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IL CANTO LIBERO DI UN TOSCANO SCOMODO

Post n°349 pubblicato il 07 Novembre 2008 da diversity84

Una vita avventurosa: partigiano, sfuggì ai nazisti. Visse a lungo a
Parigi, poi in Messico dove fu sequestrato dai terroristi. Morì nel
2003

di DAVID FIESOLI

LIVORNO.
Un figlio che la città ha quasi dimenticato, lo scrittore Carlo
Coccioli: Livorno lo ha visto nascere, Firenze crescere, poi come un
randagio ha seguito il padre nei suoi spostamenti, si è innamorato di
Parigi, e si è stabilito all’altro capo del mondo, in quella Città del
Messico che lo ha cullato fino al suo ultimo giorno. Con una piccola
parentesi nel 1994.

Coccioli ci provò a tornare a Livorno, ma
non era cosa: «Comprai un appartamento che guardava al quartiere
Venezia - rivelò al Tirreno - di fronte c’erano rovine medicee che
credevo intoccabili. Ma il Comune cominciò a costruirci. Feci denunce,
andai in Procura, cercai di parlare col sindaco. Tutto inutile. Ho
malvenduto l’appartamento, e sono tornato in Messico».

Fiero
delle sue radici. Per decenni, Livorno e la Toscana hanno dimenticato
Carlo Coccioli, anche se lui era fiero delle sue radici. Ma né la sua
città né la sua regione hanno saputo opporsi all’ostracismo della
cultura ufficiale dell’Italietta provincial-culturale che osannava il
finto trasgressivo Moravia e in seguito tutti i suoi cloni, voltando la
schiena invece ai suoi talenti più originali e forti. Basti pensare
che, alla sua morte, Coccioli ha donato i suoi archivi all’università
di Houston, in Texas, perchè lo scrittore livornese è stato pubblicato
molto di più nelle Americhe che in Italia. Carlo Coccioli era un
personaggio scomodo e schivo, un autore-contro, un maledetto toscano
che per vivere gli ultimi suoi anni scelse un Paese contraddittorio
come il Messico, dove è morto nel 2003, assistito dal figlio adottivo
Javier, e circondato dai suoi amatissimi cani: «Resto in Messico per
loro - dichiarò Coccioli nella sua ultima intervista al Tirreno - Ne ho
più di venti. Sono uno dei fautori della legge messicana sulla difesa
degli animali. Prima del mio arrivo non esisteva nulla».


Romanzi introvabili. In attesa che Livorno gli dedichi la targa sulla
sua casa agli Scali Novi Lena, l’edizione 2008 di “Mangiarsi le parole”
rimedia alla dimenticanza e organizza un incontro per ricordare
Coccioli, autore di romanzi e racconti bellissimi come “Uomini in fuga”
del 1973, “Davide” del 1976 (premio Strega), “Fabrizio Lupo” (il primo
romanzo, uscito a Parigi nel 1952 ma pubblicato in Italia solo nel
1978), e “Piccolo karma” del 1987, ancora oggi difficilmente reperibili
in libreria, e quella editoriale è una dimenticanza ancora più
colpevole. Chapeau quindi all’editore Sironi, che per il marzo 2009 ha
in calendario la ripubblicazione di “Davide”.

Per fortuna, dove
latita l’editoria, compensa la rete: a Coccioli e alla sua opera è
dedicato il sito www.carlococcioli.com, realizzato dal nipote Marco,
grazie alla collaborazione di estimatori e amici, tra i quali lo
scrittore e editore Giulio Mozzi e la giornalista Irene Bignardi: sul
sito si trovano scritti inediti, racconti, interventi critici.
L’appuntamento con Coccioli al festival “Mangiarsi le parole” di
Livorno è sabato prossimo alle 18.30 nella sala Simonini della
Circoscrizione 2, con Giulio Mozzi, Irene Bignardi, Marco Coccioli, e
l’assessore alle politiche culturali Massimo Guantini: insieme,
discuteranno la figura e l’opera dello scrittore labronico, ricchissima
eppure trascurata dalla cultura tricolore.

Un personaggio
scomodo. Anche perchè Coccioli è sempre stato un personaggio scomodo:
si scontrò apertamente con Moravia, Piovene e il gotha delle lettere
italiane degli anni’50 e’60; ha affrontato senza remore il tema
dell’omosessualità nei suoi romanzi (“Fabrizio Lupo”) in tempi in cui
l’argomento poteva decisamente penalizzare la carriera di uno
scrittore; si è convertito prima all’ebraismo (lo racconta in
“Documento 127”) e poi al buddismo, in polemica con la Chiesa
cattolica, e nei suoi ultimi istanti di vita ha rifiutato i sacramenti.
E’ stato insomma sempre molto critico nei confronti di un’Italia
culturalmente provinciale, arretrata sul terreno dei diritti civili,
condizionata dal potere clericale.

Dal Messico, affermava di
non sentirsi italiano, ma toscano, poichè i ricordi migliori erano
legatoi senza dubbio all’ambiente letterario fiorentino di Papini,
Lisi, Bigongiari, Bargellini. Roma invece lo deluse moltissimo, e il
reuccio Moravia gli parve arrogante e sopravvalutato.

Coccioli
visse a lungo a Parigi prima di stabilirsi in Messico: se si chiede a
un francese o a un messicano di media cultura chi era Carlo Coccioli,
si otterrebbe nella maggior parte dei casi una risposta abbastanza
puntale e, forse, anche un elenco dei suoi libri più importanti. In
Italia e anche nella sua Livorno, invece, la scena muta è garantita.


Una vita avventurosa. Nato nel 1920 da padre tarantino ufficiale dei
bersaglieri e da madre livornese ebrea (Anna Duranti), Coccioli si
trasferì in Cirenaica quando aveva appena sette anni. Sarà il primo di
una serie di viaggi e spostamenti che segneranno la sua vita: dietro
alla carriera militare del padre prima, sulla scia dei suoi amori e dei
suoi interessi culturali poi. Coccioli iniziò gli studi in Libia, e
visse a Fiume fino allo scoppio della seconda guerra mondiale.
Arruolatosi e presto fuggito dall’esercito, si mise alla testa della
Terza brigata Rosselli, partigiano nelle file di Giustizia e Libertà.
Catturato dai tedeschi e imprigionato a Bologna, fu protagonista di una
drammatica evasione a mano armata e di un avventuroso attraversamento
della Linea gotica. Sarà proprio l’esperienza della resistenza a
ispirargli il primo libro, “11 agosto”. Del 1946 invece è il primo
romanzo, “Il migliore e l’ultimo”. Inizia alla fine degli anni’40 a
frequentare Parigi e a pubblicare in francese. Lì conosce Michel, se ne
innamora, e parte con lui per una serie di viaggi: prima in Canada, poi
in Messico, dove nel 1954 si interrompe la loro relazione.

A
Città del Messico Coccioli diventa giornalista, collaboratore di “Hoy”,
poi editorialista per “Siempre!” e infine inviato speciale per giornali
italiani. Data cruciale è il 10 luglio 1988: viene sequestrato da un
commando terrorista, che però dopo una notte di interrogatorio lo
libererà, rifiutandosi di eseguire la condanna a morte che era stata
ordinata da mandanti che resteranno sempre sconociuti. Nel 2003, il 5
agosto, la morte.

Un autore da riscoprire. Dei suoi 42 libri in
Italia solo pochissimi hanno conosciuto la gloria della pubblicazione,
finendo rapidamente fuori catalogo. Oggi, per iniziativa del nipote e
di altri estimatori della sua opera (oltre a Bignardi e Mozzi anche
Antonio Celano), si torna a parlare di lui, si progettano nuove
pubblicazioni che potrebbero interessare magari i piccoli editori,
spesso più attenti alle riscoperte e dei grandi gruppi editoriali. Le
ripubblicazioni più recenti di cui abbiamo notizia risalgono ormai a
molti anni fa: nel 1998 Guerini e associati ha riproposto “Uomini in
fuga”, e nel 2001 Balrdini&Castoldi ha ristampato “Piccolo karma”.
Il titolo più recente, forse ancora rintracciabile, è “Fabrizio Lupo”,
che Fazi ha ripubblicato nel 2006, ed è uno dei romanzi più belli di
Coccioli, quello che testimonia il suo libero rapporto con la propria
sessualità, quello che fece scandalo perchè parlava di una storia
d’amore tra due uomini, uno dei quali cattolico.

Aspettando la
riedizione di “Davide” per i tipi Sironi, speriamo che l’incontro di
“Mangiarsi le parole” sia il primo passo per una riscoperta sostanziale
dello scrittore livornese: sarebbe bellissimo poter leggere o rileggere
“Fabrizio Lupo”, “L’erede di Montezuma”, i racconti di “Uno e altri
amori”, ma anche “Requiem per un cane”, bellissimo atto d’amore di un
uomo nei confronti del suo migliore amico, oppure “La difficile
speranza”, il romanzo che attrasse Malaparte, tanto da spingerlo a
invitare Coccioli nella sua casa di Capri, per poi spalancargli le
porte di Parigi.

Sarebbe come un ritorno a casa, e un
riconoscimento, seppur tardivo, da parte di quella cultura ufficiale
che con Carlo Coccioli è in costante debito.

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Commenti al Post:
confusa82s
confusa82s il 07/11/08 alle 16:00 via WEB
Passa dal mio blog, c'è una sorpresa per te!!!
 
jaja.10
jaja.10 il 08/11/08 alle 09:45 via WEB
ciao!sono passata dal tuo blog x caso e non ho potuto fare altro ke lasciare un commento!ti assicuro ke non sono per nulla razzista ne tantomeno mi metto a giudikare ki è diverso da me per colore di pelle, orientamento sessuale,o ideologie religiose o cose del genere anzi...però quello ke odio di voi gay o omosessuali come dir si voglia è questa vostra esagerata e quasi disgustosa voglia di ostentare a tutti i costi questra vostra "diversità" quasi come se fosse una vostra sfida contro il mondo e contro ki di fatto è normale.Io sono sn contraria in tutto e per tutto ai matromoni gay,all adozione dei bambini da parte di coppie gay perke nonostante voi possiate essere delle meravigliose fantastike perosne nella vostra mente c è qualkosa di "deviato" e perverso!se Dio ha creato un uomo e una donna un motivo ci sarà stato e di certo i peli di un uomo non sono una giusta causa per stravolgere il mondo!quindi basta con le vostre continue ostentazioni,con questo opporsi al sistema...
 
 
diversity84
diversity84 il 08/11/08 alle 10:11 via WEB
Dove c'è gusto non c'è perdenza. Mi faccio chiamare diversity proprio per i pensieri sociali come i suoi (con rispetto parlando). La diversità viene vista dalla società. Dio ha creato uomini e donne, per le leggi e le ideologie di vita reale standard c'ha pensato la società (se così si vuole etichettare). Sa cosa signifia in realtà "società"? Una società è l'insieme organizzato da individui (società umana) che condividono fini e comportamenti e si relazionano congiuntamente per costituire un gruppo o una comunità. Viviamo in uno pseudo paese con una pseudo libertà di azione e comunicazione, per cui ascolto il suo pensiero, e la ringrazio anche per aver scritto nel mio blog, ma non lo condivido più di tanto.
 
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Giovanni Paolo II, Le unioni omosessuali non sono una realtà coniugale, in "La Famiglia".

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Bonaccorso, Monica, Mamme e papà omosessuali, Editori Riuniti.

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