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la musica, suonare il pianoforte, suonare il mio violino, la luce del tramonto, ascoltare il mare in una spiaggia deserta, guardare il cielo stellato, l’arte, i frattali, viaggiare, conoscere e scoprire cose nuove, perdermi nei musei, andare al cinema, camminare, correre, nuotare, le immagini riflesse sull’acqua, fare fotografie, il profumo della pioggia, l’inverno, le persone semplici, il pane fresco ancora caldo, i fuochi d’artificio, la pizza il gelato e la cioccolata


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l’ipocrisia, l’opportunismo, chi indossa una maschera solo per piacere a qualcuno, l’arroganza, chi pretende di dirmi cosa devo fare, chi giudica, chi ha sempre un problema più grosso del mio, sentirmi tradito, le offese gratuite, i luoghi affollati, essere al centro dell’attenzione, chi non ascolta, chi parla tanto ma poi…, l’invidia, il passato di verdura





 
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Messaggi di Settembre 2018

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Post n°772 pubblicato il 29 Settembre 2018 da enodas

 

 


"...nell'Arzana de' Viniziani
bolle l'inverno la tenace pece
a rimpalmar li legni lor non sani,

ché navigar non ponno, e in quella vece
chi fa suo legno nuovo, e chi ristoppa
le coste a quel che più viaggi fece,

chi ribatte da proda e chi da poppa
altri fa remi, ed altri volge sarte
chi terzeruolo ed artimon rintoppa..."

 

 

Anche se per qualche attimo soltanto, ho vissuto Venezia come raramente mi era capitato. Di notte, innanzitutto. Camminando la sera, attraverso passaggi che lentamente diventavano quasi familiari, passando da un punto all'altro, quasi nell'illusione di vagare liberamente, lasciando da parte ogni meta. Mi sono tornate alla mente notti lontane di carnevali passati, ricordi che leggermente sbiadiscono come quelle amicizie e quegli affetti che li accompagnano.
E poi, ripercorrendo senza ragione, le strade del vecchio ghetto, o quelle dietro San Marco verso l'Accademia, o ancora verso l'Arsenale. Ho riguardato di sfuggita questi angoli sempre nuovi e sempre in qualche modo sempre familiari, seppure in realtà sconosciuti, quasi volessi inspirarli, e rileggere ogni volta pagine scritte, accennate, o ancora bianche.
Oppure scendendo (o salendo) nelle segrete e nei segreti di un palazzo misterioso che, come in realtà molti luoghi qui, non avevo mai visitato, per osservare le acque del Canale brillanti di riflessi dalle finestre di una sala enorme o da uno spiraglio sospeso come un ponte in un sospiro.
Ed alla fine mi sono ritrovato quasi per caso di nuovo a San Marco, illuminata da una luna piena che portava l'acqua a salire, inesorabile e silenziosa, nelle tenebre della sera, fino a riflettere tratti di cielo e di architetture quasi fluttuanti, magari anche il profilo di qualche ombra che tra fretta e poesia attraversa la piazza, un abbraccio o uno sguardo, si ferma ad ascoltare una melodia che proviene da uno dei caffé storici, o forse semplicemente, a sbirciare un attimo questo mondo sottosopra.

 

 

Sembra incredibile che i soli ricordi di questo luogo siano quelli di un bambino. Eppure, non sono l'unico, come mi racconta una veneziana che dalla "terraferma" oggi lavora qui. E come lei, ho negli occhi il vetro rovente che si trasforma in cavallino e quell'alone di magia che ormai sembra perdersi in una fermata di pochi secondi, due parole e via, a far scorrere una nuova ondata di turisti. Come mi racconta la Veneziana "di campagna" quella poesia sembra essersi persa, venduta a logiche nuove e commerciali, e ad un modo di fare a volte brusco e sbrigativo che un po' ovunque ho sperimentato in questi giorni. Ciò che non ricordavo erano i colori, così lucidi e vivi, il calore del sole che si insinuava di luce tra i canali, ed una sensazione di pace e silenzio. Un'isola quasi nascosta, attraversata da acque verdi come smeraldo e riflessi di vetro.
Sembra incredibile che pure il vaporetto sia un ricordo lontano, seppure più vicino, ad una mattina fredda di capodanno ed una scritta in penna rossa a lato di un biglietto. Lentamente lascio abbandonato il profilo di un faro perso nella Laguna e da isola ad isola, mi ritrovo tra colori ancora più intensi e splendenti, come una tela ancora fresca, cercando un angolo che fugga dal flusso di gente, dove il silenzio si fonda con l'oro della luce e un'onda di vento che sollevi i tendaggi di una casa, o magari il profilo di un bambino che gioca sulla porta. E per un attimo é tutto un po' più lontano, tutto un po' più dolce.

 

 
 
 

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Post n°771 pubblicato il 25 Settembre 2018 da enodas

 

15 Settembre

Metti una giornata di sole. Quando sono salito su colle San Pietro ed ho guardato Verona. L'ho rivista con quella luce calda e radente del tardo pomeriggio. Così, ho guardato i tetti, i profili dei campanili, ed i solchi delle strade. Ho realizzato che ciò che vedevo eguagliava altre città italiane di tanta bellezza. E mi sono sentito in colpa, verso e contro me stesso, pensando che alla fine io ero qui, sono sempre stato qui, col cuore sicuramente, pur cercando e guardando altrove. In un misto di stanchezza e malinconia, senza trovare esattamente una ragione, ma con un nodo forte che riaffiorava come ogni volta, questa un po' di più.

 

 
 
 

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Post n°770 pubblicato il 18 Settembre 2018 da enodas

 

Da qualche parte nel mondo o tra le stelle c'é una ragazza che sussurra al mio cuore e mi accarezza l'anima. Cercherò di non piangere.

 

 

"...Ma ancora proteggi la grazia del mio cuore
Adesso e per quando tornerà nel tempo
Il tempo per partire, il tempo di restare
Il tempo di lasciare, il tempo di abbracciare.."

 
 
 

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Post n°769 pubblicato il 10 Settembre 2018 da enodas

 

 

 

Ci sono luoghi misteriosi ed inaspettati. Ci sono paesi incastonati lungo una stada di ciottoli ripida che scende rapidamente verso il mare, torbido come la notte che lo avvolge. Ci sono mura solide e colori vivaci, ad inframmezzare lingue di sabbia e porti antichi, in un vortice di rumori e persone. C'é un teatro intagliato nella roccia, candido come marmo, dove i versi sembrano scritti apposta per essere consegnati alle onde dell'oceano, e c'é pure un giardino silenzioso ed isolato, sul quale suonano rintocchi di campana che si perdono nella foschia di un lago immobile, ed abbracciano ceppi di lapidi che abbracciano secoli di tempo. Ci sono castelli, sull'acqua, o quasi, nascosti dietro un'insenatura da proteggere, ed altri, invece, che come manieri principeschi il mare lo osservano da lontano, attraverso prati curati popolati di daini. Paesaggio in evoluzione che é difficile racchiudere in poche immagini. Spesso con la sensazione che sia un luogo incredibilmente remoto, una pagina tratta da un qualche racconto che inizia così.

 

 

Ogni volta che sono stato in UK mi sono stupito di quel fascino tutto particolare che si associa a tutto quanto sia definibile come "british", si tratti dell'accento, del rituale del the, del modo di esprimere un commento, raccontare una storia, esprimere una battuta, o di tutto ciò che può essere un certo gusto. Da queste strade che sono gallerie nascoste nella vegetazione, all'ingresso di casa, gli oggetti sparpagliati, il profilo stesso delle abitazioni. Ed é come se in questo angolo di mare e campagna, questa sensazione si amplificasse, quasi fosse più genuina e schietta, in un'accoglienza gentile ed ironica, sempre pronta di spirito, un'indicazione da condividere e con un episodio da narrare.

 

 

Questa notte é un po' speciale. Lascio le spalle al mare, credo per l'ultima volta, riparato in un angolo di roccia che nella notte é l'abbraccio che protegge dalle onde e dalle maree. Piccole pietre bianche incastonate a precipizio mi guardano silenziose, sempre più avvolte nel buio, ormai quasi ombre proiettate dalle luci dell'unico pub che alla riva, tra quel braccio di pietra e la strada scoscesa, é l'ultimo segnale di vita. C'é un silenzio comune, tra questa notte ed altre passate, sempre sul fascino di una linea di costa mai uguale a se stessa, tra il colore azzurro e smeraldo delle acque, e gli improvvisi banchi di foschia e tempesta. E' il silenzio dell'acqua che si infrange sugli scogli.

 

 

"...And these are love's records; a vow and a dream,
And the sweet shadow passes away from life's stream:
Too late we awake to regret—but what tears
Can bring back the waste to our hearts and our years?"

(L.E.Landon)

 

Quasi indugio un attimo a varcare questa porta. Oltre intravedo strapiombi sul mare e schiuma di mare. Ma soprattutto, intravedo il profilo di un castello che non c'é, un calice d'ambrosia ed una tavola rotonda. Come a voler sottolineare il passaggio, sono raffiche gelide di vento nuvoloni cupi come tenebra a sovrastarmi, attraverso questa porta aperta sul cielo. Cavaliere errante. Questo luogo ora appare così inospitale, ma che al tempo stesso sembra uno scranno naturale per il potere, teatro perfetto e drammatico.
E poi, c'é un altro motivo per cui varcare questa porta mi lascia esitante. Perché paradossalmente, come questo passaggio sembra un cunicolo nel tempo allo stesso momento é un'uscita ed uno sguardo indietro verso un sipario che si chiude, quello di questi giorni, di questo paesaggio di confine, di questo viaggio che ormai si esaurisce e si conserva nelle immagini che ho raccolto e nel sapore dell'aria di mare. Come un ricordo. Come un saluto.

 

 

 

 
 
 
 
 

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