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la musica, suonare il pianoforte, suonare il mio violino, la luce del tramonto, ascoltare il mare in una spiaggia deserta, guardare il cielo stellato, l’arte, i frattali, viaggiare, conoscere e scoprire cose nuove, perdermi nei musei, andare al cinema, camminare, correre, nuotare, le immagini riflesse sull’acqua, fare fotografie, il profumo della pioggia, l’inverno, le persone semplici, il pane fresco ancora caldo, i fuochi d’artificio, la pizza il gelato e la cioccolata


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l’ipocrisia, l’opportunismo, chi indossa una maschera solo per piacere a qualcuno, l’arroganza, chi pretende di dirmi cosa devo fare, chi giudica, chi ha sempre un problema più grosso del mio, sentirmi tradito, le offese gratuite, i luoghi affollati, essere al centro dell’attenzione, chi non ascolta, chi parla tanto ma poi…, l’invidia, il passato di verdura





 
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Messaggi del 06/09/2015

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Post n°570 pubblicato il 06 Settembre 2015 da enodas

 

 

"In cattiva salute, il Conte soffriva sovente d’insonnia, e Goldberg che viveva in casa sua doveva distrarlo, in simili occasioni, durante le ore notturne, suonando per lui in una stanza attigua alla sua. Una volta il Conte disse a Bach che gli sarebbe molto piaciuto avere da lui alcuni pezzi da far suonare al suo Goldberg, che fossero insieme delicati e spiritosi, così da poter distrarre le sue notti insonni. [...] Bach concluse che il miglior modo per accontentare questo desiderio fosse scrivere delle Variazioni, un genere che fino allora non aveva considerato con molto favore per via dell’armonia di base, sempre uguale. Sotto le sue mani, anche queste Variazioni divennero modelli assoluti dell’arte, come tutte le sue opere di quest’epoca. Il Conte prese a chiamarle, da allora, le “sue” Variazioni. Non si stancò mai di ascoltarle e, per lungo tempo, quando gli capitava una notte insonne, chiamava: “Caro Goldberg, suonami un po’ le mie Variazioni“. Mai Bach fu ricompensato tanto per un’opera come in questo caso: il Conte gli diede in dono un calice pieno di 100 Luigi d’oro. Ma tale opera d’arte non sarebbe stata pagata adeguatamente nemmeno se il premio fosse stato mille volte più grande".

(J.N.Forkel)

 

Come molte grandi opere, anche l'origine delle Variazioni Goldberg oscilla tra leggenda, aneddoti e realtà. Qualunque sia il vero percorso che ha visto l'origine di quest'opera, ogni volta che anche frammentariamente l'ascolto mi balza in mente l'immagine di una cattedrale superba e mastodontica. Non completa, però. No, da terra si alzano linee guidate di luce, lentamente si combinano, si piegano, deviano e si fondono. Sempre di più, sempre più in alto, fino a chiudersi sopra il mio capo. Brillano, come note purissime. Perché questa musica, tra le ultime e più complesse opere di Johann Sebastian Bach é il culmine di un'epoca ed allo stesso tempo dell'intelligenza di un uomo e dell'uomo. Rasenta la perfezione, complessa ed affascinante, é un'opera estremamente intellettuale, ma raggiunge l'animo, fin dalle prime note, che quasi si scolpiscono come una voce che rimarrà per sempre familiare, appena la si sente, e poi fluisce in infinite variazioni. Come linee che permeano lo spazio ed alla fine si chiudono, appunto, in un cerchio perfetto, un viaggio che torna lì dove era iniziato, a quell'Aria semplice che come uno scrigno sprigiona luce e mistero.
Le Variazioni Goldberg, poi, come molte delle opere di Bach dimenticate e riscoperte, rasentano la leggenda anche nella loro storia fino al presente. Indissolubilmente legata ad interpretazioni geniali e personalità complesse quanto affascinanti, ed alla questione dello strumento. Perché per scalare quella che, per un gioco di parole, é una "montagna d'oro", il viaggio inizia nella mente e trascende sulla tastiera.

 

[...]

 

 

 
 
 
 
 

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