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Riflessione filosofico-poetico-musicale
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Un’amica mi ha chiesto di condividere una breve ode saffica da me composta per le nozze d’oro con la vita della mia figliola più giovane, Fiammetta, l’ultima, con le sorelle Beatrice e Laura, ad omaggiare nel nome l’insuperabile Triade trecentesca (Ermione, a me altrettanto cara, non se n’abbia). Ed eccola accontentata. Per affetto amicale mi espongo al ludibrio dei latinisti, rendendo pubblica questa cosuccia: nella mia debordante produzione poetica neoclassica in volgare poco o nullo spazio ha trovato il metro “barbaro” saffico catulliano-oraziano, quello che nella metrica moderna accentuativa consiste di tre endecasillabi e un quinario. Nei saffici a Fiammetta mi muovo alla maniera del Carmen Saeculare del Venosino, del quale riproduco il tetrastico centrale “Alme Sol curru nitido diemqui” et coetera come inizio tale e quale, solo sostituendo il termine Roma col nome Flamma. Ho scelto tale metro per un preciso motivo: perché si presta ad essere cantato sulle note dell’Inno a Roma pucciniano nella versione di Renato Salvatori del 1918, omaggio ad hoc per Fiammetta che canta da trenta anni in un noto Coro polifonico di Roma, “Entropie armoniche”, amatoriale ma ai confini del professionale, tanta la ricchezza la varietà la complessità del suo repertorio, sacro e profano, antico e moderno; uno di quei cori ai cui membri dovrebbe essere riconosciuta una laurea in Canto Corale! Le quattro strofe dell’ode (perfettamente riprodotte in caratteri gotici e tricromatismo su carta similpergamena da una nobile Signora, decima Musa e quarta Chàrite insieme, che di sé abbella e aggrazia il quartierino ex rurale di periferia ove abito, che l’incuria comunale e l’inciviltà di molti dei residenti deturpano) tradotte in prosa così recitano: “Almo Sole, che sul tuo carro splendente apri e nascondi il giorno sempre nuovo e sempre diverso, che tu non possa vedere nulla di più bello della nostra Fiamma che compie cinquanta anni. La madre e il padre, il figlio, lo sposo, le sorelle e i nipoti per lei fanno mille auspici. Il suo solare sorriso vinca, Febo, il tuo, e nei secoli la luce dei suoi occhi risplenda a rallegrare l’universo, e come una stella a incendiarne la notte. Le muse del Canto la proteggano, lei intima della dolce Euterpe”.
In Roma, alla vigilia delle None decembrine, nell’anno duomillesimo settecentesimo settantesimo
settimo dalla fondazione di Roma”.
Cosuccia amatoriale, dicevo. Non sono il cantore delle Myricae, non vincerei concorsi internazionale di poesia latina, non mi costruirei coi loro proventi nessuna casa a Castelvecchio, di cui non intonerei i Canti. A me Musae non dant panem. O sì?
A
FIAMMETTA
Per Il Suo 50° Compleanno
Versi saffici alla maniera del Carmen Saeculare oraziano
da cantarsi sulle note dell’Inno a Roma pucciniano
*
Alme Sol curru nitido diemqui
Promis et celas aliusque ed idem
Nasceris possis nihil nostra FLAMMA
Visere maius
Quinquagesimum annum agenti. Mater
Et Pater, Filius, Vir atque Sorores
Nepotesque illi ex corde deprecantur
Omina mille.
Eius solaris tuum Phoebe risus
Vincat et per saecla eius oculorum
Splendor circum reluceat totum mundum
Ad oblectandum
Et siderum modo universi noctes
Ad incendendum. Musae canticorum
Protegant eam intime familiarem
Dulcis Euterpes.
*
Romae, pridie Nonas Decembres Anno MMDCCLXXVI
ab Urbe condita
__________________
Chàirete Dàimones!
Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)
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