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scuola

Post n°180 pubblicato il 23 Novembre 2009 da pioggiachescroscia

Per la stragrande maggioranza, la scuola e’ frequentata da scolari super gratificati in famiglia, a cui non e’ stato posto nessun vero limite ai loro desideri, per la scarsa autorevolezza dei genitori, sempre meno “esempio” agli occhi dei figli.

Per la stragrande maggioranza, i professori in cattedra non hanno piu’ la pallida cognizione della psicologia dell’eta’ evolutiva, e che quindi non sanno, o faticano a comprendere, o ignorano semplicemente con nonchalance, che in quell’eta’ l’acquisizione del sapere passa per canali prima emotivi che intellettuali.

Ma l’educazione emotiva, deve essere capace di seguire i percorsi individuali con cui ciascun studente perviene al sapere e  per ottenere cio’, dovrebbe essere normale che in una classe sia composta al massimo da quindici studenti, perche’ con 25 o 30 alunni in classe e’ assolutamente impossibile non solo seguire ma solo conoscere i percorsi emotivi, le turbolenze adolescenziali, le fasi di entusiasmo o di sfiducia, il lento scivolare nella demotivazione, fino allo scollamento dell’alunno dalla sua classe e infine l’abbandono.

Ne consegue che se non si riduce il numero degli studenti in classe, moltiplicando le classi, occorre dire chiaro e tondo che la nostra scuola puo’ al massimo “istruire”, ma e’ nell’impossibilita’ strutturale di educare.

La professione dell’insegnante, infatti non richiede solo competenze culturali, ma capacita’ di comunicazione e di fascinazione.

Il legame emotivo non si costituisce non si costituisce quando il rapporto tra insegnante e alunno e’ un rapporto di reciproca diffidenza e di assoluta incomprensione.

Quindi perche’ non istituire all’atto dell’assunzione, un semplice test attitudinale che faccia trasparire se chi intraprende la carriera scolastica, puo’ essere adatto o meno a quel ruolo?

La merce con cui abbiamo a che fare non sono verdure o macchinari, sono uomini e donne, le componenti della societa’ del domani.

 
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