Creato da epagogico il 29/09/2011
cause di forza minore
 

 

Miracolo a Le Havre

Post n°14 pubblicato il 18 Gennaio 2012 da epagogico

Già… nel quartiere di Le Havre non accadono miracoli, così pensa Arletty, però ogni tanto fioriscono i ciliegi tra le case malandate e le viuzze strette dove la luce penetra a fatica.

La Natura…  nel bene e nel male, fa tutto lei? No, no… oltre alla Natura sembra esserci dell’altro, altre forze in gioco dove possiamo affondare e rimestare con le nostre mani. E talvolta, come per magia, il mio fatalismo mi abbandona, lo sento lentamente evaporare. Così  mi piace contraddirmi e penso che non basti stare a guardare. Anche nelle cose più logore e consolidate c’è sempre una eccezione che manda a puttana la regola e allora perché non crederci? Avrebbe qualche effetto positivo il contrario?

I miracoli talvolta possono indossare un vestito giallo, ricordo di giorni felici, oppure degli occhi neri di un ragazzino capitato lì per caso come una merce qualsiasi, o ancora possono prendere le sembianze di un ananas poggiato su un lurido tavolo di un bar tra le facce stralunate e rassegnate dei soliti avventori, come una tropicale via di fuga.

Dalla periferia del mondo a quella di una città” cantava De Gregori , e Kaurismäki ci accompagna proprio in quella periferia dove la gente non piange più perché piangere non serve a nulla e dove la legge non sempre è uguale a giustizia.

Che cosa importa se non sapremo mai che cosa accadrà al di là della Manica, se sarà un inizio o  una fine, ma una piccola scintilla scocca dall’apatia che ci circonda: quindi avvicino le mie mani fredde e mi lascio scaldare.

 
 
 

Rumore di fondo

Post n°13 pubblicato il 29 Dicembre 2011 da epagogico

Da qui, attraverso le veneziane abbassate, non si vedono altro che muri marroni un po’ scalcinati, persiane verdi, alcune aperte, altre chiuse dietro tende bianche, piccoli balconi vuoti e sgombri, ed il cielo blu di queste giornate così limpide che scorgo appena da un angolo. Nessuna traccia umana apparente, qui  nessuno si affaccia più alle finestre. C’è da fare.

Più in basso, un viale alberato di cui riesco a vedere solo la porzione più alta delle chiome dei bagolari: fitte, spoglie, immobili e contorte come il tempo.

Oltre, altri palazzi marroni con antenne, paraboliche e camini stretti e lunghi senza traccia di fumo.

La vita sale su fino alle mie orecchie solo attraverso i tubi di scappamento delle auto, le sirene delle ambulanze che passano ad intervalli più o meno regolari e il rotolamento delle ruote sull’asfalto. Rumori di motori, ingranaggi, pistoni, bielle, manovelle, catene di distribuzione che rompono questo silenzio di fine anno, nient’altro.

 
 
 

Kiki-li

Post n°12 pubblicato il 13 Dicembre 2011 da epagogico

Kiki entra nel trasportino solo quando vuole lei e non quando deve andare dal veterinario oppure partire per un viaggio o magari per una vacanza. Lei non lo sa, non sente ragioni, per nessuna ragione si può imporle di entrarci, anche se per il suo bene. Lei non percepisce il suo bene se non nell’immediato, non capisce se è un bene a medio o a lungo termine, vive nel qui ed ora, come se la sua memoria risiedesse esclusivamente nel suo istinto. Non valuta, reagisce. Non pensa, scatta. Non si può insegnare ad un gatto il senso del bene diluito nel tempo, il misterioso meccanismo con il quale il male più avanti possa tramutarsi in bene   sarebbe una fatica vana - ma un gatto può insegnare a noi il senso del bene concentrato nell’istante, senza un prima o un dopo, senza nessun calcolo così tipicamente umano.

Certo, Kiki conosce chi la ama, non dà mai confidenze ad estranei, il suo è un affetto cercato, consapevole e selettivo, non si concede mai a caso, ma non dà per scontato che chi la ama possa sempre farle del bene, come se non si fidasse mai fino in fondo: lascia sempre un margine per graffiare. “Nel trasportino voglio entrarci da sola, e solo se mi va! Lasciatemi un po’ stare… e non vi azzardate a chiuderlo o a sollevarlo mentre ci sono dentro!!”. Kiki, lo so, non è facile concedersi senza margini, abbandonarsi senza sponde, mettere gli artigli sotto le dita e lasciare scoperta la guardia ma giocoforza devi farlo, altrimenti come possiamo prenderci cura di te.

Poi,  ad un certo punto, generalmente con lo stomaco pieno, decide di auto-recludersi e rinchiudersi. Allora si mette dentro il trasportino ieratica e impassibile: con tutta la calma possibile guarda attraverso le sbarre di plastica cosa succede nella cucina da quello spazio ristretto, sopra la dispensa. Guarda per delle ore, mattine e pomeriggi e sere, in particolare quando piove, come meditasse chissà che cosa: nei suoi occhi sornioni non si scorge né  attesa, né curiosità e neppure indifferenza o distacco, forse una sottile partecipazione sotto traccia. Guarda e basta. Per noi uomini non credo sia possibile guardare in quel modo, è un modo concesso solo ai gatti.

 
 
 

La schiuma dei giorni

Post n°11 pubblicato il 05 Dicembre 2011 da epagogico

Ci sono libri che mi fanno andare lontano, altri che non mi fanno spostare di un solo passo. Certo, non è che li posso scegliere io, scelgono loro quando e come venirmi a trovare. Di solito preferisco i primi ma quando capitano i secondi, come per un incanto, non posso liberarmene. E allora mentre scorrono le parole rimango inchiodato alla sedia o al letto, mani e piedi bloccati, ed io, immobilizzato come un animale in gabbia, non posso far altro che muovere gli occhi, pagina dopo pagina, sprofondando nel mio gorgo tra paura e voglia di capire e sapere. Allontanarsi o addentrarsi in sé in ogni caso è una forma di conoscenza e presa di coscienza.

L’amore. Sì, l’amore può finire anche per un fiore bianco, puro e bellissimo che cresce nei polmoni e impedisce di respirare. In fondo la condivisione di un respiro non è l’essenza dell’amore? E cosa c’è di più labile ed essenziale di un respiro? Un fiore che fuori dal corpo sarebbe la manifestazione più alta e sublime della Natura, dentro invece si tramuta nella sua espressione più crudele, l’altra faccia della Natura generatrice di vita: la morte.

E mentre il fiore del male inesorabilmente cresce, l’appartamento di Colin e Chloé, inizialmente così grande e luminoso, giorno dopo giorno si restringe:  la luce pian piano non entra più dalle finestre, la muffa si insinua nei muri, i soffitti si abbassano, le porte si deformano, i pavimenti si inclinano, come rifiutasse all’interno delle sue mura ogni forma di vita. Pure l’ultimo topo l’abbandona, suicidandosi tra la fauci di un gatto.

Pagina dopo pagina, pensavo anche al nostro appartamento, non riuscivo più a vederlo per come era, per come lo avevo pensato ed immaginato: i miei occhi, in preda ad una forma ignota di suggestione, vagavano impotenti in cerca di limiti conosciuti, di confini palpabili, definiti ed oggettivi. Cercavano appigli nei muri ma tutto era molle, flaccido, senza consistenza e stabilità. No, lo sguardo improvvisamente non mi bastava più, dovevo riappropriarmi del mio corpo, una casa ed una persona si vivono con il corpo, con il peso del corpo, con la puzza del corpo, con i sapori del corpo.

Ma Colin ci crede: nonostante la gravità della malattia di Chloé, la fine di tutti i suoi risparmi per cercare di curarla, le difficoltà nel trovare un lavoro, la cecità dell’amico Chick nei confronti dei sentimenti di Alise sperperando ogni suo avere per acquistare cimeli di Partre, in Colin si manifesta tutta la grandezza della manifestazione dell’amore. Un amore che va contro tutto e tutti, oltre tutto e tutti. Ed io dietro la porta della tragedia ho visto un lampo di ottimismo e gioia nel vivere anche le situazioni più difficili e complicate. Basta avere il coraggio di aprirla quella porta.

Adesso non fraintendermi, non penso che il nostro appartamento dal dire al fare diventi un attico con piscina e campo da tennis con vista panoramica annessa, non penso che la nostra piccola vasca diventi una Jacuzzi, non penso che dall’ortica che si è fatta adottare come un cuculo sulla finestra spuntino fiori, non penso che Kiki non mi graffi più, non penso che il gelsomino smetta di crescere a dismisura invadendo la facciata con tutta la popolazione di ragni e insetti che si porta appresso, non penso che le zanzare vadano in vacanza nonostante si approssimi l’inverno, non penso che inizi a piacerti Lars Von Trier.

In fondo penso che tutto ciò non ci interessi. E poi l’ortica si può mangiare così com’è e fa benissimo, previa cottura ovviamente, e poi con Kiki mi piace giocare e schivarla un attimo prima che tiri fuori suoi artigli, lei ti avvisa in qualche modo, lo so, basta cogliere il suo miagolio strozzato, e poi il gelsomino bisogna potarlo almeno due volte l’anno dandogli la forma che ci piace di più, e poi abbiamo comprato una fantastica paletta fulmina-zanzare elettrica che io non sapevo neppure esistesse, e poi mi piace da morire vedere quel tuo sguardo mentre vanno i titoli di coda dei film di Trier. Ecco che cosa penso. Semplicemente penso di amarti.

 
 
 

Oggi vorrei

Post n°10 pubblicato il 02 Dicembre 2011 da epagogico

Oggi vorrei fosse un giorno diverso. Mica un giorno in cui dimenticare. No, solo uno spunto per ripartire, per ricominciare a vivere. Ripartire da poco, un poco per volta. Voltandosi fuori e dentro, senza accantonare, senza dire quel che è stato è stato, senza avere la presunzione di avere girato la boa. Un giorno di fatti, di azioni, di gesti compiuti intorno a noi e non in spazi siderali e indefiniti. Un giorno di mani che stringono, di braccia che si muovono, espressioni facciali, sguardi che si confrontano, nasi che si storcono, bocche che si aprono, denti che masticano, labbra che assaggiano, magari pure pugni in faccia, graffi, di imperfezioni cutanee e verbali. E calore.

Quel calore che stupidamente ti ho negato e che improvvisamente ho disperso e spento, come un fiammifero al polo. Proprio nel giorno in cui tutto doveva iniziare. Mi sento ridicolo rileggendo - quasi non ce la faccio ma mi sforzo di farlo - tutte le puttanate che ho scritto a proposito  della condivisione, della felicità, del senso di quello o di quell’altro. Assolutamente ridicolo. E mi viene da ridere. Un sorriso storto, isterico, compulsivo, da ictus. Ma non voglio cancellare, non voglio nascondermi, ho una voglia matta di scoprirmi, di rileggere ogni cosa e ripartire proprio da lì.

Allora ti chiedo scusa. Scusa perché è facile dire non volevo, sin troppo facile. Scusa per ciò che ti avevo detto e giurato e per essermi contraddetto una, due, tre volte. Scusa per la gratuità e la leggerezza inconsistente delle mie parole. Scusa perché ero consapevole di ciò che dovevo o non dovevo fare e nonostante tutto l‘ho fatto. Scusa perché non ho avuto rispetto per te, per tutto ciò che hai fatto per me, per il tuo e nostro amore, perché ero  cosciente del male che avrei fatto a te e a noi. Scusa perché il caso non esiste. Scusa perché ho lasciato che tutto il cioccolato diventasse merda. Scusa per aver confuso la forma con la sostanza. Scusa per avere tradito la fiducia che avevi riposto in me, per avere sottovalutato le conseguenze devastanti.

Ma adesso sono qui per dirti che c’è pure dell’altro, tanto altro, che io non sono solo quello lì, quello di quest’ultima terribile settimana, che tutto non si può dileguare così, che sono pronto ad armarmi di piccone, cazzuola, livella e filo a piombo per costruire un grattacielo di cento piani, che l’unica cosa che voglio è starti vicino, che tutto quello che mi manca è ciò che ancora non abbiamo vissuto.

Oggi le parole mi fanno una paura tremenda perché ne sento tutto il peso come fossero di marmo, lettera dopo lettera, perché ho la sensazione che non siano mai quelle giuste, che manchi sempre qualcosa, ma non ci penso perché ho voglia di tirarle fuori dalla roccia, perché ciò che manca è ancora tutto da riempire. Sì, perché… come posso dirtelo: “Xenuca, io  ti amo!”.

 
 
 

Ultimi commenti

Spero che non chieda pure croccantini come compenso!
Inviato da: epagogico
il 13/12/2011 alle 19:36
 
Io invece credo di avere l'unico gatto prostituto che...
Inviato da: vengodabadoo
il 13/12/2011 alle 15:34
 
Sì, è vero. Lo ammetto. Quanto a Trier sono quasi...
Inviato da: epagogico
il 06/12/2011 alle 23:44
 
Veramente la racchetta zanzaricida l'ho comprata io, e...
Inviato da: xenuca
il 05/12/2011 alle 15:16
 
Sì.
Inviato da: epagogico
il 30/11/2011 alle 18:44
 
 

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