ElettriKaMente
Dillo, bella strega...se lo sai, Adorabile strega…Dimmi, conosci l’irremissibile? (I fiori del male, C. Baudelaire)
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Tutti i passanti sono gentilmente invitati a lasciare fuori da questo blog:
incontinenze di ogni genere e tipo,
pratiche onanistiche finalizzate alla pubblicazione
e manie persecutorie-vittimistiche,
grazie.
Anche se il blog é moderato, ogni intervento pervenuto viene pubblicato.
Qualora il vostro non risulti, invece, visibile tra gli altri è semplicemente perché, presentando tracce delle sopracitate (incontinenze, pratiche onanistiche o manie persecutorie-vittimistiche)
vergognandosi di se stesso e di chi l'ha messo al mondo, si è autoeliminato.
Capisco che il nome del blog potrebbe trarre in inganno, ma qui non troverete il supporto psichiatrico che andate cercando.
Cordialmente,
Elettrikamente,
EleP.
« PER QUANTO STA IN TE | ANGELI E STREGHE » |
PAROSSISMO DEMONIACO,
TRISTE MALINCONIA,
FOLLIA PROVOCATA DALLA LUNA...
(John Milton)
Alterare, intenzionalmente, è un furto.
Ma deformare qualcosa può diventare anche uno furto splendido. Solo ad un patto, però: che la si faccia diventare altro, con altra identità e appartenenza.
Non è, invece, un furto splendido ma un omicidio (doloso o colposo) quel che avviene quando, riconoscendo e mantenendo l'autentica paternità di un qualsiasi operato, di esso viene data un'interpretazione totalmente errata o in ogni caso parziale.
L’arte di per sé, può essere, infatti, una sottrazione voluta e perseguita con coscienza e desiderio, e si sa, che se i bravi artisti copiano, i grandi artisti, invece rubano…Quando è davvero ben vissuta, dunque, è prerogativa dei ladri, quando è un po’ meno eclatante è un’azione da falsari.
Meglio copiare o rubare?
Dipende.
Per poter rubare l’arte creando un figlio dalle costole di altri padri, è richiesto un grande artista. Per clonare è necessario un bravo falsario che conosca la tecnica e il mestiere della duplicazione.
E’ pur vero che se il talento non accompagna l’aspirante ladro innamorato della grande arte, la sua scelta ricade sul restare un onesto osservatore oppure un osservatore di gran talento innamorato della grande arte, forse incapace di metterla al mondo da costole vecchie e rubate, ma notevole nella precisa duplicazione delle costole… alla faccia dell’angoscia dell’influenza di Harold Bloom (e alla nostra).
Ma se copiare incredibilmente bene è una possibilità reale per il bravo falsario…non sembra essere la stessa sorte di quel geniale Figlio che evira il vecchio Padre per re-impastare il mondo; infatti c'è il sospetto che se l’eclatante ladro decidesse di copiare, non produrrebbe un grand’effetto…dal momento che "un leone che copia un leone, pare diventi una scimmia…"(frase, per l’appunto copiata da Victor Hugo).
Dunque, rubare (costole, attributi, idee, parole, c'est la même…) per poi trasfigurare quelle stesse costole o parole in una nuova e inaudita identità è davvero un furto; ma da giganti, che non solo non impoverisce ma moltiplica.
Se tu hai una mela, scriveva George Bernard Shaw, ed anche io ho una mela e ce le scambiamo, allora tu ed io avremo comunque e sempre una mela per uno; ma se tu hai un'idea, ed io ho un'idea, e ce le scambiamo, allora entrambi avremo due idee.
Ma quando le costole o le parole sottratte invece di restare intatte diventando anche, e allo stesso tempo, altre parole ed altre identità, vengono invece, semplicemente cambiate, si tratta di un furto. E dei peggiori. Perché questo furto si può anche chiamare uccidere.
Le mele di Shaw restano inalterate anche dopo essere state raccolte dal nuovo arista ed in più danno altri frutti cresciuti al sole dei loro semi, mentre le mele del ladro che uccide non moltiplicano, annichiliscono.
Le parole volutamente non comprese e ridate al mondo con un’altra identità sono cancellate ed estinte nella loro originaria esistenza. E il nuovo parto porta alla luce neonati fantasmi, lasciando dietro di lui non l’angoscia bloomiana dell’essere impossibilitato a creare senza le contaminazione di precedenti influenze ma l’angoscia della morte.
Perché, semplicemente, se non mi capisci, io per te non esisto. Se m’inganni, modificando intenzionalmente le mie parole e mutilandole o prostituendole, non le fai parlare con la loro voce ma le collochi in una condizione diversa dalla loro, non riconoscendole, appropriandoti del loro nome e cedendole in cambio del favore di acconsentire solo a te stesso, tu neghi loro l’esistenza.
E ciò che produci cresce all’ombra delle parole morte nella luce distorta espressa dalla luna rovesciata.
Per il pensiero neoplatonico la luna mostra essenzialmente un duplice aspetto: è il simbolo che compete al regno dei morti ma è anche la madre della nascita. Luna mentitrice dai volti che mutano ciclici, che dissolve, liquida, e che liquida rigenera.
Ed essa appartiene a Persefone come Persefone appartiene alla luna. Tanto stretta è questa appartenenza da renderle partecipi della stessa sostanza.
E Persefone è la Luna.Ma Persefone è Κόρη, la giovane vergine, prima di essere l’esilio e il fuoco liquido in movimento di un eros lunare e poi di ritornare, ancora, nei suoi insolvibili cicli, ad essere fanciulla; mentre la Luna è la Vergine, la Regina dell’Oltretomba, ma è anche Madre ed ha un quarto volto oscurato, di Eκάτη ctonia.
Ed alla sua luce è incredibilmente facile travisare e fraintendere, deformando e sovvertendo.
Ogni qualvolta non sappiamo vedere ella ci inganna, confonde e non ci guarda negli occhi. Ci mostra fantasmi e ci nasconde quel che esiste. Pretende una discesa al buio e impone riflessione e conoscenza. Perché la Luna non è il Sole e non ci facilita il cammino illuminando a giorno quello che gli occhi temono e possono guardare.
La sua luce non brilla per rischiarare ma solo per confonderci, perché solo rendendoci ciechi ci insegna a vedere.
Si…diceva Shakespeare, è solo colpa della luna, quando si avvicina troppo alla terra fa impazzire tutti.
E forse, dopotutto, chi deruba coscientemente l’esistenza delle nostre idee, può essere per noi come la luna, ed offrirci una duplice scelta.
Potremmo guardarlo come un consapevole assassino oppure, volendo fissare la luna negli occhi, vederlo come un involontario maestro…in fondo, cosa scriveva, nella Lettera al figlio, Rudyard Kipling? …Se riesci a sopportare di udire la verità che hai detto distorta da farabutti al fine di confondere gli sciocchi o a guardare le cose cui hai dedicato la vita, vedendole infrante, e a piegarti, per ricostruirle con strumenti ormai logori (…) allora tua è la Terra e tutto ciò che è in essa, e - quel che più conta –sarai Uomo, figlio mio!
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