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di Gabriella Sartori
Ma
come, il Vaticano vorrebbe che le persone omosessuali fossero torturate
e condannate a morte e che le barriere architettoniche rimanessero là
dove sono per rendere ancora più difficile la vita alle persone
disabili? Queste le violente accuse di nuovo divampate in questi giorni
contro la Santa Sede, nel sessantesimo anniversario della Dichiarazione
universale dei diritti umani cui, dal 1948, hanno aderito ben 192 stati
di tutto il mondo. Ma per capire subito quanto siano accuse infondate e
ingiuste, basterebbe ricordare come e quanto la Santa Sede si sia
sempre battuta contro la tortura e pena di morte (anche degli assassini
rei confessi, figuriamoci se la battaglia non vale anche per gli
omosessuali!) o guardarsi intorno all'interno della Chiesa cattolica
(dal famoso "Cottolengo" di Torino ai più nostrani "Piccolo Rifugio" o
alla padovana Casa di Sarmeola di Rubano solo per fare qualche nome).
I
fatti: qualche giorno fa è emersa la notizia, che non era freschissima,
che monsignor Migliore, rappresentante della Santa Sede all'Onu, non
aveva sottoscritto la proposta avanzata dalla Francia di chiedere la
depenalizzazione di quello che lì è considerato "reato", per quei paesi
la cui legislazione prevede tortura e pena di morte per chi è
omosessuale.
Perché questo "no"? Perché, come molto spesso
accade in queste occasioni, in certi ambienti Onu, la proposta francese
conteneva sì la giusta e condivisibile condanna per l'inammissibile
costume di uccidere o torturare chi è omosessuale, ma collegava
inscindibilmente questa richiesta al riconoscimento degli omosessuali
come "categoria protetta" speciale. In altre parole, si voleva (e si
vuole) affermare anche per questa strada la teoria del "gender", per
cui si vuole cancellare per sempre la differenza "naturale" esistente
fra uomini e donne. Insomma, si vuol costringere tutti, Vaticano
compreso, ad accettare per iscritto, volenti o nolenti, l'idea che non
devono esistere differenze di natura "sessuale" fra gli esseri umani:
ognuno deve essere libero di essere e/o di "comportarsi" ora da donna
ora da uomo o, addirittura, quando gli va da donna, quando non gli va,
da uomo. Tutto in nome del "desiderio", della libertà individuale senza
freni (neanche quello del ridicolo). E qui la Santa Sede non ci sta: e
noi pure (per non parlare della gran parte del mondo, perfino della
super libertaria California, dove un recentissimo referendum popolare
ha bocciato il "matrimonio" gay che pure era stato ammesso dalla
legge). Discorsi analoghi si possono fare per il tema delle barriere
architettoniche:
in certi ambienti Onu si vorrebbe promuovere una Convenzione per
eliminarle (e chi, se non la Chiesa cattolica, è in prima fila nel
battersi per questo), però, anche stavolta, il testo della Convenzione
si rifiuta di condannare l'aborto, cioè l'uccisione di chi ha la sola
colpa di essere disabile, cioè non perfetto.
Si tratti di temi
legati all'omosessualità o alla disabilità, l'ideologia di fondo che
anima queste non entusiasmanti iniziative internazionali Onu (ma non
solo) è sempre la stessa: parlare di "diritti dell'individuo" per far
passare l'idea che non devono più esistere differenze fra uomo e donna,
cioè per far diventare legale il matrimonio fra due uomini o due donne,
negando perciò a chi non può difendersi, come i bambini, il diritto
fondamentale di avere un padre e una madre (come pure anche i gay hanno
avuto, se no non sarebbero nati). Oppure: parlar di "diritti alla
salute riproduttiva" per far riconoscere come "diritto" anche l'aborto,
a cominciare dal non nato disabile. Ma come si può
far
diventare "diritto" quella che è e rimane l'uccisione di un essere
umano non nato e perciò del tutto innocente? Al massimo, le leggi
ammettono la "possibilità" dolorosa di abortire, o di uccidere per
legittima difesa: ma uccidere non è mai un bene. Quindi non può essere
mai considerato un diritto, parola che vuol dire contrario di storto,
cioè sbagliato. E nessuna legge o solenne Dichiarazione può riconoscere
come un bene ciò che è male, se no si torna alla barbarie.
A
sessant'anni dalla Dichiarazione universale dei diritti, c'è chi la
vuol cambiare: ma non in meglio. Al di là delle spesso disinformate
reazioni di tanti mass media, è bene che ci sia qualcuno che a questo
stravolgimento si oppone battendosi per il riconoscimento dei diritti
umani fondamentali anche a chi ancora non li ha: per esempio i non
nati, a cominciare dai milioni di bambine asiatiche abortite perché
femmine. Bambine buttate nella spazzatura prima di nascere, senza che
nessuna di tante associazioni femministe o libertarie, ora in
subbuglio, si sia data la pena di dire una parola o di sottoscrivere
una qualche Convenzione (che pure c'era) anche a loro favore.
di
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Giovanni Paolo II, Le unioni omosessuali non sono una realtà coniugale, in "La Famiglia".
Alicata, Cristiana "Quattro", Edizioni il Dito e La Luna, Milano 2006. Romanzo, storia di una famiglia omogenitoriale raccontata da uno dei figli.
Bonaccorso, Monica, Mamme e papà omosessuali, Editori Riuniti.
Bottino, Margherita e Daniela Danna, La gaia famiglia. Che cos'è l'omogenitorialità, Asterios.
Danna, Daniela, Io ho una bella figlia. Le madri lesbiche raccontano, Zoe, Forlì 1998.