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A chi va la mancia che si lascia al bar, quegli spiccioli lasciati nel barattolone di vetro?
Alla Starbucks, grande catena di caffé diffusa in tutto il mondo, con oltre seimila punti vendita solo negli Stati Uniti, non hanno mai avuto dubbi: si divide tra chi serve al banco e i responsabili dei turni.

I "baristi" della Starbucks, invece, qualche dubbio l'hanno avuto, tanto da promuovere una "class action" contro la società, e alla fine l'hanno spuntata: le mance sono tutte per chi serve al banco e la Starbucks deve restituire ai propri impiegati la bella sommetta di 100 milioni di dollari.
La motivazione legale è chiara: la legge americana proibisce a "manager" e "supervisor" di partecipare alla torta delle mance, che sono riservate a chi opera a contatto con il pubblico.

"Ma i responsabili dei turni non sono manager!", argomentano alla Starbucks.
Devo dire che la questione è delicata. Intanto c'è da dire che, anche per molto meno di 100 milioni, io argomenterei pure che il sole si vede benissimo di notte, ma poi devo ammettere anche che in questo caso sarei perplesso nel definire il reale ruolo degli "shift supervisor".
Sta di fatto che il boss della Starbucks, Howard Schultz, ha deciso di non obbedire al giudice, e ha spiegato le sue ragioni ai propri dipendenti.

Sono in genere contrario alle mance, tolgono chiarezza al rapporto di lavoro di baristi e camerieri. A meno di non usare il metodo americano: il menu ricorda di lasciare il 15% del conto come mancia, è la parte variabile dello stipendio di chi ti ha servito. Se non la lasci sei un tirchio congenito, oppure non sei rimasto contento del servizio.
Però, perché far pesare che la pasta era scotta, su chi te l'ha portata in tavola?

Vediamo come finirà alla Starbucks, magari nell'attesa facciamoci un buon caffé. Caldo, per quello freddo se ne riparla in estate, magari assaggiando la novità della Ilko (Illy & CocaCola). Ne avevo scritto in un post lo scorso ottobre. Vi ripropongo l'immagine del post, mi ricorda l'estate.

Buon sabato.