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La danza di sr Philomène. Stabat mater speciosa. Marino. Maazel. Organ Summer Festival

Post n°780 pubblicato il 16 Luglio 2014 da giuliosforza

Post 736

 

Il momento più alto e toccante, addirittura sublime, del mio Corso sul Folle di Röcken: Suor Philomène che danza, al termine del suo esame, la danza di Zarathustra col suo corpo etereo d'avorio nero di malese del Mali. Cristo e l'Anticristo uniti nella vittoria sulla forza di gravità. Un'altra africana d'Algeri, Béatrice Béranger, scrisse incomparabilmente de La danza di Nietzsche, un testo di cui è stato detto: "Questo libro è agli antipodi del saggio accademico, è lontano dall'universo gelido della filosofia tedesca. Ecco, in questa biografia che ha il ritmo e il linguaggio di un romanzo, un Nietzsche greco, italiano, francese, come lui si voleva. Non è inutile chiedersi, forse, se un uomo avrebbe potuto scrivere queste pagine toccanti. E' una giovane donna, in ogni caso, che ha compiuto il gesto di accompagnare Nietzsche, teneramente, nella sua danza". Io per mio conto con me stesso mi compiaccio per aver stimolato, con la mia maniera di porgere aliena da ogni spocchioso accademismo (quello tanto inviso al filosofo dell'antifilosofia), una giovane donna, una giovane suora, a consegnarci, al termine di un esame serissimamente ludico ("Ihr steifen Weisen, mir ward alles Spiel", o voi, impettiti sapienti, per me tutto divenne gioco) un Nietzsche africano, ad arabescarlo per la danza nell'aria. Solo una suora, ed una suora africana, avrebbe potuto farlo. Grazie Philomène, coreuta nera, vincitrice nella lotta col demone di gravità.

*

Ignoravo che Liszt avesse composto una Stabat mater speciosa su testo anch’esso, come quello dello Stabat Mater dolorosa, attribuito a Jacopone da Todi. Finalmente! Dopo secoli e secoli di Madonne dolorose, lacrimose, trafitte da sette spade, una Madonna bella, sorridente, gaudiosa, prima bimba ignara poi adolescente radiosa poi madre esultante: una Madonna più umana che nihil humani a se alienum putat. L’insistenza della tradizione cristiana sul dolore  e la morte, una delle cause della ribellione nicciana e, leggo, addirittura di un Concilio, il Vaticano Secondo, aveva reso il Messaggio particolarmente odioso, tutt’altro  che un eu-anghèlion, forzando l’arte in ogni suo espressione, poetica, plastica, musicale, a prenderne atto. Liszt tenta una inversione di tendenza, almeno in musica, e mi par ci riesca. Una grande eudaimonia, una grande euthimìa, una grande eurithmia, una grande felicità e una grande serenità avverto nel brano espresse, i sentimenti che ci si attende sia chiamata ad alimentare una autentica religiosità. Ascoltare per credere.

*

Lo sguardo, il sorriso, i tratti de volto di Marino, sindaco di Roma, non hanno qualcosa di buesco e di post coitale, come al massimo della irriverenza, dalla quale prendo le debite distanze, dice un mio amico, ma sicuramente  qualcosa tra il bambinesco ed il minus  habens, una sorta di stordito imbambolamento che non sapresti se attribure all’evangelico nisi efficiamini o ad una sopravvenuta turba psicofisica. Qualcosa dev’essere avvenuto a Marino se ha voluto, o dovuto, rinunciare alla sua professione di rinomato chirurgo e trapiantatore d’organi per darsi alla politica, un mestiere che con quello del cerusico ha poco da condividere, anche se per la vivisezione, se non per la truculenta carneficina, ambedue esigono una predisposizione. Così fosse, come forse è, Marino avrebbe apportato alla politica la sua decadenza fisiopsichica, che non è un bel regalo, soprattutto per Roma.

*

Un pensiero a Loris Maazel, che  si è ridisciolto nelle cose mentre si apprestava a rendere un ulteriore omaggio a Frau Musika, della  quale fu  uno dei più nobili ed intimi servitori. Chi di noi non si è incantato almeno una volta al suo composto gesto? Chi non ha goduto di almeno una delle sue storiche interpretazioni? Ora ha ripreso a suonare il violino, il suo strumento, fra gli angeli, ed a dirigere orchestra e coro dei cherubini e dei serafini, prossimo prossimo a Dio, come ai lodatori della Vita rappresa in melodia s’addice.

 

*    

Ho assistito al terzo dei sette eventi dell’International Organ Summer Festival di Marco Lo Muscio in “St Paul within the Walls Church”. Allo strumento  Willibald Guggenmos, tedesco di Augsburg, attualmente organista della Cattedrale di St. Gallen in Svizzera. Quattro i contemporanei, Garbizu (Toccata Gregoriana), Lo Muscio (Ecstatic Meditation –Hommage to Messiaen), Messiaen (Méditation VI, da Méditations sur le Mystère de la Sainte Trinité), Leonce de Saint-Martin (Aria op.39, Carillon op. 11), due classici, Bach  ed il romantico Jacques Vogt (Scène champètre et Orage). Nulla di scontato, a partire dal preludio del Corale Ich ruf zu dir, Herr Jesu Christ BWW 639 seguito dal Preludio e Fuga in do minore BWV 546. Il brano che ha riscosso più successo, se non per la sua novità (è uno dei  più abusati del Compositore friburghese) per la sua freschezza e la sua veristica ed impressionistica fattura, è stato quello di Vogt, una fantasia che riproduce tutti i capricci meteo, il vento, la tempesta, il tuono, il fulmine con una precisione impressionante (il mio pensiero va, ché visivamente odo ed acusticamente vedo, a Giorgione e a Poussin):  Guggenmos ce l’ha messa tutta, sfruttando al massimo le enormi possibilità offerte del grande organo della chiesa episcopaliana. Come bis un inatteso, epperciò tanto più gradito,  Salmo 18 di Benedetto Marcello, I cieli immensi narrano, suggerito da Marco al Maestro, bontà sua, come omaggio a me: fu infatti uno dei primi pezzi forti del nostro Gruppo corale “Metanoesi”, più di una volta da Marco giovinetto, all’inizio della sua folgorante e sfolgorante carriera, accompagnato per noi al pianoforte.

__________________

Chàirete Dàimones!

Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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