EnodasIl mio mondo... |
... "Ma piangerai!" disse il piccolo principe.
"E' certo",disse la volpe.
"Ma allora ch eci guadagni?"
"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano".
soggiunse: "Va a rivederele rose. Capirai che la tua è unica al mondo". ...
... "Addio",disse la volpe. "Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi".
"L'essenziale è invisibile agli occhi", ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.
"E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante".
"E' il tempo che ho perduto per la mia rosa…" sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
"Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa…"
Tutte le foto contenute in questo blog, se non specificato diversamente, sono mie e come tali sono protette da diritto d'autore. Rappresentano un momento, un istante, un'idea un'emozione.
Ho costruito un sito per raccoglierne alcune, e condividere una passione nata e cresciuta negli ultimi anni. Il sito é raggiungibile cliccando l'immagine qui sotto:
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ultimo aggiornamento: 20 Febbraio 2014
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l’ipocrisia, l’opportunismo, chi indossa una maschera solo per piacere a qualcuno, l’arroganza, chi pretende di dirmi cosa devo fare, chi giudica, chi ha sempre un problema più grosso del mio, sentirmi tradito, le offese gratuite, i luoghi affollati, essere al centro dell’attenzione, chi non ascolta, chi parla tanto ma poi…, l’invidia, il passato di verdura
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Messaggi del 16/02/2016
Post n°602 pubblicato il 16 Febbraio 2016 da enodas
Chapter 4 - The Maharaja's Land and the Silk Road (5) 21,22 Novembre
Città della gioia. Così, d'improvviso, sceso dall'auto, mi salta di nuovo in mente questa espressione, come se due parole bastassero a rendere conto di un'immagine che é il sentire di un'emozione. E come l'altra volta, la prima reazione é quasi di rigetto, un'ansia profonda, quasi uno sbattere contro questa marea di colore, voci, rumori, sensazioni. Perché ogni passo é come la percussione entro una cassa di risonanza dove i sensi improvvisamente ricevono un numero straordinario di segnali. Così, quasi in apnea, percorro per la prima volta la strada del paese, un'unica linea avvolta a ferro di cavallo attorno ad un lago sacro, talmente sacro da intimidire l'accesso al mio occhio profano, che scorge quasi rubando istanti di immagini, intraviste attraverso le aperture tra gli edifici, scalinate, accessi, ai cui lati siedono mendicanti, venditori di fiori, uomini santi veri e presunti, pellegrini che si preparano, stradine, che trovano la loro via verso l'acqua. Mani protese ad offrire una benedizione ed un segno sulla fronte, chi corone di fiori, chi a chiedere direttamente soldi. Per cento, per mille, in questi giorni che moltipplicano la popolazione della cittadina. Luce del giorno si riflette su bracciali di metallo impilati, e stoffe, vestiti, pezze, ondeggiano ad una brezza di vento. Arrivato, a Pushkar.
Attorno a queste date ho disegnato linee e scritto orari su una mappa stropicciata. Per essere qui, sì, quando una cittadina tranquilla sorta su un luogo sacro alla tradizione induista esplode improvvisamente e le sue dimensioni arrivano a raggiungere connotazioni epiche. Sono giunti da lontano, alcuni, o forse neanche troppo, altri. Comunque, tutti da dietro una linea sottile e monotona che distingue il cielo dalla terra, bianco abbagliante il primo, vermiglio rovente la seconda. Dal deserto, carri, carretti e pickup. Carovane intere, di uomini, donne e famiglie di intere generazioni, che compaiono a comporre un gigantesco formicaio, o un affresco, se si preferisce, in groppa alle loro navi animali che indolenti ed infaticabili solcano la sabbia. La fiera dei cammelli prelude ad un evento sacro, quando la prossima settimana i bazaar non saranno nemmeno più un'impronta lasciata sulla sabbia e le voci si uniranno in un solo canto di preghiera in riva al lago. Ma quello che va in scena adesso é un surrogato di vita e curiosità, personaggi curiosi, incantatori di serpenti, equilibristi, venditori e figure danzanti che si perde nell'aria fitta di sabbia e nei colori intrisi del tramonto. Salito su una collina, ogni passo affondava nella sabbia, ho lasciato che questo calderone ribollisse sotto i miei occhi, come una pentola sospesa su un fuoco precario, nascosta in uno sbuffo di fumo, dietro un cespuglio di rovi agitati per ravvivare la fiamma.
Rumori per strada. E d'improvviso quella che é un passaggio stretto é stato invaso da una processione di maschere, divinità e carri votivi, fedeli e peregrini. E, sempre d'improvviso, dalle strade laterali e dai negozi si precipita la gente con bottiglie d'acqua, biscotti e piccole razioni di cibo, quasi in competizione in questa celebrazione collettiva che come il rigurgito di un fiume inonda la strada di musica e canti. E colore, sì, ancora una volta, ciò che arriva ai miei sensi di una sensazione incredibile di unione collettiva, fusione di anime e di sentire, alla quale assisto, spettatore sconosciuto, entro la quale mi immergo, lasciando che gli occhi ne escano colmi. Non so raccontare queste sensazioni.
Ci sono tante cose dietro un'immagine. Riguardando questa foto sono risalito sul fianco di una collina e ad un certo punto mi sono fermato. Non tutto si vede. Le donne che defilate osservavano i cammellieri a poca distanza stavano per alzarsi dopo essere esplose in una risata. Da destra, un signore di mezza età con cappello da cowboy saliva quasi annaspando, mentre sulla sinistra una coppia di musicisti itineranti scendevano accompagnati dalle loro note un po' sbraitate, un po' ammassate. Ma soprattutto, oltre il profilo dei cammelli il tempo scorreva e come un faro al declino, incandescente, il sole illuminava le ombre. Ora della cena, improvvisata su un fuoco acceso sì con sapienza, ma che aggiungeva fumo e nebbia all'aria densa. Un'aria che era intrisa di polvere, quella sollevata dagli zoccoli dei cammelli che si impennavano all'ordine dei loro padroni, in una scena quasi crudele, vista dall'esterno, dove una zampa era legata al corpo e l'animale saltava prima di arrendersi alla mancanza di un appoggio naturale. E gli uomini col turbante, seduti immobili ed allineati davanti ad una teiera ammaccata, proiettavano il loro sguardo oltre le linee del paesaggio ed i solchi dei loro volti.
Tutto il mio essere ruota
Ho cercato di alzarmi presto, per poter gettare un ultimo sguardo. Ma soprattutto per riosservare un mondo con occhi nuovi. Perché la calma del primo mattino si esprime nelle melodie cantate ed in geti colmi di significato quanto di silenzio. Mi sono seduto sui gradini, a distanza di due suonatori. Ho immaginato che le note, fisicamente, si riflettessero sulle increspature dell'acqua. La mattina é mite, l'aria fresca, e tutto sembra immerso in una sensazione di pace che sembra inimmaginabile a distanza di poche ore. Ho gettato un ultimo sguardo, che durasse un'infinità, e pensato che in un certo senso questa era l'ultima immagine selvaggia che avrei potuto raccogliere. Come quando, anche se non é ancora ora di tornare, senti che il viaggio sta terminando.
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