Creato da ElettrikaPsike il 17/12/2012

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Dillo, bella strega...se lo sai, Adorabile strega…Dimmi, conosci l’irremissibile? (I fiori del male, C. Baudelaire)

 

 

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Ognuno ama come sa

Premessa

In quest'estate olimpica e parigina, sotto un cielo che non accenna ad ammorbidire i conflitti bellici in zone già da tempo devastate da stragi, rovine e lutti - e che, anche nella mia vita ha segnato una perdita ed un momento complicato - mi appresto a scrivere un post che nasce dal commento di un utente - rteo - che ringrazio, perché mi ha dato già altre volte agganci e più di un pretesto per sviluppare anche qui un mio pensiero.



Genitori e figli

Tutto ha inizio con il fatto che nel suo commento ha scritto che per lui i figli sono la sostanza e la continuazione dei loro genitori e che da loro sono anche indistintamente amati, ed infine, che i padri e le madri sono sovente incompresi. Io sono in disaccordo con le prime due cose e parzialmente d'accordo con la terza.

Parto subito dall'ultima e dico, semplicemente, che è vero che, talvolta - anche solo per una questione di diversità contestuale, anagrafica, oltre che individuale - i figli possono non capire i genitori, ma è altrettanto vero che è una cosa reciproca e, allo stesso modo, non tutti i genitori capiscono i propri figli. Non tutte le figlie vivono il complesso di Elettra (o se lo vivono, non le tocca allo stesso modo) come non tutti i figli maschi quello di Edipo.

Nel mio caso, ad esempio, ho capito mia madre e le sue scelte al punto tale di averla io stessa rassicurata sui suoi "errori". Ma probabilmente è stata lei a non essersi mai perdonata e, di conseguenza, non è riuscita mai nemmeno a perdonare gli altri.

Ed arriviamo al punto scomodo e dolente che gli esseri umani vogliono rimuovere energicamente, pur essendo una realtà sotto gli occhi di tutti e violentemente lampante ad ogni coscienza, e cioè che non tutti i genitori amano i propri figli.

E non mi riferisco solo ai casi più scellerati ed estremi - perché si sa, la storia ce lo racconta e la vita lo dimostra con estrema e meticolosa precisione, che molti genitori compiono azioni terribili sui figli - ma anche soltanto a quegli individui che, molto semplicemente, non sono capaci di amare secondo le più comuni aspettative, vale a dire nel modo in cui ci si aspetterebbe da un padre e da una madre.

E questo perché non ci si ricorda mai che i genitori sono, prima di ogni altra cosa, persone e non già entità distinte dagli altri esseri umani ed ogni persona ama - o non ama - a seconda di ciò che è nelle sue possibilità. Non di più e non diversamente.

Ed è una verità risaputa e vecchia quanto il mondo quella che ci mostra che non è affatto sufficiente generare biologicamente un figlio per diventare immediatamente un genitore. La genitorialità richiede impegno, affetto, comprensione ed un apprendimento continuo. E per quanto ci siano mille e uno motivi per i quali un genitore potrebbe (anche comprensibilmente!) non essere in grado di amare o curare adeguatamente il proprio figlio - motivi che spaziano dai traumi infantili ai disturbi psicologici o alle difficili e disagiate condizioni socio-economiche, fino alla mancanza di modelli positivi e di competenze necessarie - va, però, anche ammesso che non è neppure scontato che sia innato questo amore. Perchè se così fosse, e se realmente bastasse concepire per potersi trasfigurare all'istante in un genitore amorevole, non ci sarebbero abbandoni, maltrattamenti, abusi ed omicidi. E nemmeno aborti e adozioni.

Se fosse tutto così meccanicamente predisposto, non sarebbero mai esistite le persone che hanno compiuto azioni terribili sui figli, ma neppure esisterebbero e sarebbero esistiti coloro che, molto semplicemente, non sono in grado di fare i genitori. E non si sentono di farlo. Perché non tutti sono padri e madri, pur avendo un figlio.

 

E sul fatto che un figlio sia la sostanza di chi l'ha concepito che prosegue nel tempo, che dire...?

E' chiaro che i genitori contribuiscano geneticamente e che influenzino (parzialmente) il contesto iniziale in cui un individuo viene al mondo, ma ogni persona, in seguito, sviluppa la propria identità attraverso un'indole soggettiva e attraverso le proprie personalissime scelte ed esperienze e, non ultimo, in virtù delle influenze esterne. Esperienze di vita e crisi evolutive, difatti, formano l'identità di un individuo che, a sua volta, è poi libero di creare il proprio significato e il proprio personale destino al di là delle influenze iniziali. Ognuno di noi è unico anche nella possibilità di trascendere liberamente le proprie origini.

E, aggiungo, per fortuna...

O non ci sarebbero "riscatti evolutivi" e saremmo tutti mere clonazioni

di chi è venuto al mondo prima di noi.

 

 

P.S. QUI DI SEGUITO, A GRANDE RICHIESTA DA PARTE DEI FANS

DEL BRANO DI KOROV_EV, LA TRADUZIONE DELL'AUTORE:

 

"Sono nata in una brezza d'acciaio ed una falce di luna era la mia cintura,

 Sono nata in una brezza d'acciaio e nessuno può indovinare ciò che ho provato,

Come una lacrima di pioggia, ho cavalcato questo vento fino a terra,

  Così sono cresciuta in un luogo desolato dove le pietre erano gli unici fiori ruvidi.

Sì, nel mezzo del nulla,

Senza sorelle, senza amici e senza fratelli

E non ero nulla di più che un piccolo granello di sabbia

Tutto ciò che avevo dalla mia parte era solo il mio cervello.

Una volta avevo una mamma,

Era così profumata, così dolce e così spaventata

Oh, un tempo avevo una mamma

Lei mi chiese vuoi essere il mio uccellino?

Così le dissi, madre, tienimi accanto, veglia sui miei sogni

e cantami una ninna nanna

E così il tempo passa confondendo la tua dolce mente traballante.

  Sì, il tempo passa soffiando su di me il profumo di quei giorni:

Cani di legno, magliette da panda, mani gelide...

Ora tu hai bisogno del mio amore e io resterò.

Sono proprio come una pioggia stregata.

  E spargo le mie lacrime sull'inferno dei viventi.

  Sì, una pioggia stregata

Che scava le pietre, percuote le campane sacre.

Perché tu sai che sei mia madre.

Finché rimarrò in piedi, nessuno di noi morirà...

Non in questo modo!"

 

Ancora grazie, Korov!

 

 

 

 
Rispondi al commento:
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 02/09/24 alle 15:49 via WEB
Intanto grazie per l'intervento e per le parole che hai scritto. Ora cercherò di chiarire meglio cosa intendevo nel risponderti. Li suddivido in punti in modo da non perdere questioni per strada: 1. Ciò che tu evidenzi è il legame biologico e genetico tra un figlio e i suoi genitori, ed ovviamente ogni individuo è unico proprio perché è il risultato della combinazione del DNA di entrambi i genitori, ma quello che intendevo dire con il termine "clonazione" (adottato non in senso letterale) è che un figlio, pur essendo un prodotto 'duale', non è mai una "copia" di uno dei due genitori o di entrambi, ma piuttosto una combinazione unica e irripetibile delle loro caratteristiche genetiche. La variabilità genetica introdotta dalla mescolanza dei geni paterni e materni, naturalmente, dimostra che il figlio ha un patrimonio genetico che contiene elementi di entrambi, ma li contiene in una combinazione che non è mai stata vista prima e che non sarà mai ripetuta in modo identico. In altre parole, anche se possiamo rintracciare il lignaggio genetico di una persona attraverso i suoi genitori e oltre, l'unicità di ogni individuo risiede nel fatto che il suo DNA ha una nuova configurazione che non è mai esistita prima. Non stavo parlando di una effettiva 'clonazione' in senso stretto, ho solo adattato il termine medico-scientifico al corpo del post, in una libera "licenza non poetica". 2. Quando parlo di 'riscatto evolutivo', non mi riferisco strettamente all'evoluzione biologica, nel senso darwiniano del termine per intenderci, ma piuttosto ad una forma di evoluzione più ampia, che comprende sia gli aspetti biologici sia quelli personali e sociali. È sicuramente vero che l'evoluzione biologica è un processo di adattamento che si manifesta a livello di specie e che si basa su modifiche genetiche trasmesse dai genitori ai figli; ma noi esseri umani viviamo anche una forma di evoluzione personale: ognuno di noi, pur ereditando un corredo genetico dai propri genitori, ha la capacità di svilupparsi in modi unici grazie alle esperienze di vita, alle scelte fatte, e alla capacità di riflettere su se stessi. Quando parlo di 'riscatto evolutivo', quindi, mi riferisco alla capacità dell'individuo di trascendere il proprio background genetico e sociale per sviluppare una propria identità unica, con tratti distintivi che vanno oltre la semplice somma dei geni dei genitori. Questo non lo chiamerei un 'bluff', ma una realtà che vediamo nella crescita e nell'autorealizzazione delle persone. Gli esseri umani non sono predestinati ad un percorso immutabile tracciato unicamente dalla biologia o dalla storia familiare; abbiamo tutti il potere di evolvere in modi che vanno al di là di ciò che la nostra genetica e il nostro contesto iniziale sembrerebbero suggerire. E quando parlo di 'evoluzione' e 'riscatto evolutivo', mi riferisco all'evoluzione a livello individuale, del singolo, non necessariamente a quella della specie umana nel suo complesso. La mia riflessione era più focalizzata sul concetto di evoluzione della persona in sé, piuttosto che sulla continuità biologica dell'intera specie. Ogni individuo, pur partendo da un patrimonio genetico ereditato, ha la possibilità di evolversi in modo unico grazie alle proprie esperienze, scelte, e percorsi di vita e questa 'evoluzione' non implica il progresso lineare in termini di miglioramento genetico o intellettuale da una generazione all'altra, ma piuttosto la capacità singola di sviluppare una propria identità, competenze e caratteristiche uniche che non sono predeterminate esclusivamente dai geni o dal contesto sociale di partenza. Se ogni nuovo nato rappresentasse automaticamente un'evoluzione in termini di avanzamento della specie umana nel suo insieme, dovremmo aspettarci che ogni nuova generazione sia composta da individui migliori rispetto ai loro predecessori; ma non è così, perché l'evoluzione personale (e sottolineo personale, per non dar adito a fraintendimenti) non segue una traiettoria predeterminata. Questa è la differenza chiave: mentre l'evoluzione della specie è un processo collettivo e biologico che si sviluppa su scale di tempo molto lunghe, l'evoluzione dell'individuo è un percorso di crescita personale che può accadere in una singola vita e non vanno di pari passo. 3. Quando parlo di "riscatto evolutivo", non mi riferisco affatto ad un avanzamento nella scala sociale, culturale o economica! Né intendo una sublimazione del piacere nella cultura, come hai articolato nel tuo commento (benché sia auspicabile promuovere la cultura). Il mio discorso non stava vertendo su come la società o le civiltà umane definiscono e gestiscono il concetto di "evoluzione", ma si riferiva, molto più semplicemente, ad un'evoluzione interiore del singolo soggetto e al miglioramento - da un punto di vista etico e personale - che può avvenire all'interno della stessa linea familiare. Non sto dicendo che l'ultimo nato, con 3 lauree e 2 master, sia l'espressione migliorata di un genitore analfabeta; al contrario, quel genitore analfabeta potrebbe essere molto più saggio, consapevole e capace di quanto mai potrà diventare suo figlio. Sto dicendo, invece, che un figlio può essere moralmente migliore del padre, dimostrando una propria evoluzione - e quindi un riscatto -spirituale, etico e/o psicologico, e sicuramente non legato ad una scala sociale o considerato in quei termini. Anzi, in questo senso, il "riscatto" è solo il processo attraverso il quale un individuo può crescere e sviluppare qualità e valori superiori a quelli delle generazioni precedenti. È un "riscatto" dal passato non in termini di status sociale o successo economico, ma in termini di valori umani fondamentali, come l'empatia, la giustizia, la compassione o l'integrità morale. E questo non significa affatto denigrare, disprezzare o non riconoscere le proprie origini. Non significa non riconoscere la ricchezza morale della propria famiglia, quando c'è e dove c'è. Significa solamente distaccarsi dalle parti "malate" (e specifico, non certo da un punto di vista di condizione fisica) o da meccanismi insani, da corruzioni e vacuità e dall'incapacità di amare. Vorrei chiarire, quindi, che l'uso del termine "riscatto", proprio come non ha nulla a che fare con un avanzamento sociale o culturale, non ha neppure nulla a che vedere con una "sublimazione" dei valori vitali. Si tratta solo di un miglioramento personale e morale, che è possibile per ogni soggetto, indipendentemente dal contesto sociale o culturale in cui si trova. 4. Sull'amore, sulla conflittualità umana nessuno dice nulla. Difatti ho specificato che ognuno ama come può, mi pare. E non è certo una forma di condanna riconoscerlo. Ognuno fa quello che riesce compatibilmente a ciò che è e a ciò che ha vissuto, benché non credo si possa neppure utilizzare la parola "padre" o "madre" nei casi estremi di quegli individui che hanno abusato dei propri figli (psicologicamente o fisicamente) e che li hanno seviziati ed uccisi. Al di là di questo, però, nessuno ha detto - non io almeno - che non si deve "perdonare" la mancanza di manifestazione adeguata del sentimento perché, per l'appunto, ognuno ama come sa e come può (e non c'è nulla da "perdonare" in tal senso). Ma è evidente che accanto ad una madre eccezionale - come è stata mia nonna, che mi ha cresciuto e a cui devo tutto - si affiancano pessime madri. Ed è un dato di fatto anche questo.
 
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