Creato da ElettrikaPsike il 17/12/2012

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Dillo, bella strega...se lo sai, Adorabile strega…Dimmi, conosci l’irremissibile? (I fiori del male, C. Baudelaire)

 

 

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Sounds and pounds

 


“Tu bada al senso, ed i suoni baderanno a loro stessi.”

Lewis Carrol

 

 

 

Il “nonsense” si può intendere sia come un utilizzo apparentemente sensato di parole prive di un senso sia, invece, come l’uso apparentemente insensato di parole sensate.

Ma, attenzione, perché, a dispetto di quel che dichiara di essere, vale a dire una dichiarata mancanza di senso, il “non-senso” non è un’assenza del senso; ma la presenza di un paradossale controsenso.

Pertanto, per quanto assurdo, illogico ed irrazionale possa sembrare, il “nonsense” possiede un suo personale e legittimo significato e che, per l'appunto, consiste nell'azione del "giocare con il senso".

Ma tutto è tranne che una casuale procedura demenziale. Piuttosto, è simile, non tanto ad un incongruo accostamento, piuttosto, come si legge tra le righe del testo "Le parole e le cose: Un'archeologia delle scienze umane”, a quel disordine che fa scintillare i frammenti di un gran numero di ordini possibili nella dimensione senza legge e senza geometria dell'eteroclito.

E se l’assurdo, sempre restando in tema con Michel Foucault, vanifica l’e dell’enumerazione rendendo impossibile l’in entro il quale le cose enumerate potrebbero ripartirsi, nelle avventure vissute da Alice catapultata in un paese d’inquietanti meraviglie, il personaggio della ben poco avvenente Duchessa suggerisce di badare al senso, dal momento che, poi, ogni suono baderà a se stesso autonomamente. Il che, in altri termini, si può leggere come un “le parole seguono automaticamente, se si ha qualcosa da dire".

Nel caso specifico del nonsense ottenuto nel testo di Carrol, il gioco di parole deriva da un volontario scambio di due consonanti: vale a dire due “s” divenute due “p” all’interno del proverbio inglese che invita a badare soltanto ai centesimi, dal momento che le sterline baderanno, poi, a loro stesse.

Così, il “take care of the pence, and the pounds (sterline) will take care of themselves” diventa “take care of the sense, and the sounds (suoni) will take care of themselves”.

Ma il punto resta sempre lo stesso da Catone in poi: Rem tene, verba sequentur.

E se o quando non sono propriamente sempre i “fatti”, in senso sostanziale, ad essere conosciuti e posseduti, almeno cerchiamo di avere chiaro ed evidente nella mente il concetto di quanto vogliamo esprimere, così, poi, le parole di conseguenza si affacceranno, articolandosi sulle labbra magicamente da sole…

 

 

"Non immaginarti mai di essere diversamente da come può sembrare ad altri che ciò che tu sia o possa essere stata non sia diversamente da come ciò che sei stata sarebbe sembrato diverso a loro."

Lewis Carroll

 

 

 

 

ANNOTAZIONE ILLUSTRAZIONI:

Le immagini sono state reperite via web e non è stato possibile risalire alla loro paternità. Qualora i legittimi proprietari lo richiedessero, verrebbero immediatamente rimosse.

 

 
Rispondi al commento:
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 26/11/17 alle 17:49 via WEB
Il punto è che “rem tene, verba sequentur” è fondata, rimanendo in argomento di sillogismi, su una premessa che dev'essere vera per poter determinare una conclusione altrettanto vera e rendere la locuzione corretta. Se avere chiaro in mente un concetto ci rende possibile il padroneggiare un argomento, o quanto meno ci permette di acquisirlo, e se padroneggiare un argomento fa sì che le parole possano seguire, anche solo per il fatto che un concetto acquisito implica una capacità di articolazione del pensiero in una determinata struttura verbale, quante volte, però, si crede di essere pronti per padroneggiare un argomento di qualsiasi natura mentre, semplicemente, l’abbiamo solo intuitivamente compreso e magari ci siamo avvicinati ad esso; ma non l’abbiamo affatto metabolizzato in noi? Le parole seguono quando (condizione indispensabile) si è fatto nostro l'argomento e quando abbiamo fatto nostri gli strumenti per argomentarlo. Tu giustamente dici che “non è facile” e talvolta “nemmeno necessario”. Sul “necessario” non posso pronunciarmi perché è assolutamente vero, non sono poche le persone che ritengono opzionale tanto il fatto di radunare in modo lampante qualche idea, quanto quello di scegliere di accoglierle e crescerle...(un discorso a parte, invece, andrebbe fatto sulla necessità o meno di esprimere un concetto che si è manifestato con chiarezza nella mente e sentiamo nostro…) Sul “facile”, invece, potrei solo dire che, come per poter svolgere i lavori manuali, anche per utilizzare la parola è necessaria un po’ di pratica e di esperienza. Ho letto che Diderot, mentre preparava l’Encyclopédie, scoprì che anche quegli artigiani che sapevano fare abilmente il loro lavoro, non sapevano, però, spiegare come lo facevano. Questo è perché, come dicevo prima, manualità e oratoria necessitano, entrambe, di tecniche che vanno comunque imparate. Ma il concetto presuppone sempre l'uso della parola, sia essa pensata, parlata, scritta o espressa con altri tipi di linguaggio (ad esempio quello adottato dai sordomuti). Questo perché senza il linguaggio che articola e socializza i pensieri, non sarebbe neppure possibile pensare, proprio come, d’altro canto, senza pensiero sarebbero anche impossibili tanto il linguaggio interiore quanto quello esteriore. Il verbo, o logos, è pensiero e parola insieme…è pensiero che precede/crea la parola e la parola, a sua volta, è creatrice di pensiero, perché la parola creata ritorna, poi, di rimando, immancabilmente al pensiero. Ti ringrazio davvero, spageti, perché grazie al tuo commento è stato possibile chiarire ulteriormente questo aspetto di scambio tra concetto/parola.
 
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