Creato da ElettrikaPsike il 17/12/2012

ElettriKaMente

Dillo, bella strega...se lo sai, Adorabile strega…Dimmi, conosci l’irremissibile? (I fiori del male, C. Baudelaire)

 

 

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L’IO NON E’ PADRONE IN CASA SUA

L'Io non è padrone in casa sua, diceva Freud.

E se l'essenziale è invisibile allo sguardo, anche per i motivi annotati nel post precedente; probabilmente noi siamo davvero laddove non siamo, come poetava Jemenez, e siamo coloro che passeggiano là dove non sono, restando quando moriranno.

Così, Io non sono io, scriveva il Nobel spagnolo.

Sono colui che tace quando parlo e perdona quando odio.

 

                                                       

 

Il matematico e filosofo del 1600 René Descartes, poi italianizzato in Cartesio, sosteneva, invece, che noi siamo in virtù del cogito, grazie al fatto che pensiamo, e lo sostenne attraverso uno scetticismo metodologico che entusiasmò Kant, facendo affermare a quest’ultimo che la coscienza umana si costruisce e si plasma intorno ad un "io penso" che non può imparare se non da conoscenze che derivino da un unico principio.

Ma se, da una parte, lo stesso Hegel considerò il metodo di Cartesio come una sorta di terraferma grazie alla quale il pensiero navigante può finalmente approdare dopo viaggi tumultuosi su mari molto scomodi, i suoi detrattori videro, invece, in questo suo affermare “io penso-pertanto-esisto”, in piena corrispondenza tra il soggetto pensante e l'oggetto pensato, un processo che nasce, si sviluppa e muore esclusivamente all’interno degli appartamenti limitati del pensiero del soggetto pensante, attenendosi, così, alla sola sfera della soggettività e potendoci regalare un valore esclusivamente relativo, privo di assolutezza.

E che differenza c’è tra l'essenza e l'esistenza se non quella stessa che distingue le idee dagli esseri? La prima, infatti, è pertinente e posseduta tanto dalle idee quanto dagli esseri, mentre l’esistenza è propria solo degli esseri…

I principi logici su cui dovrebbe fondarsi la conoscenza possono spiegare che cosa sia una cosa e, conseguentemente, anche cosa non sia; ma non ne garantiscono l’esistenza. E l’Io penso dunque sono di Cartesio, diventa in Lacan un Io sono proprio là, dove non penso.

Il filosofo parigino evoca un non-luogo con una sovversione del soggetto ed il cogito ergo sum di Cartesio si ribalta diventando un Io penso dove non sono, e quindi io sono dove non penso.

                               

 

La costituzione stesso dell'io è viziata da identificazioni fittizie e immaginarie che scindono l’io che si racconta dall’io raccontato…

Nel momento in cui l’Io dice Io sono, parla già di un Io che non è più lui, perché per poterne parlare deve scinderlo dalla sua stessa essenza, spaccandolo. Quindi l’immagine di noi stessi raccontata e presentata al mondo, altro non sarebbe se non un Io immaginario.

Eppure…paradossalmente…proprio questa schizofrenia umana universale che divide ed allontana il nostro Io da se stesso, imbandendolo di artificiosità apparecchiate dal pensiero, potrebbe essere anche il mezzo più utile per ricondurre l’Io ad una autocoscienza. Se lette alla luce giusta, infatti, proprio le stesse rappresentazioni immaginarie ed aliene che l’Io fa di se stesso, possono essere un’inaspettata chiave d’accesso per trovarsi.

Così accade che quando ci raccontiamo, pur non essendo lì, dove avviene il racconto, possiamo ugualmente offrire a noi e al mondo, involontari ma rivelatori indizi… Se l’io è là, dove non pensa e dove non si esterna raccontandosi, può, comunque, attraverso l’artificio del suo racconto, offrirci frammenti di sé, gettati e perduti qua e là, nel cammino della sua finzione.

Frammenti accidentali che, se raccolti e decifrati, raccontano il “noi” nascosto da noi stessi in un involontario smascheramento di quel mistificatore alla ricerca del vero chiamato Io.

 

 

 

L’immaginazione è “la pazza di casa”, m’insegnarono al liceo. La realtà è peggio, risposi: è la scema del villaggio. (Gesualdo Bufalino)

 

 

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Commenti al Post:
misteropagano
misteropagano il 11/03/17 alle 15:43 via WEB
forse stai richiamando Darrida?___*
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 11/03/17 alle 16:17 via WEB
Sto richiamando te...(non sei forse tu la portatrice sana del pensiero deriddiano? che riconosce l'indefinibilità dell'identità dell'essere...e viene accusata di solipsismo e di oscurità per il modo in cui esponi i tuoi concetti? ;-) )
 
woodenship
woodenship il 11/03/17 alle 21:11 via WEB
Sarei propenso a credere che ci siano troppi"io"in casa propria:non uno,ma tanti,troppi,quanti sono quelli che si celano in ogni individuo.E che, di volta in volta,fanno capolino per far comprendere che c'è sempre assai poco che si possa dire"sicuro".........Un bacio scintillante di stelle.........W........
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 12/03/17 alle 14:34 via WEB
Ed è da lì, che nasce la ricchezza ma questi troppi io in casa nostra è anche la matrice di ogni angoscia umana, chiamata più comunemente (anche se, poi, almeno in parte qualitativamente c'è differenza), attacco di panico. Grazie wood ;-)
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
ARGYRIA il 12/03/17 alle 14:28 via WEB
Nel momento in cui l’Io dice Io sono, parla già di un Io che non è più lui...questo forse è vero a livello "logico" poi in realtà però l'Io è fatto per raccontarsi...e infatti anche se quello che raccontiamo di noi è una specie di personaggio immaginario alternativo, è appunto inevitabile che una parte di verità comunque la si dica! E si offrano simboli e codici, come avviene nell'arte...anche perché se parliamo di noi, in qualche modo, anche se "inventiamo" diciamo pur qualcosa di quel che siamo...dei nostri desideri o delle nostre aspirazioni, anche il modo in cui ci dipingiamo alla fine ci racconta...ma torno a rileggerlo ancora con più calma.
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 12/03/17 alle 14:51 via WEB
L'Io è fatto per raccontarsi ma deve pagare il dazio di parlare in terza persona. Anche quando si pensa, anche quando dice io. Sono i paradossi dell'essere umano. Uno dei tanti, come essere strutturati da un sistema cerebrale e da un organo (encefalo) che è anche l'unico organo che pensa a se stesso, oltre a definire noi..;-) Ed inevitabilmente, anche nel raccontare una bugia ci definiamo e dichiariamo chi e cosa siamo. Perché ogni cosa che facciamo racconta una scelta avvenuta. E la scelta di decidere proprio per quella strada e non per un'altra, tanto attraverso il preciso intento di percorrerla sapendo esattamente quel che si fa, quanto non essendone lucidamente consapevoli, ci definisce. L'interessante è che, a volte, anche l'intenzione di essere il più possibile vicini ad un'immagine consapevole e veritiera e di comunicarla fedelmente, non garantisce al soggetto la sicurezza di trasmettere maggiori informazioni di sé, e non più di quanto farebbe con una mistificazione...Grazie infinite per il tuo commento, Argyria!
 
channelfy
channelfy il 13/03/17 alle 09:02 via WEB
Sei di una bellezza interiore mia cara..affascinante
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 18/03/17 alle 19:02 via WEB
Ti ringrazio channelfy...e ti ringrazio doppiamente: essenzialmente ed esistenzialmente ,-p gentilissima...;-)
 
ravenback0
ravenback0 il 16/03/17 alle 19:56 via WEB
io non sono filosofo ma sono convintissimo di essere là, proprio dove non penso, e sarà per questo che tanti idioti stano benissimo nella loro pelle :) perché non pensano mai...Un abbraccio Ele
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 18/03/17 alle 19:03 via WEB
Però...questa è una considerazione perspicace e molto filosofica, mio caro raven ;-P
 
legrillonnoirdestael
legrillonnoirdestael il 16/03/17 alle 22:14 via WEB
E qui riproponi la tua convinzione preferita, vero "mistificatrice"? ;-) che...mentendo si è sempre (inevitabilmente) più sinceri, adorable menteuse...
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 18/03/17 alle 19:06 via WEB
Vous êtes un beau parleur, monsieur ,-)
 
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