Il viaggio

Post n°75 pubblicato il 19 Gennaio 2007 da Piero_Caravaggio

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Cominciai il viaggio senza una meta precisa. Il mio scopo principale era allontanarmi da "casa". Alla partenza credevo che la vita da nomade fosse alquanto facile, spensierata, priva di tutte quelle incombenze cui invece dovevo far fronte ogni giorno. Ma, a parte le incombenze e gli impegni di routine, la cosa si rivelò più difficile del previsto. All'inizio andai da un lontano parente che, anni prima, mi aveva continuamente rimproverato di non essermi mai recato a fargli visita. Al momento dell'arrivo rimase abbastanza sorpreso di vedermi piantato lì sul suo uscio di casa con una valigia in mano. Tuttavia, conoscendo la mia particolare situazione, mi invito a sistemarmi da lui per qualche giorno, pensando che invece non sarei rimasto nemmeno una notte. Per converso, gradii molto la sua ospitalità e ne approfittai senza alcun indugio. Appena si presentava l'occasione giusta, gli ricordai, con molto garbo, quante volte avesse insistito affinchè io rimanessi da lui a trascorrere le ferie o, addirittura, per l'intero periodo estivo. E, con fare ironico, gli confessai di essere stato molto supido a non accettare la sua ospitalità. Dopo nemmeno una settimana, il mio gentile parente, mi annunciò che alcuni impegni assolutamente imprevisti richiedevano la sua assidua presenza, per cui non avrebbe potuto accogliermi come si doveva. Risposi che era stato molto gentile a pensare a me, ma non si doveva affatto preoccupare poichè, dopo tanti anni di vita solitaria, ero benissimo in grado di cavarmela da solo. A quel punto vidi che il suo viso si fece paonazzo e rimase per qualche attimo in silenzio a fissarmi. Stavo quasi per scoppiare dal ridere. Feci un grosso sforzo per non abbandonarmi ad una grassa risata. Capii al volo che la sua era una scusa banale per liberarsi di me, così, con un lieve sorriso sulle labbra gli diedi una pacca sulla spalla e dissi: "Ci sei cascato, vero?" Se non fossi stato così precipitoso, ti avrei risparmiato il discorso: stavo per comunicarti che era mia intenzione partire oggi stesso". Il suo umore cambio repentinamente, come se si fosse liberato da un peso soverchiante. Si offrì di accompagnarmi persino alla stazione ma rifiutai. Ci salutammo e proseguii il mio lungo viaggio. 

 
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Lettera a mia madre

Post n°74 pubblicato il 17 Gennaio 2007 da Piero_Caravaggio

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C
ara Mamma,

Non hai mai letto una missiva che avesse come mittente tuo figlio. E, nel momento in cui la leggerai, ti chiederai il motivo di questa mia scelta. In effetti hai ragione: non siamo tanto lontani per cui si renda necessario una corrispondenza alla vecchia maniera. Inoltre, con l'avvento della tecnologia, videofonini ed altro ancora si potrebbe del tutto abolire questo vetusto modo di comunicare. Invece, malgrado la nostra intima vicinanza, preferisco dirti addio per iscritto. Il motivo di ciò devesi ricercare nella mia profonda timidezza, nel timore edipico che tu - durante tutti questi anni - mi hai "maternamente" infuso. Io, un pò come succede per le spugne, l'ho assorbito poco per volta, senza lasciare la minima traccia visibile. Ti chiederai il motivo di questa mia imminente decisione. Il motivo è presto detto: VOGLIO PRENDERE IN MANO LE REDINI DELLA MIA VITA! Finora sono rimasto al tuo fianco, nell'ombra, trascurando i miei interessi. Naturalmente non voglio assolutamente farti carico di questa mia insoddisfazione. A te le cose sono apparse molto lineari nella loro assurda semplicità: ti sei sempre prodigata affinchè io avessi il meglio che si potesse materialmente ottenere. Ti sei sobbarcata tutte le responsabilità, finanche quelle che non erano tue. D'altra parte con il marito che ti ritrovavi non potevi fare altrimenti. A questo proposito volevo ringraziarti per non aver scaricato su di me tutto quel groviglio di delusioni, di frustrazioni e umiliazioni che mio padre ti ha ingiustamente inflitto. Tuttavia, nella tua smania di voler proteggermi a tutti i costi, hai fatto di me un uomo insicuro, sempre indeciso su quale fosse la via da prendere. Poi, quando tuo marito ti ha lasciato, invece di metterti l'animo in pace, sei caduta vittima della depressione, angosciandoti oltre ogni misura. Forse, anche se non direttamente, una causa dei tuoi mali viene proprio da lì. Per questo senso di gratitudine che nutrivo verso di te ho dimenticato me stesso, un pò come facevi tu con Papà. Ovviamente non credo di essere quello che sono, solo per via della tua assillante presenza. E' del tutto evidente che la mia situazione attuale, pur risentendo della particolare contingernza di vita, ha radici più profonde. Io, sin da piccolo, ero profondamente diverso da mio padre. Mi sentivo molto più simile a te che a lui. Crescendo capiì quanto ti facesse soffrire, con le sue manie di grandezza e le sue esuberanti prevaricazioni mascoline. Ricordo ancora la prima volta che mi vide parlare con una ragazza: il suo sorriso beffardo, la sua maliziosa ironia. Poi ebbe la sfrontatezza di avvicinarsi a noi e di metter in serio imbarazzo entrambi. Ricordo ancora quelle mani grandi e pelose: a me diede una grossa pacca sulla spalla e alla mia povera compagna di classe diede un pizzicotto sulle guance. La ragazza arrossì immediatamente e per togliersi d'impaccio se ne andò via, adducendo una scusa banale, salutandoci frettolosamente. Io rimasi di stucco, percosso ed incapace di proferir parola. Lui mi prese per mano e mi diede alcune "dritte" su come ci si doveva comportare in quelle occasioni. Io non lo ascoltai neppure per un attimo, ma il mio umore diventò nero. Quello fu solo l'inizio di tante sue "raccomandazioni" sul come si dovesse agire in tali circostanze. Quando capì che mi rifutavo di ascoltarlo, mi offese in modo molto pesante. Da quel momento in poi i miei rapporti con l'altro sesso divennero problematici, se non addirittura impossibili. Di questa delicata situazione tu non ne sai nulla, poichè mio padre non era il tipo da confidarti alcunchè, ritenendo la donna al pari di una "cosa". Questo mio rifiuto d'ascoltare i consigli paterni si tradusse in altre umiliazioni. Tuo marito accentuò, infatti, la sua carica fedigrafa, facendo del tutto per farsi sorprendere in "flagranza di reato", mentre spudoratamente ti tradiva. Ricordo ancora il suo ghigno che si stagliava lungo i suoi lunghi baffi mentre era intento a sodomizzare la donna delle pulizie. Il mio primo istinto fun quello di recarmi al bagno per vomitare. Questo suo modo assurdo di dare l'esempio, invece di sortire effetti liberatori, fini con l'inibire ancora di più quelle sincere pulsioni naturali che un adolescente vive con assoluta normalità.
Quando cercavo di afficinarmi a te per trovare conforto alle mie pene, tu, indaffarata com'eri per le responsabilità che avevi, mi respingevi, indirizzandomi proprio verso colui da cui volevo scappare: mio padre. La stessa identica cosa avveniva per le idee che avevo o per le cose che intendevo fare: ogni mia aspirazione era considerata come un'assurdità, una perdita di tempo, un sogno irrealizzabile, un fatto degno di non essere nemmeno ascoltato. E tu purtroppo non hai mai alzato un dito in mio favore, sostenendo le assurde tesi di tuo marito. Molte volte mi sono chiesto se tuo marito fosse veramente anche mio padre, tanta era la distanza che ci separava. Le cose non son migliorate dopo la sua dipartita. Per uno strano caso del destino, invece di migliorare, tu sei peggiorata, acquisendo persino alcuni "difetti" del tuo defunto marito. Sei diventata dispotica, autoritaria, volevi controllare ogni mia mossa, mettendo in fuga quelle poche spasimanti che ero riuscito a conquistare. E dire che sapevi della mia proverbiale insicurezza con le donne, sapevi quanto mi risultasse difficile avere discreti rapporti con loro, anche per pura amicizia. Ricordo quell'unica volta che riusciì a presentarti una delle mie tre fidanzate, fu un vero e proprio disastro. Al principio ero sicuro che almeno in quell'occasione non ti avrei deluso. Era una ragazza dabbene, di buona famiglia, istruita, e pure molto carina. Ebbene, nonostante tutte queste premesse favorevoli, avesti il cattivo gusto di dire che: " la Laurea molte volte guasta le brave ragazze, poichè stanno troppo fuori casa e non pensano alla famiglia. E che l'unico impiego onorevole per una ragazza dabbene era quella della maestra". E quando lei asserì di aver vinto il concorso nelle Scuole medie superiori, Tu immediatamente dicesti che: "era meglio che insegnasse alle scuole materne o elementari, in quanto il compito di una donna è quello di educare non d'istruire i giovanotti!"

Ero furibondo e volevo lasciarti di punto in bianco e partire. Ma non ebbi il coraggio di farlo. Poi, quando ebbi trovato il coraggio, le tue condizioni fisiche peggiorarono terribilmente. Fu così che caddi nelle braccia di quell'arpia di Marta che, senza troppa fatica, si "pappò" pure tuo figlio in un sol boccone. Adesso, dopo aver provato bellissime sensazioni con una donna molto più giovane di me, ho rifiutato Marta e ho deciso che mai più le permetterò di avvicinarsi alla mia persona. Ti consiglio di fare altrettanto, poichè la tua cara "amica" ti ha tradito persino con la buon'anima di tuo marito. E' stata lei stessa (in un momento liberatorio) a raccontarmi tutto nei minimi particolari, gongolandosi intimamente per essere riuscita a portarsi a letto quasi tutta la famiglia! Per non parlare poi delle mie aspirazioni professionali. Io avrei preferito iscrivermi alla Facoltà di Lettere, invece mi fu imposto d'iscrivermi ad Economia e Commercio, poichè secondo l'autorevole parere di tuo marito avevo più possibilità di occupare un posto di rilievo, soprattutto ben remunerato. Il risultato è stato alquanto diverso, poichè ho svolto il mio lavoro senza alcuna passione, per puro dovere. Per di più il mio senso di inadeguatezza al mondo di oggi mi ha portato ad autoisolarmi, al punto tale che non svolgo più alcuna mansione. Infatti, il mio posto è stato preso da un guiovane laureato con tanto di "Master di specializzazione" conseguito negli U.S.A. Ma soprattutto, (questo non si trova scritto nel suo curriculum) con tantissimo pelo sullo stomaco! Per tal motivo non faccio nulla, poichè un'altra mansione non sarebbe equiparabile al mio livello. Oggi, dopo aver constatato la mia inutilità all'interno dell'azienda, ho accettato la mobilità, e presto credo che cambierò persino lavoro. Quindi mi trasferisco in città e non credo che farò mai più ritorno.
Addio.
Piero.

 
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Bilanci

Post n°73 pubblicato il 14 Gennaio 2007 da Piero_Caravaggio

immagineAvevo ormai superato la soglia degli "anta". Era tempo di bilanci. Avevo condotto, sino a quel momento, una vita vincolata dalle circostanze, pochi svaghi, molti doveri. Mi ero sacrificato sin troppo a lungo per la mia famiglia, trascurando, per tal via, molte mie segrete aspirazioni. La rigida educazione impartitami sin dall'infanzia m'aveva "incatenato " a mia madre, senza che potessi farmi una famiglia veramente Mia. Mio padre, d'altro canto, con la sua figura imponente e autoritaria, mi aveva instillato una sorta di senso di inadeguatezza e, in molti casi, un vero e proprio stato d'inferiorità. Ero l'esatto contrario suo: lui un uomo sicuro di sè, esuberante, affascinante, donnaiolo; io timido, imbranato con le donne e piuttosto incline alle incursioni introspettive. La mia unica pecca era l'eccessiva curiosità. Una pecca che emergeva spudorata dal mio lato "femminile".
Ero più propenso a rimanere alla finestra a guardare, anzichè scendere in piazza e prendere parte attiva allo spettacolo. Una vita vissuta più da spettatore che da protagonista.
Dovevo - per tale motivo - dare una svolta alla mia vita, prima che fosse troppo tardi.

 
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Telefonata

Post n°72 pubblicato il 13 Gennaio 2007 da Piero_Caravaggio
Foto di Piero_Caravaggio


E
rano passate alcune settimane ma non riuscivo ancora a scrollarmi di dosso l'immagine opulenta e volgare della Sig.ra Marta.
Sin dal nostro primo "incontro" fui assalito da un senso di sazietà che poi, col tempo, si trasformo in nausea.
Per mia fortuna, nemmeno lei si fece più viva. A mia madre che chiedeva notizie più precise sul motivo della sua assenza non seppi rispondere in modo convincente. La mia incertezza acuì i sospetti che già circolavano da un pò di tempo nella sua testa. Bastò infatti che mi allontanassi un attimo per sentirla armeggiare col telefono. Si riaffacciò la mia innata curiosità, per cui invece di rientrare in camera mia, scesi al piano di sotto e mi diressi verso l'altro apparecchio, lentamente, senza far rumore, alzai la cornetta e appoggiai il mio orecchio al ricevitore...



Sig.ra Marta: Pronto? 

Mia Madre: Sono io...

Sig.ra Marta: Ah ...

Mia Madre: Chi non muore si rivede!

Sig.ra Marta: ehh.. devi scusarmi ma in questo periodo sono molto indaffarata, per cui non sono potuta venire.

Mia Madre: Marta ci conosciamo da parecchio tempo e penso di conoscerti abbastanza, per cui smettila di raccontare frottole!

Sig.ra Marta: E' la verità devi credermi, sono subentrati degli imprevisti e forse dovrò star via per qualche tempo...

Mia madre: Imprevisti? Marta non dirmi che hai trovato un grosso pollo da spennare? :-) 
Sig.ra Marta: Ma che pollo e pollo! Sono indaffarata per alcune noie legali...
Mia Madre: Tanto indaffarata da non poter nemmeno fare la tua solita scappatina?


Sig.ra Marta: E' così, devi credermi, adesso perdonami ma devo rispondere al cellulare.
Stammi bene, riguardati.



Mia Madre: Aspetta! Mi spieghi cosa.... ma va al diavolo! 

Marta, ad ogni buon conto, non fece parola alcuna del nostro ultimo rendez vouz.
E soprattutto di come si era vergognosamente concluso. Dopo tutto meglio così
.

 
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Viaggio

Post n°71 pubblicato il 11 Gennaio 2007 da Piero_Caravaggio
 


«Io non vado mai con i gruppi, sto fuori, ma mica viaggio solo, uno non può sempre star solo - a parte che, se uno sa con chi sta solo, a volte può essere in grande compagnia»

Tiziano Terzani

 
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