Creato da ElettrikaPsike il 17/12/2012

ElettriKaMente

Dillo, bella strega...se lo sai, Adorabile strega…Dimmi, conosci l’irremissibile? (I fiori del male, C. Baudelaire)

 

 

« RAGIONI SENZA CUORE & CU...LA GENTE NON ESISTE »

MASSACRI E LIBERAZIONI

 

 

In questa primavera calorosa di ponti ed impulsivo desiderio di sentirsi in vacanza, si prende con gratitudine ogni riposo offerto da qualsiasi festa stabilita – dall’odierna a quella prossima del primo maggio – accettando macchinalmente il dono, senza il tempo o la necessità di ripensare al perchè (ed in alcuni casi proprio di sapere perchè...) siamo stati graziati di una di una festa che, quantomeno in presenza di un lavoro, ci permette anche un riposo in più.

E di pensare anche al fatto che il poter festeggiare la seconda data è interconnesso alla presenza della prima.

Il calendario di oggi ci riporta quella emblematica che contrassegna e sancisce la fine dell’occupazione nazifascista in Italia e preannuncia la fine, da lì a breve, della guerra ma anticipa anche le premesse della celebrazione successiva, vale a dire il ripristino e l’ufficializzazione di quella festa del lavoro nata da una manifestazione parigina di 129 anni fa che richiedeva tutele e diritti per tutti coloro che lavorano e poi abolita, negli anni venti del Novecento, durante il fascismo.

Anche queste due feste, quindi, come d’altronde quasi sempre accade, nascono macchiate dal sangue di proteste rivoltose e da una guerra; ma soltanto ieri - 24 aprile – si ripeteva anche un’altra ricorrenza che sarebbe importante conoscere e poi magari non dimenticare, perché è la data in cui viene rievocato l’inizio del grande crimine contro gli armeni del 1915, sterminati dall’impero Ottomano senza deroga ed eccezione alcuna.

Si sta parlando, infatti, della prima tra tutte le carneficine contemporanee.

La strage che aprì una tragica via di luttuose emulazioni durante tutto il corso del XX secolo.

Se il 25 aprile, quindi, una parte del mondo ribadisce e festeggia la libertà riconquistata da una nazione, appena il giorno prima milioni di persone - come ogni anno da più di cento anni - legano queste date al ricordo di quasi un milione e mezzo di armeni perseguitati e deportati.

Il progetto di questo sterminio senza appello che qualcuno rifiuta di considerare genocidio – in virtù della definizione del termine adottata dall’ONU - descrivendolo non già come un annientamento finalizzato ad un intero gruppo etnico, ma limitatamente progettato per sterminare gli intellettuali, gli artisti e le menti più brillanti e libere della penisola anatolica, indipendentemente dalle parole che si vogliano scegliere di accettare o utilizzare per raccontarlo, resta però, e di fatto, puramente quello che è: un massacro di un milione e trecento esseri umani, annientati in ogni modo possibile.

La Carta europea dei diritti umani è inequivocabile rispetto al negazionismo ed alla repressione effettuata ai danni di chi si esprime a proposito dello sterminio armeno e declama chiaramente che processare e condannare qualcuno per negare il genocidio costituisce un attentato contro la libertà di espressione.

Più di un milione sono stati semplicemente eliminati, senza alcun tipo di restrizione: erano uomini e donne, erano giovani, sani o infermi, c'erano anziani, ragazzini e infanti. In un mostruoso incipit che fu usato come modello innaturale negli anni a venire per ogni altro sistematico programma di massacro.

E dietro ogni essere umano massacrato, come sempre - in un modo o in un altro -  troviamo anche il pianificato proposito di massacro di nostra madonna Libertà, insieme a tutta la luce che da ogni mente libera irriducibilmente si riversa sopra il buio di questo vecchio mondo.

 

Buona libertà a tutti.

 

 
Rispondi al commento:
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 08/05/18 alle 21:13 via WEB
Il tuo discorso mi era chiaro, wood, ho capito la tua posizione, forse però non ho chiarito la mia come pensavo, o non mi sono spiegata bene. Ora ci riprovo e perdonami ma ho sempre più frequenti momenti di calo...;-) Quello che tu dici l'ho condiviso, nel senso che hai perfettamente ragione sul fatto che sia necessario contestualizzare e comprendere gli antefatti, le cause e le ragioni (comprensibili o irragionevoli che si dimostrino essere) che hanno mosso gli eventi. Te ne rendo atto. Ma il punto su cui forse non mi sono spiegata bene è che il mio post non era, né voleva essere una commemorazione di una data o il ricordo di un crimine – che di fatto è stato – a discapito e ad esclusione di altri eventi importanti o in un tentativo di identificazione con essi. Non era, ad esempio, né un aut aut tra il 24/04 e il 25/04 né un’equiparazione tra i moventi che hanno generato la strage armena piuttosto che l’olocausto che giustamente tu citi, o gli eccidi delle foibe; ma era una comparazione fra due date susseguenti che dimostrano (anche) come questa ciclicità di massacri e rinascita non abbia né possa avere una soluzione di continuità. Da qui il titolo. Il fatto che avessi deciso di accostare i due anniversari era assolutamente indipendente dalle osservazioni da te mosse e non era ricercato per assimilare i contesti – vale a dire i crimini del 1915 con gli eventi della seconda guerra mondiale – ma semplicemente era stato considerato con l’intento di riuscire a ricordare attraverso un crimine di massa del quale ancora adesso si usano parole misurate e con estrema cautela, come la libertà resti il valore assoluto senza il quale – a qualsiasi prezzo e in un qualsiasi contesto o tempo - non si può pensare di poter vivere. Ma andiamo con ordine. Lo storico e giornalista Dyer scriveva che molti anni fa, quando era un dottorando in storia, facendo ricerche sul ruolo della Turchia nella prima guerra mondiale, si trovò negli archivi dello stato maggiore turco ad Ankara ed ebbe modo di vedere i telegrammi originali scambiati tra Istanbul e l’Anatolia orientale nella primavera del 1915. In seguito si trovò nella condizione di poter esaminare i documenti britannici e russi relativi ai piani di azione congiunta con i rivoluzionari armeni e quindi venne a conoscenza del contesto nel quale turchi e armeni si erano mossi. Ora, sul fatto che gli armeni stimino un milione e mezzo di vittime piuttosto che novecentomila o poco meno, forse ci sarebbe da discutere e probabilmente la cifra sostenuta è realmente superiore a quella corretta; ma se si parla di genocidio c’è un motivo. Quando novecentomila - ma fossero anche ottocentomila - membri di una singola comunità etnica e religiosa muoiono di morte violenta, di fame o di assideramento in un periodo ridicolmente breve e scortati da uomini armati e provenienti da un’etnia e religione diversa, è difficile non utilizzare il termine genocidio, anche perché etimologicamente, nella sua derivazione dal greco, la parola significa semplicemente questo: uccisione/sterminio di una stirpe. E’ anche vero, però, che la tragedia armena non può essere messa sullo stesso piano del tentativo perpetuato dai nazisti di sterminare gli ebrei perché, di fatto, al di là del numero di vittime verificate, quanto è accaduto agli armeni non è stato pianificato dal governo turco e molti degli armeni caduti morirono a causa del clima e delle malattie contratte nei campi in Siria. Lo storico, infatti, dichiara che fu un genocidio commesso attraverso il panico, l’incompetenza e l’incuria deliberata e certo non può essere paragonato a quanto successe agli ebrei europei anche perché, e va giustamente ricordato anche questo, la comunità armena di Istanbul, lontana dalle operazioni militari in Anatolia orientale, uscì dalla guerra quasi indenne. Certo è che se i turchi avessero avuto il buon senso di ammettere, cinquanta o settantacinque anni fa, cosa è successo in realtà, oggi probabilmente la questione non sarebbe così urticante e aperta ma questa è un’altra storia...Quindi vedi, wood, lungi da me voler decontestualizzare o assimilare in un grande calderone tutte le vittime; ma certo è che, per quanto i contesti, i tempi e le spinte che hanno mosso queste stragi possano differenziarsi, non va scordato come la strada verso la libertà/liberazione umana sia comunque una strada lastricata di eccidi e morti. Per questo non ho voluto diversificare – e puramente in questa logica – l’eccidio degli ebrei dal Terzo Reich piuttosto che quello armeno o tibetano o degli indiani d’America. Ma con questo volevo anche sottolineare come nascano – pur da modalità e dinamiche differenti – dallo stesso spettro di unica madre…Lo stesso Hitler, infatti, in un’intervista al Leipziger Neueste, avrebbe detto – almeno secondo le fonti dello storico Baumgart - che sebbene i suoi motivi per distruggere gli ebrei fossero sicuramente diversi da quelli che mossero i gerarchi turchi verso la strage armena, entrambe le nazioni vittime, però, rispondevano ad un presupposto centrale comune, vale a dire quello di essere estremamente indesiderate. E tanto era lampante questa convinzione che mise l’accento sulla necessità di proteggere la purezza del sangue tedesco da un contaminazione non soltanto del sangue ebreo ma anche di quello armeno. Ugualmente, poi, c’è anche da ricordare che per un altro “ideologo della razza”, l’abbastanza conosciuto Alfred Rosenberg, armeni ed ebrei erano considerati come equiparabili in quanto ugualmente malvisti e stimati come popoli senza scrupoli e parimenti delinquenti. Molti storici sono concordi nel sostenere che fu proprio la relativa facilità con cui fu messa in atto la strage armena, unita all’impunità sostanziale concessa ai suoi autori, a convincere Hitler ed i suoi complici riguardo ad una possibilità di ripetere l’operazione verso la “razza inferiore” che avevano in casa e nei territori di conquista e che, quindi, la soluzione adottata per lo sterminio armeno possa essere, di fatto, considerata un precedente istruttivo per il genocidio ebreo. Ed alcune similarità, soprattutto nella fase progettuale, tra la strage armena e la Shoah sono poi piuttosto innegabili e impressionanti, a partire dalla considerazione di uno status di inferiorità a cui erano assoggettati l’uno e l’altro popolo (con tutte le conseguenze del caso, dalla proibizione all’accesso a certi uffici di potere o alla possibilità di armarsi, fino all’indebolimento della psiche collettiva della popolazione oggetto della discriminazione). La stessa proibizione a intraprendere certe carriere ha poi indirizzato tanto gli armeni quanto gli ebrei più brillanti e dotati verso il commercio e l’industria, rendendoli, di conseguenza, ancora più emarginati, in quanto invidiabili e pericolosi. Inoltre c’è anche la similitudine dovuta ad una comune “struttura circostanziale”. In entrambi i casi, infatti, le stragi avvennero nel corso di un conflitto di enormi proporzioni - un contesto perfetto nel quale portare a termine un’operazione criminale. Non lo so proprio se sono riuscita a spiegare meglio l’intento del mio post, ma sicuramente ti ringrazio per le tue riflessioni e per avermi dato modo di approfondire gli argomenti.
 
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