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NO ALLA PENA DIMORTE IN SUDAN

Post n°968 pubblicato il 13 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

Sudan: sette uomini rischiano l'esecuzioneData di pubblicazione dell'appello: 12.12.2011Status dell'appello: chiuso

pena di morte @ Orla 2011/Shutterstock
pena di morte @ Orla 2011/Shutterstock

Grazie alle 1926 persone che hanno firmato l'appello. Vi terremo aggiornati sull'evoluzione della situazione.
 
Il 29 novembre la condanna a morte di sette prigionieri nel Nord Darfur, in Sudan, è stata confermata. Due di loro avevano meno di 18 anni al momento del presunto reato.
 
I sette detenuti fanno parte di un gruppo di 10 persone condannate dalla Corte speciale penale del Sud Darfur, a ottobre 2010, per un assalto a un convoglio cinque mesi prima. 
 
In totale 11 persone, tutti presunti sostenitori del gruppo di opposizione armata del Darfur (Movimento giustizia e uguaglianza), sono stati sottoposti a processo in relazione all'attacco. Uno è stato assolto e i tre minori condannati a pene detentive. La Corte suprema di Khartoum ha ordinato che fosse aperto un nuovo processo dal momento che nel primo erano stati giudicati dei minorenni. Tuttavia, il 29 novembre, la Corte speciale penale nel Sud Darfur ha confermato le condanne a morte dei sette imputati in base alla Legge antiterrorismo del 2005 e alla legge penale sudanese.
 
Un avvocato della capitale dello stato del Nord Darfur, El Fasher, ha presentato un ricorso alla Corte suprema il 4 dicembre.
 
I sette condannati a morte sono Abdelgasim Abdallah Abubaker, Eisa Mohamed Adam, Adam Altoum Adam, Alsadig Abbakar Yahya, Ishag Hassan Abdallah, Abdelrazig Daoud Abdessed e Ibrahim Shareef Youssif. Abdelrazig Daoud Abdessed e Ibrahim Shareef Youssif avevano presumibilmente tra i 15 e i 17 anni rispettivamente, al momento del reato. L'applicazione della pena di morte nei confronti di in minore è vietata in Sudan da una legge del 2010, così come dall'articolo 37 della Convenzione sui diritti dell'infanzia, di cui il Sudan è parte.
 
Oltre a questi sette condanne a morte, due minori, Idriss Adam Abbaker e Abdallah Abdallah Daoud sono stati condannati a due anni di reclusione. Altayib Mohammed Yagoub, a quanto pare anche lui minorenne, è stato condannato a due anni di riformatorio.

 
 
 

GIAPPONE DI NUOVO A LAVORO IL BOIA FERMIAMOLO FIRMA ANCHE TU CONTRO LA PENA DI MORTE

Post n°967 pubblicato il 13 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

Giappone: il nuovo ministro della Giustizia ha dichiarato che le esecuzioni riprenderanno!Data di pubblicazione dell'appello: 27.01.2012Status dell'appello: apertoUA: 342/11 Index: ASA 22/ 001/2012

la cella di un condannato a morte © Amnesty International
la cella di un condannato a morte © Amnesty International

Aggiornamento 27 gennaio 2012  
 
Il nuovo ministro della Giustizia giapponese Ogawa Toshio, insediatosi il 13 gennaio, ha dichiarato che intende riprendere le esecuzioni. Nel 2011, per la prima volta in 19 anni, il Giappone non ha eseguito condanne a morte. Si stima che almeno 130 persone siano ora a elevato rischio di esecuzione.
 
Il 15 gennaio, il nuovo ministro ha pubblicamente dichiarato che intende riprendere le esecuzioni poiché ritiene che sia una responsabilità del suo lavoro. Il suo predecessore, Hiraoka Hideo, è stato sottoposto a forti pressioni per firmare gli ordini di esecuzione ma non lo ha mai fatto perché ha sempre sostenuto che l'applicazione della pena di morte debba essere riconsiderata con maggiore attenzione prima di riprendere qualsiasi esecuzione.
 
Sebbene tutti i prigionieri nei bracci della morte rischino l'esecuzione imminente, questo rischio è meno forte al momento per i membri della setta Aum Shinrikyo condannati a morte, incluso il leader Matsumoto Chizuo (conosciuto anche come Shoko Asahara), perché, il 31 dicembre 2011, un altro membro, Hirata Makoto, si è consegnato alla polizia e ora dovrà essere sottoposto a processo. Secondo l'articolo 475 del codice penale giapponese, infatti, le esecuzioni sono sospese fino a quando tutti gli imputati accusati dello stesso reato non sono stati condannati.
-------
Il 21 novembre scorso si è concluso il procedimento giudiziario a carico dell'ultimo membro della setta Aum Shinrikyo, Seiichi Endo. In Giappone, se i processi sono ancora in corso per i complici, le sentenze capitali degli altri, già condannati per lo stesso reato, non vengono eseguite. La conclusione del procedimento a carico di Seiichi Endo apre ora la strada alle esecuzioni degli altri membri della setta, già condannati a morte. Gli uomini sono stati ritenuti colpevoli per aver organizzato e compiuto l'attentato con il gas sarin del 1995 e condannati anche per i reati di omicidio, sequestro di persona e sperimentazione con armi chimiche e biologiche.

Per Chizuo Matsumoto (conosciuto anche come Shoko Asahara), il leader della setta rinchiuso nel braccio della morte dal 2006, è stato presentato un altro appello per un secondo processo in quanto si ritiene che l'uomo sia affetto da malattia mentale. Nel precedente appello del 2004, gli avvocati difensori chiesero una perizia psichiatrica. Sei psichiatri confermarono che il suo stato di salute mentale si era deteriorato a causa della permanenza nel braccio della morte. In seguito, la Corte d'appello di Tokyo respinse la perizia dichiarando che l'uomo stava simulando la malattia mentale. Una volta emessa la sentenza capitale, non esistono garanzie che questa non venga eseguita, persino quando sono in corso le richieste di appello per un nuovo processo.

 

Minister of Justice
OGAWA Toshio
1-1-1 Kasumigaseki
Chiyoda-ku
Tokyo
Japan 100-8977
Fax: +81 3 3592 7008

Egregio ministro,
 
sono un simpatizzante di Amnesty International, l'Organizzazione non governativa che dal 1961 agisce in difesa dei diritti umani, ovunque nel mondo vengano violati.
 
La esorto a non firmare ordini di esecuzione e a sostenere, invece, il lavoro del gruppo di studio sulla pena di morte istituito all'interno del ministero della Giustizia nel 2010 dall'allora ministro della Giustizia Keiko Chiba. 
 
La sollecito, inoltre, a introdurre una moratoria sulle esecuzioni in Giappone e le chiedo di incoraggiare un ampio dibattito nazionale sulla pena capitale in vista della sua completa abolizione.
 
La ringrazio per l'attenzione.

Scarica l'appello contro la pena di morte (4.65 KB)

 
 
 

SALVIAMO SAKINEH FIRMIAMO LA PETIZIONE

Post n°966 pubblicato il 13 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

Iran: si teme di nuovo per la vita di Sakineh MohammadiData di pubblicazione dell'appello: 10.01.2012Status dell'appello: apertoUA: 3/12 Index: MDE 13/001/2012

http://www.amnesty.it/pena_di_morte_Iran_lapidazione_adulterio

 

 

Sakineh Mohammadi Ashtiani © Archivio Privato
Sakineh Mohammadi Ashtiani © Archivio Privato

Secondo le notizie diffuse dalla stampa iraniana a fine dicembre, Sakineh Mohammadi Ashtiani potrebbe essere messa a morte per impiccagione invece che per lapidazione. Sakineh dunque rischia l'esecuzione in qualsiasi momento.
 
Sakineh Mohammadi Ashtiani, 44 anni, madre di due figli, originaria della provincia dell'Azerbaigian orientale, nel nord-ovest dell'Iran, è stata arrestata nel 2005 dopo l'assassinio del marito. A seguito di un processo iniquo, è stata condannata per "adulterio durante il matrimonio" e separatamente per complicità nell'omicidio.
 
La condanna di Sakineh Mohammadi Ashtiani a 10 anni di carcere per le accuse di complicità potrebbe essere stata ridotta a cinque anni. Se così fosse, l'avrebbe ormai già scontata. L'"adulterio durante il matrimonio" è invece punibile con la lapidazione. Ad oggi non si hanno aggiornamenti sulla richiesta di un riesame giudiziario della condanna alla lapidazione presentata dall'avvocato nel luglio 2010.
 
Se Sakineh Mohammadi Ashtiani è ora detenuta solo per relazioni sessuali consensuali, Amnesty International la considererebbe prigioniera di coscienza e dovrebbero essere rilasciata immediatamente e senza condizioni.
 
Sakineh Mohammadi Ashtiani è detenuta in carcere a Tabriz, nell'Azerbaigian orientale, e non ha rappresentanza legale, visto che il suo avvocato è stato arrestato e gli è stato impedito di esercitare al professione. Secondo l'agenzia ufficiale iraniana Isna, il 25 dicembre 2011, il capo della magistratura nella provincia dell'Azerbaigian orientale ha affermato che "esperti islamici stanno rivedendo il caso di Sakineh Mohammadi Ashtiani per valutare se l'esecuzione può essere eseguita per impiccagione", anche se in seguito ha detto di esser stato "frainteso", ma senza chiarire in quale modo. La possibilità di modificare il metodo di esecuzione è stata già oggetto di discussione in passato e ci sono stati casi in cui questo è avvenuto. Amnesty International teme che le nuove notizie possano significare che Sakineh rischia di nuovo l'esecuzione.

 

 

Leader of the Islamic Republic
Ayatollah Sayed 'Ali Khamenei
The Office of the Supreme Leader
Islamic Republic Street - End of Shahid Keshvar Doust Street, Tehran, Islamic Republic of Iran
Email: info_leader@leader.ir
Twitter: "Call on #Iran leader @khamenei_ir to halt the execution of Sakineh Ashtiani Mohammadi                 
 
Eccellenza,
 
Le scrivo come sostenitore di Amnesty International, l'organizzazione non governativa che dal 1961 lavora in difesa dei diritti umani, ovunque essi siano violati. 
 
Le chiedo di non mettere a morte Sakineh Mohammadi Ashtiani in nessun modo e di ribaltare la sua condanna alla lapidazione per "adulterio durante il matrimonio".

Le chiedo di fare chiarezza sulla durata della pena detentiva di Sakineh Mohammadi Ashtiani e circa le basi legale che giustificano la sua detenzione.

Le ricordo che se è attualmente detenuta solo per aver avuto rapporti sessuali consensuali, Amnesty International la considera prigioniera di coscienza e chiede che venga rilasciata immediatamente e senza condizioni.

Le chiedo di depenalizzare i rapporti sessuali consensuali tra adulti.

La ringrazio per l'attenzione.

 

 
 
 

RIMBORSI ELETTORALI ANCHE PER I MORTI ?

Post n°965 pubblicato il 13 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

RIMBORSI  ELETTORALI   ANCHE PER I  MORTI  ?  CHIEDIAMO  CHIAREZZA

La rivelazione che la Margherita arraffasse soldi anche dopo morta (con quante mani ancora non si sa oltre qelle di Lusi) è stata considerata dai più una conferma dell’ultra vita dei partiti. Così come i 26 milioni dissolti dalle casse di AN in direzione PDL o ancora il tesoretto dei DS riversato probabilmente nella campagna elettorale di Bersani. Per i più cinici un dettaglio vagamente horror a metà strada tra Frankenstein e i Morti viventi. Per i più deboli di cuore una conferma del carattere mistico dei partiti ai quali è concesso un brandello di eternità, grazie a una speciale intercessione delle onnipotenti divinità bancarie.

Ma facciamo il punto della quantità di soldi pubblici in mano ai partiti estinti:
 

ALLEANZA NAZIONALE
L'ex partito guidato da Gianfranco Fini muore ufficialmente nel marzo del 2009, ma alle politiche del 2008 gli aennini corrono già con Forza
Italia nella lista unica del Popolo della Libertà. Nonostante questo, i conti di An continuano a crescere grazie ai rimborsi delle elezioni politiche del 2006, delle europee del 2004, delle regionali del 2005. Così, il partito riceve 22 milioni 251.447 euro nel 2008, 15 milioni 827.454 euro nel 2009. E ancora 12 milioni 765.159 nel 2010 (ultima rata delle politiche e rimborso per le elezioni in Molise), e 27.069 euro nel 2011 (solo per il Molise). In cassa, resta un patrimonio ingente e tuttora conteso tra coloro che sono rimasti nel Pdl (guidati da La Russa, Gasparri, Matteoli) e quelli che hanno seguito Fini in Futuro e Libertà. Nell'ultimo bilancio presente alla Camera, quello del 2010, il patrimonio netto di An supera gli 83 milioni di euro, mentre l'avanzo è di 6.683.294 euro. 

FORZA ITALIA
Nel 2008, il partito che fu di Silvio Berlusconi è quello che incassa più di tutti in termini di finanziamento pubblico. È morente, il Cavaliere ne ha decretato la fine salendo sul predellino nel novembre 2007 a piazza San Babila a Milano, alle elezioni di quell'anno si presenta la lista del Popolo della libertà, eppure, Forza Italia incassa oltre 42 milioni di euro grazie alle politiche e alle regionali del 2006 e del 2005. Riceverà ancora 30 milioni e 267.789 euro nel 2009, 25 milioni e 24mila nel 2010. E infine, 59.358 euro nell'anno magro del 2011 (per le elezioni in Molise). Nel 2010 il bilancio chiude in passivo. Il disavanzo è di oltre 6 milioni di euro. Nella relazione che accompagna il rendiconto, è Sandro Bondi a spiegare che Forza Italia è intervenuta "a sostegno dell'attività del Pdl da un punto di vista organizzativo e operativo tramite la messa a disposizione di diverse strutture periferiche e di proprie strutture centrali".

DS
I democratici di sinistra non esistono più dal 14 ottobre 2007, giorno di nascita del Partito democratico. Non partecipano più ad alcuna elezione, quindi, ma come per An e Forza Italia, continuano a ricevere i rimborsi delle politiche 2006 (solo per il Senato, alla Camera correvano nell'Ulivo), e delle regionali del 2005. Prendono quindi 11milioni e 729.880 euro nel 2008. Poco meno, 11milioni 104.087 euro, nel 2009. 9 milioni 446.375 euro nel 2010, quando non ci sono più i rimborsi delle regionali del 2005, ma c'è l'ultima rata del Senato e ci sono ancora le consultazioni di Molise e Sicilia. Infine, nel 2011, l'ultimo rimborso per il Molise: 32.605 euro. Tutti soldi che non sono confluiti nel Pd, che rivendica di vivere sui suoi rimborsi. I Ds, nel bilancio 2010, conteggiano un avanzo di 5 milioni e 588mila euro. In quell'anno, già defunti, hanno ricevuto 9milioni e 515mila euro di contributi da persone fisiche, e altri 9 milioni e mezzo sotto la voce: altri. 

MARGHERITA
Democrazia e Libertà - La Margherita può anch'essa considerarsi defunta dall'ottobre 2007, al pari dei Ds, ma come si è scoperto grazie all'inchiesta della procura di Roma che vede al centro il senatore Luigi Lusi, ha continuato a incassare finanziamenti e a restare una organizzazione politica sempre in attivo. Nel 2008 riceve oltre 8 milioni di euro di rimborsi per le politiche del 2006 in Senato e per le regionali del 2005. Nel 2009, incassa 7 milioni e 443mila euro. Nel 2010, 6 milioni e 82.190 euro. Infine, per la consultazione in Molise, 37.163 euro nel 2011.
 A bilancio 2010 si leggono proventi per 14.882.090 euro, ma anche oneri di gestione di 14.474.277 euro. L'avanzo finale, sopra il quale è leggibile la firma dell'ormai ex tesoriere Lusi, è di 976.676 euro. C'è anche una relazione, in cui Lusi spiega che nell'esercizio 2010 la Margherita "ha perseguito nell'attività di supporto del Pd per il rinnovo dei consigli regionali e le altre elezioni amministrative che si sono svolte". E che ha ricevuto da Partito democratico per l'affitto della sede di Sant'Andrea delle Fratte 3 milioni di euro. 

ULIVO E UNIONE
Uniti nell'Ulivo non è mai stato un partito, era la coalizione che teneva insieme Ds e Margherita alle elezioni del 2006. Non è più esistita, dopo la caduta del governo Prodi. Nel 2008 è infatti nato il partito democratico, e il simbolo che più di tutti ricordava il professore è finito in cantina. Eppure, anche l'Ulivo ha ricevuto soldi pubblici dal 2008 in poi. Oltre 23 milioni di euro nel 2008, per le politiche del 2006 e per le europee del 2004 e le regionali del 2005. 14 milioni e 24.591 euro nel 2009. Oltre 15 milioni nel 2010. Soldi che sono andati - anche quelli - ai reduci di Ds e Margherita. All'ultima assemblea, nel giugno 2011, il rendiconto viene firmato dai co-tesorieri Luigi Lusi e Ugo Sposetti, che danno conto anche dell'inizio delle operazioni di chiusura dell'associazione, visto che gli ultimi rimborsi erano stati ricevuti un anno prima. A ricevere soldi è stata anche l'Unione, la coalizione del centrosinistra: un milione e mezzo di euro nel 2008, 641.707 nel 2009, 695.449 nel 2010.

SINISTRA ARCOBALENO
La Sinistra- l'Arcobaleno teneva insieme Rifondazione comunista, il partito dei Comunisti italiani, la Federazione dei verdi e Sinistra democratica in vista delle elezioni 2008. A quella consultazione, guidata da Fausto Bertinotti, la coalizione si presentò senza alcuna alleanza. Il Pd di Veltroni evitò l'apparentamento. Così prese solo il 3 per cento e per la prima volta dalla famosa scissione dopo il cambio di nome del Pci, la sinistra radicale venne esclusa dalla Camera e dal Senato non eleggendo neanche un parlamentare. Subito dopo, i partiti che formavano la lista andarono ognuno per la sua strada. Incassando però 1 milione 914.428 euro nel 2008, 1 milione 668.569 euro nel 2009, 1 milione 794.742 euro nel 2010 e ancora 1.730.152 euro nel 2011. E infatti, l'associazione, con sede a Roma in via Napoleone Terzo 28, chiude il bilancio 2010 con un avanzo di 696.594 euro. 
Fonti: Il Fatto Quotidiano, Repubblica

 
 
 

I mille occhi di Goldman Sachs

Post n°964 pubblicato il 13 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

Accusata di aver aiutato la Grecia a nascondere lo stato reale delle sue finanze pubbliche e poi di speculare sul debito del paese, la grande banca d'investimento statunitense dispone di una fitta rete di consiglieri molto ascoltati dai responsabili europei.  
(anche Mario Monti è stato International Advisor della Goldman Sachs, ndr)

Marc Roche*


Petros Christodoulou non ha mai dato molta importanza ai complimenti, anche se fin dall'adolescenza è abituato a ricevere lodi. Ma questo banchiere, nominato il 19 febbraio a capo dell'organismo che gestisce il debito pubblico greco, è oggi al centro dell'attenzione internazionale. L'ex responsabile dei mercati della National Bank of Greece (Nbg) è infatti il principale accusato nell'inchiesta sui contratti relativi al debito greco che legano la banca d'affari americana Goldman Sachs e altre società al governo di Atene, annunciata il 25 febbraio dalla Federal reserve.
L'istituto newyorchese si è fatto retribuire per la consulenza al governo ellenico mentre al tempo stesso speculava sul debito del paese. In particolare, la banca centrale statunitense indaga sul ruolo svolto dal Petros Christodoulou, che all'inizio del 2009 ha gestito la creazione della società londinese Titlos insieme alla Goldman Sachs  per trasferire il debito del bilancio della Grecia su quello della Nbg. Particolare importante: prima di entrare in questa banca nel 1998, Christodoulou era dipendente della Goldman Sachs.
Il governo Sachs
Questo caso mette in luce la potenza della rete europea che la Goldman Sachs gestisce fin dal 1985. Questo sistema di relazioni, al tempo stesso sotterraneo e pubblico, ha i suoi intermediari e i suoi fedeli, che grazie alle loro conoscenze aprono le porte delle cancellerie. Consiglieri reclutati con grande cura e pagati a peso d'oro che conoscono tutti gli aspetti del potere all'interno dell'Unione europea, e sono vicini ai responsabili politici, che possono chiamare direttamente al telefono nei momenti di crisi.
Ma chi sono i membri del versante europeo del "governo Sachs", come viene chiamata a Washington a causa al suo potere di influenza?L'elemento chiave è Peter Sutherland, presidente della Goldman Sachs International, filiale europea con sede a Londra: questo ex commissario alla concorrenza ed ex presidente della Bp è la pietra angolare per quanto riguarda i Ventisette e la Russia. In Francia la banca beneficia del sostegno di Charles de Croisset, ex capo del Credit Commercial de France (Ccf), che è succeduto a Jacques Mayoux, ispettore delle finanze ed ex responsabile della Société générale. In Gran Bretagna la Goldman conta su Lord Griffiths, che ha consigliato l'ex primo ministro Margaret Thatcher, e in Germania su Otmar Issing, ex membro del direttorio della Bundesbank ed ex capo-economista della Banca centrale europea (Bce).
Lobbying in incognito
Per non parlare poi di una serie di "alumni" (ex dipendenti) presenti in numerosi settori chiave e sui quali l'istituto può contare per muovere le sue pedine. Il più reputato è Mario Draghi, suo vicepresidente per l'Europa fra il 2001 e il 2006, attualmente governatore della Banca d'Italia e responsabile del gruppo dei regolatori, il Consiglio di stabilità finanziaria. Tuttavia, nei solenni corridoi della Goldman Sachs International è difficile incontrare ex diplomatici. La banca infatti preferisce ricorrere a finanzieri, economisti, responsabili di banche centrali o alti funzionari delle organizzazioni economiche internazionali. L'impresa considera gli ambasciatori in pensione come dei simpatici personaggi, ma privi di contatti ai più alti livelli e digiuni di conoscenze nel mondo degli affari.
Per la Goldman Sachs uno dei vantaggi di questa rete di relazioni è quello di potersi muovere senza dare nell'occhio. Sul Financial Times del 15 febbraio Issing ha scritto un articolo ostile all'operazione di salvataggio della Grecia da parte dell'Unione europea. Issing ha firmato il pezzo, omettendo però di precisare che dal 2006 è consigliere internazionale della Goldman Sachs, e che il dipartimento commerciale della banca, che ha speculato contro la moneta unica, avrebbe tutto da perdere da un intervento europeo.

*Le Monde (Parigi)

 
 
 

LA COSPIRAZIONE DELLE MULTINAZIONALI ECCO LE PROVE

Post n°963 pubblicato il 13 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

Non più Solo Teorie: 10 Prove di una Cospirazione (2011)

- di M. Adams -
Traduzione di Anticorpi.info
Il 2011 è stato l’anno in cui numerose ‘teorie del complotto’ hanno smesso di essere teorie per diventare fatti. Gli articoli su come costruire ed usare un cappello di stagnola di colpo sono schizzati in tutte le prime pagine dei maggiori giornali del paese. Il mondo a quanto pare è più strano di quanto riusciamo a immaginare, e nel 2011 ne abbiamo avuto la ennesima dimostrazione.
Ecco le prime dieci conferme della esistenza di una cospirazione, emerse nel corso dell’ultimo anno:
1 - Obama ammette che il governo degli Stati Uniti ha sfruttato i prigionieri del Guatemala come cavie umane  per esperimenti medici illegali.
Quando abbiamo prodotto una lunga lista di crimini medici contro l’umanità compiuti nel 2006 dal governo americano, i media mainstream sono rimasti in silenzio (Esempio). La gente insisteva ad affermare che il governo fosse etico ed onesto, e che mai avrebbe potuto essere coinvolto in alcun crimine contro l’umanità. (ROFL!)
Quando è spuntata fuori la verità sugli esperimenti ai danni dei prigionieri guatemaltechi, però, la notizia si è diffusa così rapidamente i media mainstream nulla hanno potuto per insabbiare la storia.
Così oggi il mondo intero sa che il governo degli Stati Uniti e il suo National Institutes of Health (NIH ) sono criminali che uccidono esseri umani innocenti al fine di studiare nuovi farmaci per Big Pharma (Link).
2 - La FDA usa tecniche di infiltrazione e spionaggio in stile KGB per stroncare la distribuzione di latte non pastorizzato.
In America è legale vendere succo d’arancia non pastorizzato fino a quando si appone su di esso una etichetta;  ma se ti azzardi a vendere del latte non pastorizzato la FDA e il Dipartimento dell’Agricoltura della California ti aggrediscono con un trattamento in stile KGB, in quanto sono entrambe diventate bande criminali che praticano feroci campagne ritorsive contro soggetti inermi. Natural News ha pubblicato la storia di come la FDA usi telecamere spia, tecniche di infiltrazione e altre trappole per raccogliere prove di ‘colpevolezza’ prima di penetrare a mano armata nella tua proprietà e distruggere 50.000 dollari di alimenti di fronte a capannelli di testimoni attoniti (Link).
3 - Collusioni tra la medicina istituzionale ed il complesso militare industriale, esposti da Natural News
In un’altra storia investigativa del 2011 abbiamo scavato nelle fonti di finanziamento dell’Istituto di Medicina, e scoperto che riceve un enorme sostegno finanziario dal Pentagono, da appaltatori privati della difesa e da organizzazioni globalistiche che traggono sistematicamente profitto dalle guerre. Nessuna meraviglia che la IOM promuova le vaccinazioni in modo così aggressivo; è una guerra contro l’umanità condotta una siringa alla volta. (Link)
4 - L’USDA (Dipartimento dell’Agricoltura USA – n.d.t.) sorpreso ad eseguire programmi di uccisione di massa di uccelli e mammiferi.
Per molti sarà scioccante apprenderlo, ma l’USDA è stato scoperto nella esecuzione di eccidi di massa programmati su animali quali uccelli, volpi, cinghiali ecc. Tutto ciò viene realizzato principalmente mediante veleni chimici che finiscono per uccidere anche altri animali, come le aquile. (Link)
5 - Il caso di Abu Dhabi conferma definitivamente l’esistenza delle tecniche di controllo climatico.
Prova a parlare alle teste di fluoro di “tecnologie per il controllo del tempo”, e subito pensano che tu sia una specie di strambo teorico della cospirazione. Eppure il controllo climatico è già da tempo ufficialmente in piena attività appena fuori Abu Dhabi, dove una vasta gamma di generatori di ioni negativi producono tempeste di pioggia artificiale che scaricano milioni di galloni di acqua fresca nel deserto (Link).
6 - Infowars riprende con una telecamera nascosta le operazioni di fluorizzazione dell’acqua.
Non esistono più dubbi su quanto il fluoro sia pericoloso, corrosivo e persino mortale. Alex Jones ed il team di Infowars sono riusciti a girare un video che mostra le operazioni di fluorizzazione dell’acqua presso Austin, Texas. Il video è stato poi diffuso su Internet. Una roba scioccante (Link).
7 - Documentazioni confermano che il Dr. Wakefield era innocente, e che il BMJ (British Medical Journal – n.d.t.) abbia cospirato per screditarlo.
In un turbine di colpi di scena non ancora riconosciuto dai media mainstream, è stata provata la innocenza del dr. Andrew Wakefield dalle infondate accuse mosse contro di lui.
(secondo Wikipedia “Andrew Wakefield (1957) è un ex medico britannico, noto principalmente per aver falsificato una pubblicazione scientifica che sosteneva una relazione tra vaccinazione trivalente e autismo.” – n.d.t.)
I documenti attestano che egli non abbia falsificato la sua ricerca come è stato affermato dalle riviste mediche e dai media mainstream, tra cui  la CNN. Infatti, i veri criminali sono coloro i quali lo hanno infamato (Link).
8 - L’USDA collusa con Monsanto per la legalizzazione delle erbe mediche geneticamente modificate.
Non c’è niente di meglio degli OGM per uccidere lentamente un intera nazione. Si ottiene un aumento della infertilità, tossicità organica ed un galoppante inquinamento ambientale. Nel 2011, l’USDA ha deciso di attaccare il mondo con gli OGM, diffondendo negli Stati Uniti sia la erba medica che il mais, geneticamente modificati (Link).
9 - La FDA ammette che la produzione industriale di carne di pollo contenga arsenico.
Nel 2011 i media mainstream sono impazziti nel segnalare la presenza di tracce di arsenico nel succo di mela, ma non si sono mai presi la briga di riferire in merito alle concentrazioni molto più elevate di arsenico nella carne di pollo. Il nostro articolo in merito ha ricevuto la bellezza di 78.000 condivisioni su Facebook nel 2011, che lo hanno reso una delle nostre storie più condivise di sempre (Link).
10 -  Il Dr. Maurice Hilleman - scienziato della Merck - ammette che i vaccini contengono un virus cancerogeno.
Le incredibili ammissioni del dr. Maurice Hillemanha hanno provocato onde di incredulità quando si è diffusa sul web una registrazione segreta in cui lo scienziato della Merck ridacchia con altri scienziati deridendo le  persone che si ammalerebbero di tumori dopo essersi vaccinate. Registrazione su NaturalNews.TV. (Link)

Articolo in lingua inglese, pubblicato sul sito Natural News
http://www.naturalnews.com/034501_conspiracy_theories_facts_2011.html

Traduzione di Anticorpi.info

Il Mondo Secondo Monsanto

http://www.anticorpi.info/2012/02/non-piu-solo-teorie-10-prove-di-una.html

 
 
 

Ecco i redditi dichiarati da Brunetta, Casini, Di Pietro, Veltroni...

Post n°962 pubblicato il 13 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

Ecco i redditi dichiarati da Brunetta, Casini, Di Pietro, Veltroni...

 Ecco alcune delle dichiarazioni dei redditi pubblicate sul sito delle Camere (solo 224 su 945 hanno acettato). Sotto i centocinquantamila euro ovviamente "non sei nessuno", ma resta un dubbio: poichè gadagnano oltre 12000 euro al mese solo come parlamentari, quanto devono dedurre e come per stare così bassi?...


Brunetta
Da Ravello alle Cinque Terre
proprietà con panorama-mare 

 Inizia la legislatura - ancora single - vantando una casa con terreno a Ravello (Salerno), una a Monte Castello di Vibio (Perugia), una a Roma e un'altra a Venezia. Viaggia, a scelta, su una Fiat 500 del '68, su una Lada Niva o una Jeep Wrangler. Esibisce un 740 da 228 mila euro. Nel 2009, mentre è ministro della Funzione pubblica, acquista per 40mila euro una casa di 40 metri quadri, con giardino di 400 (da ristrutturare), a Riomaggiore, alle Cinque Terre (La Spezia). Il reddito negli anni successivi passa a 182 mila, 310 mila e 279 mila. 

Veltroni
Un reddito super fino al 2007
poi nel 2011 scende a 136 mila
Walter Veltroni viene eletto nel 2008 presentando un reddito 2007 invidiabile, 477 mila euro. Paga 198mila euro di tasse. Con ogni probabilità, agli emolumenti politici si sommano le royalty delle vendite dei suoi libri. Una volta eletto, l'imponibile dell'ex segretario democratico ha un brusco calo, quasi si dimezza passando nel 2009 (relativo all'anno prima) a 238mila mila e a 214mila l'anno successivo. Ma nel 2011 (rispetto al 2010), il reddito si riduce a 136 mila. 

Maroni Una casa a Varese, un terreno
anche una barca per l'ex ministro
Tra i "beni mobili iscritti in pubblici registri" di proprietà di Maroni Roberto-Ernesto risultano, nel 2008, una barca di sedici metri (una quota del 33%) immatricolata nel 1980, due Fiat Panda e un'Audi A4. Dichiara fabbricato più terreno a Lozza, vicino a Varese, e dichiara un imponibile di 220 mila euro (di cui 90 da lavoro autonomo). Negli anni successivi acquista un immobile a Varese con la consorte. E vende un'auto. Mentre è ministro non esercita la professione di avvocato, e dunque il reddito scende a 170 mila euro. 

Bersani Il leader pd a quota 137 mila euro
e allega lo stipendio della moglie
Pier Luigi Bersani dichiara nel 2008 50 mila euro di spese elettorali per approdare alla sedicesima legislatura. Il segretario Pd pare non amare le auto made in Italy visto che dichiara due auto d'Oltralpe (Renault Megane e Twingo). Il suo reddito oscilla da 163mila euro nel 2007, a 150, 137 e 136 mila negli anni successivi. Il politico democratico allega al suo anche il 740 della moglie, che ha un reddito complessivo di 15mila euro. Al netto delle tasse, la signora Bersani guadagna all'incirca mille euro al mese.

Di Pietro Un appartamento a Bruxelles
e investimenti a Montenero
Antonio Di Pietro, nel 2008, denuncia di possedere sei fabbricati, uno persino a Bruxelles (ma solo al 50%), uno a Curno (Bg), e poi a Montenero di Bisaccia (Cb). L'appartamento a Milano è di una Srl, Antocri, di cui è proprietario. Viaggia su una Hyundai Santa Fè, dichiara 219mila euro, ed ha 26mila azioni Enel. Negli anni successivi cessa l'usufrutto dei fabbricati a Bergamo e Milano, vende Curno, compra e vende terreni e fabbricati nella sua zona natia. E si libera della Santa Fè. Il suo reddito si assesta alla fine intorno ai 190mila euro. 

Bonino Immobili e 217 mila euro di reddito
ma il 70 per cento va ai Radicali
Emma Bonino, stando al suo stato patrimoniale, nel 2010 ha incassato un reddito complessivo di 217 mila euro (compresa la pensione da parlamentare europea di 17 mila euro). Di questi, però, ne ha versati al partito Radicale, stando alla documentazione presentata, 158 mila. Per essere eletta, ha speso 447 euro in volantini. Il suo patrimonio immobiliare è composto da un negozio a Roma, in piazza della Malva, un fabbricato a Roma, un box a Bra (Cn), e una casa ad Alassio, in Liguria. 

Casini Azioni del Monte dei Paschi
e quote in sei fabbricati
Pier Ferdinando Casini, appena eletto, dichiara 150mila euro e di essere proprietario di sei fabbricati (ma in quote che vanno da un sesto al 50%), a Bologna. Nel 2008 ha 489 azioni San Paolo, 115 Unicredito Italiano e 400 della Banca Alto Reno Lizzano in Belvedere. Ma negli anni successivi il leader Udc incrementa il suo portafoglio azionario acquistando 13 mila azioni del Monte dei Paschi di Siena. E svariati titoli stranieri: dai tedeschi Solarword, Basf e Siemens ai francesi Peugeot e Citroen, dagli spagnoli della Telefonica Sa ai lussemburghesi D'Amico Shipping Luxemburg.

Della Vedova Un rustico da 200 metri, azioni
e un reddito da 126 mila euro
Benedetto Della Vedova (uno dei quattro di Fli ad aver accettato la pubblicazione online dei dati fiscali), nel 2008 dichiara di aver un rustico a Tirano, vicino a Sondrio, un alloggio a Milano di sessanta metri quadri e una Fiat Croma. Dichiara 126 mila euro. Gli anni successivi acquista una Sedici, il rustico cresce da 75 a 200 metri quadri, e il portafoglio azionario s'arricchisce di azioni del Credito Valtellinese, del Fondo Carmignac. Nel 2011, l'anno in cui i finiani furono cacciati dal Pdl, stipula una polizza vita rivolgendosi al Capital Progress di Allianz.

fonte: repubblica.it

 
 
 

I "Bond Morte" della Deutsche Bank, goldman sachs, J.P. Morgan FERMIAMOLI NON SI PUO' SPECULARE SULLA MORTE

Post n°961 pubblicato il 12 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

I "Bond Morte" della Deutsche Bank: incassi se crepano, perdi se vivono!

Che cos'è diventato il mondo della finanza ce lo spiega bene l'ultima trovata della Deutsche Bank (e di altri giganti della finanza): i Bond sulla morte, i "death bonds"!
Tecnicamente naturalmente non si chiamano così: sono i "db compass life 3".

Le versioni 1 e 2 erano più tradizionali anche se non meno ciniche. In pratica si commercializzavano come titoli finanziari le polizze vita che le persone fisiche non potevano più permettersi di mantenere. E quindi se il soggetto assicurato moriva precocemente se ne incassava il maggior rendimento. Un giochino che ha prodotto un mercato niente male, con la Deutsche Bank che acquista le polizze da cittadini americani in difficoltà economica e le rivende a Istituti bancari e fondi Hedge (fondi speculativi) incassando in pochi anni 700 milioni di euro...
In generale il mercato delle polizze vita muove oltre 17 miliardi di dollari e quello dei fondi pensione americani oltre 23 trilioni di dollari. Per recuperare la liquidità necessaria a coprire i bilanci dei fondi pensione, ecco che parte del portafoglio assicurativo viene ceduto sotto forma di securities legate alle polizze sulla vita. In pratica se la persona vive di più il Fondo ci perde perchè gli paga la pensione ma recupera sulla minore redditività dei "titoli-morte" emessi. Se muore prima ci guadagnano tutti (tranne lui, ovviamente!).

A gestire i mercati alternativi in cui trattare questi titoli correlati al "rischio longevità" ci sono i tre colossi bancari Goldman Sachs, Deutsche Bank e J.P. Morgan. Le obbligazioni in questione sono appunto i cosiddetti "Death bonds", derivati finanziari costruiti sulle assicurazioni sulla vita.
Un meccanismo senza scrupoli in cui i grandi colossi finanziari incassano tanto più quanto prima muore il soggetto (che gufata!).

Così siamo arrivati alla terza generazione, in cui la puntata sull'aspettativa di vita (anzi "di morte") diventa una scommessa esplicita: i "db compass life 3" si fondano sulle vite di un campione di 500 cittadini statunitensi di età compresa tra 72 e 85 anni. Anziani che vengono regolarmente contattati da una società specializzata e mettono a disposizione i loro dati sanitari in cambio di denaro. Il sistema della banca tedesca si basa poi su complessi calcoli matematici ma, come riassume lo Spiegel, si traduce in una formula molto semplice: tanto più velocemente una delle 500 persone del campione passa a miglior vita, tanto più alto risulta il guadagno per l’investitore!
Secondo i calcoli effettuati dallo studio legale von Ferber-Langer, se le persone-campione vivono in media al massimo 12 mesi in più di quanto stimato dai medici, la rendita per gli investitori va oltre il 6%. Se invece, malauguratamente, decidono che non è ancora arrivata la loro ora e vivono più di 3 anni in più di quanto pronosticato dai medici, allora gli investitori perdono la metà dei loro soldi. La rendita oscilla tra questi due punti: se le persone-campione vivono dai 12 ai 38 mesi in più di quanto atteso o meno!
Ora che è scopiato lo scandalo, l'associazione delle banche tedesche fa mea-culpa e parla di codice etico... Ma in realtà questa storia dimostra esattamente in che mani si trova la gestione finanziaria della crisi economica e la considerazione che questa burocrazia economica ha degli esseri umani e in particolare degli anziani usciti dal mondo del lavoro: un "peso" che deve togliere rapidamente il disturbo.

http://isegretidellacasta.blogspot.com/2012/02/i-bond-morte-della-deutsche-bank.html

 

 
 
 

DICIAMO NO A MONTI SUL FISCAL IMPACT FIRMA LA PETIZIONE

Post n°960 pubblicato il 12 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

 

47 MILIARDI DI EURO ALL’ANNO PER 20 ANNI. ECCO COSA COSTERA’ ALL’ITALIA LA FIRMA DI MONTI SUL “FISCAL IMPACT”. DOBBIAMO FERMARLI!

FIRMA    LA   PETIZIONE  

http://petizionepubblica.it/PeticaoVer.aspx?pi=P2012N19402

 

Pubblicato il10 febbraio 2012

 

Questo é un appello a tutti i lettori per firmare la petizione online contro l’ultimo Trattato Europeo firmato da Monti che prevede la modifica della nostra Costituzione (art 81) e l’imposizione all’Italia del pagamento di ben 940 miliardi nei prossimi 20 anni (il 3% del PIL annuo). Un Trattato che prolungherà la crisi per anni e anni, facendo l’interesse delle banche e impoverendo noi e le nostre generazioni future per sempre. Il trattato si chiama Fiscal Impact ed é stato firmato da un governo che noi non abbiamo eletto e che non si é neanche degnato di chiedere al popolo italiano il permesso di farlo.

Il Fiscal Impact impone il pareggio di bilancio a tutte le nazioni dell’UE e rappresenterà l’ultimo grande e decisivo passo verso il compimento del golpe tecnocratico-finanziario che ci impoverirà tutti.

Il trattato impone l’abbattimento del debito pubblico italiano, per la quota che eccede il 60% del PIL, un ventesimo all’anno, quindi il 3% del PIL. Ergo, l’Italia dovrebbe pagare in 20 anni la bellezza di 940 miliardi di Euro. Si tratta di 47 miliardi all’anno. Considerando che la recente manovra Monti che ci sta dissanguando ha permesso al governo di incassare “solo” 24 miliardi, facendo un rapido e doloroso calcolo, si deduce che serviranno l’equivalente di due di queste manovre all’anno. Per vent’anni. Già piango.

Vi rendete conto a cosa stiamo andiamo in contro? Tasse sempre più alte, liberalizzazioni selvagge che ridurranno lo stipendio di chiunque, licenziamenti a tappeto dei dipendenti pubblici, nuove proroghe sulle pensioni, immensi taglia sulle opere pubbliche, infrastrutture, trasporti, servizi pubblici e di tutta la spesa pubblica in generale. Per di più, se mai sopravviveremo a questi vent’anni, per le nuove generazioni si prospetterà tragicamente l’austerity ad vitam: Per l’eternità dovranno subire le rigide condizioni che il pareggio di bilancio esige: se il governo ci darà 100, dovrà riprendersi 100. Se non lo farà l’Unione Europea ci tartasserà con salatissime multe. L’economia italiana sarà controllata ed imbrigliata per sempre. Ci vogliono mantenere in uno stato di crisi economica perenne.

Un trattato simile che avrà ripercussioni disastrose sul nostro futuro, che comporta addirittura la modifica dell’Articolo 81 (sul bilancio dello Stato) della nostra Costituzione, non può essere firmato da un governo non eletto dal popolo italiano e soprattutto senza interpellarci con un sacrosanto Referendum popolare. Ma che fine ha fatto la democrazia? Dove é finita la nostra sovranità popolare? Nessuno ha il diritto prendere decisioni simili, che ci impoveriranno per sempre, senza interpellarci.

Il Grande Golpe Finanziario finora ha agito nell’ombra. Ha messo governi fantocci in Italia e Grecia, attuato piani speculativi per colpire a piacimento qualsiasi nazione dell’UE (Spagna, Irlanda, Portogallo). Banche ed istituti finanziari hanno preso per le palle intere nazioni: Stati con milioni e milioni di abitanti ora gli devono dei soldi. É una cosa inaudita, ma ci pensate a cosa sta accedendo? In milioni stiamo dando soldi a pochi privati che hanno messo in piedi un abile meccanismo per accumulare denaro su denaro, alle nostre spalle. É il sistema capitalistico-finanziario che permette tutto questo: introducendo il pareggio di bilancio, tutti questi schifosi magheggi della Finanza Internazionale diventeranno la prassi.

Tutti noi dovremmo per sempre soldi alle banche che si stanno assicurando per anni e anni, un imponente credito sulla spesa pubblica dei nostri Paesi, incentivandoli a contenerla per sempre.  Per di più con l’obbligo del pareggio di bilancio, si stanno assicurando il rientro dei capitali investiti, corredati di succosi interessi, nel breve periodo della chiusura del bilancio. E non é finita qui, perché, se in futuro, qualsiasi stato europeo, compresa la povera Italia, non raggiungerà il pareggio di bilancio annuale, dovrà pagare pesantissime multe alla BCE, al FMI o a qualsiasi altro organo di controllo finanziario sovranazionale esistente, guarda caso controllati proprio da quelle banche private e istituti finanziari che hanno messo in moto la grande recessione economica per poter impadronirsi dell’intera Europa.

Uno scenario del genere non può e non deve esistere: ma che futuro ci attende? Siete disposti a vent’anni di austerity forzata? E per che cosa poi? Per pagare dei debiti che noi non abbiamo né voluto né contratto? Non siete stufi di subire le decisioni di altri? Di subire il golpe finanziario delle banche internazionali? Non vi fa rodere il fegato sapere che il nostro governo, ovvero chi ci rappresenta, si é così subdolamente prostituito ai voleri dei nuovi padroni d’Europa, svendondo il nostro futuro?

Dobbiamo svegliarci! E’ ora di farci sentire! L’unica nostra arma é la democrazia. Possiamo e dobbiamo chiedere un Referendum per bloccare tutto ciò:

Firma anche tu la petizione per richiedere un referendum sul Fiscal Impact e sulla modifica dell’Art. 81 della nostra Costituzione. Non dico tanto, ma che ci mettano almeno nelle condizioni di poter esprimere il nostro parere, di poter far valere i nostri diritti di sovranità, riconosciuti nella Costituzione e nella Carta dei Diritti Universali dell’Uomo! E allora firmiamo per riprendiamoci i nostri diritti. La nostra sovranità. Il nostro futuro!

>>Clicca qui per firmare la petizione on line<<

 

FONTI:

http://www.nodebito.it/

http://paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=327

http://contropiano.org/archivio-news/documenti/item/6526-il-nuovo-patto-fiscale-europeo-fine-della-democrazia

ECCO    IL  TESTO  DELLA   PETIZIONE    CLICCA   QUI PER  FIRMARE 

http://petizionepubblica.it/PeticaoVer.aspx?pi=P2012N19402

 

Chi decide?
Noi vogliamo decidere
- sul Trattato sulla stabilità e la governance dell’Unione economica e monetaria
- sull’articolo 81 della Costituzione
Si stanno assumendo decisioni di vitale importanza per tutti e tutte noi.
I governi dell’Unione Europea stanno varando un nuovo Trattato sulla stabilità e la governance per rendere permanenti i piani di austerità che mirano a tagliare salari, stipendi e pensioni, a manomettere il diritto del lavoro, a privatizzare i beni comuni, e che prevedono addirittura la modifica delle Costituzioni. Con questo Accordo economico i governi, qualunque siano i loro colori politici, devono attuare nelle politiche di bilancio le decisioni del Consiglio europeo, della Commissione europea e della Banca Centrale Europea: la democrazia sarebbe cancellata, il potere sarebbe nelle mani dei mercati finanziari, delle banche, della tecnocrazia.
Il governo Monti non può decidere i nostri destini, i cittadini e le cittadine devono decidere sul Trattato sulla stabilità e la governance.
Il Parlamento italiano sta riscrivendo, per accogliere i diktat dell’Unione Europea, l’articolo 81 della Costituzione per imporre il pareggio di bilancio così da legittimare e rendere intoccabili le politiche liberiste e impedire che le istituzioni pubbliche, dallo Stato ai Comuni, possano intervenire nella gestione dell’economia a salvaguardia degli interessi generali.
Noi cittadini e cittadine, ispirandoci alla saggia massima della giurisprudenza romana “ciò che tocca tutti, da tutti deve essere deciso”, chiediamo di fare svolgere:
1. un referendum popolare di indirizzo – come quello già tenutosi in Italia nel 1989 – sull'Accordo di Unione economica rafforzata;
2. un referendum popolare, rispettando le condizioni previste dall'articolo 138 della Costituzione, sulle modifiche dell'articolo 81 della Carta costituzionale.

 

 
 
 

Monti faccia cose di sinistra Per salvare l’Italia

Post n°959 pubblicato il 12 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

 

Intervista
“Per salvare l’Italia Monti faccia cose di sinistra”

Niccolò Cavalli

Applicando la ricetta individuata da Keynes nell’ultimo capitolo della Teoria generale, l’Italia potrebbe crescere in 5 anni del 2,5% in termini reali. Ne è convinto Giorgio Lunghini, ordinario di Economia politica all’Università di Pavia e accademico dei Lincei. Per l’economista l’azione del Governo Monti, improntata a una politica “dei due tempi”, è per definizione fallimentare: «È vero che il vincolo di bilancio è un problema reale, ma l’equità e la crescita lo sono altrettanto, anche perchè le condizioni del debito pubblico italiane non sono affatto disastrose, mentre ciò che spaventa gli investitori è principalmente il fatto che l’economia non cresca da almeno 10, 15 anni». 

Il premier Mario Monti, per Lunghini la sua politica è finora «fallimentare»
Il premier Mario Monti, per Lunghini la sua politica è finora «fallimentare»

Il 6 febbraio Giorgio Lunghini, professore di Economia Politica all’Università di Pavia e socio dell’Accademia Nazionale dei Lincei, ha tenuto con Stefano Lucarelli una conferenza sulle Teorie economiche di fronte alla crisi, terzo incontro nell’ambito delle 10 lezioni sulla crisi alla Casa della Cultura di Milano.

«La teoria economica oggi dominante - la teoria neoclassica – si presenta come una teoria capace di indagare qualsiasi aspetto dell’attività umana», ha spiegato Lunghini. «Essa sembra essere riuscita in un’impresa che sinora la fisica ha mancato: la proposta di un modello unificato di spiegazione della realtà considerata di propria competenza. Di certo, essa è riuscita a imporre come elementare e indiscutibile buon senso la sua visione del mondo e le conseguenti raccomandazioni politiche». «Tuttavia», nota Lunghini, «un economista non deve conoscere soltanto un metodo e una sola teoria, ma deve partire dalla consapevolezza che la teoria neoclassica è solo uno tra i molti modi di guardare alla realtà economica e sociale». «Leggere i classici», continua l’economista, «non è solamente un esercizio di storia del pensiero economico, ma è l’unico modo per acquisire quegli strumenti di comprensione e di critica che la teoria mainstream non è in grado di fornire. I classici sono molto più vivi di molti degli economisti che oggi scrivono su riviste e quotidiani».

Professor Lunghini, in cosa consiste la teoria economica neoclassica?
Al contrario dell’economia politica a essa precedente, l’economia neoclassica considera l’individuo, e non le classi sociali, quale oggetto della propria analisi, un individuo che è caratterizzato e studiato come un essere perfettamente razionale e con una conoscenza perfetta del futuro, intento a massimizzare la propria funzione di utilità. Questo individuo si muoverà, nello spazio astratto di un mercato in cui la moneta non conta nulla, entro i limiti imposti dalle proprie risorse e dalle strategie degli altri individui, fino a che tale interazione non condurrà all’equilibrio. Anche quando l’analisi neoclassica viene problematizzata, tentando di integrarla con asimmetrie informative, aspettative razionali, o distinguendo tra breve e lungo periodo, l’impostazione di base rimane quella ora descritta.

E che cosa c’è che non va in questa impostazione?
Il mondo neoclassico è dominato dall’armonia invece che dal conflitto, dalla razionalità invece che dall’incertezza, dall’equilibrio invece che dalla crisi: chiunque può rendersi che non si tratta affatto di una descrizione realistica della realtà in cui viviamo. È significativo che l’economia neoclassica non abbia una teoria delle crisi, ossia non preveda la crisi come possibile esito endogeno del sistema. Questo, alla luce dei fatti, dovrebbe già essere un motivo sufficiente per abbandonarla; ed è politicamente preoccupante che le ricette proposte per uscire dalla crisi non facciano altro che ispirarsi proprio alla sua filosofia, che è quella del laissez faire. Il mercato del lavoro, ad esempio, è concepito come inefficiente quando sindacati troppo potenti impongono un salario più alto di quello d’equilibrio: per la teoria neoclassica, la soluzione consiste nell’indebolire i sindacati e creare maggiore concorrenza tra i lavoratori, così da eliminare gli attriti artificiali e determinare un saggio salariale più basso, di equilibrio, in corrispondenza del quale non vi sarà disoccupazione involontaria, così che la produzione che ne risulta sarà interamente venduta. È questo l’impianto ideologico che giustifica l’idea di eliminare l’articolo 18, e diminuire le tutele ai lavoratori.

Cosa direbbero, invece, i classici?
David Ricardo era giunto, al termine di un ragionamento analitico molto rigoroso, a dimostrare una cosa che sembrerà molto semplice, ossia che se i salari sono alti, i profitti saranno bassi, e viceversa. In una società divisa in classi, il prodotto sociale non andrà tutto ai lavoratori, ma viene diviso tra i percettori di rendita, i capitalisti e i lavoratori stessi. In quest’ottica, nella sfera della distribuzione non vi è armonia, come sostiene la teoria neoclassica quando si concentra sulla “produttività marginale”, ma vi è conflitto: tra i rentiers e i capitalisti, e tra i capitalisti e i lavoratori. Piero Sraffa riprese questo punto, mostrando ineccepibilmente, e con un inconfutabile apparato matematico, che l’armonia distributiva postulata dalla teoria neoclassica non è dimostrabile: non esiste nessun livello “naturale” del salario, e non esiste nessuna configurazione “di equilibrio” nella distribuzione del prodotto sociale, poiché esso sarà distribuito, oltre che in base alle condizioni tecniche della produzione, in funzione dei rapporti di forza e delle variabili monetarie e finanziarie. Il risultato di questa critica è però stata la damnatio memoriae caduta su Sraffa e su tutto il suo lavoro.

Tra gli autori classici, lei cita anche Marx.
Marx è l’unico autore che fornisce una teoria della crisi, eppure è proprio lui a mostrare che il capitalismo potrebbe anche riprodursi senza incontrare crisi, ma se e soltanto se la distribuzione del prodotto sociale fosse tale da non generare situazioni in cui i redditi sono troppo bassi per sostenere la domanda, ossia quando la distribuzione della ricchezza viene spostata dai salari ai profitti. Marx parlava in questo senso di “crisi di sovrapproduzione”; il che però non significa che “abbiamo prodotto troppo”, poiché si tratta di una sovrapproduzione relativa: rispetto alla capacità d’acquisto, non rispetto ai bisogni della società, che sono anzi spesso frustrati proprio da questo meccanismo di mercato, che lascia le parti non abbienti della popolazione in stato di privazione. L’altra condizione individuata da Marx era che moneta, banca e finanza avrebbero dovuto essere funzionali soltanto al processo di produzione e riproduzione del sistema, e non dare invece luogo a sovraspeculazione e a crisi di tesaurizzazione. Se le merci non si vendono, infatti, è anche perché la ricchezza viene tesaurizzata oppure utilizzata per attività speculative. Keynes condivise con Marx quest’analisi.

Ma Keynes non era convintamente antimarxista?
Da buon liberale inglese nato nell’Ottocento lo era, certo, ma d’altronde lo stesso Marx dice di sé je ne suis pas marxiste. Il punto su cui Keynes si trovò in accordo con Marx è la critica alla teoria standard, che considera neutrale la moneta, cioè vede la moneta come un semplice mezzo per lo scambio di merci, mentre nella realtà capitalistica la moneta viene domandata di per sé stessa. Questo potrebbe essere considerato un comportamento irrazionale: perché mai detenere moneta, così rinunciando all’utilità derivante dall’acquisto di un bene oppure all’interesse fornito dall’acquisto di titoli? Solamente Paperon de’ Paperoni ama il denaro in quanto denaro! In realtà, spiega Keynes, nel mondo reale è perfettamente razionale detenere moneta in forma liquida, poiché viviamo in un mondo incerto, e la domanda di moneta tende a crescere con l’aumentare della nostra percezione di incertezza, così come tenderà in questo caso a crescere il tasso di interesse, ossia il premio che chiediamo per separarcene. Ma il tasso di interesse, unito all’incertezza circa il futuro, sono proprio le due determinanti delle scelte di investimento da parte degli imprenditori, che potranno dunque prendere decisioni non ottimali e far sì che il sistema economico in cui viviamo resti in una condizione cronica di attività subnormale per un periodo considerevole, senza una tendenza marcata né verso la ripresa né verso il collasso completo. Ecco il paradosso della povertà in mezzo all’abbondanza; e ecco la necessità di un intervento dello Stato, se del sistema economico in cui viviamo si vogliono eliminare i difetti principali: la disoccupazione e la distribuzione arbitraria e iniqua della ricchezza e del reddito.

E come si può intervenire per eliminare questi difetti?
Nell’ultimo capitolo della Teoria generale, Keynes propone tre linee di intervento: una redistribuzione del reddito per via fiscale (imposte sul reddito progressive e elevate imposte di successione), l’eutanasia del rentier, e un certo, non piccolo, intervento dello Stato nell’economia. La ricetta keynesiana è, di per sé, anche se a ciò non era intesa, una ricetta per l’equità e per la crescita. La redistribuzione del reddito (peraltro predicata dall’articolo 53 della Costituzione italiana) comporterebbe un aumento della propensione marginale media al consumo e dunque della domanda effettiva. L’eutanasia del rentier, dunque del “potere oppressivo e cumulativo del capitalista di sfruttare il valore di scarsità del capitale”, renderebbe convenienti anche investimenti a redditività differita e bassa agli occhi del contabile, quali normalmente sono gli investimenti a alta redditività sociale, come la sanità o l’educazione. Per quanto riguarda l’intervento dello Stato, secondo il Keynes de La fine del laissez faire, il suo compito è proprio quello di svolgere efficacemente quelle attività che cadono al di fuori del raggio d’azione degli individui, senza sovrapporsi ad essi. Ricordo che l’Italia, a questo proposito, ha una tradizione illustre, purtroppo tradita.

Come giudica in questo senso l’azione del governo?
La politica del governo è stata sino ad ora improntata a una politica dei “due tempi”: si tratta di una strategia per definizione fallimentare. Il vincolo di bilancio è un problema reale, certo, ma non è l’unico: l’equità e la crescita sono altrettanto importanti, e si doveva agire simultaneamente nei confronti di questi due aspetti – anche perché le condizioni del debito pubblico italiane non sono affatto disastrose, mentre ciò che spaventa gli investitori è principalmente il fatto che l’economia non cresca da almeno 10, 15 anni. Pierluigi Ciocca, che è stato il primo a parlare, già nel 2003, di un “problema di crescita dell’economia italiana”, ha di recente ha suggerito tre mosse per l’economia italiana, che a integrazione della ricetta keynesiana assicurerebbero a un tempo rigore, equità e crescita.

Di quali misure stiamo parlando?
Ciocca individua tre voci di spesa su cui intervenire: i trasferimenti alle imprese, che sono spesso forme d’inefficienza se non di illegalità e corruzione, e che alimentano un sistema imprenditoriale affetto da nanismo, con bassi standard tecnologici e scarsa propensione all’innovazione. Questi trasferimenti dovrebbero diminuire almeno di 2 punti percentuali. Gli acquisti di beni e servizi della pubblica amministrazione andrebbero poi centralizzati e ridefiniti, ricontrattando i prezzi fuori mercato, riducendo complessivamente le uscite dal 6 al 9%. Infine, la spesa per il personale potrebbe diminuire circa del 10% con un parziale turnover, tenendo fermi i salari unitari. Assieme ad alcune misure a sostegno della produttività (dagli interventi per le infrastrutture e per la diminuzione della pressione fiscale alla revisione del diritto societario, delle procedure concorsuali, del processo civile, della tutela della concorrenza e del diritto amministrativo) e della domanda (attraverso una spending review dei conti pubblici, per individuare le spese improduttive e tagliarle, aumentando al contempo le spese produttive), queste misure potrebbero portare ad una crescita in 5 anni del 2,5% in termini reali.

Eppure il presidente Monti ha promesso una crescita del 10% con le liberalizzazioni e ha dichiarato che, rispetto alla crisi, siamo a metà del guado.
Sarebbe utile, intanto, spiegare in quanto tempo è prevista questa crescita. In ogni caso, non si risolvono problemi strutturali con 500 notai in più e il doppio dei taxi o delle farmacie. Occorre piuttosto rendersi conto che la crisi non è affatto a metà del guado, e chiunque conosca l’andamento dell’export e della crescita ne è perfettamente consapevole. Senza contare l’occupazione, che va malissimo: è oggi all’8-9% e, facendo i conti veri, cioè conteggiando cassaintegrati, scoraggiati e inattivi, è plausibile che questa cifra possa essere stimata attorno al 12%. A questo va aggiunto che la quota di giovani disoccupati è altissima, quasi al 40%, e che, quando i giovani lavorano, sono lavoratori temporanei, precari, e sono sempre i primi a essere licenziati. Si tratta di una condizione drammatica di crisi economica e politica, che coinvolge un’intera generazione e, con essa, tutto il Paese.

Professore, ma come siamo finiti in questa situazione?
Negli ultimi anni si è avuto un cospicuo spostamento, nella distribuzione del reddito, dai salari ai profitti e alle rendite; e dunque si è determinata una insufficienza di domanda effettiva e una disoccupazione crescente. D’altra parte, la finanza è diventata un gioco fine a se stesso. In condizioni normali, la finanza è un gioco a somma zero: c’è chi guadagna e chi perde; ma quando essa assume le forme patologiche di una ingegneria finanziaria alla Frankestein, ci perdono tutti: anche e soprattutto quelli che non hanno partecipato al gioco. Questi processi si sono diffusi in tutto il mondo, grazie alla globalizzazione e alla conseguente sincronizzazione delle diverse economie nazionali; e grazie all’assenza di un coordinamento della divisione internazionale del lavoro e di un appropriato ordinamento monetario e finanziario internazionale. Così che i singoli paesi si trovano a dover fronteggiare le conseguenze della crisi ciascuno da solo, ma non autonomamente; bensì, in Europa, secondo le direttive della Banca Centrale Europea e, in generale, del “senato virtuale”.

Che cosa intende per “senato virtuale”?
Il “senato virtuale”, secondo una definizione che Noam Chomsky mutua da Barry Eichengreen, è costituito da prestatori di fondi e da investitori internazionali che continuamente sottopongono a giudizio, anche per mezzo delle agenzie di rating, le politiche dei governi nazionali; e che se giudicano “irrazionali” tali politiche - perché contrarie ai loro interessi - votano contro di esse con fughe di capitali, attacchi speculativi o altre misure a danno di quei paesi e in particolare delle varie forme di stato sociale. I governi democratici hanno dunque un doppio elettorato: i loro cittadini e il senato virtuale, che normalmente prevale. Infatti è questa una crisi tale che, se non se ne esce, avrà conseguenze gravissime non soltanto economiche (una lunga depressione), ma soprattutto politiche. Il Novecento europeo ha insegnato che dalla crisi si esce a destra. Uscite a destra che oggi non sfoceranno in nazifascismo; ma più probabilmente - poiché la seconda volta le tragedie si presentano come farsa - in forme di populismo autoritario. Con Tolkien al posto di Heidegger e gli Hobbit al posto delle Walkirie.

 
 
 

"Il Papa morirà quest'anno": l'appunto inquietante dell'Arcivescovo Paolo Romeo

Post n°958 pubblicato il 10 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

"Il Papa morirà quest'anno": l'appunto inquietante dell'Arcivescovo Paolo Romeo

http://isegretidellacasta.blogspot.com/2012/02/il-papa-morira-questanno-lappunto.html

 

Marco Lillo*

"Complotto di morte". Fa impressione leggere nero su bianco su un documento ‘'strettamente confidenziale'' e riservato, pubblicato in esclusiva dal Fatto che un Cardinale autorevole, l'arcivescovo di Palermo Paolo Romeo, prevede con preoccupante certezza la morte del Papa entro novembre del 2012. Una morte che, per la sicurezza con la quale è stata pronosticata, lascia intendere agli interlocutori del cardinale l'esistenza di un complotto per uccidere Benedetto XVI. L'appunto è anonimo e reca la data del 30 dicembre del 2011.
È stato consegnato dal Cardinale colombiano Darío Castrillón Hoyos alla segreteria di Stato e al segretario del Papa nei primi giorni di gennaio con il suggerimento di effettuare indagini per comprendere esattamente cosa abbia fatto e con chi abbia parlato l'arcivescovo Romeo in Cina.
Il Pontefice è stato informato del contenuto dell'appunto a metà gennaio scorso direttamente dal cardinale Castrillon durante un'udienza riservata e il Papa deve avere fatto un salto sulla sedia. Il documento si apre con una premessa in lettere maiuscole: "Strettamente confidenziale".
Probabilmente gli uomini che curano la sicurezza del Pontefice - a partire dalla Gendarmeria Vaticana guidata dall'ex agente dei servizi segreti italiani, Domenico Giani - stanno cercando di verificare le circostanze in cui sono state pronunciate quelle terribili previsioni e la loro credibilità.
Da sempre si favoleggia sulle congiure vaticane e sono stati scritti molti libri sulla morte sospetta di Giovanni Paolo primo. Qui però siamo di fronte a un inedito assoluto. Mai nessuno aveva messo nero su bianco l'ipotesi di un complotto per far fuori il Papa.
Un complotto che potrebbe realizzarsi da qui al novembre prossimo e che è inserito nel documento all'interno di un'analisi inquietante delle divisioni interne alla Chiesa che vedono contrapposti il Papa e il Segretario di Stato Tarcisio Bertone alla vigilia di una presunta successione, che ci auguriamo sia invece lontana nel tempo. Secondo la ricostruzione attribuita dal documento all'arcivescovo Romeo sarebbe Angelo Scola, arcivescovo di Milano, il successore designato da Papa Ratzinger.
Il documento in possesso del Fatto è scritto in lingua tedesca, probabilmente perché sia compreso appieno solo dal Papa e dai suoi stretti collaboratori e connazionali, come monsignor George Ganswin. Inizia con un lungo ‘oggetto' in neretto: "Viaggio del Cardinale Paolo Romeo, Arcivescovo di Palermo, a Pechino a novembre 2011. Durante i suoi colloqui in Cina, il Cardinale Romeo ha profetizzato la morte di Papa Benedetto XVI entro i prossimi 12 mesi.
Le dichiarazioni del Cardinale sono state esposte, da persona probabilmente informata di un serio complotto delittuoso, con tale sicurezza e fermezza, che i suoi interlocutori in Cina hanno pensato con spavento, che sia in programma un attentato contro il Santo Padre".
Dopo questa premessa esplosiva, il testo si articola in tre paragrafi, ciascuno con un titolo in neretto. Il primo è "Viaggio a Pechino"; il secondo "Segretario di Stato Cardinale Tarcisio Bertone" e il terzo è "Successione di Papa Benedetto XVI".
Nel primo paragrafo si ricostruisce lo strano viaggio in Cina effettuato dall'arcivescovo di Palermo, Paolo Romeo, un personaggio influente nella Chiesa: 73 anni, nominato Cardinale nel Concistoro del 20 novembre 2010 dal Papa, parteciperà al prossimo Conclave. Nato ad Acireale da una famiglia ricca e numerosa Romeo è un estroverso, amante della buona cucina e delle tecnologie tanto che sul sito della sua Arcidiocesi si legge "Seguici su twitter" che secondo lui "Il signore avrebbe potuto usare per i dieci comandamenti".
Dopo una lunga carriera che lo ha portato in Filippine, Venezuela, Ruanda, Colombia e Canada fu nominato Nunzio in Italia e nel 2006 quando doveva essere nominato il presidente della Conferenza episcopale italiana, promosse una consultazione tra tutti i vescovi italiani, mai autorizzata e sconfessata da Benedetto XVI. Anche il cardinale Castrillon de Hoyos fu sconfessato dal Papa per una sua lettera del 2001 nella quale si complimentava con un vescovo francese condannato per non avere voluto denunciare alle autorità civili un suo sacerdote, colpevole per abusi sessuali su minori.
Castrillon, più vecchio di Romeo appartiene alla corrente più tradizionalista della Chiesa e nel 2009 da presidente della Commissione "Ecclesia Dei", quando si occupava dei Lefevbriani, non segnalò al Papa il pericolo rappresentato dalle posizioni antisemite del vescovo Williamson. A 80 anni nel 2010 è un pensionato e non parteciperà al prossimo conclave.
Castrillon forse avverte come un'invasione di campo la visita di Romeo in Cina. Un paese nel quale è in corso una durissima repressione sulla comunità cristiana che si rifiuta di assoggettarsi al regime. Secondo quanto è scritto nel documento però Romeo non si sarebbe occupato di questo :
"A novembre 2011 il Cardinale Romeo si è recato con un visto turistico a Pechino, dove, di fatto, non ha incontrato nessun esponente della Chiesa Cattolica in Cina, bensì uomini d'affari italiani, che vivono o meglio lavorano a Pechino, e alcuni interlocutori cinesi. A Pechino il Cardinale Romeo ha dichiarato di essere stato inviato personalmente da Papa Benedetto XVI per proseguire, o meglio verificare i colloqui avviati dal Cardinale Dario Castrillón Hoyos a marzo 2010 in Cina. Inoltre ha affermato di essere l'interlocutore designato del Papa per occuparsi in futuro delle questioni fra la Cina e il Vaticano ".
Nel primo paragrafo l'anonimo estensore del documento consegnato agli uomini del Segretario di Stato Bertone e del Papa da Castrillon sostanzialmente tratteggia un Romeo un po' sbruffone. L'arcivescovo di Palermo si accredita come un antico amico del cardinale Castrillon, esperto di rapporti con le chiese clandestine dai tempi della sua esperienza nelle Filippine, e persino come il componente di una sorta di direttorio segreto che governerebbe la Chiesa di Ratzinger.
"Il Cardinale Romeo ha sorpreso i suoi interlocutori a Pechino informandoli che lui - Romeo - formerebbe assieme al Santo Padre - Papa Benedetto XVI - e al Cardinale Scola una troica. Per le questioni più importanti, dunque, il Santo padre si consulterebbe con lui - Romeo - e con Scola".
Poi arriva il paragrafo sulle critiche che Romeo avrebbe rivolto al capo del Governo della Chiesa, il Segretario di Stato Tarcisio Bertone.

"Il Cardinal Romeo ha aspramente criticato Papa Benedetto XVI, perché si occuperebbe prevalentemente della liturgia, trascurando gli "affari quotidiani", affidati da Papa Benedetto XVI al Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato della Chiesa Cattolica Romana".

Non solo: Bertone e Ratzinger sono descritti come una coppia di litiganti costretti a convivere nelle mura leonine:
"Il rapporto fra Papa Benedetto XVI e il suo Segretario di Stato Cardinale Tarcisio Bertone sarebbe molto conflittuale. In un'atmosfera di confidenzialità il Cardinale Romeo ha riferito che Papa Benedetto XVI odierebbe letteralmente Tarcisio Bertone e lo sostituirebbe molto volentieri con un altro Cardinale. Romeo ha aggiunto però, che non esisterebbe un altro candidato adatto a ricoprire questa posizione e che per questo il Segretario di Stato Cardinale Tarcisio Bertone continuerebbe a svolgere il suo incarico". A questo punto, dopo aver premesso che "Anche il rapporto fra il Segretario di Stato e il Cardinale Scola sarebbe altrettanto avverso e tormentato", arriva il paragrafo nel quale ci si occupa della successione del Papa, che vedrebbe in posizione privilegiata proprio il cardinale Scola, da sempre vicino a Comunione e Liberazione.
"In segreto il Santo Padre si starebbe occupando della sua successione e avrebbe già scelto il Cardinale Scola come idoneo candidato, perché più vicino alla sua personalità. Lentamente ma inesorabilmente lo starebbe così preparando e formando a ricoprire l'incarico di Papa. Per iniziativa del Santo Padre - così Romeo - il Cardinale Scola è stato trasferito da Venezia a Milano, per potersi preparare da lì con calma al suo Papato. Il Cardinale Romeo ha continuato a sorprendere i suoi interlocutori in Cina - prosegue il documento consegnato dal cardinale colombiano al Papa - in Cina continuando a trasmettere indiscrezioni".
Ed ecco che, dopo avere esaminato il quadro dei rapporti conflittuali all'interno del Vaticano in vista della successione a Ratzinger, Romeo, secondo l'appunto, avrebbe gettato di fronte ai suoi interlocutori la bomba:
"Sicuro di sé, come se lo sapesse con precisione, il Cardinale Romeo ha annunciato, che il Santo Padre avrebbe solo altri 12 mesi da vivere. Durante i suoi colloqui in Cina ha profetizzato la morte di Papa Benedetto XVI entro i prossimi 12 mesi. Le dichiarazioni del Cardinale sono state esposte, da persona probabilmente informata di un serio complotto delittuoso, con tale sicurezza e fermezza, che i suoi interlocutori in Cina hanno pensato con spavento, che sia in programma un attentato contro il Santo Padre".
Per accreditare la veridicità dei fatti riportati il documento maliziosamente chiosa:
"Il Cardinale Romeo si sentiva al sicuro e non poteva immaginare, che le dichiarazioni fatte in questo giro di colloqui segreti potessero essere trasmesse da terzi al Vaticano".
La chiusura è dedicata al tema centrale che angoscia evidentemente l'estensore: la successione a Ratzinger: "Altrettanto sicuro di sé Romeo ha profetizzato che, già adesso sarebbe certo benché ancora segreto, che il successore di Benedetto XVI sarà in ogni caso un candidato di origine italiana.
Come descritto prima, il Cardinale Romeo ha sottolineato, che dopo il decesso di Papa Benedetto XVI il Cardinale Scola verrà eletto Papa. Anche Scola avrebbe importanti nemici in Vaticano".
Il Fatto nella serata di ieri ha contattato telefonicamente il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Padre Federico Lombardi, per chiedere la posizione ufficiale del Vaticano su questo documento ma la sua risposta è stata: "Pubblicate quello che credete ma vi prendete una responsabilità. Mi sembra una cosa talmente fuori dalla realtà e poco seria che non voglio nemmeno prenderla in considerazione. Mi sembra incredibile e non voglio nemmeno commentare".

Un atteggiamento di totale negazione dei fatti che appare discutibile perché il documento pone quesiti importanti non solo sulla salute e la sicurezza del Papa ma anche sulla situazione a dir poco sconcertante in cui versa la Chiesa.

Benedetto XVI è il capo della religione più diffusa sulla terra. Per 2 miliardi di cattolici è il custode della dottrina e - al di là della veridicità delle affermazioni contenute nell'appunto che va tutta verificata - questo testo deve essere portato all'attenzione dell'opinione pubblica.
Una lettera simile non è una questione che può restare confinata nel circuito epistolare tra gendarmi, Segreteria di Stato e cardinali ma deve essere spiegata ai cristiani sempre più attoniti per quello che leggono sui giornali. Il Fatto ha già pubblicato il 4 febbraio scorso la lettera del Nunzio negli Stati Uniti, Carlo Maria Viganò, già segretario del Governatorato della Citta del Vaticano, nella quale l'arcivescovo formulava accuse gravissime sulla corruzione, i furti e le false fatturazioni dentro le mura leonine e accusava di presunti reati monsignor Paolo Nicolini, direttore dei Musei Vaticani. Poi abbiamo pubblicato un documento esclusivo sui rapporti Aif-Uif che documentava la scelta del Vaticano di non fornire informazioni bancarie precedenti all'aprile del 2011 alle autorità antiriciclaggio. Ora si scopre un documento nel quale si parla senza remore di morte certa del Papa e si favoleggia persino di un possibile complotto per uccidere il Pontefice.
Per questo l'appunto sulla morte del Papa deve essere pubblicato: perché se ne verifichi coram populo l'origine e la veridicità e soprattutto perché finalmente Santa Romana Chiesa esca dal silenzio e spieghi ai suoi fedeli (e non solo a loro) come è possibile che tra i cardinali e il Papa circolino previsioni certe di morte e ipotesi omicidiarie che solo a leggerle fanno venire i brividi.
*Fonte Il Fatto Quotidiano

 
 
 

GELO D’EUROPA: LA COLPA É DELL’UOMO

Post n°957 pubblicato il 08 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

GELO D’EUROPA: LA COLPA É DELL’UOMO

Pubblicato il7 febbraio 2012


http://ilcorsivoquotidiano.net/2012/02/07/gelo-deuropa-la-colpa-e-delluomo/

GELO D’EUROPA: LA COLPA É DELL’UOMO

Pubblicato il7 febbraio 2012

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Le grandi foreste del pianeta sono un enorme filtro per il clima mondiale. Mitizzano le temperature dell’intero pianeta formando una sorta di “enorme barriera invisibile” tra le zone fredde e le zone calde del pianeta. La deforestazione selvaggia però sta cambiando tutto; i polmoni verdi della Terra sono affaticati. Non riescono più a filtrare l’aria del Mondo.

Ecco perchè in Alaska ci sono 10 gradi e a Milano -17. Si sono invertite le temperature perché le grandi barriere dell’aria, le grandi foreste regolatrici del clima stanno morendo. Ogni anno perdiamo 13 milioni di ettari di alberi: una cifra insostenibile per il clima mondiale e l’unica causa é la scelleratezza dell’uomo.

Le foreste trattengono la CO2: l’anidride carbonica é il grande indicatore dell’influenza umana sul clima della Terra. Meno foreste corrispondono a più CO2 nell’atmosfera: la sola deforestazione la fa aumentare del 13% annuo. Fanno il resto i gas di scarico di automobili, i fumi delle combustioni industriali e le scellerate estrazioni di petrolio e metano…

Prima della grande industrializzazione delle società umana, quando l’uso dei combustibili fossili e la deforestazione non erano così diffuse, si contavano 270 parti per milione di CO2 nell’atmosfera. Oggi se ne contano quasi 400. L’ultimo decennio é stato di gran lunga il più caldo della meteorologia mondiale. Il caldo significa scioglimento dei ghiacciai, e innalzamento del livello dei mari. Di conseguenza stanno cambiando le grandi correnti marine che rendono ottimale il nostro clima. le grandi correnti, come quella di El Nino e del Golfo mantengono costante il clima mondiale. Se non fosse per la corrente del Golfo, nel mediterraneo si verificherebbe una nuova Era Glaciale. Il raffreddamento dei mari, dovuto allo scioglimento dei ghiacci sta mettendo a rischio il naturale decorso della corrente del Golfo. E il tutto é da ricondurre all’innalzamento della CO2 nell’aria che trattiene le radiazioni solari e fa aumentare le temperature: é il tanto discusso fenomeno del riscaldamento globale.

L’intero clima mondiale si basa su delicatissimi equilibri. La maggior concentrazione di CO2 nell’aria sta aumentando l’Effetto Serra: Una sempre più alta quantità di energia solare che viene trattenuta nell’atmosfera, resa più densa dalla CO2, sta indebolendo il grande anticiclone che faceva da muro ed impediva ai gelidi venti siberiani di raggiungere l’Europa Occidentale. E’ stato così ridimensionato dall’Effetto Serra (e dai gas come la CO2 che lo determinano) che non riesce più a contenere il grande gelo siberiano. Ecco che paradossalmente, in Italia, il riscaldamento globale, porta il grande freddo per lunghi periodi.

É colpa dell’uomo quindi se Roma é stretta in una morsa di ghiaccio e Alemanno sta impazzendo; se in Alaska si passeggia in felpa; se ad Adelaide si sono toccati i 43 gradi centigradi (temperatura mai registrata in quelle zone da quando esiste la climatologia); é colpa della CO2 di origine antropica se da settimane il vento rovente che continua a generare immense tormente di sabbia non riesce ad abbandonare la penisola arabica. La Terra si sta ribellando allo sfruttamento incondizionato dell’uomo.

Semplici capricci dell’imprevedibilità del carattere di Madre Natura o pericolosi azzardi umani? Il pensiero umano si divide: i maggiori esperti si dividono tra chi pensa che l’aumento dei gas ad effetto serra sia naturale e chi pensa che sia dovuto all’influenza umana. Chiunque abbia ragione, nel dubbio, non é il caso di limitare la produzione di CO2 prima che accada l’irreparabile? Prima che eventi climatici incontrollabili si abbattano su di noi? Proprio a questo scopo é nato il Protocollo di Kioto: il grande accordo di tutte le nazioni per contenere l’emissione di CO2. Tra i grandi Paesi che non hanno firmato l’accordo ci sono USA e Cina, guarda caso i due Paesi più inquinanti del mondo. Solo loro rappresentano quasi il 40% dell’emissione mondiale di CO2. E allora perché non firmano l’accordo? Semplicemente perché ridurre la CO2 significa diminuire la produzione industriale. Per paesi come l’America e la Cina, evidentemente, generare capitali é più importante della salute del nostro Mondo. A loro non interessa che la vita per le generazioni future siano a rischio, che l’aria potrebbe diventare irrespirabile.

In conclusione riporto alcuni dati, che spero che allarmino voi, dato che gli scienziati che negano che la causa di tutto sia l’uomo, guarda caso principalmente americani e cinesi, non sembrano preoccuparsene:

 

  • 115 milioni di ettari del pianeta sono stati colpiti da erosione quest’anno (+32%)
  • 3,8 milioni da salinizzazione (+ 24%)
  • nell’ultimo ventennio la siccità é raddoppiata.
  • Le grandi alluvioni sono state 175, rispetto al ventennio passato sono quasi raddoppiate (furono infatti solo 95).
  • Nel 1950 c’erano 8 milioni di km quadrati di ghiacciai artici. Oggi sono meno di 4.
  • Dal 1900, i ghiacciai alpini sono diminuiti del 40%.
  • Negli ultimi due secoli l’acidità complessiva delle acque marine (ph) é aumentata del 30%.

 

Che sia colpa della spregiudicatezza dell’uomo o dei capricci di Madre Natura, una cosa é certa: forse é il caso di iniziare a preoccuparsi. Una riduzione preventiva della CO2, l’unica causa che sembra accomunare tutti questi eventi climatici, checché ne dicano americani e cinesi, é davvero necessaria. La nostra Terra ci sta mandando dei segnali: D’altrone l’ultima volta che avete visto il Colosseo imbiancato, non era forse nel film “The Day After Tomorrow”?

Fonte: inchiesta di Repubblica del 7 febbraio 2012.

 

 

 
 
 

No alla privatizzazione delle carceri .

Post n°956 pubblicato il 07 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

 

No alla privatizzazione delle carceri

di   paolo  borello

Nel decreto del Governo sulle liberalizzazioni è contenuta anche una proposta di privatizzazione delle carceri. Viene previsto il cosiddetto “project financing” per la realizzazione di infrastrutture carcerarie. Alcune associazioni hanno manifestato la loro contrarietà nei confronti della proposta. In un articolo pubblicato su www.dirittiglobali.it (fonte: Redattore sociale) si esamina la posizione di queste associazioni:

“Un secco ‘no’ alla proposta di privatizzazione delle carceri prevista dal decreto liberalizzazioni.

A ribadirlo in una conferenza stampa in Senato è stato Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone, insieme a Stefano Anastasia dell’università di Perugia, Franco Corleone del coordinamento nazionale dei garanti dei detenuti, Salvatore Chiaramonte della Funzione pubblica Cgil e Cecco Bellosi del Cnca (coordinamento nazionale delle comunita d'accoglienza).

A essere preso di mira è in particolare l’articolo 43 del decreto che prevede il project financing per la realizzazione di infrastrutture carcerarie.

Secondo i promotori del ‘no’ il trattamento penitenziario non può essere affidato a chi ha scopi di lucro; non si possono infatti affidare le opportunità di ritorno anticipato in libertà a imprenditori privati che hanno interesse a trattenere i detenuti essendo per loro un guadagno.

Tra i rischi quindi c’è quello del mantenimento delle carceri in una situazione di sovraffollamento ‘avendo i privati interesse nel tenerle piene’.

A ciò si aggiunge il pericolo di corruzione dei giudici per avere più detenuti, di violenza, di assoggettamento al lavoro forzato e quello di discriminazione dei detenuti a seconda di chi gestisce l’istituto di pena. Un rischio quest’ultimo che se si verificasse porterebbe secondo Gonnella a una palese situazione di ‘incostituzionalità’, così come sarebbe incostituzionale affidare la salute dei detenuti a un imprenditore privato.

‘Quello che chiediamo è che questa norma sia cassata o almeno emendata specificando le funzioni che mai devono essere concesse ai privati - afferma il presidente di Antigone -.E queste funzioni sono quelle che riguardano il trattamento, la salute e il lavoro, ma anche il management perché i direttori degli istituti devono rimanere pubblici. Nel decreto, invece, è prevista solo l’esclusione della custodia’.

‘Il problema non è quello di aumentare il parco edilizio penitenziario - continua Gonnella - ma di investire nella manutenzione di quello che già c’è e cambiare le leggi che producono carcerazione eccessiva’.

Sono state poi ricordate le cosiddette ‘carceri fantasma’, i 38 istituti di pena mai finiti che già esistono ma non sono utilizzati e quelli di Rieti e Trento, sfruttati in maniera parziale. Un caso a parte, poi, è quello del carcere di Sassari, aggiudicato con procedura d’urgenza alla società di Diego Anemone.

‘Il testo del decreto è impraticabile nel nostro ordinamento - aggiunge Stefano Anastasia, docente dell’università di Perugia -. I detenuti godono di diritti fondamentali, primo fra tutti il diritto al trattamento, a cui corrisponde l’obbligo di prestazione da parte dello Stato che non può quindi delegare al privato alcune funzioni come l’assistenza sanitaria’.

Salvatore Chiaramonte ha ricordato che la situazione delle carceri in questo momento è ‘emergenziale per il sovraffollamento al limite dell’inciviltà. E, inoltre, tutti gli strumenti a partire dal personale sono in drastico ridimensionamento. La risposta non è certo il project financing’, ha detto.

Secondo Chiaramonte si deve ragionare piuttosto sullo svuotamento e ‘sulla depenalizzazione di alcuni reati creati dal governo precedente come il reato dell’essere immigrato, cioè di clandestinità, e i reati legati all’uso di sostanze stupefacenti’.

Franco Corleone ha sottolineato come uno degli ambiti dove andrebbe incrementata la presenza dei privati potrebbe essere, invece, quello delle misure alternative.

‘Crediamo che vadano aperti spazi ulteriori di accoglienza - aggiunge Bellosi -. E le risorse sono da 10 a 20 volte inferiori a quelle di un solo nuovo carcere. Occorre battersi anche perché con la chiusura degli Opg (ospedali psichiatrici giudiziari) non si passi da grandi a piccole strutture, che nella sostanza sono identiche’.

Alla conferenza erano presenti anche i senatori Vincenzo Vita, Marco Perduca e Silvia Della Monica che si sono impegnati a presentare emendamenti per restringere il campo delle funzioni cedute ai privati. Gli emendamenti dovranno essere presentati entro il 10 febbraio, dopo dieci giorni inizierà invece la discussione in Senato”.

Si può discutere se siano valide o meno le diverse soluzioni, ipotizzate dai rappresentanti delle diverse associazioni, per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri. Mi sembra però ampiamente condivisibile la posizione contraria nei confronti della privatizzazione delle carceri. Il project financing (si tratta di un’operazione di finanziamento di opere pubbliche il cui costo è sostenuto da privati a cui spettano però i proventi derivanti dalla gestione delle opere in questione) può andare bene per molte infrastrutture, ad esempio quelle viarie, ma non certo per quelle carcerarie, per i motivi già esposti nell’articolo. Altri sono gli interventi da realizzare per risolvere il sovraffollamento delle carceri, interventi che peraltro devono produrre effetti nel breve periodo, in quanto i disagi provocati dall’attuale situazione non sono più sopportabili nè dai carcerati nè dagli agenti della polizia penitenziaria.

 

 
 
 

MUTILILAZIONI FEMMINILI IN ITALIA SE FA

Post n°955 pubblicato il 07 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

Contro le mutilazioni femminili il finto impegno dell'Italia
pubblicata da INFORMAZIONE LIBERA il giorno martedì 7 febbraio 2012 alle ore 17.10

Nell'incontro con la premio Nobel yemenita Tawakkul Karman, in occasione della giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili, le istituzioni italiane cercano di nascondere l'inerzia del nostro paese

 

Luisa Betti - 06.02.2012

 

 

Invitata dal partito Radicale e dalla Ong “Non c’è pace senza giustizia”, la premio Nobel yemenita Tawakkul Karman è arrivata ieri a Roma nella giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili (MGF), un fenomeno che nel mondo coinvolg 130 milioni di donne e che ogni anno viene praticata su un numero di bambine stimato tra i 2 e i 3 milioni, per la maggior parte sotto i 14 anni. Una tortura millenaria presente in 26 Stati africani, ma anche in Egitto, nello Yemen e in tutto il Medio Oriente dove, secondo il World Report 2012 di Human Rights Watch, sarebbe in aumento in Iraq e nel Kurdistan, dove la mutilazione verrebbe imposta a circa il 40% delle ragazze. Una pratica non estranea neanche all’Europa dove, secondo stime Ue, sarebbero circa 500.000 le donne residenti infibulate, mentre in Italia ci sarebbero 93.000 donne a rischio, tra cui 7.700 bambine. 

 

Per chi non lo sapesse, le MGF vanno dall’asportazione parziale della clitoride all’asportazione totale, comprese le grandi labbra, con cucitura degli organi genitali femminili esterni: un’operazione che lascia una fessura solo per l’uscita di urina e mestruazioni, con conseguenti e terribili dolori durante i rapporti sessuali, e con lacerazioni gravissime durante il parto. L’operazione, praticata senza conoscenze mediche, senza anestesia e fatta con coltelli, pezzi di vetro, ferro e rasoi non sterilizzati, provoca infezioni tali da causare morte, cheloidi, tetano, infertilità, e pus permanente.

 

In una giornata così, fatta di appelli e di richiami a diverse Convenzioni internazionali che la MGF violerebbero (Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, Convenzione dei diritti del fanciullo, Convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne, Carta africana sui diritti e il benessere del fanciullo, Carta africana dei diritti umani e dei popoli), le istituzioni italiane a colloquio con Tawakkul Karman, che - oltre ad aver ricevuto il premio Nobel per la pace 2011 insieme a Ellen Johnson Sirleaf (presidente della Liberia) e a Leymah Gbowee (fondatrice del movimento pacifista delle “donne in bianco”) - è una la leader della primavera araba nello Yemen, si sono prodigati in convenevoli di circostanza e in esaltazione del ruolo delle donne in totale contrasto con la realtà che viviamo in Italia. 

 

E se il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, si è limitato, riferendosi alla MGF, a un generico “noi siamo fortemente impegnati nella lotta contro questa pratica e la presenza di Karman Roma è un motivo per ricordare il nostro impegno”, nell’incontro a palazzo Giustiniani il presidente del Senato Renato Schifani ha detto di essere “sempre a fianco delle donne che si battono per l'affermazione della libertà”, riconoscendo che “il contributo che l'universo femminile è in grado di offrire, passa necessariamente per il riconoscimento della sua autonomia che significa, prima di ogni altra cosa, diritto ad accedere al mondo dell'istruzione e del lavoro”, aggiungendo infine che la questione femminile è “decisiva anche nell’era della globalizzazione”. 

 

Parole che in realtà sembrano di circostanza in un’Italia che, come già osservato dalle Nazioni Unite e dal Cedaw, appare oggi come uno dei paesi europei che dà meno peso alla presenza e al ruolo delle donne nella società e tanto meno si interessa a proteggere le donne dalla violenza (come dimostrano i 18 femmicidi registrati dall’inizio del 2012 a oggi). A parlare chiaro su questo, è il fatto che l’Italia, come ha sottolineato in questi giorni Amnesty International, non abbia ancora né firmato né ratificato la “Convenzione del Consiglio d'Europa per prevenire e combattere la violenza contro le donne e la violenza domestica”, redatta a maggio dell’anno scorso a Istanbul e già firmata da 18 stati europei, in cui è compresa una chiara posizione per proteggere le donne e le bambine dalle mutilazioni dei genitali femminili. Come nessuna risposta ha avuto Aidos (Associazione italiana donne per lo sviluppo), che giorni fa ha indirizzato una lettera aperta ai ministri del Welfare con delega alle Pari opportunità, della Salute, degli Esteri e della Cooperazione per chiedere quale fosse l’impegno attuale dell'Italia nella lotta alle MGF.

http://www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN/6427/

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MARIO MONTI REGALA 2,5 MILIARDI DI EURO ALLA STANLEY MORGAN E IO PAGO

Post n°954 pubblicato il 07 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

Fonte: http://ftalphaville.ft.com/blog/2012/02/01/861291/morgan-stanleys-most-mysterious-footnote-part-1/

MONTI VERSA 2,5 MILIARDI NELLE CASSE DELLA STANLEY MORGAN NEL SILENZIO PIU ASSOLUTO – (mm)
Nel silenzio assoluto, il governo Monti ha fatto un bel regalo dell’Epifania alla Morgan Stanley: 2 miliardi e 567 milioni di euro sono stati dirottati dalle casse del Tesoro a quelle della banca newyorkese. Il tutto è avvenuto il 3 gennaio scorso, un mese fa, all’insaputa degli organi di informazione italiani, così attenti ai bunga bunga o ai party del premier uscente ma evidentemente poco propensi a occuparsi dell’attuale governo in carica. Sono stati gli stessi vertici della Morgan Stanley ad aver comunicato che l’esposizione verso l’Italia è scesa da 6,268 a 2,887 miliardi di dollari: una differenza di 3,381 miliardi corrispondenti a 2,567 miliardi di euro, circa un decimo della manovra “salva-Italia” varata dall’esecutivo Monti.

 

Una somma utilizzata dal governo italiano per estinguere una operazione di derivati finanziari, anche se non è chiara la ragione per cui la Morgan Stanley abbia richiesto la “chiusura della posizione”, opzione prevista dopo un certo numero di anni da quasi tutti i contratti sui derivati ma raramente applicata: il motivo più verosimile potrebbe essere il declassamento deciso dall’agenzia di rating Standard & Poor’s. Certo, finché nessuna delle due parti fornirà spiegazioni, si potrà rimanere solo nell’ambito delle ipotesi.

La banca newyorkese si è limitata ad annunciare trionfalmente il recupero della somma, il governo italiano non ha fornito alcuna spiegazione e i media non indagano né chiedono alcunché, né sulla gestione delle operazioni in derivati da parte del Tesoro, né sul motivo per il quale tra tanti creditori si sia scelto di onorare il debito proprio con la Morgan Stanley. Il questo modo il governo non è tenuto a spiegare perché abbia optato per il silenzio e la segretezza assoluta anziché ammettere che, mentre venivano stangati i pensionati e non solo, lo Stato provvedeva a rimborsare 2 miliardi e mezzo alla investment bank. Non sarebbe stato il massimo dal punto di vista dell’immagine e della popolarità, ma in fondo è stato lo stesso “Full Monti”, ribattezzato così proprio dalla Morgan Stanley al momento della sua nomina a premier, a dichiarare di non dover soddisfare alcun elettore, in quanto non eletto.E allore perché tace? Ha paura dell’impopolarità?

Dove sono i giornalisti che ponevano le dieci domande a Berlusconi o pubblicavano le intercettazioni telefoniche? Esiste ancora qualcuno interessato ad indagare sull’operato del governo?

Diamo un merito all’Espresso, l’unico organo di informazione italiano a parlarne: un articolo uscito ieri a firma Orazio Carabini esprime pure un certo disappunto per il fatto che né Morgan Stanley né il Tesoro abbiano voluto fornire spiegazioni al settimanale.
(estratto da:lindipendenza.com)

Da anni si parla della pericolosità dei prodotti derivati. Mi piacerebbe sapere chi e quando ha avuto la bella pensata mettere in piedi questa, e magari altre operazioni che i pensionati sono stati chiamati a rimborsare!
Ho letto questo. La cosa, se vera, mi fa girare velocissimamente …..Ps: ricordo che è di recente introduzione in Argentina l’equiparazione a crimini umanitari azioni di finanza scellerata come queste di cui sopra!!! Meditate gente…..ma poi svegliatevi!!
mm

 
 
 

BILDERBERG 2011 LA LISTA DELLA RIUNIONE IN SVIZZERA INDOVINATE CHI C'ERA TRA GLI INVITATI ECCO L'ELENCO

Post n°953 pubblicato il 04 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

Bilderberg 2011:

Pubblicato il9 giugno 2011

http://buenobuonogood.wordpress.com/2011/06/09/bilderberg-2011-i-potenti-riuntiti/


club bilderberg

Bilderberg. È l’incontro segreto dei potenti del mondo occidentale. Quest’anno si svolge nelle stanze del lussuoso Hotel Das Suvretta House a St.Moritz, in Svizzera, dal 9 al 12 Giugno. Banchieri, politici, capi di stato, amministratori di multinazionali, direttori delle grandi compagnie di trasporti e dell’energia, proprietari dei principali mezzi di comunicazione, si riuniscono quattro giorni in gran segreto, con l’obiettivo di decidere le sorti politiche, economiche e finanziarie dell’Europa, dell’America e le azioni da intraprendere con il resto del mondo.

Nonostante nel corso di ogni edizione del misterioso meeting, siano sempre stati banditi i mezzi di comunicazione, per evitare la copertura mediatica dell’evento e la conseguente diffusione d’informazioni, immagini e video, alcuni reporter storici come Jim Tucker stanno comunicando in diretta da St.Moritz, per informare l’opinione pubblica su cosa stia avvenendo attorno all’hotel svizzero, in cui sono riuniti i rappresentanti di quella che è considerata la più famosa società segreta contemporanea: il gruppo Bilderberg (cliccando qui potrete sfogliare lo scarno, quanto auto-censurato, sito ufficiale del gruppo).

La riunione Bilderberg, che prende il nome dal primo incontro svoltosi nel 1954 nell’omonimo hotel olandese, è un conclave che riunisce, oggi anno, l’élite economica, politica e militare del mondo occidentale, per discutere, a porte rigorosamente chiuse, la situazione globale mondiale del momento e le politiche da promuovere nelle sedi internazionali ufficiali, quali l’Unione Europea, il Fondo Monetario Internazionale, la NATO, il G8, il G20 e così via.

La Bilderberg non è una riunione legalmente accettabile. Perché? Il motivo è chiaro: politici e capi di Stato dovrebbero sempre render conto di tutte le riunioni che fanno ai propri cittadini, consentendo ai mass-media di seguire l’evento e fare domande a riguardo. Capi di Stato e politici sono i nostri rappresentanti e dovrebbero rendere partecipi tutti dell’agenda dettagliata dell’incontro Bilderberg e delle decisioni che si prenderanno in merito ai piccoli ed ai grandi problemi che ci coinvolgono tutti.

Invece non è così, il gruppo Bilderberg è un incontro riservato e le decisioni che prende l’élite sono le decisioni a cui noi tutti cittadini dovremo, semplicemente, conformarci.

“I media sono il quarto potere in una democrazia, dovrebbero avere la responsabilità di occuparsi di eventi come la riunione segreta Bilderberg – ha detto Andrew Müller , attivista del movimento We Are Change – se i direttori dei mass-media si riuniscono in segreto con i nostri politici, allora la democrazia è in pericolo”.

Grazie ai colleghi che da questa mattina si trovano nei pressi dell’hotel Suvretta, sappiamo che quest’anno si sono mobilitati molti più mezzi di comunicazione del solito, per cercare di indagare lo svolgimento del meeting; “abbiamo messo pressione ai media, abbiamo chiesto: perché non ne state dando notizia? Ed alla fine si sono mossi – ha detto Manfred Petrisch, blogger svizzero in diretta oggi da St. Moritz (cliccate sul link per seguire la copertura di Petrisch in diretta dall’Hotes Das Suvretta) – naturalmente, parte di quello che scriveranno saranno cose banali, tipo è solo un meeting e stanno bevendo una tazza di tè. Ma per favore, là dentro ci sono i dirigenti delle compagnie globali, i capi di stato, i commissari dell’UE, i leader della NATO, gli amministratori delle banche, persone con l’agenda fitta di impegni”. 

Il fatto che quest’anno è stata permessa la presenza di più mass-media attorno all’albergo dove si sta svolgendo la riunione del gruppo Bilderberge e che ci si sia potuti avvicinare qualche metro di più alle porte della sede della riunione, non basta, è solo uno specchio per le allodole ed una debole consolazione: il gruppo Bilderberg continua a non rispettare, come sempre, il diritto d’informazione del cittadino e la necessità di rendere pubblici i contenuti che si discuteranno durante l’incontro.

L’agenda Bilderberg proseguirà come previsto e tutti noi potremo solo restare a guardare, come sempre, gli effetti delle decisioni dei potenti.

Per i più curiosi, ecco alcuni dei partecipanti italiani che hanno preso parte agli incontri Bilderberg degli scorsi anni: Franco Bernabè, John Elkann, Mario Monti, Tommaso Padoa Schioppa, Paolo Scaroni, Giulio Tremonti, Gianni Agnelli, Umberto Agnelli, Alfredo Ambrosetti, Emma Bonino, Giampiero Cantoni, Lucio Caracciolo, Luigi G. Cavalchini, Adriana Ceretelli, Innocenzo Cipolletta, Gian C. Cittadini Cesi, Rodolfo De Benedetti, Ferruccio De Bortoli, Paolo Zannoni, Antonio Vittorino, Ignazio Visco, Walter Veltroni, Marco Tronchetti Provera, Ugo Stille, Barbara Spinelli, Domenico Siniscalco, Stefano Silvestri, Renato Ruggiero, Carlo Rossella, Virginio Rognoni, Sergio Romano, Gianni Riotta, Alessandro Profumo, Romano Prodi, Corrado Passera, Mario Monti, Cesare Merlini, Rainer S. Masera, Claudio Martelli, Giorgio La Malfa, Francesco Giavazzi, Gabriele Galateri, Paolo Fresco, John Elkann, Mario Draghi, Gianni De Michelis.

Una cosa riguardo la misteriosa riunione è chiara: le decisioni che, anno dopo anno, sono state prese dai partecipanti del Bilderberg, non sono mai state buone. Non sono mai state fatte scelte rivolte al miglioramento delle condizioni di disuguaglianza economica, povertà, fame e guerra che affliggono il mondo, bensì si è sempre scelta la via opportunistica, decidendo come agire solo in base ad un interesse politico ed economico rivolto al mantenimento dello status di “potenti” dei partecipanti al famoso conclave, a danno del resto dei cittadini europei e di tutto il mondo.

Se dal 1954, anno della prima riunione Bilderberg, si fossero prese buone decisioni, oggi il mondo non soffrirebbe la fame e non ci sarebbe nessuna crisi finanziaria da affrontare. Un esempio: si possono costruire serre in Africa per sfamare tutta la popolazione e costruire impianti di irrigazione per rendere fertili i terreni più aridi. Questo solo per parlare dell’Africa.

Per quanto riguarda l’Europa: la crisi finanziaria non avrebbe avuto ragione d’esistere, perché se l’interesse fosse stato quello di costruire l’Unione Europea per il benessere collettivo di tutti i cittadini europei, oggi tutti godremmo di una buona salute finanziaria. Invece, l’UE è stata creata solo per rendere più facile l’illecito economico dei potenti dei vari Paesi europei.

Un’altra decisione che avrebbero potuto prendere i potenti di Bilderberg nel corso degli anni? Implementare su larga scala l’utilizzo delle energie alternative e diffondere a livello globale l’utilizzo delle tecnologie ad energia libera, ad esempio.

Se fossero state prese decisioni sagge e rivolte allo sviluppo di uno stato di benessere collettivo mondiale, il mondo, certo, sarebbe un luogo decisamente migliore oggi: la gente starebbe meglio e non ci sarebbe bisogno di rinchiudersi in un hotel svizzero per decidere in segretezza come ingannare i cittadini, cosa raccontare, cosa fare con la guerra e la pace, la ricchezza e la povertà, la vita e la morte di milioni di persone.

Il gruppo Bilderberg sta portando avanti la propria agenda 2011 proprio in queste ore a St. Moritz. Tutti quanti noi siamo tagliati fuori, non abbiamo voce in capitolo, possiamo solo restare ad aspettare le conseguenze che le decisioni prese dai potenti avranno sulle nostre vite.

Matteo Vitiello

ECCO  L'ELENCO DETTAGLIATO 

 

http://www.slideshare.net/BUENOBUONOGOOD/lista-partecipanti


 
 
 

LA MASSONERIA APPOGGIA MONTI

Post n°952 pubblicato il 04 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

La Massoneria appoggia Monti. Esclusivo: parla il Gran Maestro

http://affaritaliani.libero.it/politica/la-massoneria-appoggia-monti251111.html?refresh_ce

Venerdì, 25 novembre 2011 - 12:01:04

Di Tommaso Cinquemani

raffi massoneria

"Il curriculum di Mario Monti è di alto profilo. Spero vivamente che possa traghettarci fuori da questa crisi". Gustavo Raffi, Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, la principale loggia massonica, con una intervista ad Affaritaliani.it appoggia il nuovo governo. E sull'esecutivo Berlusconi ha un giudizio poco lusinghiero: "Quando sento dire da Tremonti che con la cultura non si campa... c'è qualche cosa di sbagliato". Un buon punto di partenza è il ritorno alla meritocrazia: "Se vado a vedere le teste pensanti che erano presenti in tutti i partiti del primo Parlamento e poi vado a vedere quelle di oggi... l'Aula non può essere il rifugio di quelli che non possono fare altro".

Come valuta la lettera aperta a firma del Venerabile Maestro  Gioele Magaldi, leader del Grande oriente democratico (corrente eterodossa del Grande oriente d'Italia) che fa le congratulazioni al "fratello Mario Monti"?
"Sono convinto che certi personaggi si sveglino la mattina in cerca di notorietà. Non bisogna dare corda a questo individuo, che tra l'altro è stato espulso dal Grande Oriente. Cui prodest? Solo a Magaldi che è in cerca di visibilità. Come diceva Troisi: non ci resta che piangere".

CHE COS'E' "IL GRANDE ORIENTE D'ITALIA"

"La Massoneria del Grande Oriente d'Italia di Palazzo Giustiniani è un Ordine iniziatico i cui membri operano per l'elevazione morale e spirituale dell'uomo e dell'umana famiglia.

La natura della Massoneria e delle sue istituzioni è umanitaria, filosofica e morale. Essa lascia a ciascuno dei suoi membri la scelta e la responsabilità delle proprie opinioni religiose, ma nessuno può essere ammesso in Massoneria se prima non abbia dichiarato esplicitamente di credere nell'Essere Supremo.

La Massoneria non è una religione né intende sostituirne alcuna: non pratica riti religiosi, non valuta le credenze religiose, non si occupa di nessun tema teologico, non consente ai propri membri di discutere in Loggia in materia di religione. La Massoneria lavora con propri metodi, mediante l'uso di Rituali e di simboli coi quali esprime ed interpreta i princìpi, gli ideali, le aspirazioni, le idee, i propositi della propria essenza iniziatica.

Essa stimola la tolleranza, pratica la giustizia, aiuta i bisognosi, promuove l'amore per il prossimo e cerca tutto ciò che unisce fra loro gli uomini ed i popoli per meglio contribuire alla realizzazione della fratellanza universale. La Massoneria afferma l'alto valore della singola persona umana e riconosce ad ogni uomo il diritto di contribuire autonomamente alla ricerca della Verità.

Essa inizia soltanto uomini di buoni costumi, senza distinzione di razza o di ceto sociale. I Lavori di Loggia sono di natura strettamente riservata, ma non segreta. Il Massone è tenuto ad osservare scrupolosamente la Carta Costituzionale dello Stato nel quale risiede o che lo ospita e le leggi che ad essa si ispirino. La Massoneria non permette ad alcuno dei suoi membri di partecipare o anche semplicemente di sostenere od incoraggiare qualsiasi azione che possa turbare la pace e l'ordine liberamente e democraticamente costituito della società.

I Massoni hanno stima, rispetto e considerazione per le donne. Tuttavia, essendo la Massoneria l'erede della Tradizione Muratoria operativa, non le ammette nell'Ordine. Ogni membro, al fine di rendere sacri i propri impegni, deve aver prestato Solenne Promessa sul Libro della Legge da esso ritenuta Sacra.

Che cosa ne pensa di Mario Monti?
"Il curriculum è di alto profilo. Spero vivamente che possa traghettarci fuori da questa crisi. Certo poi un governo va valutato sulla base delle opere che riesce a realizzare".

E' la persona di cui oggi l'Italia ha bisogno?
"Questo lo sapremo solo dopo che avremo visto i fatti. La massoneria non si occupa di politica del quotidiano. Si occupa dei grandi valori, dei grandi temi".

Ci spieghi meglio...
"Ancora ai tempi della Grecia antica un tale Aristotele disse che l'uomo è un 'animale politico', ma non certo perché è iscritto a qualche partito o perché ha una tessera. Semplicemente perché vive nella polis, nella società e quindi si fa carico dei problemi che riguardano la dignità e la libertà della persona. I grandi problemi della società erano i suoi problemi e sono quelli della massoneria".

In quest'ottica come valuta il governo Berlusconi?
"Beh, quando sento dire, da Tremonti, un ex ministro dello scorso governo, che con la cultura non si campa. Questo è una offesa, una violenza. Se non hai un ancoraggio ideologico, se non hai un sogno come puoi vivere. Da vecchio mazziniano dico che il problema è sempre l'educazione. Quando a Mazzini gli chiesero che cosa fosse la Repubblica lui disse che 'è una idea, non è una forza di governo o di partito che vince o che perde, è un progetto di educazione morale'".

Affaritaliani.it ha lanciato il "Forum della meritocrazia", un evento che ha lo scopo di riportare il merito come valore nella società. L'Italia ha bisogno di meritocrazia?
"Assolutamente sì. E' un concetto che condivido. Anche se la meritocrazia significa anche la capacità di sapersi elevare, non solo di fare carriera in una azienda o in una professione. E' qualcosa di più ampio".

Secondo lei in politica ci sono troppo persone che non hanno i requisiti per sedere in Parlamento?
"Se considero la composizione del primo Parlamento e vado a vedere le teste pensanti che erano presenti in tutti i partiti e poi vedo quelle di oggi... Il Parlamento non può essere il rifugio di quelli che non possono fare altro. Lei sa chi era Alfredo Baccarini?".

No, devo ammetterlo, non lo conosco.
"Alfredo Baccarini è stato il più grande ministro dei Lavori pubblici che l'Italia abbia mai avuto. Era un uomo che quando il governo non manteneva il programma si dimetteva. E quando morì un giornale francese scrisse:  'E' morto povero, il più grande encomio che si possa fare ad un uomo politico'

 
 
 

GOVERNO MONTI/ L’ombra del Bilderberg

Post n°951 pubblicato il 04 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

Di Pasquale Di Bello

http://www.infiltrato.it/notizie/italia/governo-monti-l-ombra-del-bilderberg

Mario Monti, il prossimo presidente del Consiglio voluto da Giorgio Napolitano, è esponente di primo piano del Club Bilderberg, una associazione al limite del segreto che raggruppa le personalità più influenti del pianeta: politici, economisti, imprenditori, militari che annualmente si riuniscono per decidere le sorti del pianeta. La crisi italiana, eterodiretta da una potentissima centrale di potere, rischia di trasformarsi nella tomba della democrazia. La strada del voto, e quindi della legittimazione popolare del Governo, sembra eclissarsi definitivamente.

 

Monti e il Bilderberg, un colpo alla nuca della democrazia

Giorgio Napolitano, il comunista migliorista che approvò (pentendosene solo molti anni dopo) l’ingresso dei carri armatimonti_mario_adn sovietici nell’Ungheria del ’56, ha nominato Mario Monti senatore a vita e, ad ore, si accinge a farlo anche Capo del governo. Ad applaudire la scelta, principalmente, è l’asse BCE-FMI, ovvero la banda Bassotti di tecnocrati, banchieri e speculatori internazionali che fanno capo alla Banca centrale europea e al Fondo monetario internazionale. Gli applausi più fragorosi, tuttavia, giungono dal club Bilderberg, cioè dalla cabina di regia dell’intera operazione. Il club Bilderberg (il nome è dell’albergo dove avvenne la prima riunione) , ovvero il club dei padroni del pianeta di cui Monti, da anni, è parte integrante. Mai, come in questo caso, per capire la scelta compiuta dalla banda Bassotti bisogna risalire “a monte”. Il club, o gruppo Bilderberg, è ignoto alla stragrande maggioranza del globo terracqueo, fattore che ne determina l’influenza occulta e la manipolazione segreta di tutte le principali decisioni che governano il pianeta. Stiamo parlando di circa un centinaio di persone potenti e influentissime, politici, economisti, imprenditori e militari collocati in posti chiave e strategici, che annualmente, dal 1954, si riuniscono in piccole cittadine, lontano dagli occhi della pubblica opinione, per assumere decisioni che riguardano il destino di milioni di inconsapevoli persone. Nel corso di questi meeting (nel 2004 lorsignori si sono riuniti in Italia, a Stresa) la stampa è tenuta rigorosamente alla larga e vige per i protagonisti il divieto assoluto di rilasciare qualsiasi tipo di dichiarazione. Per capirci, del Bilderberg ha fatto parte il banchiere David Rockfeller (uno dei fondatori) e ne fa tuttora parte Henry Kissinger, il potentissimo segretario di stato di Richard Nixon al centro delle più inquietanti trame internazionali degli anni ’70. Kissinger, per capirci, è l’uomo del golpe cileno e dello scandalo Watergate. Ma senza andare a ritroso nel tempo, e per restare a casa nostra, nel Bilderberg troviamo le tracce dell’ex presidente del Consiglio, Romano Prodi, del neopresidente della BCE, Mario Draghi, del pupillo di casa Agnelli, John Elkan, del numero uno di Telecom Italia, Franco Bernabè e, per finire, il presidente del consiglio in pectore – quello voluto da Napolitano –Mario Monti.

L’ex comunista migliorista ha deciso quindi di puntare su un uomo che è, nella migliore ipotesi, espressione del Gotha finanziario mondiale, mentre nella peggiore è parte integrante di un club di framassoni che decidono i destini del mondo. Invitiamo, tra coloro che ne volessero sapere di più, alla lettura dell’illuminante volume “Il club Bilderberg – La storia segreta dei padroni del mondo” del giornalista spagnolo Daniel Estulin. Un’inchiesta rigorosa e inquietante dove i lettori italiani potranno conoscere un aspetto segreto del prossimo premier.

E’ chiara, almeno ai nostri occhi, la deriva verso la quale ci stiamo avviando, quella di un esproprio progressivo della democrazia. La parabola berlusconiana ha fatto credere agli italiani che, contrariamente all’adagio popolare, al peggio vi fosse un limite. Invece non è così: il peggio deve ancora venire. Stiamo finendo nelle mani della più grande macchina di macelleria sociale che il mondo conosca, quella di una camarilla di plutocrati manovrati dalla più grande centrale di potere al mondo: il Bilderberg, appunto. Sorprende, in tutto questo, il ruolo di Giorgio Napolitano, levatrice di quello che si annuncia il più grande infarto della democrazia italiana. Il Capo dello Stato, dinanzi al crollo del berlusconismo, finito nel nulla come dal nulla era nato, aveva un solo dovere, che non è quello imposto dalla prassi, cioè di esplorare la possibilità di governi alternativi, ma quello imposto dalla realtà dei fatti: restituire la parola agli elettori e consentire l’insediamento di un governo legittimato dal consenso popolare. Il governo Monti, eterodiretto dai marescialloni del Bilderberg, è il colpo di nuca alla democrazia italiana.

 
 
 

CRISI ITALIA/ Ecco la manovra che ci salverà: ma non è quella di Monti… ma che nui non approvera' mai

Post n°950 pubblicato il 04 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

di Andrea Succi

http://www.infiltrato.it/inchieste/italia/crisi-italia-ecco-la-manovra-che-ci-salvera-ma-non-e-quella-di-monti

“Si sta preparando una manovra lacrime e sangue.” Quante volte abbiamo ascoltato questo refrain, quante volte ci siamo chiesti se fosse davvero necessario un ulteriore sacrificio da parte degli italiani. E ora conosciamo la risposta. Se davvero Mario Monti vuole diventare il Messia che moltiplica pane e pesci, ci permettiamo di suggerirgli la strada più veloce per raggiungere la gloria divina. Con la proposta di una manovra da 370 miliardi di euro l’anno, che non intacca le già tristi tasche dei cittadini. Fantascienza? Assolutamente no…

manovra-economicaSacrifici. Lacrime e sangue. Manovre e maxi emendamenti. Non c’è più tempo da perdere. Recuperare la cre-di-bi-li-tà. Che in parole povere significa: “tirate fuori gli ultimi spiccioli che vi sono rimasti.” L’egregio Professore Mario Monti, burattino nelle mani dei veri poteri forti, non farà altro che mettere in atto ciò che nessun governo eletto dal popolo si sarebbe mai sognato di compiere: tagliare pensioni e stipendi pubblici, diminuire i salari, aumentare la mobilità, semplificare i licenziamenti, vendere i beni statali e, soprattutto, privatizzare i servizi. Perché, se qualcuno ancora non l’ha capito, la speculazione decisiva contro l’Italia, quella che ha fatto crollare il Governo, è iniziata ad aprile, poco prima del referendum in cui oltre il 90% dei cittadini votarono a favore dell’acqua pubblica e contro il nucleare.

Qualcuno dirà: oh, e la Patrimoniale? Specchietto per quelle allodole che credono ancora alla Befana e festeggiano la fine di Berlusconi come se dovesse arrivare una nuova era, guidata dal Messia Monti. E invece la tragedia, come più di qualche osservatore ha avuto modo di sottolineare – da Paolo Barnard a Massimo Fini, da Marco Travaglio a Giulietto Chiesa – riguarda proprio la fine della democrazia e la perdita di sovranità che accompagnano un premier imposto dai mercati.

Ma veniamo al punto: possibile che l’unico modo per uscire dalla crisi sia la manovra “lacrime e sangue” che sta per pioverci addosso? Noi crediamo di no e ci permettiamo di suggerire ai signorotti che dovranno decidere le nostre sorti una via alternativa, che colpisce in modo definitivo il debito pubblico senza mettere sul lastrico milioni di italiani.

Partiamo da un’equazione molto semplice: il debito pubblico è costituito dalla somma dei deficit annuali – perché lo Stato spende sempre più di quanto incassa – su cui gravano, per la maggior parte, un insieme di spese inutili e deleterie che non producono alcun vantaggio per la comunità. Vediamo quali sono queste voci, che divideremo in tre categorie.

La prima comprende gli investimenti diretti – grandi opere, fondi per appalti, infrastrutture superflue, copertura di debiti contratti dai privati (ad esempio Alitalia) – che in un Paese come l’Italia non generano sviluppo e arrivano a costare cento volte il prezzo iniziale. Parola chiave: corruzione.

La seconda include tutti gli investimenti indiretti –finanziamenti pubblici ai partiti, costi del Parlamento e degli enti locali – che determinano la spaccatura del Paese tra clientes e cittadini normali. Parola chiave: casta.

La terza abbraccia le spese militari per quelle guerre – o meglio, operazioni di pace – che l’Italia è in qualche modo costretta a portare avanti, soggiogata dai diktat della lobby delle armi, la più importante e influente del mondo. Parola chiave: guerra.

Corruzione, casta e guerra: basterebbe tagliare, del tutto o in parte, queste tre macro voci per ridurre in maniera sostanziale la spesa annuale dello Stato e ottenere quindi un duplice risultato: l’annullamento del deficit e l’erosione continuata del debito pubblico.

Partiamo dalla corruzione, voce che comprende la corruzione in quanto tale (tangenti e reati contro la PA), l’operato delle mafie e l’evasione fiscale. Nell’ultima relazione dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, presentata al Parlamento il 12 maggio 2011 (e relativa all’anno 2010), si fa riferimento al “Corruption Percetion Index” (più noto come CPI) di Transparency International, secondo cui “l’Italia ha segnato un ulteriore peggioramento del punteggio attribuito, così da collocare il nostro Paese dopo il Rwanda: dopo la retrocessione dal punteggio di 4,8 del 2008 al 4,3 del 2009, nel 2010, infatti, il risultato conseguito dal nostro Paese è pari a 3,9.”

Ora, nonostante il Dipartimento di Funzione Pubblica cerchi costantemente, all’interno della relazione, di sminuire, smontare e distorcere questo dato, andando contro ogni evidenza (si noti che il Dipartimento autore della Relazione dipende dal Ministero del “fannullone” Brunetta), la Corte dei Conti e persino la Banca Mondiale concordano sul costo annuale dei meccanismi corruttivi. Quanto? 60 miliardi di euro. All’anno. Con una stima di incremento del 10%. Sempre all’anno.

Passiamo al circuito mafioso, il cui fatturato (e quindi costo per lo Stato) si aggira – secondo la Commissione Parlamentare Antimafia – sui 150 miliardi di euro all’anno. Senza contare i circa 180 mila posti di lavoro persi a causa di un fenomeno che “frena lo sviluppo di vaste aree del Paese,comprime le prospettive di crescita dell'economia legale,alimentando una economia parallela illegale e determina assuefazione alla stessa illegalità”.

Per quanto concerne invece l’evasione fiscale, l’ultimo rapporto della Guardia di Finanza denuncia mancati introiti per 120 miliardi di euro all’anno, di cui 60 di sola IVA.

Non c’è bisogno della calcolatrice per stimare il costo della sola voce corruzione (quindi corruzione in quanto tale, fenomeno mafioso ed evasione fiscale) in 330 miliardi di euro all’anno. Soldi che lo Stato incasserebbe di colpo, senza bisogno di alzare le tasse, tagliare pensioni, stipendi e posti di lavoro, senza bisogno di svendere la propria sovranità agli sciacalli del Governo tecnico. I bocconiani li chiamano. Alieni venuti dal nulla per depauperare quel poco che rimane.

Basterebbe, da parte del Sistema Stato, una seria autotutela contro la Corruzione per riscuotere di colpo una cifra enorme: stiamo parlando di oltre il 10% del Pil, che nel 2010 ammontava 2 mila miliardi di €.

Passiamo ora alla parola chiave Casta: che cosa si può tagliare, senza stravolgere l’assetto istituzionale e senza (ulteriormente) svilire il rapporto tra cittadini e politica? Quattro voci: le province, il finanziamento pubblico ai partiti, la metà dei costi parlamentari, privilegi degli enti locali.

Partiamo dalle province: secondo il rapporto 2011 dell’Unione Province Italiane, l’associazione che rappresenta tutte le province escluse quelle autonome di Trento, Bolzano e Aosta, il costo totale degli enti provinciali relativo all’anno 2010 ammonta a 12 miliardi di euro, che possono essere risparmiati quasi in toto, partendo dal presupposto che la stragrande maggioranza della spesa riguarda il mantenimento stesso dell’ente e immaginando di delocalizzare altrove, e con altre funzioni magari più redditizie, parte del personale impiegato, che costa invece una minima parte, vale a dire 2 miliardi e rotti l’anno (dato 2010). Se la matematica non è un’opinione, tagliando le province otteniamo un ulteriore risparmio di 10 miliardi l’anno.

Il finanziamento pubblico ai partiti, o rimborso elettorale che dir si voglia, è l’ennesima spesa-truffa che grava sulle spalle dei cittadini e che dovrebbe subire una netta sforbiciata. Qui il calcolo è piuttosto semplice: dal 1994 al 2008, considerando le 11 tornate elettorali (regionali, politiche ed europee) svolte in questo periodo, il costo supera i 2 miliardi di euro. Che il Professore Monti si attivi per farsi restituire questi soldi.

E veniamo al Parlamento, il luogo dove la Casta eccelle nel suo spreco costante da una parte e vessazione aggressiva dall’altra. Quanto costa il Parlamento? Per capirlo basta leggere uno studio dell’Istituto Bruno Leoni, una sorta di think tank anglosassone che “vuole rappresentare un pungolo ed una risorsa per la classe politica, stimolando nel contempo una maggiore attenzione e consapevolezza dei privati cittadini verso tutte le questioni che attengono le politiche pubbliche e il ruolo dello Stato nell’economia.”

Il dossier dell’IBL, pubblicato nel luglio 2011 a firma di Emilio Rocca, è piuttosto chiaro: “Il Parlamento italiano spende ogni anno circa 1 miliardo e mezzo di euro. Le Camere presentano i rendiconti della loro gestione economica che sono pubblicati sui loro siti istituzionali; ad oggi, è possibile leggere il rendiconto relativo all’esercizio dell’anno 2009. La due Camere hanno speso, in quell’anno, 1.581.158.419 euro, per la precisione..”

Volendo mantenere intatto il numero dei parlamentari e tagliando di netto la metà di tutte le spese – se Tremonti può tagliare in maniera orizzontale ciò che gli pare, va da sé che questo sistema è possibile applicarlo anche con i costi della politica – si ottiene un ulteriore risparmio di circa 750 milioni di euro annui. E siamo stati generosi.

Viriamo ora sui costi degli amministratori locali, soffermandoci solo sulle indennità dei politici regionali e comunali, che nel 2010 ammontavano a 1,5 miliardi di euro. Con un taglio netto dell’80%, per cui se un consigliere regionale prende oggi 10.000 euro al mese ne dovrà prendere al massimo 2.000 - che in ogni caso è un ottimo stipendio - si ottiene un ulteriore risparmio di spesa pari ai 1,2 miliardi di euro.

Anche per la parola chiave Casta non serve essere Odifreddi per convincersi di come si possa risparmiare, ogni anno, pur evitando ai politicanti la gogna della paghetta da 3/400 euro al mese, la bellezza di quasi 12 miliardi di euro (11,950 per la precisione), cui si va ad aggiungere l’una tantum dei 2 miliardi del finanziamento pubblico. Il tutto in maniera semplice e colpendo solo le province, i rimborsi elettorali e i costi di Parlamento, Regioni e Comuni.

E arriviamo, infine, all’ultima parola chiave.

Forse siamo in guerra e nessuno ci aveva avvisato, visto che l’Italia è l’ottavo Paese al mondo per spese militari (ecco uno dei motivi per cui non potrà mai fallire, nonostante le dicerie mediatiche) e nel 2011 ha stanziato un budget che supera i 20 miliardi di €. Le missioni all’estero? Partecipiamo a 8 operazioni, sulle 15 che ci sono in atto nel mondo, per cui spendiamo la bellezza di 1 miliardo e mezzo di €.

Ancora: secondo il libro inchiesta “Il Carro Armato” (Bur-Rizzoli), di Massimo Paolicelli e Francesco Vignarca, le missioni all’estero dell’Italia sarebbero molte di più, 30 (con evidenti ricadute sui costi) ma l’aspetto più sorprendente riguarda il numero dei comandati, inferiore rispetto a quello dei comandanti. Cosa significa? “Che, nonostante le riforme, il nostro esercito professionale conta ancora 190mila uomini, tra i quali il numero dei comandanti - 600 generali e ammiragli, 2.660 colonnelli e decine di migliaia di altri ufficiali- supera quello dei comandati.” Pazzesco. Come se il numero dei politici superasse quello dei cittadini.

Senza contare gli acquisti, inutili, di portaerei Cavour e fregate Fremm (5 miliardi e rotti di €) e i cacciabombardieri Joint Srike Fighter (13 miliardi di €). Facciamo un po’ di conti: se tagliamo della metà le spese militari, abbandoniamo le missioni all’estero ed evitiamo di comprare armamenti superflui, il risparmio netto ammonta a quasi 30 miliardi di €. Non male, vero?

Se il Professor Monti, bocconiano ed economista, dovesse mai avere difficoltà a seguire i nostri semplici ragionamenti, sarà sicuramente felice di trovarsi lo schemetto bello e pronto. Eccola, quindi, la maxi-manovra per raggiungere la divina gloria:

  1. Manovra anti-corruzione: 60 miliardi
  2. Manovra anti-evasione: 120 miliardi
  3. Manovra anti-mafia: 150 miliardi
  4. Manovra anti-casta: 12 miliardi
  5. Manovra anti-guerra: 30 miliardi

Totale: 372 miliardi annui risparmiati. Considerando che il debito pubblico attuale ammonta a poco meno di 2 mila miliardi, potremmo azzerarlo nel giro di 7 anni. Senza lacrime nè sangue.

 
 
 

FINANZIAMENTO AI PARTITI/ La più grande truffa della (mala)politica italiana

Post n°949 pubblicato il 04 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

di Carmine Gazzanni

http://www.infiltrato.it/inchieste/italia/finanziamento-ai-partiti-la-pi-grande-truffa-della-mala-politica-italiana
Circa 13 milioni di euro. A tanto ammonterebbero i soldi pubblici sottratti da Luigi Lusi alla Margherita. Pare che le indagini si stiano allargando e non è da escludere la possibilità che anche nomi di punta dell’ex partito di centrosinistra vengano coinvolti. Ma il problema, in realtà, è di fondo e risponde al nome di “rimborsi elettorali”. La più grande truffa (perché di questo si tratta) della malapolitica italiana, costata, fino ad oggi, più di 2 miliardi di euro. A dirlo è la Corte dei Conti.A quanto ammontano i soldi pubblici di cui i partiti continuano a godere ininterrottamente dal ’94? I numeri sono impressionanti. È la Corte dei Conti a rivelarli. Sommando le spese dichiarate dal 1994 al 2008 dai partiti e quanto hanno ricevuto, le cose stanno così: 579 milioni spesi e 2.253.612.233 ricevuti. Una cifra decisamente sproporzionata: una differenza del 389%. E poi si offendono se qualcuno osa chiamarla casta.

FIANZIAMENTO_AI_PARTITI_TRUFFA

 

Era il 1993. Tramite un referendum, con ben il 90,3% dei voti favorevoli, gli italiani abrogarono il finanziamento pubblico ai partiti. Eppure è noto che i partiti godono ancora di grosse entrate pubbliche. Cosa ha permesso ai partiti di sopravvivere in questi 12 anni? Una serie di leggi nel tempo che, sotto il falso nome di “rimborso elettorale”, garantiscono in realtà veri e propri finanziamenti (e non rimborsi). Per altro spropositati.

Ma andiamo con ordine. Il finanziamento pubblico ai partiti venne introdotto dalla legge 195/1974, dietro la proposta di Flaminio Piccoli (DC). All’epoca la norma venne giustificata come la soluzione per evitare collusioni con i grandi poteri (legali e illegali) del tempo. Ma dopo il referendum del ’93 il Parlamento, che in questi casi è più che mai attivo, corse al riparo. Già nel dicembre dello stesso anno, infatti, venne rivista una legge preesistente sui rimborsi elettorali (legge 515/1993), facendo passare come “rimborsi” veri e propri finanziamenti. Infatti, da allora, l’erogazione dei fondi è assolutamente indipendente dai costi sostenuti: “le spese per la campagna elettorale di ciascun partito, movimento, lista o gruppo di candidati che partecipa all’elezione – si leggeva all’articolo 10 - non possono  superare la somma risultante dalla moltiplicazione dell’importo di lire 200 per il numero complessivo degli abitanti delle circoscrizioni per la Camera dei deputati e dei collegi per il Senato della Repubblica”. Era fissato per giunta anche un tetto, chiaramente tutt’altro che basso: “le spese per la campagna elettorale di ciascun candidato – si leggeva in quella legge - non possono superare l’importo massimo derivante dalla somma della cifra fissa di lire 80 milioni e della cifra ulteriore pari al prodotto di 100 lire per ogni cittadino residente nel collegio uninominale”. In numeri: già nel 1994, i partiti poterono contare su un “rimborso” di circa 47 milioni di euro.

Ma non bastava. Più e più volte i governi, ora di destra ora di sinistra, sono intervenuti in materia. Il Governo Prodi, con la legge n.157 del 1999, cambiò, e di molto, le carte in tavole: istituì quattro fondi - esistenti ancora oggi – per le elezioni alla Camera, al Senato, al Parlamento europeo e ai Consigli regionali. Non solo. Si legge all’articolo 2 comma 2: “All’articolo 9, comma 3, primo periodo, della legge 10 dicembre 1993, n. 515, le parole: "almeno il 3 per cento" sono sostituite dalle seguenti: almeno l'1 per cento”. In pratica, se prima il quorum per sedersi al tavolo dei finanziamenti era fissato al 3%, ora veniva abbassato all’1. Conseguenza: tutti, anche partiti ininfluenti, da allora in poi godono di finanziamenti pubblici. In più le 200 lire previste nel 1993 passarono a 800. Anche il tetto si alzò drasticamente: “l’ammontare di ciascuno dei quattro fondi […] è pari alla somma risultante dalla moltiplicazione dell’importo di lire 4.000 (e non più 100, ndr) per il numero dei cittadini della Repubblica iscritti nelle liste elettorali per le elezioni della Camera dei deputati”.

Poi arrivò Berlusconi e, ancora una volta, i lauti finanziamenti diventarono sempre più lauti. Se infatti nel 1999 era previsto un rimborso di “lire 800” per “ogni cittadino della Repubblica iscritto nelle liste elettorali”, il Cavaliere lo alzò a “euro 1”. Non solo: “all’articolo 1, comma 5, dopo le parole: «è pari» sono inserite le seguenti: «per ciascun anno di legislatura degli organi stessi»”. In pratica, la legge del 2002 ha moltiplicato il rimborso per ciascun anno di legislatura (cinque anni), che equivale a quintuplicarlo. È finita qui? Certo che no: nella legge si specifica anche che i soldi, per quell’anno, non devono essere più corrisposti con cadenza annuale, ma devono essere versati ai partiti in un’unica soluzione.

Ma ancora non bastava. Ed ecco un codicillo, inserito, nel decreto milleproroghe del 2006: l’erogazione è dovuta per tutti e cinque gli anni. Anche in caso di fine anticipata della legislatura. Cosa vuol dire questo? Vuol dire che lo Stato continua a versare i soldi ai partiti per tutti e cinque gli anni, anche se il parlamento è stato sciolto. In altre parole, dal 2006 al 2010 (il decreto legge 98/2011 ha, per fortuna, ripristinato l’estinzione dei fondi in caso di cambio legislatura) noi abbiamo pagato anche “partiti fantasma“, partiti, per dirla in altri termini, presenti nella scorsa legislatura e scomparsi nella vigente. Ecco un’interessante tabella di partiti “scomparsi”, che nel 2010 hanno percepito sostanziosi rimborsi:

PARTITI

CONTRIBUTI NEL 2010

La Margherita

€ 5.492.126

Democratici di Sinistra

€ 8.769.911

Rifondazione Comunista

€ 3.729.428

Forza Italia

€ 12.541.536

Udeur

€ 349.225

Casa delle Libertà

€ 261.800

L’Unione

€ 353.065

È evidente, dunque, come questi non siano rimborsi, ma veri e propri finanziamenti occulti (dato che il referendum del ’93 parlava chiaro), garantiti da una serie di leggi che assicurano grossi capitali (pubblici) ai partiti. I numeri sono da capogiro. In definitiva oggi ad ogni fondo dei quattro previsti (Camera, Senato, Europarlamento e consigli regionali) viene erogato 1 euro per ogni iscritto alle liste elettorali per la Camera dei Deputati. Ogni candidato, in più, può accumulare fino a 52 mila di euro di rimborso più 0,01 euro per ogni cittadino residente nella circoscrizione. Per i partiti, invece, il limite massimo di finanziamento è dato dal numero di iscritti alle liste elettorali di Camera e Senato per ciascuna circoscrizione dove il partito si presenta. Il tutto, chiaramente, viene ripartito percentualmente in base ai seggi ottenuti (“Il fondo per il rimborso delle spese elettorali per il rinnovo della Camera dei deputati è ripartito in proporzione ai voti conseguiti per l’attribuzione della quota di seggi da assegnare in ragione proporzionale, tra i partiti e i movimenti che abbiano superato la soglia dell’1 per cento dei voti validamente espressi in ambito nazionale”).

Non solo. Un rapido calcolo ci permette anche di comprendere come alcuni anni siano stati letteralmente d’oro per i partiti. Come lo è stato, ad esempio, il 2008: nelle loro casse sono finite la terza rata del rimborso per le politiche del 2006 (99,9 milioni di euro), la prima rata del rimborso per le politiche del 2008 (100,6 milioni di euro), 41,6 milioni di euro della quarta rata per le regionali del 2005 e la quinta rata del rimborso per le europee del 2004 (49,4 milioni di euro). Totale: 291,5 milioni di euro. In un solo anno.

E i partiti presenti in questa legislatura? Ecco gli ultimi dati disponibili, relativi ai contributi per il solo 2010:

PARTITI

CONTRIBUTI NEL 2010

Il Popolo della Libertà

€ 20.496.206

Partito Democratico

€ 17.590.967

Lega Nord

€ 3.771.671

Unione di Centro

€ 2.096.373

Italia dei Valori

€ 1.924.018

Movimento Per L’autonomia Alleati Per Il Sud

€ 355.240

Ma, in definitiva, a questo punto, una domanda sorge spontanea. A quanto ammontano i soldi pubblici di cui i partiti continuano a godere ininterrottamente  dal ’94? I numeri sono impressionanti. È la Corte dei Conti a rivelarli. Sommando le spese dichiarate dal 1994 al 2008 dai partiti e quanto hanno ricevuto, le cose stanno così: 579 milioni spesi e 2.253.612.233 ricevuti. Una cifra decisamente sproporzionata: una differenza del 389%. E poi si offendono se qualcuno osa chiamarla casta.

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