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Dillo, bella strega...se lo sai, Adorabile strega…Dimmi, conosci l’irremissibile? (I fiori del male, C. Baudelaire)

 

 

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SUL PERDONO ED ALTRE CERTEZZE

Post n°295 pubblicato il 16 Novembre 2019 da ElettrikaPsike
 

 

 

 

 

Giorni fa, ho letto in un post sul blog di woodenship, una lirica in “confessione di reato” - e sinceramente non so dire (ma non è neppure rilevante saperlo) se l’ammissione fosse effettiva o se fosse un espediente letterario, tra l'altro di alto valore stilistico - ad ogni modo, il punto su cui ora voglio scrivere non riguarda né il contenuto né la forma di quel post, quanto alcune parole visibili tra gli innumerevoli commenti dei suoi lettori.

Al di là, infatti, dell’indiscussa bellezza fragile e zelantemente tratteggiata, di quell’etica esteticamente riprodotta in versi, già peraltro espressa con i miei commenti sottostanti all'opera, ciò che ha catturato la mia attenzione, sequestrandola non piacevolmente, è il concetto di “perdono” più volte apparecchiato dai suoi lettori. Un concetto menzionato e maneggiato o, meglio, padroneggiato con una destrezza senza paura. E, tra l’altro, mi sembra proprio da quegli stessi utenti che già in altre occasioni dichiaravano di poter escludere aprioristicamente che cosa avrebbero o non avrebbero fatto nel loro futuro.

Che dire? Beati coloro che possono vantare simili consapevolezze nella vita…

O forse no, nessuna beatitudine.

Personalmente non comprendo, infatti – nel senso che non includo e non faccio mie – queste certezze, perché, insieme a qualcun altro, mi trovo ancora in cerca di quel centro di gravità permanente che possa riuscire a non farmi mai cambiare idea…e fino a quando io stessa sarò in movimento - viva - non potrò avere pretesa alcuna di possesso sulla sfera dell’indeterminato (benché i miei risvolti ossessivo-compulsivi, a dire la verità, disperatamente tentino di padroneggiare l’ipotetico, nella speranza di risolverne il paradosso…ma questa è tutta un’altra storia).

Inoltre, al di là del non poter riconoscere la lapidaria certezza di chi è convinto di sapere cosa potrà o non potrà fare in una circostanza sconosciuta, pur assecondando l’ansia compulsiva di voler credere disperatamente che sia possibile raggiungere simili verità, non condivido (ed in questo caso neppure assecondo) la pretesa di potersi arrogare il diritto (perché di privilegio nemmeno parlerei) di accordare o meno il perdono a chicchessia.

Oh, si, lo so. Va di moda di questi tempi parlare di “perdono”.

E tutte queste persone sicure di chi sono e sicure di dove vanno, di cosa sia giusto e cosa sbagliato, di cosa vada fatto e cosa vada detto, ne parlano continuamente.

E, per carità, ne parlano anche in termini magnanimi - io ti perdono di qua, io perdono di là, dicono molto ammirevolmente - anche se si tratta di gravi torti subiti, anche quando (e se) si tratta di crimini che hanno letteralmente dimezzato loro la vita.

Ma il punto è completamente un altro.

Sia che costoro decidano di accordare il perdono, sia che non lo vogliano accordare, infatti, la questione - molto più semplice - è che proprio nessuno si trova nella posizione di perdonare.

Seriamente, chi mai pensano di essere tutti questi esseri umani, per sentirsi tanto convinti che tale funzione - in un modo come nell’altro - possa fare parte delle loro competenze?

Sarò più chiara e diretta: chi siamo noi, di grazia, per pensare di poter accordare o meno il perdono a qualcuno, indipendentemente dalla colpa e dal reato, veri o presunti che siano da un punto di vista etico, quando il solo condono possibile - di esclusiva natura giuridica - è quello già pienamente predisposto dalla legge?

E la mia risposta è una domanda…Ma siete realmente sicuri, sicuri che esista davvero una persona che vada perdonata…?

 

 

Come si può in genere perdonare loro, se essi non sanno ciò che fanno?

Non si ha proprio niente da perdonare.

Ma sa mai un uomo pienamente ciò che fa? E se questo rimane sempre perlomeno un dubbio, allora gli uomini non hanno mai qualcosa da perdonarsi, e l’essere clemente è - per il più ragionevole - una cosa impossibile.

Da ultimo: anche se i malfattori avessero veramente saputo ciò che facevano, noi avremmo avuto comunque il diritto di perdonare solo se avessimo avuto il diritto di accusa e di punizione.

Ma questo non l'abbiamo.

Friedrich Nietzsche

 


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Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
ARGYRIA il 16/11/19 alle 18:31 via WEB
Tutti siamo in cerca di certezze ma nessuno con un minimo di coscienza può essere convinto di qualcosa in modo lapidario. La cosa del perdono che tu dici in effetti non l'avevo mai considerata. Le religioni dicono ci dicono "chi sei tu per giudicare" ma nessuna la mette nei termini di "perdonare" ma in effetti...:D BELLO SPUNTO MI DATE tu e il vecchio Friedrich :))
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 30/11/19 alle 19:43 via WEB
Io credo che la convinzione sia - come la fede - tanto una forza interiore intuitiva, un sentire senza tempo e senza spazio, quanto un processo elaborato di autocoscienza e ricerca di noi stessi. Su alcune cose - ma rimaniamo nell'ambito del metafisico, lo stesso dei sentimenti e della fede - è possibile avvertire inspiegabilmente la forza di una certezza; ma su altre è necessario un lungo e progressivo lavoro che non prevede un arrivo stabile e definitivo; quindi, paradossalmente, una cosa non esclude neppure l'altra ma parlare di certezza assoluta finché si è in cammino, e soltanto per ipotesi, può diventare piuttosto pericoloso e farci ancora più facilmente disorientare...Grazie mille Argyria ;-)
 
woodenship
woodenship il 16/11/19 alle 19:24 via WEB
Per quanto riguarda le certezze, mia dolce fanciulla, con me sfondi non una porta ma un portone pure spalancato già: mi dico e ripeto, che non ho certezza alcuna. Figuriamoci per quanto concerne anche il pur minimo"perdono". Come tu ben dici:"chi siamo noi, per poterci arrogare il privilegio di perdonare?Già, perchè a me suona privilegio perdonare. Per farlo bisogna avere assimilato quella sufficiente consapevolezza che ci permetta di considerare l'altro da noi come parte che ci compete, che è di noi espressione di un io che non possiamo giudicare e perdonare, perchè noi stessi non ci perdoniamo. Non siamo in grado di perdonarci. Di rimuovere o di indulgere, senz'altro: egoisti e narcisisti, malmostosi, gelosi, competitivi...Il peggio ed il meglio convivono in noi, nell'alternarsi di luci ed ombre. Tanto che, il massimo a cui possiamo aspirare, è quell'equilibrio tra la nostra parte oscura e quella in chiaro. Nella quale ci si comprende e ci si riconosce per quel che siamo........Grazie di cuore anche per la citazione oltre che per avcer preso a spunto dei miei versi modesti per farne ragionamento profondo ed argomentata esternazione di consapevolezza......Un bacio scintillante di stelle........W..........
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 30/11/19 alle 19:48 via WEB
Grazie a te wood, e sappi che ti ringrazierò per i tuoi spunti anche in futuro perché gli agganci e le contaminazioni (positivissime) non finiscono mai, proprio come il nostro umano percorso di conoscenza. A presto ;-)
 
legrillonnoirdestael
legrillonnoirdestael il 27/11/19 alle 03:40 via WEB
Diceva bene il buon vecchio Friedrich, e dici bene tu, che non c'é un bel nulla da perdonare a nessuno. Mi rallegra vedere che finalmente qualcuno ha il coraggio di mettere a tacere questa insulsa boria che sembra aver contagiato il mondo - ahimè sempre mai smentito gregge - in questa mania del maneggiare il perdono neanche fossimo tutti dei...Passa il messaggio cristiano del non recare offesa e spirituale di non portare rancore come un falsato diritto a padroneggiare il perdono neanche fossimo giudici, ma superare un'offesa, archiviarla e pacificarsi con un dolore nulla c'entra con la facoltà di perdonare. Ahimè son sempre pochi quelli che capiscono quello che leggono, ancor meno quelli che sanno cosa dicono...
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 30/11/19 alle 19:48 via WEB
E come dici tu, Sir Niccolò, un inchino...;-)
 
arwen971
arwen971 il 30/11/19 alle 18:19 via WEB
Sai qual è il fatto? Che la gente confonde sempre la parola perdono...tutti pensiamo che perdonare significhi fare un gesto altruista e caritatevole che fa bene a noi e al nostro spirito prima che agli altri perché così ci insegnano i principi spirituali di ogni religione e morale ma...in effetti è un concetto molto più complesso e perdonare messa così diventa quasi un'azione presuntuosa...Ehm...Perdonami! :-pp Devo pensarci meglio e più a lungo e poi ti scrivo ;-) Un abbraccio...
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 30/11/19 alle 20:12 via WEB
Il significato etimologico del termine, "perdono" di natura antropologica, che viene individuato da Gilbert indicherebbe il riferimento ad un dono originario e radicale: il dare la vita ad un altro. Da questa prospettiva, anche se ad un primo sguardo potrebbe sembrare strano, l’idea di dono sarebbe collegata alla colpa. Infatti, nonostante non imponga alcun obbligo dal punto di vista legale in quanto si tratta di un regalo disinteressato, il dono della vita risveglierebbe il concetto di un dovuto impossibile da restituire e pertanto di una colpa per questo motivo di per sé ‘imperdonabile’, perché preceduta da un’origine per sempre inaccessibile, impossibile da ripetere nella sua originarietà. Ma nessuno di noi è nella condizione di poter giudicare dall'alto di un pulpito immaginario, condannando l'anima di un altro uomo, dal momento che nessuno di noi è al di sopra di ogni sospetto e nessuno di noi può trovarsi nelle "scarpe" di chicchessia. Potremmo giudicare e condannare o perdonare noi stessi ma nessun altro, perché mai potremmo essere nell'identica situazione e nelle identiche condizioni, con le medesime risorse e i medesimi strumenti di colui che ha agito in un determinato modo, in quanto semplicemente mai potremmo essere lui. Quindi non ha senso pensare di poter accordare o non accordare un "perdono" che non siamo assolutamente noi a dover accordare. Si può biasimare un'azione, si può scegliere di accantonare il male subito e superarlo, si può comprendere...questo sì. Ma per il resto noi non siamo nessuno per perdonare o non perdonare qualcosa a qualcun altro...Sic et simpliciter. Grazie Arwen, un abbraccio a te!
 
ravenback0
ravenback0 il 30/11/19 alle 18:23 via WEB
E' luogo comune, ce lo hanno tramandato le religioni di tutte le specie e forme e moltissimi precetti etici di "perdonare", come contrapposizione alla vendetta, ma come stai ponendo tu la questione (e come l'ha posta Nietzsche con tutto rispetto) non l'avevo mai considerata. Si, nessuno se visto come un condono spirituale, può decidere se perdonare un altro è vero, non è una nostra facoltà farlo, ma ammetterai che trovare un sostituto alla parola diventa difficile! :-D mi metti sempre un po' in crisi Ele...
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 30/11/19 alle 20:42 via WEB
“Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori...”, “Non fare agli altri ciò che non vorresti venisse fatto a te…”, “Amerai il prossimo tuo come te stesso”…Si parla di etica della reciprocità. Quella regola che è un principio etico fondamentale e riguarda la salvaguardia di un equilibrio grazie al quale ciascuna parte ha diritti e doveri. In più, ci si riferisce alla norma della complementarità, quella che afferma come i diritti di ciascuno siano un dovere per l'altro. Una regola che ha radici in molte culture diverse. La filosofia e le religioni l'hanno formulata in modi diversi e talvolta si distingue anche nella sua forma positiva "Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te". Non si parla di perdono. O, meglio, anche quando si utilizza la parola “perdono”, lo si fa in chiave di solidarietà. Nell'insegnamento confuciano viene spiegato che "perdono" è sinonimo del “ciò che non vuoi sia fatto a te, non farlo agli altri”. Come scrivevo ad Arwen, accantonare un torto cercando di comprendere la persona che sta dietro quell’azione, senza erigersi ad un giudice – tanto severo quanto magnanimo – che comunque non siamo; cercare di superarlo e non vendicarsi sono le uniche forme di perdono possibili e concesse. Per il resto, poi, e come sempre, il paradosso vuole che crediamo di avere la facoltà di elargire perdono a destra e a manca (o addirittura di non accordarlo!) ma verso l’unica persona a cui avremo piena autorità di accordarlo – noi stessi – questo diritto non lo esercitiamo mai…Grazie mille per il tuo commento, raven ;-)
 
misteropagano
misteropagano il 30/11/19 alle 22:00 via WEB
Enigma svolazzante perdono certo.
Rebus alchemico_*
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 09/12/19 alle 14:08 via WEB
;-)
 
korov_ev
korov_ev il 17/12/19 alle 02:59 via WEB
Perdono, cara streghetta, è una parola inutile.
Che vuol dire "perdonare"? Al di là della semantica e dell'etimologia, parlando in termini pratici, cosa implicherebbe questa parola? Quale sarebbe il segno dell'avvenuto perdono?
Sempre ammesso che si sia in grado di delimitare i confini di torto e ragione, l'assolutezza della parola "perdono" presuppone qualcosa che va oltre l'oblio. Perdonare vuol dire fare come se un torto non fosse mai avvenuto, ma senza dimenticare.
Quasi un paradosso, lo ammetto, ma se qualcosa del genere fosse possibile, allora ci renderemmo conto che tutti, lungo il cammino di una vita, siamo stati, siamo o saremo sia vittime che carnefici e avvertiremmo tanto il bruciore dell'offesa subita quanto il peso del delitto perpetrato; comprenderemmo meglio le scelte altrui che ci hanno ferito e sarebbe più facile "fare come se nessun torto fosse mai stato fatto".
Solo che per questo servono sensibilità ed empatia. Decisamente troppo. Noi siamo solo uomini, povere vittime inconsapevoli e vendicative.
All'occorrenza, anche carnefici, sì... ma sempre con la nostra brava giustificazione.
Buonanotte, streghetta :-)
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 21/12/19 alle 17:54 via WEB
Infatti...nulla da aggiungere alla tua aggiunta ;-) Tranne "bentornato!".
 
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