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la musica, suonare il pianoforte, suonare il mio violino, la luce del tramonto, ascoltare il mare in una spiaggia deserta, guardare il cielo stellato, l’arte, i frattali, viaggiare, conoscere e scoprire cose nuove, perdermi nei musei, andare al cinema, camminare, correre, nuotare, le immagini riflesse sull’acqua, fare fotografie, il profumo della pioggia, l’inverno, le persone semplici, il pane fresco ancora caldo, i fuochi d’artificio, la pizza il gelato e la cioccolata


Non mi piace


l’ipocrisia, l’opportunismo, chi indossa una maschera solo per piacere a qualcuno, l’arroganza, chi pretende di dirmi cosa devo fare, chi giudica, chi ha sempre un problema più grosso del mio, sentirmi tradito, le offese gratuite, i luoghi affollati, essere al centro dell’attenzione, chi non ascolta, chi parla tanto ma poi…, l’invidia, il passato di verdura





 
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Sonata op.13 “Patetica” (n.8)
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Chopin

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Suite Bergamasque
Deux Arabesques

Liszt

Valse Oublièe
Valse Impromptu

Schubert

Impromptu n.3 op.90
Impromptu n.2 op.142




 

Messaggi di Aprile 2016

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Post n°622 pubblicato il 27 Aprile 2016 da enodas

 

 

"After directing her daughter's coming of age ceremony, honouring femininity, renewal, rebirth and balance, Queen Prospera causes a storm.
A group of young men wash up on the isle, triggering an epic love story between Prospera’s daughter and a brave young suitor. Theirs is a love that will be tested."

Sarà un tuffo. Forse, un'isola misteriosa, scintillante di colori e creature fantastiche. Tenuto aggrappato ad un sogno, racchiuso com'é in una piccola sfera di cristallo. Con quella, fluttuerà nello spazio, tra aria ed acqua, non importa quale elemento, tutto resterà sospeso, sfidando leggi della fisica. Ma non é questo, forse, caratteristica dei sogni, sostanza di cui siamo fatti, e come un sussulto d'amore restiamo fragili e precari in equilibrio perfetto, una piuma sospesa, su una struttura nell'aria. Basterebbe sfiorarla perché la gravità abbia il sopravvento ed il sogno svanisca.

 

[...]

 

 

"...From the sea, to the moon
through the light, we shall be free
you and I, as we all come together

From the wind, through the rain
can you feel that we are free
with the world, as we all
come together

Fantasy, to the moon
through the light, we shall be free
you and I
as we all come together, ooh

From a dream, to a world
look upon, the overflow
we collect
as we all come together..."

 

 
 
 

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Post n°621 pubblicato il 23 Aprile 2016 da enodas

 

 

C'é questa attività che mi ha preso negli ultimi tempi, con slancio rinnovato, che é quella di scrivere. Non sulla tastiera, ma su carta, e pagine a righe di agende Moleskine. Un'idea che veniva da lontano, in realtà, una di quelle cose che tutto sommato potrebbero passare per semi-inutili perdite di tempo. Io scrivo, come continuo a scrivere qui, seppure con qualche difficoltà. Forse per senso estetico, forse per lasciare un segno su un diario che assume a volte forme varianti. Conosco una persona che scrive qualcosa ogni sera, prima di addormentarsi. Credo che il senso ultimo di questo scrivere sia questo, che l'inchiostro fissi momenti fuggevoli su una finissima tavola bianca, non importa poi come verrà sfogliata. Frammenti di racconti, immagini abbozzate, parole copiate. E nel frattempo, so che ripercorrendo su pagine cartacee pagine a ritroso di questo blog, sono risalito parecchio, leggendo me stesso con occhi nuovi e diversi. E' una cosa strana ed al tempo stesso naturale, immagino, con un filo di interesse, ogni tanto sorpresa, ed un po' di immancabile malinconia, talvolta. Perché pagina dopo pagina, senza rendersene conto, si riempono quaderni interi da ferare con un elastico.

 


 
 
 

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Post n°620 pubblicato il 16 Aprile 2016 da enodas

 

 

 

Tornare a Venezia mi fa sempre piacere, anche se si tratta per una volta di farlo non fisicamente, ma attraverso il colore steso sulla tela. Del resto, é una sensazione che provo anche quando, alle pareti di qualche museo straniero, trovo una di quelle vedute gloriose e splendenti, in un misto di orgoglio ed ammirazione.
Ancora una volta, luogo incantato sospeso tra distese di acqua e di cielo, in scatti di vita quotidiana ed eventi che scandivano il calendario della Serenissima. Ancor più incantato nella notte, o sotto un manto di neve, oppure ancora quando l'acqua saliva e quasi sembra assorbire i rumori. Tra queste vedute, si snoda il colore, ognuno secondo una tavolozza particolare di ogni pittore, da luci cristalline e luminosissime ad altre, argentee e fredde, quasi velata di malinconia, fino a toni più cupi, gradazioni di grigio e linee di nero che definivano gli edifici stessi. Quegli stessi in cui si rifletteva il calore di una giornata di sole o il brivido di una mattina d'inverno, pareti dai colori pastello ed eleganti rifiniture, che rendono così distintive le nostre città del passato. Ogni pittore faceva esplodere la sua, di luce, come lanterna accesa nel cuore della notte all'uscita di una celebrazione, o come i fuochi d'artifico nella notte del Redentore. E quel luogo sospeso era la modella ideale da immortalare.

 

 

Se doveva essere un viaggio nel tempo, così é stato, in effetti, toccando nomi più sconosciuti da affiancare a quelli immediatamente riconoscibili del Vedutismo Veneziano. Del resto, il tema é probabilmente talmente vasto che usarlo nel titolo di una mostra é sempre una scelta destinata a perdere nel mantenimento delle promesse. Il rischio é quello di un agglomerato di opere, spesso peraltro affascinanti, rinvenute da una lista infinita. Così, se c'é qualcosa da portare veramente con sé, al termine, é l'atmosfera catturata in certe situazioni, la storia raccontata per immagini, e le differenti prospettive di chi si accingeva a narrarle. Talvolta nomi sconosciuti che sono stati una sorpresa. Al tempo stesso, i Canaletto, Guardi, Bellotto non assunsero a fama casualmente, ed ogni volta che li si osserva se ne comprende il motivo, nei riflessi dell'acqua, nella brillantezza dei dettagli, nella luce reale e palpabile.
Quello che un po' manca, alla fine, é legato alla sensazione di aver assaggiato di tutto un po', lungo vari secoli, oltre l'immagine più immediata legata a questo tema, ma senza un piatto completo. Per quanto difficile avrebbe potuto essere.

 

 

"Palazzo Martinengo ospita la più importante mostra sul vedutismo veneziano del Settecento e Ottocento mai organizzata in Italia. Si tratta di un’esposizione di caratura internazionale, ricca di capolavori provenienti da collezioni pubbliche e private italiane ed estere, che vuole celebrare la città italiana che più di ogni altra è stata, ed è ancora oggi, un mito intramontabile nell'immaginario collettivo: Venezia.

Crogiolo di arte e cultura, religioni e commerci, monumenti storici e scorci mozzafiato, la Serenissima ha sedotto con il suo fascino ammaliante generazioni di viaggiatori, mercanti, letterati e soprattutto pittori che hanno fissato sulla tela con la magia del pennello piazze, chiese e canali, luci, riflessi e le mutevoli atmosfere di questo "luogo incantato fuori dal tempo sospeso tra distese di acqua e di cielo".

Nel corso dei secoli Venezia è stata così spesso immortalata sia da artisti italiani che stranieri da determinare la nascita del vedutismo, nuovo filone iconografico particolarmente apprezzato dai colti e ricchi viaggiatori del Grand Tour desiderosi di tornare in patria con una fedele istantanea delle incantevoli bellezze ammirate nel Bel Paese.

...in esclusiva una selezione di oltre cento capolavori di Canaletto, Bellotto, Guardi e dei più importanti vedutisti del XVIII e XIX secolo. (...) i dipinti dimostreranno che la fortuna del vedutismo non si esaurì con la fine della Repubblica di Venezia, ma proseguì anche durante l'intero corso dell'Ottocento.

Sala dopo sala il visitatore vivrà un affascinante viaggio alla scoperta degli scorci più suggestivi della Città dei Dogi – da Piazza San Marco a Punta della Dogana, da Palazzo Ducale al Ponte di Rialto fino allo spettacolare Canal Grande percorso dalle gondole – seguendo il filo di un racconto che si dipana lungo due secoli di Storia dell'Arte, attraversando le differenti correnti pittoriche succedutesi nel corso del tempo, dal barocco al rococò, dal romanticismo fino agli echi dell'impressionismo.

Le luminose vedute ideate dai pittori, popolate da spigliate macchiette in costumi d’epoca e dai personaggi della Commedia dell'Arte, diventano sovente cornici alle famose feste veneziane del Redentore, della Regata Storica, della Sensa e del coloratissimo Carnevale animato dalle tradizionali maschere.

...un evento unico e imperdibile in grado di regalare emozioni indimenticabili, svelando l'anima più autentica della Serenissima, colta con formidabile sensibilità estetica dai più grandi maestri del vedutismo. Perché Venezia continui ad essere un mito, un sogno, vanto e orgoglio della nostra Italia"

(dall'Introduzione alla Mostra)

 

 

 
 
 

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Post n°619 pubblicato il 13 Aprile 2016 da enodas

 

 

 

Come un portone che si apre, questa potrebbe essere la prima immagine. Invece, non é così, foto scattata, quasi per caso, quando mi sono voltato un ultimo sguardo. Quando l'oscurità della sera nasconde il grigio delle nubi basse e per le strade non rimane che un alito di vento. Sono sceso, in questa città piccolina, i cui sobborghi anonimi si estendono comunque fin dove arriva l'occhio, dietro facciate ornate di volute barocche, muri incastonati di opere letterarie e teiere, e taverne che nell'oscurità trasmettevano calore. Fino a giungere entro i confini di una piccola repubblica di letterati ed artisti, fatta di una propria costituzione ed un proprio inno. Bastava svoltare per trovare un'altra Vilnius, di strade e cortili dall'aspetto ruvido e trasandato o abitazioni popolari. Aspetti di un'Europa Orientale che sta cambiando ma che, malgrado la velocità, ancora fa i conti con l'ultimo secolo di storia. Travagliato, segnato, si sovrappone ad un altro, non meno burrascoso, fatto di dinastie ed ordini che si contendevano l'Impero, come le rovine di un castello, diroccato su una collina affacciata sul fiume e su una via di ciottoli ed insegne sospese al vento, si sovrappone alla religiosità profonda e palpabile, nei gesti della gente e nei riti differenti.

 

 

Questo é il primo luogo in cui mi sono recato a Vilnius. Un edificio senza rilievo, in apparenza, uno direbbe quasi anonimo se non fosse che a ben guardare sulle pietre angolari lungo tutto il perimetro siano scolpiti nomi e date. Nomi, appunto, che non potrebbero dire di più delle ombre che sono, passate daqueste stanze che erano uffici segreti e prigione. Passavana, e sparivano, talvolta nel buio stesso dei sotterranei, talvolta lontano nello sterminato gelo siberiano. Ed allora, la prima cicatrice narrante di questo luogo é una prigione, i documenti raccolti ai piani superiori, ma soprattutto l'opprimente sensazione che si prova scendendo, tra le carceri, i cortili, lo spazio più in basso che era macelleria umana. Questo senso che é storia di un Paese, dramma di un' Europa spezzata a metà, e molto, terribilmente, vicino a quanto accade ancora, dietro l'angolo, oltre un lembo di mare, in ogni angolo oscuro di cui ignoriamo o non guardiamo l'esistenza.

"Our youth was taken away on rafts
And froze into ice in the North.
Our young much-suffering souls
Are wondering through the taiga,
homeless, homeless...

Our youth was buried in holes
Under the black coal in Vorkuta
Our youth perished in a bunker
When a hand grenade exploded in our faces..."

 

 

"There is no other place in Lithuania which has retained to this day so much of our past, as Trakai. Every foot of land here is related to ancient times. Lithuania has many remains of mounds and castles, but none of them are so close to being Lithuanian as the ruins of the Trakai castle..."

Forse non sarebbe potuto esserci un tempo migliore: un vento gelido che sale dal Baltico, un cielo grigio, nascosto di nuvole piatte, grigie, strato su strato. Forse, non poteva essere che così, quest'atmosfera nordica, queste luci fredde, anche quando si intravede il sole.Si fonde nel verde del paesaggio, intenso e disteso di una campagna piatta e silenziosa, si fonde con le case di legno, qualcuna i tetti ancora in lamiera, e gli attrezzi sparpagliati a fianco delle barche tirate a riva e capovolte, nel cortile di casa. Ondeggiano tremanti giunchi nel lago, quasi ombre nere disegnate a centri concentrici sull'acqua, profili quasi linee che si disegnano da sole su questo cielo desolatamente uguale. Ed é un'atmosfera tremendamente romantica, potente silenzio, solitudine dei luoghi, gelo dei colori. Come in un quadro di un infinito vuoto e abbagliante. Da qualche parte spunterà la sagoma di un castello, e sarà una fortezza inespugnabile, al largo di un'isola, protetta dai giunchi e dal vento, silenziosa anch'essa nella distesa di verde e di ghiaccio.

 

 

Un pellegrinaggio, non esattamente. Ma sono salito su un treno che attraversasse la Lituania, per arrivare ad un luogo sperduto. Ultimi chilometri su un autobus dagli interni di legno e la carrozzeria in lamiera. Sono sceso, al ciglio della strada e mi sono incamminato lungo una via laterale. Questo é un luogo di speranza, di forza e di fede. E' un luogo si storia, perché questo é anche un simbolo. E come un viaggio partito da quelle stanze preservate di un vecchio carcere arriva un'eco che sale su questa collina. Infinite, migliaia, e migliaia, di croci infisse nel terreno, legate una sull'altra, ammassate, crollate, piegate e piantate nuovamente nella terra. Non c'é altro che silenzio ed un vento che pare più di  un sospiro, tintinnio di qualche corona penzolante dal ramo di una croce. Nomi, promesse e richieste di protezione, ognuna di queste croci é una storia, piccola o grande, semplicemente a seconda della prospettiva, narrata ed abbandonata alla speranza. Su questa collina si spiega tutta la potenza di un rito, il suo significato, che non può che toccare qualche corda nascosta, perché alla fine il messaggio che idealmente sale col vento va oltre il simbolo cristiano e come una benedizione abbraccia chiunque lo voglia accogliere, come "segno di riconciliazione". In un angolo nascosto, una piccola croce di legno, vi ho scritto i nostri nomi e l'ho imiantata nel terreno.

 

 

 
 
 

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Post n°618 pubblicato il 08 Aprile 2016 da enodas

 

 

 

"Disegnava rapidamente, ridendo e spiegando anche a se stesso: le cose che non stavano ritte, i tetti che s'aprivano, la folla che ondeggiava, la vita, la vita dappertutto... Ecco fatto. Era charissimo. Non é vero? ..."

Veloce. Veloce. Come un bolide che mi sfreccia accanto. O come una macchina diabolica che si scompone in forme pure, il cui funzionamento dipende dall'incastro perfetto delle une nelle altre. Movimento. Che risucchia dentro al quadro. Dentro, per l'appunto. Vortice, rumori, energia esplosiva. Tutto, come un polo magnetico, attrae lo sguardo come ad ipnotizzarlo, sempre più vicino, con una forza sempre maggiore. Quasi ebbro, come della forza di una strada illuminata nella notte, o quella di un atleta in movimento, oppure nella figura della madre che si dissolve, oppure ancora nelle lance puntati di cavalieri al galoppo. Dinamismo, movimento, parole astratte di un concetto che si fa concreto, catturato, forse intrappolato, tra disegni ad acquerello e tele dai colori luminosissimi.

"Voglio sintetizzare le forme uniche della continuità nello spazio.
Voglio fissare le forme umane in movimento.
Voglio dare la fusione di una testa col suo ambiente.
Voglio dare il prolungamento degli oggetti nello spazio.
Voglio modellare la luce e l’atmosfera."

 

 

Questa era la fine, le ultime sale. Quelle più interessanti ai miei occhi profani, e quelle che avevo in mente. La prima parte della mostra su Umberto Boccioni, invece, era scorsa veloce, molto, alla ricerca di connessioni ed una organizzazione che lasciava una sensazione un po' amara, perché sembrava che dietro ogni sezione mancasse veramente qualcosa. Ma forse, colpa anche mia, e delle mie aspettative, non lo so, rileggendo i toni descrittivi ripescati qua e là. Per me, una mostra attraente a metà, forse troppo tardi, verso la fine. Un senso di incompiuto che veniva compensato, almeno in parte, con il passaggio - incluso nel biglietto - tra le sale dell'attiguo Museo del Novecento.
Tra le cose più interessanti, in mostra c'erano delle tavole, o fogli, di raccolta di immagini, fonti di ispirazione, studio, come in un album di un secolo fa: una cosa che mi ha fatto sorridere, pensando alle mie cartoline. Infine, entrato, anzi proiettato, nel Futurismo, questa scelta di collezione e studio, ricompariva
sotto forma di articoli e proclami organizzati in fogli tematici. Leggendo a caso, alcuni passaggi emergevano con la loro forza volutamente arrogante, o con il senso stesso delle parole, specchio di un'epoca che si affacciava senza vera consapevolezza al disastro di una guerra che avrebbe decretato, tra le altre cose, la fine di un'epoca e di una cultura. La guerra delle parole, quello che é stato il tema del mio esame di maturità: a questo mi riportavano questi ritagli di giornale. Vanno rilette, nella loro delirante euforia, a mio parere, osservando il presente, rabbrividendo al pensiero di quel significato latente che non é poi tanto lontano.

 

"...I più grandi (o per dir meglio i meno piccoli) quali ad esempio Giotto, Michelangelo, Tintoretto, ecc., essa si sgretola completamente, poiché in essa l'Illustrazionismo fu la più forte ragione di successo universale..."

"...Col lirismo sintetico essenziale, coll'immaginazione senza fili e le parole in libertà nasce la vera poesia, che non esisteva prima. Col nostro Dinamismo pittorico nasce la vera pittura, che ugualmente non esisteva.
Strafottenti come sempre, noi futuristi continueremo a demolire e a creare, convinti di avere tutte le ragioni e, finora, tutte le verità.
L'arte del passato deve essere considerata come una grande baggianata a base di morale, di religione, di politica. Solo coll'arte futurista nasce l'ARTE."

 

"Dopo aver giuocato distrattamente, a piccole puntate, coll'arte, coll'amore o colla politica, essi sentono oggi la necessità di rischiare tutto in un colpo solo, nel gran giuoco definitivo della guerra...
[...] La Guerra esautorerà tutti i suoi nemici: diplomatici, professori, filosofi, archeologi, critici, ossessione culturale, greco, latino, storia, senilismo, musei, biblioteche..."

"...Noi futuristi abbiamo sempre considerato la Guerra come unica ispirazione dell'arte, unica morale pacificatrice, unico lievito della pasta umana. Soltanto la Guerra sa svecchiare, accelerare, aguzzare l'intelligenza umana... [...] per una nazione povera e prolifica la guerra é un affare...

 

 

"A cento anni dalla morte di Umberto Boccioni (1882-1916) Milano celebra con una grande mostra l'artista del Futurismo, indiscusso protagonista dell'Avangiardia italiana. La sua geniale soluzione nel rappresentare visivamente il movimento e le sua ricerca sul rapporto tra oggetto e spazio hanno influenzato fortemente le sorti della pittura e della scultura del XXI secolo.

Un’occasione unica per scoprire i più importanti dipinti e sculture dell'artista, ma anche dei principali protagonisti della cultura a lui contemporanea, insieme ad un’ eccezionale selezione di 60 disegni di Boccioni provenienti dal Castello Sforzesco di Milano.  Ricca di novità, la mostra racconta il percorso artistico di Boccioni, la sua fama internazionale e la sua attività milanese,  alla luce anche di inediti documenti riemersi.

[...]

Cuore della mostra, sviluppata in ordine cronologico e per nuclei tematici, l'eccezionale corpus di disegni di Boccioni provenienti dal Castello Sforzesco, insieme a scritti e documenti inediti riscoperti di recente, nei quali il percorso stilistico dell'artista è riconoscibile in tutte le sue fasi di maturazione: dalla formazione divisionista, simbolista ed espressionista, che guarda nel contempo alla tradizione classica, rinascimentale e barocca e alle coeve correnti figurative europee, fino all'affermazione del Futurismo.

I disegni preparatori e i documenti esposti saranno affiancati alle opere pittoriche e plastiche di Boccioni e ad alcuni modelli che li hanno influenzati, esempi a volte inaspettati di una cultura figurativa che spazia dal XV secolo alla contemporaneità (Giovanni Ambrogio De Predis, Albrecht Dürer, Sir Frederic Leighton, Jacques Emile Blanche, Giacomo Balla, Giovanni Segantini, Gaetano Previati, Carlo Fornara e altri ancora)..."

(dall'Introduzione alla Mostra)

 


 
 
 

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Post n°617 pubblicato il 06 Aprile 2016 da enodas

 

 

Sono passati dieci anni dal giorno della laurea. Dieci anni esatti che, a quest'ora, tornavo a casa in treno con qualcosa che mi era costato molto, sotto molti aspetti. Tanto che, ancora, ogni tanto mi capita di sognare di essere con un esame mancante e, una volta sveglio, mi ci vuole del tempo per ripetermi che razionalmente non é così.
Di anni ne sono passati cinque, invece, da quando la mia ragazza se ne é andata. Lo stesso giorno. La sera prima, al termine di una giornata rocambolesca tra lavoro, giacche scambiate, ritardi, e fascicoli da preparare per la tesi di dottorato, ad un certo punto ha smesso di parlare, é andata a dormire voltandomi le spalle, ed il giorno seguente ha aspettato che partissi per andare al lavoro, per andarsene. Sembra incredibile come di quella giornata racolga e trattenga infiniti dettagli. Tra le cose che ricordo c'é che quella sera mi misi a tagliare le fragole per prepararle da mangiare entrambi la mattina seguente. E mi chiedo spesso se la mattina, prima di andarsene, le abbia trovate, pronte per lei, prima di andarsene. E' un gesto talmente semplice e talmente ricco di significato per me.
Il resto é stato soltanto una discesa, in un mondo di cattiverie a cui non ho saputo resistere. Penso spesso che allora il mio cuore sia cambiato per sempre, in un certo senso. Lo sento. Ed un po' come é cambiato in quegli anni di università, gli ultimi soprattutto, dove situazioni al limite del legale hanno trasformato paure in ansie che in qualche modo tornano a galla in certifrangenti.
Così, questo giorno in qualche modo lo temo, ed é una di quelle date che come ricorrenze marca un nuovo giro di orologio. E se sarà pur vero che il passato bisogna lasciarlo dove si trova, indietro, e che pure ogni cosa prima o poi trova la propria strada per proseguire, ma é anche vero che io in questo non ci sono mai riuscito, e probabilmente si tratta di una debolezza.

 

 
 
 

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Post n°616 pubblicato il 02 Aprile 2016 da enodas

 

 

"... E come questo spettacolo senza realtà che ora è svanito, tutto il mondo scomparirà nel nulla senza lasciare dietro di sé neppure il vapore di una nube.
Noi siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni;
e la nostra breve vita è cinta di sonno..."

(William Shakespeare)


 

Voto del Simbolismo era rappresentare nel territorio dell'inconscio i grandi valori universali dell'umanità - senso della vita e della morte, la fantasia, il sogno, il mito, l'enigma - in un momento in cui sembravano minacciate dall'avanzare del progresso tecnologico e scientifico.
E' difficile raccontare le suggestioni e le emozioni di questa mostra. E' difficile raccontare le pieghe dell'inconscio, scendere nel mistero profondo del lato oscuro dell'uomo, una selva di contrasti che dilaniano l'animo, declinandosi dall'uno all'altro senza una vera soluzione di continuità. Incubo e sogno, demone e angelo, morte e vita, tenebra e luce, male e bene.
Così, ho trascritto voci, definizioni e citazioni, strappandole dalle pareti, come se nel leggerle, quelle parole accendessero fuochi sacri ed inquietanti, in un sentimento che senza sosta oscillava tra la fascinazione, l'ansia, la passione. A tratti, le mani si contraevano come ad afferrare il vuoto dell'aria e ad esprimere un senso di forza impotente. Per questo le trascrivo, perché a partire dai versi di Baudelaire, le visioni demoniache e le esaltazioni di forze incontrollabili e fatali, fino alla poetica di Shakespeare, ognuna raccontava qualcosa e si fondeva nel buio delle sale e nei dipinti che vi comparivano. Come in un sogno, appunto, in un terreno inesplorato ed insicuro, cosi emergevano colori e passioni. Come se fossero esse stesse quell'oppio da cui scaturivano, morte e rinascita per poter accedere ai segreti dell'onirico. Saranno loro, in un certo senso, a guidarmi, facendo sì che, come al risveglio da un sogno, in questa notte dell'anima, riflesso di una dimensione interiore che oscilla tra misticismo ed esoterica, non tutto ciò che nel sogno é stato vissuto venga dimenticato.

 

"La Natura è un tempio dove incerte parole
mormorano pilastri che sono vivi,
una foresta di simboli che l'uomo
attraversa nei raggi dei loro sguardi familiari.

Come echi che a lungo e da lontano
tendono a un'unità profonda e buia
grande come le tenebre o la luce
i suoni rispondono ai colori, i colori ai profumi. ..."

(Charles Baudelaire - Corrispondenze)

 

 

"Oh tu, che sei il più bello e il più sapiente degli Angeli, Dio tradito dalla sorte, spogliato d'ogni lode,
Satana, abbi pietà del mio lungo penare!
Principe dell'esilio, cui è stato fatto torto, e che ti rialzi, vinto, sempre più forte,
Satana, abbi pietà del mio lungo penare!
Tu che conosci ogni cosa e regni sul sottosuolo, guaritore abituale delle angosce umane,
Satana, abbi pietà del mio lungo penare! ..."

(Charles Baudelaire - Litanie di Satana)

 

"... L’abisso dei tuoi occhi, pieno d’orribili pensieri,
Esala vertigine, e i ballerini prudenti
Non contempleranno senza amare nausee
Il sorriso eterno dei tuoi trentadue denti. ..."

(Charles Baudelaire - Danza Macabra)

 

"... La tremenda progenitrice é in attesa,
dietro ai suoi occhi arde l'inferno.
Attende immobile, in silenzio.
Il suo sguardo é lontano, lontano,
in fondo ai cuori umani..."

(Otto Biederbaum)

 

"... In me c’era l’orrore e il desiderio insieme, un mal particolare;
speranza e angoscia, senza un gesto di rancore.
Come nella clessidra più vedevo scemare
la sabbia e più il mio spasimo mi deliziava il cuore
che si strappava ormai dal mondo familiare. ..."

(Charles Baudelaire - Il sogno di un curioso)

 


"Sono bella, o mortali: una chimera
di pietra! Tutti il mio seno ha estenuato,
ma al poeta un amore ha ispirato
tacito, eterno come la materia.

...
Per stregare così docili amanti
ho, specchi dove il bello si discerne,
gli occhi, i miei occhi dalle luci eterne."

(Charles Baudelaire - La Bellezza)

 

"... Potrei amarti, e quanto! se il lume delle stelle
non ripetesse, o notte, parole troppo note
a me che cerco buio, e vuoto, e nudità.

Ma persino nel buio, come in un quadro, a mille
sgorgando dai miei occhi, acquistano dimora
gli esseri familiari che mi sono scomparsi."

(Charles Baudelaire - Ossessione)

 

"...Un guanto precipitò da una mano desiderata a toccare il pavimento del mondo in una pista affolata....
...e il guanto e la sua padrona pattinavano via...

...sotto un albero senza fiori si struggeva l'amore amato e il guanto era a pochi passi..... 

...un uomo da una piccola barca, sporgendosi sul mare, era un guanto che rischiava di annegare, era un guanto che rischiava di affondare...

...e intanto milioni di rose, rifluivano sul bagnasciuga...  
...e piccoli guanti risalivano la corrente...fino al Capo dei sogni e alla riva del letto, dell'innocente che dormiva...  

...e il guanto fu rapito, in una notte d'inchiostro, da quel mistero chiamato amore da quell'amore che sembrava un mostro, inutilmente due nude mani si protesero a trattenerlo...

...il guanto si era già posato in quel quadro infinito, dove psiche e Cupido governano insieme, dove psiche e Cupido sorridono insieme..."

(Francesco de Gregori)

 

 

Ho tremato. Di desiderio, di paura, di ansia, di piacere. Sono sprofondato, in quella stessa "sostanza dei sogni" di cui siamo fatti. Forse perché ogni singolo brivido ed ogni singola eccitazione potessero trovare sfogo ed esprimersi. La musica scorreva, eroica, distruttrice, tra colori brillanti ed accesi del sangue. O forse invece era l'arpa delicata di Orfeo, abbandonata sulla superficie di un fiume. O forse ancora era un Notturno che, improvviso emergeva dalle ombre del buio. Ed in lontananza, si profilavano paesaggi di pace, una danza, un riflesso sul movimento continuo dell'acqua, o isole mortalmente inccessibili. Occhi brillanti si spalancavano nel buio e penetranti mi fissavano dritti nei miei. Moderno macchinista degli Inferi, sfinge impassibile, un serpente avviluppato attorno al corpo di una donna. Oltre la rappresentazione della realtà, ogni sguardo era un tasto che andava a premere una corda precisa dell'animo, come se stresse parlando un linguaggio sconosciuto ma perfettamente comprensibile. Nella mente, nei muscoli che si contraevano come a scacciare ed afferrare qualcosa. Ho lasciato che tutto quanto mi sommergesse, come in un viaggio, perché solo così avrei potuto riemergerne. E come un sogno, un po' particolare, in realtà, dove visioni da incubo si alternavano a carezze per l'anima e canti da sirena, tutto questo sembrava non avere fine, mi chiamava e, bloccandomi, mi attirava a sé. Ed io desideravo non avesse fine.

 

"Sempre il mare, uomo libero, amerai!
perché il mare è il tuo specchio; tu contempli
nell'infinito svolgersi dell'onda
l'anima tua, e un abisso è il tuo spirito
non meno amaro. Godi nel tuffarti
in seno alla tua immagine; l'abbracci
con gli occhi e con le braccia, e a volte il cuore
si distrae dal tuo suono al suon di questo
selvaggio ed indomabile lamento. ..."

(Charles Baudelaire - L'uomo e il mare)

 

 

"...melodia é l'unità del colore, o il colore in generale.
La melodia esige una conclusione, é un insieme dove tutti gli effetti concorrono ad un effetto generale.
Così la melodia lascia nell'animo un ricordo profondo..."

(Charles Baudelaire)

 

"...l'arte espanderà la sua nuova fioritura, originale e suprema,
in un'atmosfera da sogno..."

(Charles Baudelaire)

 

"...che cosa é questo romanticismo della vita moderna?
E' il soffio di nostalgia che passa sulle metropoli europee..."

(De Chirico)


"...Ovunque nelle sue opere ho ritrovato la solennità dei grandi suoni, dei grandi aspetti della Natura, e la solennità delle grandi passioni dell'uomo. Ci si sente immediatamente elevati e soggiogati..."

(Charles Baudelaire)

 

 

"...Io dico che bisogna essere veggente, farsi veggente. Il poeta si fa veggente mediante un lungo, immenso e ragionato sregolamento dei sensi. Tutte le forme d'amore, di sofferenza, di pazzia: cerca egli stesso, esaurisce in sé tutti i veleni, per non conservarne che la quintessenza. Ineffabile tortura nella quale ha bisogno di tutta la fede, di tutta la forza sovrumana, nella quale diventa fra tutti il grande infermo, il grande criminale, il grande maledetto - e il sommo Sapiente Egli giunge infatti all'Ignoto, poiché ha coltivato la sua anima, già ricca, più di qualsiasi altro! Egli giunge all'ignoto, e quand'anche, sbigottito, finisse col perdere l'intelligenza delle proprie visioni, le avrebbe pur viste!"

(Arthur Rimbaud)

 

"...L’uomo è una fune sospesa tra l’animale e il superuomo, una fune sopra l’abisso.
Un pericoloso passare dall’altra parte, un pericoloso esser per via, un pericoloso guardarsi indietro, un pericoloso inorridire e arrestarsi.
Quel che è grande nell’uomo è che egli è un ponte e non una meta: quel che si può amare nell’uomo è che egli è transizione e tramonto..."

(Friedrich Nietzsche - Così parlò Zarathustra)

 


"Con 24 sale site al piano nobile di Palazzo Reale, la mostra mette per la prima volta a confronto i simbolisti italiani con quelli stranieri grazie a circa un centinaio di dipinti, oltre alla scultura e un'eccezionale selezione di grafica, provenienti da importanti istituzioni museali italiane ed europee oltre che da collezioni private.

Nelle varie accezioni in cui si è manifestato in Europa – dall'Inghilterra alla Francia, dal Belgio all'area nordica, dall'Austria all'Italia – il Simbolismo ha sempre dato un grande rilievo ai miti e ai temi che coincidevano con i grandi valori universali della vita e della morte, dell'amore e del peccato, alla costante ricerca dei misteri della natura e dell'umana esistenza.

La mostra presenta per la prima volta in Italia alcuni tra i più significativi capolavori del simbolismo europeo. Innanzitutto alcune delle icone dell'idea simbolista del mondo: Carezze (L'Arte) la straordinaria donna/ghepardo di Fernand Khnopff, la testa di Orfeo galleggiante sull'acqua di Jean Delville, l'enorme, sublime opera di Ferdinand Hodler, intitolata l'Eletto, e Il silenzio della foresta di Arnold Böcklin.

Una delle sezioni più scenografiche della mostra è composta dalle sale dedicate alla Biennale del 1907: una straordinaria vetrina di confronto tra l'arte italiana più evoluta, cresciuta anche dal confronto con le grandi mostre della Secessione di Berlino e di Vienna. Giulio Aristide Sartorio è presente con l'imponente ciclo pittorico Il poema della vita umana, realizzato per la Biennale del 1907, la stessa dove venne allestita la famosa Sala dell'Arte del Sogno che ha rappresentato la consacrazione ufficiale del Simbolismo in Italia.

[...] Il percorso espositivo si svolge tra atmosfere e dimensione oniriche: accompagnato dalle poesie di Baudelaire, tratte dalla raccolta ‘I fiori del Male’ il visitatore attraversa le sale della mostra passando dalle rappresentazioni demoniache di Odillon Redon, alle rappresentazioni dei miti di Gustave Moreau, al vitalismo di Ferdinand Hodler, al colorismo dei Nabis. Le interpretazioni dell'amore di Giovanni Segantini, l'immaginario divisionista di Gaetano Previati e la magia della decorazione di Galileo Chini rendono conto, tra l'altro, dell'importanza del movimento simbolista in Italia, permettendo così di riscoprire nomi meno conosciuti [...] Il percorso espositivo si chiude immergendo lo spettatore nell'atmosfera fantastica delle Mille e una notte, il ciclo decorativo realizzato da Zecchin alla vigilia della Grande Guerra."

(dall'Introduzione alla Mostra)

 

 
 
 
 
 

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