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DONNE AL LAVORO

Post n°145 pubblicato il 25 Gennaio 2010 da guerrinob

Rosa,col suo pancione, lavora nell'orto seduta per terra.

Come va, Rosa?”

Fame”, risponde.

Allora Pino l'accompagna in cucina, la rinfranca con pane e marmellata e the molto zuccherato. Rosa chiede:

Come si chiama tua moglie?”

Adriana”, risponde Pino.

Scrivilo, se nasce una bimba la chiamo così”.

E ritorna pimpante al lavoro.

Verso sera la vediamo con un sacco di carbonella sulla testa andare a fare qualche scambio.

Una settimana fa ci aveva dato i soldi per comprare, andando al mercato, un sacco di riso. E' già finito. La sua famiglia è numerosa. Il marito di Rosa, Paolo, è anche responsabile della pilatrice, ma in questi ultimi mesi è mancata la materia prima.

 

Sto volentieri nelle vicinanze degli orti anche quando per il troppo caldo invece di lavorare leggo o scrivo, mi sembra un gesto di solidarietà apprezzato dalle donne. All'ombra del portico sto leggendo il saggio di padre Cossa sui Balanta. Tutto molto interessante. Il capitolo che sto leggendo ora è quello sulla condizione della donna Balanta. Leggo, rifletto e mi guardo intorno.

Tra le donne al lavoro c'è Ticba. Ha affidato il piccolo Pino a una ragazzina di 5 anni. Alla stessa ragazzina è stata affidata anche Wilbonce, che non ha ancora compiuto un anno, figlia di Bloni, giovane moglie di Ze Fafè e instancabile lavoratrice.

Il piccolo Pino robustamente gattona,è già nel secondo anno e vuol giocare con Wilbonce, sei mesi. Gli arriva accanto cerca di abbracciarla, ma è maldestro e lei, che vorrebbe, tranquillamente seduta, giocare con la pozza della sua pipi, si sente capotare e piange. Le mamme continuano a lavorare. La ragazzina continua ad allontanare Pino di 5 metri dalla sua amica. Questi con una gattonata le ritorna subito addosso e si ripete l'operazione, finchè arriva l'imprevisto: il piccolo Pino fa una bella quantità di cacca un po' molle e ci si siede sopra.

Vorrei chiamare Ticba, ma non credo lo ritenga un evento importante. La ragazzina di 5 anni prende un legnetto, con questo pulisce le gambine di Pino. Il culetto si pulisce automaticamente con le soste di seduta nel suo gattonare. Poi prende della terra la mette sulla merda e con lo stesso legnetto si mette meticolosamente ad impastarla. Il gioco appassiona anche un'altra sua coetanea sopraggiunta, che vuol partecipare. Wilbonce vedendo la sua badante distratta dal gioco si sente ancora più in balia di Pino, alza il livello del tono del pianto. Bloni che lavora a pochi metri , la prende, la allatta accanto a me per pochiminuti, pochi minuto di riposo, lasistema sulla schiena e continua a zappare.

Poco dopo arriva Ze, prende la figlia e se la pone sulle spalle. La sua corporatura robusta lo fa sembrare a un san Cristoforo. Ci salutiamo e mi lascia a questi pensieri: non sarebbe stato meglio avesse preso la pesante zappa, lasciando la bimba alla madre?. Nonostante la mia amicizia con Ze sento amarezza per questo suo comportamento. Quando lo racconto ai frati missionari, mi ribattono che devo apprezzare molto questo gesto, perchè nessun padre generalmente si occupa dei figli. Quindi il gesto di Ze è già un progresso sulle abitudini locali.


Ogni due o tre giorni, al tramonto, telefono a Piera. I bellissimi tramonti riescono a inchiodarmi all'Africa e contemporaneamente ad accentuare la nostalgia. Di più, ci si mettono i bambini dell'asilo. Arrivano al pozzo con le loro madri. Come mi vedono cominciano a chiamare: “Guerrino, Guerrino”. Oggi hanno imparato tre nuovi nomi e me li ripetono in coro: “Sol, lua, estela” con le loro voci squillanti che anche Piera, mentre parliamo, li sente distintamente e si commuove.

Poi comincia la lotta per conquistare il posto più vicino al sottoscritto, possibilmente addosso.

La più abile è una Teresa di 5 anni, che riesce sedersi sul grande aratro, proprio accanto a me, mi fa aprire la mano e vi pone un pizzico di riso crudo, che sta mangiando.

I miei denti non sono abilitati al riso crudo e il pugnetto di riso che Teresa mi ha dato lo passo ad un altro bimbo che non ne aveva, con lo stesso gesto di fargli aprire il palmo della mano.

Dicono che in Guinea nessuno muore di fame, ma qualche cena la si salta. Intanto Teresa affronta, anche con tecniche di lotta libera, chi tenta di insidiare la sua posizione di privilegio, li insegue e torna al suo posto trionfante.

In mattinata avevo fatto belle foto ai bambini della scuola materna, ma loro più delle foto sono interessati a giocare con me. Mi tirano da tutte le parti e ridono quando io faccio finta di cadere o faccio le smorfie più impensate. Paula è la maestra dei più grandicelli ed è responsabile della scuola materna. Nenè si occupa dei più piccoli che mettono a dura prova la sua pazienza, perchè incapaci di stare fermi. Spesso li mette in fila indiana, le mani di ognuno sonoappoggiate sulle spalle di chi cammina davanti. Teresa di tre anni, è sempre in testa alla fila, perchè la più esperta di scuola. La frequentava anche lo scorso anno per poter essere allattata dalla sua giovanissima madre, iscritta alla scuola elementare. Ogni tanto la fila si rompe e allora la bacchetta vigile di Nenè la ricompone. Stamattina la capo fila è in crisi, ha visto sua madre nell'orto. Vorrebbe andare da lei. L'orto, dove imita i gesti delle donne che lavorano, è il posto della sua felicità. I singhiozzi sono sonori e le lacrime impediscono di vedere bene dove mettere i piedi. Deve arrivare la mamma con un'altra bacchettina, per convincerla che non è il momento per lei di andare nell'orto. Ci vuole un po' di tempo prima che Teresa emetta solo sospiri di rassegnazione.

 
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