribile di cui poco si parla. L'evento prenderà il via venerdì 17 ottobre alle ore 20,30 al cinema Asterope di Francavilla al Mare, con la proiezione de "L'inquilino di via Nicoladze", un film-inchiesta ispirato alla vicenda del giornalista abruzzese. Si tratta di una pellicola del 2003 del regista Massimo Guglielmi, interpretata da un convincente Roberto De Francesco, vincitrice del Premio FACIBA e del Premio CICT UNESCO come miglior film per contenuti culturali e sociali. Al film seguirà un incontro-dibattito con la partecipazione dei protagonisti, moderato dal giornalista del TG5 – Canale 5 Toni Capuozzo. L'appuntamento continua sabato 18 ottobre con due momenti di riflessione sui temi dell'informazione nei conflitti bellici e del ruolo svolto dai reporter di guerra: Alle 9,30 apertura de "Gli Occhi del Reporter di guerra", una mostra fotografica multimediale dei reporter Fausto Biloslavo e Gian Micalessin. Dall'Afghanistan alla Birmania, dall'Angola al Kosovo, dal Libano all'Iraq una selezione di 33 scatti fotografici tra i più significativi e toccanti raccolti dai due giornalisti nei venticinque anni trascorsi nelle aree geografiche più calde del pianeta. Alle 10,30 protagonisti diventano gli studenti delle quarte e quinte classi superiori degli istituti di Pescara e Chieti che potranno assistere allo spettacolo di teatro-narrazione "La Voce dei Silenzi" con Alessio Tessitore: un ritratto della figura umana e professionale di Antonio Russo per la regia di Sabatino Ciocca. Alle 12,00 seguirà l'incontro–dibattito dal titolo "Cecenia, Balcani e non solo. E' più difficile fare la guerra o costruire la pace?". Interverranno volti noti del giornalismo televisivo e firme autorevoli della carta stampata: Guido Alferj (inviato speciale), Fausto Biloslavo (Il Giornale e Il Foglio), Toni Capuozzo (TG5 – Canale 5), Aldo Forbice (RADIO1 – Zapping), Gabriella Simoni (Studio Aperto – Italia1), Francesca Sforza (La Stampa). |
Anna Politkovskaja e Antonio Russo. Due nomi i cui destini si intrecciano tragicamente. Entrambi giornalisti, entrambi uccisi nel mese di ottobre: Antonio il 16 nel 2000 a Tbilisi, in Georgia, Anna il 7 nel 2006 a Mosca. Sia la Politkovskaja che Russo si occupavano di Cecenia, e chi scrive di Cecenia muore. Così scriveva l'Information Safety and Freedom, organizzazione di giornalisti a difesa della libertà di stampa, che aveva collegato in un comunicato stampa l'assassinio di Anna all’uccisione di Antonio. Entrambi avevano denunciato al mondo intero le atrocità perpetrate sulla popolazione civile cecena, ed entrambi erano diventati scomodi per il Cremlino. Chi li ha uccisi e perché? Non ci sono ancora risposte a queste domande. Proprio ieri è iniziato il processo-farsa per l’omicidio della Politkovskaja che vede alla sbarra tre ceceni, i fratelli Dzhabrail e Ibragim Makhmudov e Sergheji Khadzhikurbanov. A due anni dalla sua morte il presunto esecutore materiale, Ruslan Makhmudov, è latitante e ricercato in Europa, mandante e movente sconosciuti, anche se secondo il procuratore generale Cajka il mandante è da ricercare all’estero alludendo chiaramente a Berezovsky nemico numero uno di Putin. Sempre ieri abbiamo appreso la drammatica denuncia che Karina Moskalenko, l’avvocato che difende la famiglia della Politkovskaja, ha fatto alla Radio “Eco di Mosca”: “Mi hanno avvelenata con una sostanza che ha tutte le caratteristiche del mercurio”. Ancora una volta l’ombra dei servizi segreti russi, la sconcertante vicenda dell’avvocato ricorda il caso dell’ex-ufficiale dei servizi segreti russi Aleksandr Litvinenko. Ancora una volta si vuole oscurare la verità. Se qualcuno pensava che la Russia di Medvedev era cambiata si era sbagliato. Se per Anna un processo-farsa si farà per Antonio non ci sarà nemmeno quello. Sulla sua morte non è stata fatta chiarezza anche se la matrice russa, è emersa subito dopo il suo assassinio. Nel suo ultimo intervento pubblico Russo aveva parlato del possibile uso dei proiettili all’uranio impoverito in Cecenia, in una conferenza sull’impatto ambientale della guerra in Cecenia che la Federazione Russa aveva fortemente contrastato. Qualche giorno, prima della sua morte, Antonio aveva parlato alla madre di una videocassetta sulle torture e le violenze dei reparti speciali russi ai danni della popolazione cecena. Probabilmente, si trattava delle prove che Russo aveva raccolto sull'utilizzo di armi non convenzionali contro i bambini ceceni. Il corpo di ANTONIO fu ritrovato sulla strada che da Tbilisi porta al confine con l’Armenia, su quella strada all’epoca c’era una base russa. Antonio morì per schiacciamento della cassa toracica: Mamuka Areshidze, un ex parlamentare che aiutò Russo in Georgia, ha detto: "Penso che sia stato ucciso perché qualcuno voleva occultare il materiale che lui aveva raccolto: questo è il motivo per cui le cassette sono scomparse. So che gli agenti delle forze di sicurezza sono esperti nella tecnica di schiacciare le persone a morte senza lasciare nessun segno di violenza". Anche la Politkovskaja aveva del materiale scottante sulla Cecenia che stava per essere pubblicato. Chi l’ha uccisa sperava di averla messa a tacere per sempre sparando quei 5 colpi. Invece Anna attraverso i suoi scritti continua ad urlare oggi più che mai la sua lotta contro l’ingiustizia, diventando simbolo di libertà e democrazia. Lei che non indossava casacche di nessun partito è diventata l’anima ispiratrice dei gruppi più forti dell’opposizione, di tutti coloro che in Russia vogliono un’altra Russia. “Anna la sua vita, la morte e la sua luce sono diventati la fiamma dell’opposizione intera. Ognuno di noi si spartirà i sogni della sua anima” ha detto Garry Kasparov ex campione di scacchi ed esponente dell’opposizione. Antonio Russo, a 8 anni dal suo assassinio, è stato ricordato stamattina in una conferenza stampa a cui ha aderito anche l’Associazione Annaviva. La conferenza si è tenuta sotto il palazzo dell'Eni all’Eur per richiamare i dirigenti dell'Ente Nazionale Idrocarburi e il governo italiano, azionista di maggioranza, a non subordinare il rispetto della democrazia e dei diritti umani in Russia agli interessi economici e agli accordi commerciali che vengono sottoscritti dall’asse Roma-Mosca. Hanno ricordato Antonio Russo Massimo Bordin, Direttore di Radioradicale, Marco Perduca, senatore radicale eletto nel Pd, membro della Commissione Esteri. Sono intervenuti, inoltre Bruno Mellano, presidente di Radicali Italiani e Nodar Gabashvili, ex-viceministro degli Affari Esteri della Repubblica della Georgia, Michele Ded Lucia, tesoriere di Radicali Italiani ANTONIO RUSSO, OVVERO: CHI TOCCA LA CECENIA MUORE Sei anni fa veniva assassinato in Georgia Antonio Russo, giornalista freelance che indagava sull’operato russo in Cecenia. Riporto l’articolo pubblicato all’epoca da “The Observer”, ripreso da radical party. Inviato da: costa_merlata Trackback: 0 - Commenti: 0 |
Post n°496 pubblicato il 18 Ottobre 2008 da dammiltuoaiuto
![]() Reporter di Guerra. Il Premio Russo FRANCAVILLA AL MARE. Iraq, Iran, Libano, Somalia, ex Jugoslavia, Eritrea, Etiopia, Afghanistan, Pakistan, Cecenia, Ruanda, Congo, da ultima l’ex Birmania. Sono solo alcune delle zone “calde” del pianeta, teatro di conflitti internazionali o di sanguinose guerre civili, di cui abbiamo conoscenza grazie al coraggio dei reporter che sfidano il pericolo pur di raccontarli. ![]() Antonio Russo (Francavilla al Mare, Chieti, 3 giugno 1960 - Georgia, 16 ottobre 2000) è stato un giornalista, ucciso in circostanze misteriose nei pressi della città georgiana di Tiblisi. Antonio Russo era un free-lance, abituato a vivere in prima persona gli eventi più scottanti. Non aveva voluto iscriversi all'Ordine dei giornalisti e aveva rifiutato offerte di testate blasonate, poiché così si sentiva libero di raccontare senza veti le realtà della guerra e - diceva - le atrocità che le popolazioni civili erano costrette a subire. Russo è stato per molti anni free lance e reporter internazionale di Radio Radicale. Tra le sue corrispondenze più note quelle dall'Algeria, durante gli anni sanguinosi della repressione, dal Burundi e dal Rwanda, che hanno documentato la guerra nella regione dei grandi laghi, e poi dall'Ucraina, dalla Colombia e da Sarajevo. Russo fu inoltre inviato di Radio Radicale in Kosovo, dove rimase - unico giornalista occidentale presente nella regione durante i bombardamenti NATO - fino al 31 marzo 1999 per documentare la pulizia etnica contro gli albanesi kosovari. Nel corso di quelle settimane collaborò anche con altri media italiani e con agenzie internazionali. In quell'occasione fu anche protagonista di una rocambolesca fuga dai rastrellamenti serbi, unendosi ad un convoglio di rifugiati kosovari diretto in treno verso la Macedonia. Il convoglio si fermò durante il percorso e Antonio Russo raggiunse Skopjie a piedi. Di lui non si ebbero notizie per due giornate intere, in cui lo si diede già per disperso. Antonio Russo è deceduto tra la notte del 15/16 ottobre 2000 in Georgia, dove si trovava in qualità di inviato di Radio Radicale per documentare la guerra in Cecenia. Il suo corpo fu ritrovato ai bordi di una stradina di campagna a 25 km da Tbilisi, torturato e livido, con tecniche riconducibili a reparti specializzati militari. Il materiale che aveva con sé - videocassette, articoli, appunti - non fu ritrovato, anche il suo alloggio fu ritrovato svaligiato da appunti e video (pur senza toccare oggetti di valore). Le circostanze della morte non sono mai state chiarite, ma molti hanno avanzato pesanti accuse al governo di Vladimir Putin a Mosca: Antonio Russo aveva infatti cominciato a trasmettere in Italia notizie scottanti circa la guerra, e aveva parlato alla madre, solo due giorni prima della morte, di una videocassetta scioccante contenente torture e violenze dei reparti speciali russi ai danni della popolazione cecena. Secondo i suoi amici, Russo aveva raccolto prove dell'utilizzo di armi non convenzionali contro bambini ceceni [1]. ricordo la sua voce, su radio radicale, la mattina mentre facevo colazione prima di andare a scuola. da pristina, nascosto in una cantina durante la pulizia etnica della città, dopo che i serbi avevano gentilmente pregato i giornalisti di togliersi dalle palle e quelli non se l'erano fatto ripetere... e ricordo l'ansia per tre giorni di silenzio, quando si pensava che l'avessero preso, e poi di nuovo la sua voce energica, dopo una fuga in colonnato con i profughi fino a skopje. poi la cecenia, i suoi dubbi, le ricerche, poi all'improvviso il ritrovamento del suo corpo e l'eco del suo annuncio: aveva dei filmati, davanti ai quali aveva pianto, filmati orribili, forse torture su bambini ceceni, agghiacciante e incontrovertibile prova di gravissime violazioni dei diritti umani da parte dei russi, gli stessi che in quei giorni cercavano di tagliare fuori il partito radicale dall'onu accusandolo di... pedofilia e narcotraffico. e dopo quella morte di 16 ottobre 2000, la morte di un giornalista italiano ammazzato a percosse... silenzio. peggio, cazzate. la guerra in cecenia è un abominio e il comportamento della stampa a riguardo anche. la velina del provvidenziale terrorismo islamico è stata recepita e riferita, e una volta che il conflitto ha cessato di essere di moda, le sinistre hanno provveduto a indignarsi di qualcos'altro in qualche altro salotto. ma dopotutto, non riesco a pensare che il sacrificio di Antonio sia stato inutile... finchè ci sono ancora persone che ricordano il suono della sua voce. PAOLO CARINCI
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