EnodasIl mio mondo... |
... " Non si conoscono che le cose che si addomesticano", dissela volpe." gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!" ...
... "Ma piangerai!" disse il piccolo principe.
"E' certo",disse la volpe.
"Ma allora ch eci guadagni?"
"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano".
soggiunse: "Va a rivederele rose. Capirai che la tua è unica al mondo". ...
... "Addio",disse la volpe. "Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi".
"L'essenziale è invisibile agli occhi", ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.
"E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante".
"E' il tempo che ho perduto per la mia rosa…" sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
"Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa…"
Tutte le foto contenute in questo blog, se non specificato diversamente, sono mie e come tali sono protette da diritto d'autore. Rappresentano un momento, un istante, un'idea un'emozione.
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ultimo aggiornamento: 20 Febbraio 2014
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Messaggi del 19/12/2015
Post n°586 pubblicato il 19 Dicembre 2015 da enodas
Chapter 2 - The gateway to India (3) 5,6,13,25 Novembre
Delhi é la capitale di oggi e di ieri.Delhi in realtà é la città composta da numerose città, ognuna construita dal proprio condottiero, o imperatore, chiunque sia passato di qui ed abbia gettato le basi del proprio potere. Dietro un'alternanza di ampli viali e strade dal traffico congestionato si custodiscono rovine di queste singole città, monumenti funebri di straordinaria bellezza e parchi commemorativi ai personaggi più importanti della storia recente, imperniata sulla famiglia Gandhi. Passare da uno all'altro, dalla strada a questi luoghi, é come varcare una soglia invisibile, oltrepassare delle mura di demarcazione ed abbandonare il frastuono ed il continuo movimento della città di oggi per accedere al silenzio ed alla contemplazione di spazi paralleli, dove la vita stessa di chi vi si trova dentro improvvisamente rallenta dai ritmi indemoniati di ciò che rimane fuori.
Il tempo si é fermato. Al centro di un un agglomerato degradato, attraversando una serie di corridoi a portico, si apre l'entrata ad una piccola moschea dove offerte di fiori ed intrecci di tessuto si mescolano alla tradizione mussulmana, fuse in un mistico canto ondulato e senza sosta. Delhi fu capitale di molti regni, ma il segno ultimo e più distintivo é quello impresso dall'impero Mughal. Lo si trova nell'architettura, nella planimetria della città, nella cultura e nella religione. Attorno al bazaar della città vecchia si apre la più grande moschea del Paese, uno spazio enorme che idealmente guarda oltre le proprie mura, e dove la vita scorre oltre la preghiera.
Pronti, via. Punto d'incontro Connaught Place, centro della Delhi che cambia, un vortice di suoni e persone che ruota come il disegno stesso della piazza. Da qui, la metropolitana é ad un centro nevralgico dove le due linee principali si incontrano: nel tardo pomeriggio é come tuffarsi in un fiume in piena ed abbandonarsi alla sua corrente. Fermata bazaar, nel cuore della Vecchia Delhi: verso sera, la moltitudine tumultuosa di questa città inizia a mostrarsi in tutta la sua grandezza. Gente, gente ed ancora gente. Lungo vie strette che sfiorano templi e si addentrano per vicoli coperti di stoffe e colori. Sbuchiamo fuori, sull'asse principale: in lontananza le porte del Red Fort. Prima fermata, di questo intreccio tra tradizione e cultura, su dei gradini ad assaggiare le patate sciolte nel formaggio. Il tempio Sikh torreggia di fronte: é un rituale comune ad altre tradizione il togliere le calzature e pulire il corpo prima di entrare. Colori, silenzio e turbanti, sguardi profondi e meditazione divina. Parte del tempio, é dedicato alle cucine: migliaia di persone, ogni giorno vengono sfamate gratuitamente negli spazi retrostanti il tempio. La cucina é invasa da pentoloni enormi ed altrettanto grandi bracieri, ad un angolo donne e bambini impastano il pane e lo stendono sul tavolo. Una bambina si volta di scatto, e mi regala creedo il sorriso più genuino che abbia incontrato in tutto il mio viaggio, dietro una punta di farina sulle guance e sul naso, ed i capelli raccolti in una fascia colorata.
No, non é finita. Ci spostiamo lungo iuna mappa che é un intrico medievale ed un guazzabuglio moderno. Riscio dopo riscio, entriamo in strade che si diramano, ognuna una porta d'accesso al proprio bazaar, come un parco tematico. Perché secondo tradizione, i bazaar sono divisi per prodotti, lavori ed affari. Gioielli pendenti calano dai soffitti fino a creare cortine moventi, tintinnano e luccicano. Più in là é la volta della carta, quella lavorata a mano ed il suo profumo di nuovo nascosto entro taccuini e rilegature. Ondeggiano ad ogni alito di vento i vestiti, una strada oltre, le pialettes scintillano un istante soltanto e torri di stoffa costruiscono esse stesse gli spazi che le contengono. Imbuchiamo scale strette e mi ritrovo su un tetto: a fuoco vivi, su un enorme braciere qui servono i paratha più buoni cha abbia mangiato in un mese, la "pizza indiana", pane piadine di pane imbottite di cibo, si tratti di formaggio, impasto di patate o verdure speziate. Ancora giù per strada. E' un vortice continuo, senza sosta. Siamo bloccati, laddove una macchina si é avventurata in un passaggio murato di gente, motociclette e riscio. Sollevo lo sguardo e vedo cosa sono le strada della vecchia Delhi: una rete fittissima di cavi dell'elettricità allacciati tra loro, annodati alla rete cittadina. Arte di vivere. Ed eccoci infine al mercato delle spezie: qui, dietro sacchi stracolmi portati sulla testa e carretti riempiti all'inverosimile, scorrono denari senza sosta. Il sapore delle spezie sale alle narici, sempre più intenso. La gente si muove come uno sciame continuo, tra portantini e piccoli sacchetti per la spesa quotidiana. E' un misto di mondo arabo ed indiano, ed il carattere del luogo é tutt'uno con la gigantesca moschea che si staglia alle spalle. E noi saliamo, su scale inghiottite nel buio, raggiungiamo i tetti di quello che era la corte degli uffici della Compagnia delle India. L'architettura coloniale é riconoscibile alla luce della luna. Il sapore del chili sale fortissimo, quasi annacqua gli occhi, mi inebria la mente. Ancora un riscio, un altro ingresso, un altro tavolo, quasi uno scantinato. La gente sorride nel porgermi il cibo. Si conclude con pollo fritto, dolci, un pudding di riso e frutta secca ed un lassi gelato, ed ai tavoli si impara di progetti, sogni privati e piani di sviluppo. Sono sfinito ed appagato come difficilmente avrei potuto desiderare. E lasciare le mie guide, di ritorno alla piazza é un po' un addio ed una promessa.
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