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GNANCA NA BUSIA

Post n°10 pubblicato il 04 Febbraio 2010 da hesse_f
 

Messaggio N 83                                                                                            19-12-2006


"Gnanca na busia"

 


 

Il 5 gennaio 1985 è una data storica per Pieve Santo Stefano forse più del giorno in cui, in un settembre ancora caldo del 1984, Saverio Tutino propone a Mario Seri di creare una banca della memoria che si basi su testi autobiografici. Viene costituito un Archivio civico di diari, memorie, epistolari e si decide di dare vita al “Premio nazionale per inediti”. Ma è il 5 gennaio che arriva il primo diario. Tra le telefonate di verifica e i primi articoli a livello nazionale cominciano a pervenire pagine scritte fitte, calligrafie spesso insicure ma parole sempre sincere. “Gnanca na busia” nemmeno una bugia, è il titolo che viene dato alla pubblicazione del libro di Clelia Marchi una donna di 72 anni che un giorno arriva a Pieve portando sotto il braccio, orgogliosa, un lenzuolo fitto fitto di parole. E’ la sua storia, e per cominciarla ha incollato sulla tela tre immagini così da correre lì, con lo sguardo, nei momenti di pausa, come a cercare nuova linfa. La foto del marito,il sacro cuore in centro e il suo ritratto all’altro lato. Diventa famosa, Clelia, per il suo diario-lenzuolo e le riviste, i quotidiani e la tv si impossessano della sua storia e si parla dei diari di Pieve SantoStefano. Poi torna il silenzio su queste persone ma nel momento che i riflettori si accendono, li illuminano per davvero, a volte anche troppo, per le verità raccontate.

Le storie sono spesso dure, violente, soprattutto quelle al femminile. Le donne che affidano a questo quaderno segreto il loro sforzo continuo di tenere alta la testa per non soccombere,scrivono quasi per necessità, con l’illusione che questo diario sia in realtà un amico/a ,sempre disponibile ad ascoltarle. Luisa T. vive a Borgo Flora, in provincia di Latina, e la sua storia inizia così: ”Caro quaderno, ti accorgerai subito che sono un po’ tocca”. Parole semplici, pensieri a volte troppo lunghi che ti sospendono in un momento di incomprensione che si chiarisce, quasi magicamente, con il punto finale. Ha vinto il premio nel 90 Luisa ma non ha il coraggio di andarlo a ritirare, ha paura.Teme i riflettori che illuminerebbero la sua vita, facendo luce sulle sue giornate a fianco di un marito violento e prevaricatore. Vive come in una prigione e solo dopo 4 anni arriva a Pieve una telefonata di Luisa T. “Sono scappata, arrivo a prendermi il premio”. Adesso le luci possono accendersi anche per lei e io sono convinta che un po’ di coraggio glielo abbia dato anche questa vittoria. Il rendersi conto di valere e di  interessare a qualcuno. Quante volte Luisa avrebbe voluto raccontare la propria giornata al marito. Le sarebbe bastato un dialogo fatto di polli, conigli, lavori domestici, non avrebbe mai osato sperare in un interesse per la sua anima, ma l'espressione del marito le ha fermato, ogni volta, le parole sulle labbra. Se nemmeno lui l ’ascolta, a chi mai potrebbe importare di lei? Non è così e quel premio testimonia che non solo qualcuno è interessato a lei, ma che addirittura ogni giorno, ogni ora della sua vita, che, chi le stava vicino ha barattato volentieri con serate solitarie, hanno tenuto compagnia a tanti sconosciuti/e che da ogni parte d’Italia le scrivono, ora, parole affettuose, incoraggiandola a proseguire nel sentiero disagevole ma alla fine premiante della consapevolezza.

 

A.

Li trovate qui: 

 

 http://www.archiviodiari.it/

 

  

 

Inviato da: hesse_fTrackback: 84 -Commenti: 22

a.b.

 
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