ElettriKaMente
Dillo, bella strega...se lo sai, Adorabile strega…Dimmi, conosci l’irremissibile? (I fiori del male, C. Baudelaire)
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incontinenze di ogni genere e tipo,
pratiche onanistiche finalizzate alla pubblicazione
e manie persecutorie-vittimistiche,
grazie.
Anche se il blog é moderato, ogni intervento pervenuto viene pubblicato.
Qualora il vostro non risulti, invece, visibile tra gli altri è semplicemente perché, presentando tracce delle sopracitate (incontinenze, pratiche onanistiche o manie persecutorie-vittimistiche)
vergognandosi di se stesso e di chi l'ha messo al mondo, si è autoeliminato.
Capisco che il nome del blog potrebbe trarre in inganno, ma qui non troverete il supporto psichiatrico che andate cercando.
Cordialmente,
Elettrikamente,
EleP.
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“Democrazia è il nome che diamo al popolo ogni volta cheabbiamo bisogno di lui”
(G. A. de Caillavet)
Le guerre prevedono vincitori e vinti.
In teoria, in pratica; ma non sempre. Ci sono anche le guerre definite metafisiche (cito Giovanni De Sio Cesari) come quella che riguarda il conflitto palestinese.
Al di là del fatto che per le parti coinvolte naturalmente esista una impossibilità di fatto a trovare un aggancio per sciogliere la questione e che, come per ogni conflitto, entrambe le parti rivendichino le proprie ragioni riconosciute con assolutezza come assolute, ed al di là anche del fatto che non esista, per nessun torto o ragione, una giustificazione abbastanza convincente per adeguarsi all'accettazione di una vittima di guerra, fosse anche l’uccisione dell’innocenza e della verità, senza un numero definito o imprecisato di sepolture umane, il punto è:
Perché questa storia infinita di battaglie continua a persistere inseguendo un motivo sempre più spettrale ed intellegibile, incurante di una fine dettata, ma poi in sostanza solo presunta, dal game over?
E perché si profila sempre più invisibile il fantasma dell’arrivo quando chiunque è perfettamente consapevole che la soluzione al conflitto territorial-religioso (che poi di territoriale e religioso probabilmente ha soltanto più l’ombra staccata dal pretesto) consiste nel riconoscimento di un’esistenza autonoma di due popoli sovrani?
E mi chiedo, le due parti (le persone, quelle, cioè, impalate e crocifisse ad un conflitto tramandato come l’odio di Montecchi e Capuleti, da una generazione all'altra) hanno una memoria reale e la stessa convinzione in quell'ideale e principio perseguito dai loro anziani parenti? La vogliono combattere, i nipoti del 2014, questa guerra del sacro senso dei loro nonni?
Nella Lettera dal carcere di Birmingham, M.L. King suggeriva quattro fasi guida per una campagna non violenta: raccogliere i fatti per determinare dove si trovi l'ingiustizia; negoziare; auto purificarsi e quindi agire direttamente.
Ed allora, esaminiamo.
Se una delle due parti di questo conflitto “comodo per tutti” (tranne, ovviamente, per coloro che sono chiamati a scontarlo vivendolo), quindi una delle parti, e diciamo per intenderci quella più oltraggiata, quella amputata e soffocata sotto le macerie, buttata su ogni giornale e sito web per sensibilizzare/informare, desensibilizzare/ disinformare ma anche per riempire i social e rendere politicamente impegnati e molto commossi ed empatici anche chi di empatia conosce proprio solo la parola durante il "piccolo spazio pubblicità”, se quella parte ora qui potesse parlare, innanzitutto ci direbbe questo: “Io sono stato cacciato dalle terre di Israele.” E poi spiegherebbe “Erano le mie terre, era il mio popolo, la Palestina era il mio stato. Vivo in una striscia di territorio occupato e sotto scacco, insignificante di risorse. Vivo con gli aiuti internazionali, convivo con la morte, provo a sopravvivere. Sono il più disperato della mia razza, la nostra gente è quasi sterminata.”
L’altra parte, stupita, risponderebbe che non sono quelli della sua gente a sterminare la loro, e che se muoiono civili, piccoli esseri umani, esseri umani anziani e se muoiono le donne e gli uomini che di questa guerra non hanno voce, accade perché i terroristi, facendo schermo con i loro civili, li offrono al massacro. “Fa parte delle dinamiche di tutte le guerre il mietere vittime, non lo vuole nessuno, ma è accaduto da sempre, voi parlate di una terra che non è vostra, di uno stato che non è uno stato.”
Il primo allora controbatterebbe, pungolato sul vivo: “ L'indipendenza dello Stato palestinese fu proclamata dall'OLP e poi sancita anche dall'ONU ma voi occupate comunque i nostri territori e tenete sotto blocco la modesta Gaza…”
Peccato che a quel tentativo di replica, la risposta sarebbe pronta e molto differente perché l’antagonista spiegherebbe in tutt'altri termini la non esistenza di uno Stato palestinese, partendo dalla conquista romana del territorio, arrivando ai bizantini, agli arabi, e via via fino agli inglesi. “Non esisteva nessuna identità nazionale palestinese quando siamo arrivati noi, nella seconda metà dell'Ottocento” spiegherebbe. E poi continuerebbe aggiungendo “ Se il tuo popolo si riconosce di discendenza filistea, dal momento che la striscia di territorio che corrisponde all'attuale Gaza era abitata un tempo dai Filistei, allora dovrebbe richiedere anche la Creta minoica alla Grecia. Tu mi parli di Nazioni Unite e di riconoscimenti, ma allora perché nel 1937 dalla commissione britannica e poi, vent'anni dopo, dal Consiglio per la Sicurezza delle Nazioni Unite viene detto chiaramente che la Palestina non esiste ed è un termine di invenzione sionista, in quanto il territorio altro non è che il sud della Siria? E poi, dimmi, perché il Movimento per la Liberazione della Palestina negli anni sessanta aveva come leader proprio chi aveva negato l'esistenza della Palestina un decennio prima? Giordania ed Egitto non hanno mai ceduto terre per creare uno stato indipendente nel ventennio tra la fine degli anni 40 e la fine degli anni sessanta…e nessuno in quel lungo periodo ha preteso nessuno stato, nessuna indipendenza…inoltre poi, noi da quella striscia di terra ce ne siamo anche andati...”
A queste parole, l’altro, distrutto dai razzi e consunto dalle spiegazioni in un’altra lingua, menzionerebbe i loro insediamenti in Cisgiordania che non diminuiscono e obietterebbe che quando il suo popolo ha cercato la pace, loro hanno risposto schiacciandoli con ulteriori colonizzazioni “la colonizzazione dei territori conquistati è contraria alla carta dell’Onu, e alle nostre proteste voi ordinate il ritiro, ma poi in realtà le promuovete…”
Ovviamente la replica sarebbe in una lingua straniera e suonerebbe pressappoco in questo modo: “Tutto nasce dal terrorismo… cessate il terrorismo e tutto questo avrà fine; tu parli dei vostri morti, certo, ma la mia vita è tenuta sotto scacco dai vostri attentati; noi non vi avremmo mai occupato se non fossimo stati attaccati da attentati ed inoltre voi avete rifiutato la negoziazione per la pace, a noi servivano quei territori per accogliere i nostri sopravvissuti dall'inferno dei campi di sterminio“ e a quel punto l’altro farebbe notare che loro, però, con quanto era accaduto con l’Olocausto non c’entravano nulla e che certo non dovevano portare le conseguenze anche della loro pena. Così, concluderebbero da dove hanno iniziato.
Uno direbbe all’altro “E comunque questa è casa nostra. La Palestina è la nostra casa, viviamo qui da centinaia di anni e non ce ne andremo.” E l’altro preciserebbe che loro sono arabi e non palestinesi, perché la Palestina non esiste e non è mai esistita…
Che dire? Nessuno si fida di nessuno. Gli estremisti di entrambe le parti non sono facilmente credibili.
Da una parte ci si potrebbe chiedere il perché quella parte che rivendica il suo essere palestinese non abbia accettato la spartizione proposta dalle Nazioni Unite e il risultato della guerra lampo del Sinai, dal momento che ora non esisterebbero le colonie ebraiche ed avrebbero invece la loro terra; ma cosa ha impedito e impedisce queste parti ad arrivare ad un accordo? Forse il fatto che accettare e dire di si, da parte loro, del popolo povero, accontentandosi di fette più piccole di quelle che reclamavano, avrebbe voluto dire aver gettato via ideali e generazioni di esseri umani senza arrivare a nulla?
Si, certo l’ideale, si l’onore, si la rivendicazione; ma si davvero tutto questo?
Vogliamo davvero credere che. al di là delle rocce estremiste, granitiche da una parte come dall'altra, anche tutti gli altri, quelli che ogni giorno muiono di morte fisica o della morte del terrore, condividano gli stessi loro principi pseudo religiosi, raccolti dall'alto di un pulpito davvero poco spirituale e molto materiale?
Perchè da un lato Allah Akbar. Allah è grande, ed è anche provvidente, tanto da non permettere che il sangue versato sia stato versato inutilmente, e così, il popolo derelitto, non avendo mezzi né armi, sacrifica se stesso attraverso il martirio, chiamando il terrorismo con il nome di "lotta giusta di liberazione".
E dall'altro lato, anche il popolo più ricco, giunto in una terra con la pretesa di occuparla perché duemila anni prima apparteneva ai loro antenati, porta avanti una pretesa di spettanza per diritto di nascita in nome di una promessa fatta loro da un altro Dio, di altra tifoseria.
Va da sé che non sembrano essere interpretati molto bene né il Dio degli uni né quello degli altri, perché, in caso contrario, sia l’una chel’altra divinità avrebbero ben poco di “grande”…E va da sé anche il fatto che, detta così, sembrerebbe però che entrambe le genti per quanto possano soffrire e morire, vivere nel panico e nell'angoscia, alla fine scelgano sempre l’ideale e la vendetta alla negoziazione salva- vita. Ma non c’è nessuna vendetta e nessun ideale, per quanto possa sembrare allettante, che giustifichi un no all'arresto di tutta questa morte.
I primi due punti della lettera di Martin Luther King sono così annullati. I fatti esaminati per determinare dove si trovi l'ingiustizia non hanno evidenziato che dialoghi paralleli in questa storia, e di negoziare non se ne vuol parlare. Quindi ci si ferma qui. Ad un passo prima dell’auto purificazione.
Questa guerra schermo è nata apposta per essere una storia infinita; ma la cosa più triste, molto più orribile dei corpi mutilati e delle vittime civili di chi nemmeno crede che Maometto sia assunto in cielo e probabilmente considererebbe la propria casa un luogo sacro, più di una qualsiasi Al Alaqsa o di chi il muro del pianto non lo rivede in Gerusalemme ma ogni santo giorno allo specchio guardando la propria faccia, è proprio la presenza di una ingiustificabile assenza in mezzo a tutta questa fede sbandierata: l’amore.
Non ce n’è traccia. Né tra chi si erige a giudice e condanna la vittima della parte sbagliata o proclama la vittima della parte giusta, né tra chi in nome di Dio giustifica e scatena qualsiasi inferno e nemmeno, poi, tra chi, sfigurato dalle proprie ossessioni, dalle proprie regole e dai propri dogmi, non sa più distinguere un nobile principio dalla morte di suo figlio.
E’ terribile ma io non vedo cause per cui dare in pasto la vita, non le riesco a vedere; ma anche se le trovassi, non sarebbero più degne di esistere nel momento in cui impongono sacrifici e fanno scegliere ad entrambe le parti la soluzione che, forse, mantenere il nemico conviene alla causa.
Non c’è gioia nella morte, neppure di un nemico, o automaticamente, già nel provarla, stiamo trasformando noi stessi in quel nemico.
Ma questa è una storia di odio. E le ragioni decadono da entrambe le parti. E per piacere, non venitemi a dire che vi frega un accidente di un bambino morto ammazzato se poi siete pronti a preparare le corde per impiccare chi lo ha ucciso. L’amore non vive in compartimenti stagni. Se soffri per l’amore ucciso non uccidi. E così, per favore, non strumentalizziamo la morte di un bambino ammazzato facendo del suo cadavere la nostra battaglia di valori al contrario perché a lui non importava un accidente delle belle ideologie impegnate, e neanche lo sapeva perché è morto. Certo però, probabilmente, se ora potesse parlare, di qualsiasi popolo o famiglia avesse fatto parte, è probabile che ci ringrazierebbe, per averlo aiutato a non morire…avendo solamente continuato a incrementare tutto questo schifo, discutendo con odio sui diritti di una o dell’altra squadra senza pausa ma senza accorgerci mai che, forse, l’unico suggerimento buono, invece di sostenere nella lotta uno piuttosto che l’altro, sarebbe stato verso quell'esempio che sempre in pochi sono disposti a dare, dicendo: “Va bene, lascio stare io, non ne vale la pena, perdono. E tu vai avanti, vivo.”
Le immagini del post sono state reperite tramite web.
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