EnodasIl mio mondo... |
... " Non si conoscono che le cose che si addomesticano", dissela volpe." gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!" ...
... "Ma piangerai!" disse il piccolo principe.
"E' certo",disse la volpe.
"Ma allora ch eci guadagni?"
"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano".
soggiunse: "Va a rivederele rose. Capirai che la tua è unica al mondo". ...
... "Addio",disse la volpe. "Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi".
"L'essenziale è invisibile agli occhi", ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.
"E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante".
"E' il tempo che ho perduto per la mia rosa…" sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
"Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa…"
Tutte le foto contenute in questo blog, se non specificato diversamente, sono mie e come tali sono protette da diritto d'autore. Rappresentano un momento, un istante, un'idea un'emozione.
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ultimo aggiornamento: 20 Febbraio 2014
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Post n°487 pubblicato il 28 Luglio 2014 da enodas
Lo "spezapreda", così nacque. Così inizialmente si firmava. Il tagliapietra, figlio di uno scalpellino della Verona del Seicento. Nasceva il Veronese, ben presto, quando iniziò a dipingere. Iniziò guardando a Mantova ed all'Emilia, rievocando le forme forti e possenti di Giulio Romano, ed i profili delle donne emiliane. Lo faceva appropriandosi del colore, quel colore vivo e sgargiante, il rosa, il giallo il blu e soprattutto il verde, quel verde che diventerà "verde Veronese". Ed infina, carico dei suoi segreti svelati, del linguaggio pittorico che fondeva la pittura dei maestri emiliani con quella della cerchia romana, lasciò Verona e giunse alla Serenissima. Paolo Caliari, Paolo Veronese. Chiamato dalle più alte committenze, ad affrescare le pareti degli edifici più prestigiosi. Fu allora che divenne "il maestro dell'illusione", quella di fondere spazi architettonici reali con la scena che entrava nel muro, lo apriva su un mondo nuovo che era quello delineato dai suoi pennelli, dai suoi colori. E non poteva essere altrimenti, per quell'artista nato "spezapreda" e che la pietra traslata nell'elemento architettonico compariva già entro le sue prime tele.
Devo dire che questa mostra mi é piaciuta molto, rivelandosi particolarmente interessante. Ben curata, nella scelte, nella suddivisione delle sezioni che allo stesso tempo distinguevano tematiche ed evoluzione artisitica del pittore, e nei dipinti. Paolo Veronese, così apprezzato in vita, per quanto rimasto nell'Olimpo dei grandi della pittura del suo tempo, viene considerato ed appreso a volte come figura leggermente in ombra rispetto i suoi contemporanei, quasi come decoratore che pittore. Questo percorso illumina invece la maestria e l'importanza dei suoi lavori, così come nella vastità dei contesti in cui nascevano le sue opere, nelle affascinanti figure femminili, nella bellezza dei vestiti e nella cura descrittiva degli spazi così come delle figure umane che li popolavano, così come, infine nella bellezza e nell'intensità dei colori. Questa mostra mi é piaciuta perché mi ha fatto apprezzare questo pittore e mi ha guidato tra significati intrinsechi e rimandi incrociati delle opere. Perché Paolo Veronese fuse scuole diverse e filosofie diverse. In questo, sono di straordinario interesse i disegni che corrono paralleli alla mostra, ad ogni tappa, alcune volte addirittura in rapporto univoco coi dipinti esposti alle pareti. Bellissimi, svelavano tutta la bravura di quest'uomo, ma anche l'attenzione che questi dedicava alla fase del disegno, un po' in contrasto alla tradizione veneziana che si concentrava sul colore. Matita, penna, tratti ad acquerello. Rimanevano come modelli, una specie di archivio, nella bottega del maestro, a fungere da rimandi per i soggetti più complicati o per lo studio di figure. Su questi fogli si svelava cosa c'era dietro il risultato finale impresso sula tela. Quella storia nella storia, che rende il cammino lungo queste sale più ricco ed un po' più prezioso, sulle orme di un grande pittore.
"Scopo della rassegna è di illustrare la grandezza del maestro cinquecentesco che fu antesignano del Manierismo sulla laguna, capace di celebrare con la sua pittura innovativa, fatta di luce, colore, ardite prospettive, il vivere civile di Venezia, l'apertura intellettuale della citta', quando ancora non avevano preso piede i rigidi dettami della Controriforma. Per questo, anche in epoche successive, influenzo' generazioni di artisti, tra cui Van Dyck, Rubens, Watteau, Tiepolo, Delacroix. Figlio di uno scalpellino, Paolo Caliari nasceva nel 1528 a Verona, dove si svolgeva la sua prima formazione artistica nella bottega di Antonio Badile. Ma e' il suo mentore, Michele Sanmicheli, a introdurlo alle suggestioni della 'maniera nuova', sia quella di provenienza tosco-romana, rappresentata soprattutto da Giulio Romano, a lungo attivo nella vicina Mantova, sia il suo versante emiliano, riconducibile all'opera di Correggio e Parmigianino. Una matrice questa che caratterizzera' la sua cifra anche durante tutto il periodo veneziano, nonostante gli innegabili influssi di Tiziano, a cui fu legato da vicendevole ammirazione.
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