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... " Non si conoscono che le cose che si addomesticano", dissela volpe." gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!" ...
... "Ma piangerai!" disse il piccolo principe.
"E' certo",disse la volpe.
"Ma allora ch eci guadagni?"
"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano".
soggiunse: "Va a rivederele rose. Capirai che la tua è unica al mondo". ...
... "Addio",disse la volpe. "Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi".
"L'essenziale è invisibile agli occhi", ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.
"E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante".
"E' il tempo che ho perduto per la mia rosa…" sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
"Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa…"
Tutte le foto contenute in questo blog, se non specificato diversamente, sono mie e come tali sono protette da diritto d'autore. Rappresentano un momento, un istante, un'idea un'emozione.
Ho costruito un sito per raccoglierne alcune, e condividere una passione nata e cresciuta negli ultimi anni. Il sito é raggiungibile cliccando l'immagine qui sotto:
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ultimo aggiornamento: 20 Febbraio 2014
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Post n°478 pubblicato il 25 Giugno 2014 da enodas
23-26, 29 Maggio
Rieccomi lungo la stessa strada. La mattina è già calda e silenziosa. Come la luce che filtra dalla cupola della Basilica del Santo Sepolcro, sovrapponendosi ai riflessi dei mosaici ed andandosi a posare sulle arcate di pietra. Pietra, appunto. Quella bianca degli edifici della città vecchia, estratti dalle cave mitiche di re Salomone. E quella che scende, nel cuor della terra, trasudando gocce d'acqua e storia. Perchè questa è una delle sensazioni che mi colpisce più intensamente. Imboccare una porta, scendere dei gradini e penetrare nel corso della storia. La storia di Gerusalemme, innanzitutto, della vecchia città di Re David, posta altrove, in realtà, rispetto al Tempio ed alla città vecchia. Tutto ruotava attorno all'acqua, il bene assoluto. Allora una strada scendeva alle piscine di Siloe, e doveva essere magnifica e colma di vita; ora non è altro che un tunnel, lunghissimo che dalle piscine riporta al tempio, e corre parallelo ad un altro tunnel, straordinario ed ingegnoso, che assicurava l'approvvigionamento d'acqua alla città da una sorgente segreta.
Sotto un sole cocente sale la strada lungo il Monte degli Ulivi. Attraversando un'immensa distesa di lapidi bianche e piccoli sassi depositati sopra. Uno dei cimiteri più antichi ed utilizzati ininterrottamente al mondo. Perchè qui, per gli Ebrei, avverrà il Giorno del Giudizio. Di fronte, dirimpettaie, le lapidi di un cimitero musulmano. E nel mezzo, appunto, gli ulivi. Quelli del Getsemani, innanzitutto, alcuni di essi hanno davvero vita millenaria. Ulivi, come vita, come profumo. Quello del paesaggio Mediterraneo. Questa parte della città si estende in realtà nella zona araba e, con la valle del Cedron, in direzione dei Territori. Gli ulivi sono storia, ma sono anche vita contesa. Io, invece, risalgo lentamente, lungo questa strada colma di testimonianze e di luoghi ricchi di significato. A volte, calandomi nuovamente entro anfratti e rocce scavate, a volte respirando un alito di vento che sale con me. Gerusalemme appare splendente e pacifica, da quassu, con la cupola della roccia che risplende, sempre più dorata man mano che il sole inizia a scendere, con le sagome degli edifici che ho lasciato alle spalle, in una giornata intera, che si distinuono in ogni direzione. E da questa prospettiva, di attesa, di silenzio e di tranqullità, così differente dal brulicare infinito di cui facevo parte anche io la città appare ancora più bella, più scintillante, più eterna. Perchè eterna l'hanno resa i popoli, i personaggi che l'hanno attraversata, fermandosi o soltanto per sostare, eterna la rendono le persone che la popolano ancora oggi, così come quegli arabi che la osservano con me, con qualche altro turista e qualche altro viso occidentale, da questo punto sacro ai piedi del quale ondeggiano fronde di ulivi antichi migliaia di anni, una sera qualsiasi.
Sembra incredibile. Eppure è così. Nelle prime ore della mattina sono salito al Monte del Tempio, ho osservato da vicino la Cupola della Roccia e camminato attraverso la Spianata delle Moschee. COme altri luoghi di culto, anche questo enorme spiazzo è in realtà un'oasi di pace e silenzio raccolto entro le sconfinate vie di Gerusalemme. Ho osservato le donne condividere il pane, i bambini correre di qua e là, magari con qualche arma giocattolo in mano, e sbirciato gli uomini che si purificavano prima di entrare scalzi nelle moschee.
Da visitare, anche se appesantisce il cuore. Verso la periferia della città, su una collina non strappata alla foresta, sorge il memoriale della Shoah. Attraverso edifici, parti museali e luoghi commemorativi. Attraverso fiamme che non si spengono, nomi di bambini ripetuti senza soluzione di continuità ed altri nomi, terribili, scolpiti su lastroni di pietra. Altrove, un vagone di legno è fermo sulla prima campata di un ponte interrotto sospeso nel vuoto. Perchè sia necessario arrivare sin qui, non è sono per rendere omaggio ad una tragedia immane, ma anche per comprendere un popolo ed una nazione. Quella di Israele, appunto, fondata sul principio che ci sia un luogo dove ogni Ebreo possa trovare rifugio, ma anche la volontà di preservare la vita e la propria identità. Un senso fortissimo di identità, che è missione proteggere e tramandare. Inno alla vita, mi ripetono in molti, durante il mio viaggio, come lo ripetono nelle parole dei salmi stessi. A volte mi riesce difficile combinare questo con l'immagine degli Ebrei ultraortodossi, gli haredim, quelli che ho visto per le strade di alcuni quartieri, abbandonati dal tempo ad un secolo fa, figure a volte inquietanti, avvolte di nero, inavvicinabili per me. Come le donne, col capo coperto, forse rasato, ed i vestiti umili che coprono ogni parte del corpo. Spesso giovani, giovanissime, in compagnia di uomini decisamente più anziani, circondate da uno stuolo di bambini e col pancione in attesa. Sono immagini che si sono impresse subito nella mia mente, così come quelle dei soldati, praticamente ovunque, colti in ogni momento con il kalashnikov in spalla, compagno costante di un servizio che esige due o tre anni, a seconda che sia donna o uomo. Ragazzi armati, in giro per strada, in divisa, e magari con la borsetta o la mano nella mano di un fidanzato o una fidanzata. Anche questo, in quelche modo, ha una chiave di lettura qui, in un senso di accerchiamento, sia reale e fisico, ma anche psicologico, che porta ad una visione della situazione politica secondo una direzione ben precisa, ad un relazionarsi con lo stesso occidente in modo particolare, secondo una sindrome da accerchiamento ed un perenne stato di guerra (come di fatto è in realtà il Paese) che interpretano come antisemitismo in maniera ben diversa, e non sempre condivisibile, gli avvenimenti nel mondo. Quel mondo, diviso, di cui Gerusalemme rimane l'emblema.
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