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L'ultima sera in reparto

Post n°59 pubblicato il 02 Settembre 2006 da Piero_Caravaggio

Il medico, mentre masticava la solita gomma americana, mi annunciò, con aria magniloquente che, dagli esami eseguiti, non rilsultava alcunchè. La causa era - molto probabilmente - di orginie psicosomatica. Avrei dovuto andare "in alnalisi", cioè stendermi sul suo lettino e farmi ipnotizzare, per poi "evacuare" tutte le "nefandezze" che avevo in mente. Risposi senza convinzione: "ci penserò".

La signora Marta mi venne a trovare nel pomeriggio e apparve molto contenta per la buona notizia: la mattina successiva sarei stato dimesso. Per tale occasione, portò dei manicaretti e altre leccornie. Ugo ne mangiò in grande quantità, con una voracità a dir poco stupefacente. La signora Marta rimase letteralmente a bocca aperta e, sotto sotto, pensava:"Chi sa se riesce a far l'amore così come mangia..."

Io, al contrario di quando ero arrivato, la presi male. La notizia delle mie imminenti dimissioni, non m'infuse allegria. E dire che non amavo gli ospedali. Forse mi stavo affezionando alle persone che avevo conosciuto. Dopo l'ultima cena, vidi un pò la TV, ma i programmi mi annoiavano alquanto, così m'addormentai. Mi svegliai a notte fonda, senza un'apparente ragione. Stavo quasi per riprender sonno, quando sentii delle voci nel corridoio. Incuriosito dal tono gentile di una delle voci, mi levai dal letto e mi avvicinai alla porta per origliare.

"Ti hanno dato molto da fare quei matti?"- fece una voce maschile.

"Lasciamo perdere le tue opinioni sui matti che è meglio!" -  rispose la donna sottovoce.

Il medico non ribattè, e il coloquio sembrò finire così. Intanto le voci parvero scomparire del tutto, così decisi di aprire la porta e dare un'occhiata. Il corridoio era semideserto, i due mistesiosi interlocutori si erano dileguati. Stavo per ritornare nella mia stanza quando, con la coda dell'occhio, mi sembrò di vedere una luce fioca alle mie spalle. Mi voltai lentamente e vidi che la porta dell'infermeria era semiaaperta. Non volendo sfidare la buona sorte, col timore di essere sopreso,  restai qualche passo indietro la porta. Da lontano si vedeva una figura femminile andare dietro un paravento e sedersi in silenzio su una delle due sedie, mentre un uomo si fermava vicino al paravento ad osservare la scena: l'infermiera si abbasso la gonna e incominciò pian piano a toccarsi. Intanto l'uomo  si tolse la cintura, sbottonò il pantaloni e mandò giù la lampo. Restarono qualche minuto in quella posizione. Poi il medico le fece un cenno con la mano, per farla cambiare di posizione. La donna si mise in ginocchio di fronte a lui e fece venir fuori le sue parti intime. Il medico le accarezzava piano il capo,   mentre lei faceva andare su e giù la verga con molta flemma. Poi l'infermiera si girò e, appogiate le mani al muro, gli porse il tergo. L'uomo, intanto, era imbestialito e prese a spingerla a più non posso, incurante del rumore che stava causando. A quel punto, approfitando del rumore, volli vederci chiaro, così mi avvicinai alla porta per poter individuare i protagonisti di quelllo spettacolo. Ma, non feci nemmeno in tempo ad aprire la porta che uno scricchiolio stridente bloccò i due amanti. Lui fece immediatamente un balzo indietro, uscendo dalla mia vista. Lei, invece, si rannicchiò per terra e disse sottovoce: "E adesso cosa facciamo dottore?" Io, d'altro canto, siccome sapevo di essermi spinto fino al limite della prudenza, ritornai sui miei passi e feci silenziosamente rientro in camera. Nessuno mi vide, nè capirono che ero io lo spione di quella notte galeotta. La mattina seguente mi sembrò tutto un sogno. Presi le mie cose e aspettai il mio turno per ricevere il foglio di dimissioni. Mentre uscivo dall'ospedale incrociai X che stava salendo in macchina del marito. Diedi un ultimo sguardo a quella che avrei voluto fosse la mia sposa. Vidi, per l'ultima volta quella coscia lunga entrare nell'auto. Stranamente, non chiudeva la portiera, sicchè mi avvicinai per vedere cosa fosse successo.

"Qualche difficoltà?" domandai con tono riverente?

"No...nulla una maledetta gomma da masticare è rimasta appicicata sul mio camice e adesso stava attaccandosi pure al sedile dell'auto... ah.. eccola!" la prese sorridendo e la buttò violentemente fuori dall'abitacolo.

"Cose che capitano" feci io perplesso, "Cose che capitano" mi fece eco il marito...con un sorriso.

 

 
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