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matrimonio

Post n°5 pubblicato il 27 Gennaio 2010 da hesse_f
 


CERCANDO MARITO








Non sarei potuta essere moglie di un calciatore: difetto di troppi requisiti.
Primo fra tutti, sopportare il calcio e tra di noi sarebbe mancato l’argomento per una bella fetta diconversazione.
Scartato l’atleta e prendendo in considerazione lavori più normali del tipo, il pilota, l’idraulico, il medico, il tassista, mi rendo conto che nessuna di queste categorie sarebbe andata bene per me. Troppe ore di lontananza durante la giornata per una come me che ha bisogno di coinvolgere ed essere coinvolta nella vita dell’altro. Sarei stata, invece, la perfetta moglie di un politico.

Amo la politica, sono abbastanza sveglia per smascherare i giochi di potere, mi inalbero se qualcuno attacca il mio consorte e faccio gaffes a profusione.
Alcune cose della serie raccontare a Bruno Vespa “gli affari miei “, le avrei accettate con riluttanza, senza però minimamente mostrare la poca considerazione che ho di tutto questo. Agghindata, così, “a misura d’altre”, sarei apparsa nella foto pubblicitaria del libro“L’Amore e il Potere “ ed. Mondadori ( manco a farlo apposta!!!) tra le mogli, le vedove e le amanti di questo e di quello, per il bene di mio marito e di conseguenza del mio paese. Per evitare la domanda “ma questa qui, chi cazzo è ??” avrei, con abnegazione, accettato di apparire con il cognome del mio sposo rinunciando a quello che è il mio, dal giorno della nascita. D’altraparte le mogli dei politici italiani, sono, com’è normale che sia, per la stragrande maggioranza dei cittadini, sconosciute.

Entrano nel cono di luce per il tempo della legislatura e tornano in quello d’ombra se finisce la carriera politica del marito. Spente le luci, eccole scomparire come il loro momento di celebrità. Alcune, per tenerlo in vita, si portano appresso un elettricista personale che cerchi di farr ipartire le luci ogni tanto, dal sempre compiacente Vespa o aMarkette, come la ex signora Calderoli.
Per qualcuna, il momento della visibilità è stato offuscato dalla stupidità di un marito che, caduto in tentazione, non è stato capace di nascondere le dita intinte nella marmellata. E così le signore Sottile, Sircana, Mele hanno goduto di un momento di celebrità per nulla desiderato.
Sfugge a questo schema, Donna Assunta Almirante, seconda moglie del defunto Giorgio Almirante, che ancora adesso, a un passo dal 2010, è considerata e venerata come un’icona soprattutto da coloro che amano chiamarsi camerati. Per anni ha guidato, più o meno velatamente le scelte del marito, dichiarandosi, a volte a voce alta, contraria anche alle risoluzioni prese ad esempio dal partito sul Divorzio, e sulla procreazione assistita.
NO, ora che sono entrata un po’ nel merito, non mi ci ritrovo. Forse è meglio che guardi oltre confine.
All’estero poi sono più veloci, dopo Sarkozy anche Putin divorzia dalla moglie in febbraio e sembra stia già per convolare a nozze con una 25 enne ex sportiva e pure lei modella verso la metà di giugno.
Ho deciso diventerò la moglie di un uomo politico straniero.
Se mi do da fare entro fine anno potrei essere la moglie di un PADANO.
E…se anche loro si dessero un po’da fare, sempre entro fine anno potrei essere la First Lady dellaNostra Repubblica finalmente liberata.
Perché Repubblica? Ora che ci penso a me andrebbe bene anche una bella Monarchia.
Anzi, mi ci vedo proprio Regina accanto al mio Re, mentre saluto con benevolenza il Mio Popolo Padano.
( era questo vero che intendevi Up??!!)


a.b

 
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YESWOMAN

Post n°4 pubblicato il 26 Gennaio 2010 da hesse_f
 

YESWOMAN





 
Patty le chiama le“yeswoman”, plurale o singolare poco importa, perché la sostanza, mi dice, quella rimane. Io, le riconosco il neologismo, perché si tratta dell’intuizione di una ragazzina dodicenne che,nei momenti di tregua, rifletteva sulla sua condizione, e mi adatto. Sono donne mutanti che escono di bianco vestite all’incontro quotidiano col mondo e si rimettono in divisa scura nel momento che si chiudono la porta di casa alle spalle. La chiudono a doppia mandata, che nessuno entri a scoprire i segreti che quelle vite si portano appresso. Lo sguardo rimane spento, ma per il resto, nel mondo, non temono nulla. Potrei parlare in generale ma vi parlo di Maria. 58 anni, due figli, una femmina e un maschio, lavora da sempre. La figlia, ha fatto tesoro degli anni passati a nascondersi in qualsiasi cavo la potesse accogliere ed è una donna indipendente, coraggiosa, ha costruito una famiglia completamente diversa dalla sua e ha un ruolo ben definito e rispettato sia fuori che dentro casa, La nemesi, evidentemente, di queste madri, ricade sui figli maschi. Giorgio si è distinto di poco dal modello paterno, anche perché la madre, nei confronti del figlio, ha applicato la sua inclinazione di yeswoman e così lui ha sposato una yeswoman si è separato e l’ ha rimpiazzata con un’altra.

Nascondono a tutti la loro condizione, che spesso vuol dire anche violenza fisica, lasciando però completamente svelato il loro dramma a chi fa parte della famiglia. C’è quasi una linea di demarcazione, chi è fuori è fuori chi è dentro è dentro e non può essere salvato. Anche idue tentativi di suicidio di questa donna avvengono davanti ai figli, come per rigettare un’inutile speranza.

Spesso all’interno diquesti nuclei familiari si insinua un nemico subdolo e incontrollabile: l’alcool. Maria in divisa bianca è sicura, attenta e apprezzata da tutti. Proprio la sua forza è spesso d’aiuto ad altre donne apparentemente più timorose e fragili. Non teme nessuno, e più volte ha dovuto, nella professione, scontrarsi con l’ignoranza e l’inettitudine per salvaguardare l’integrità sua e dell’ambiente di lavoro. Corre rischi, persegue il suo scopo conintelligenza e perseveranza. Legge, è informata su tutto, va ateatro, una vita quasi normale, se non fosse per quell’incapacità di dire no ad un marito che, in famiglia, impone la sua volontà spesso ottenebrata dall’alcool, se non fosse che per anni non ha difeso se stessa e la figlia, se non fosse che in fondo non ha conosciuto l’amore, se, se e altri 1000 se. Le storie possono contenere alcune varianti, ma purtroppo sono fisse su altre:l’incapacità di reagire, di alzare la testa e di difendere se stessa e i figli, accettando questa condizione come …”perdisgrazia ricevuta”.

Non ho detto niente dinuovo, lo so; ma Maria adesso si è innamorata, per davvero. E’quasi tornata bambina nelle sue emozioni e nel suo sorriso, ma è diventata una mamma per quell’uomo che negli anni è invecchiato con lei. Lui beve ancora un po’, combina qualche pasticcio, ma ora si affida a lei come ad un’àncora, docile come chi sa che nessuna altra zattera gli sarà mai lanciata. E Maria che finalmente potrebbe respirare in sintonia con il mondo, si lascerà probabilmente portare su quella zattera che, se è vero che navigherà in acque ormai sicure, la terrà, nello stesso tempo, lontana dall’unica possibilità di realizzare un sogno che la vita, se pur in ritardo, le aveva offerto. “Ti sbagli” mi ha detto Patty con la solita sicumera di chi pensa di non sbagliare mai ”non se ne andrà. Ma seanche dovesse scegliere di abbandonare il marito stai pur certa che l’uomo di cui si è innamorata avrà forse un’altra età, un altro sorriso, abiti diversi, ma di poco si allontanerà dal tipo d’uomo che lei si è scelta quasi 40 anni fa. Ma poi, non cambierà vedrai, avrebbe potuto farlo 1000 volte; una yeswoman non va da nessuna parte”

Senza speranza dunque. Mi ero solo illusa per un po’, ma riflettendo sulle sue parole ho cominciato a pensare che forse, ha ragione da vendere. La condizione di maria non è “per disgrazia ricevuta” ma “per disgrazia ricercata!”.

a.b.

 

 
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DELL'INTELLIGENZA

Post n°3 pubblicato il 15 Gennaio 2010 da hesse_f
 

 

Dell'intelligenza e dell'imbecillità


Dell’intelligenza non ti fidi.............quanti potrebbero millantarla!!!!! E così la quantifichi, se vuoi, addirittura la attesti con una prova che ti dichiari e soprattutto, lo dichiari agli altri, quanto tu sia sveglio, pronto e perspicace.
Parlo naturalmente del  Q.I. molto diffuso negli U.S.A. un po’ meno da noi.
D’altra parte è una cosa troppo seria e mi sembra giusto fare almeno un test, mettere la croce al posto giusto su una qualche progressione di numeri o su un paio di quadrati che smontati e rimontati devono formare altre figure già catalogate in qualche libro di geometria.
Insomma non ti devi comportare come ad uno ” Scarabeo” truccato, perché qui se ne accorgerebbero subito.


Qualcosa però mi sfugge: perché non si fa lo stesso con i cretini, gli stupidi, gli imbecilli?Perché non dare a chi non sa di appartenere a questa categoria la stessa possibilità che si concede ai loro opposti colleghi? Chissà poi se ci sono dei geni che si credono imbecilli? O imbecilli che si credono geni? Di quest’ultima ipotesi ne sono più che certa.
Comunque tornando alla domanda iniziale chissà perché nessuno ha pensato di strutturare un Q.I. che non stabilisca il quoziente d’intelligenza ma quello d’imbecillità.
Sarà che la vita a volte è tanto complicata, ma vi assicuro che da un po’ di tempo, una sana imbecillità misurata, catalogata e dichiarata mi semplificherebbe le cose molto di più dell’incontro con un genio. Se è vero che, in alcuni casi, la patente d’imbecille ti viene rilasciata con molta più facilità e frequenza di quella di genio, è pur vero che, da sempre, verba volant e che, se anche mi appellano imbecille ogni santo giorno della mia vita appena mi metto alla guida, è pur vero che questa attribuzione è arbitraria, soggettiva e, senza nulla di scritto, difficilmente documentabile.
Perché vi sia un suggello deve essere catalogata, deve passare attraverso uno schema che, convalidato da esperti, permetta di stabilire le regole e i percorsi logici che stabiliscano per sempre che “Io sono un IMBECILLE” e sull’attestato ci siano anche i millesimi.

a.b.

Scritto da  hesse_f   su  DIRE O NON DIRE...

 

Grazie al blog PENNA CALAMAIO 

 
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Suicidio

Post n°2 pubblicato il 15 Gennaio 2010 da hesse_f
 

 DIRE O NON DIRE

suicidio



Una persona a cui voglio bene, si vuole suicidare.
Lo dice con lucida tranquillità, e sta predisponendo le cose per questa evenienza. Non ha fretta.
Ho sempre sostenuto la totale, completa, inappellabile libertà di ogni individuo di decidere della propria vita così come della morte, soprattutto se non contrastata da convinzioni religiose o da vincoli terreni. Per essere proprio chiari, non credi in Dio e sei solo al mondo.
Potrei iniziare a questo punto una lunga lista di se e di ma, della serie:

“Se lo dice, non lo fa”,
“Ma alla fine l’istinto di sopravvivenza ha la meglio visto che è una persona attiva”
“Se si riesce a far passare altro tempo poi il dolore si acquieta e comincerà a ragionare”.

E’ infinita questa lista, e lei per prima mi ha elencate queste ipotetiche ragioni dettate dal buon senso ma non dal cuore.
Nessuno può essere in empatia con chi ha varcato quel limite. Si può cercare di capire, o provare a calarsi nel nostro momento di dolore più grande, per  arrivare il più vicino possibile al suo sentire, ma sono sempre palliativi, in fondo, tentativi patetici.
Forse per questo ho sempre cercato di avvicinarmi a questo tema non con il cuore ma con la ragione, come fa per i drogati chi sostiene “la riduzione del danno”.
Io sono per l’eutanasia. Ho visto persone soffrire, abbandonate giorno dopo giorno dalla forza e dalla voglia di continuare, in attesa e, soprattutto, in balia della morte che si divertiva a tirare in lungo una partita a scacchi già vinta. E pensavo, con rabbia, che sarebbe bastato così poco per acquietare la carne, e arrestare uno spirito che già era domato e lontano.
Perché vogliamo sentire solo il dolore del corpo e non quello dell’anima?
Dove sta scritto che fa meno male?

Forse, perché anche in questo, ci si basa sulla quantità, come per quelle malattie rare che la ricerca lascia da parte per studiare quelle che colpiscono i grandi numeri. Quasi tutti, prima o poi, direttamente o indirettamente, veniamo a contatto con un dolore fisico, lieve, grave,  che non perdona, e sappiamo come comportarci  perché fin da piccoli abbiamo visto dare al dolore un senso collettivo. Lo si deve per forza dividere con altri. Agli altri bisogna affidarsi per le cure.
Per l’anima invece, è un’altra cosa. Può piangere in silenzio e sanguinare senza bisogno di garze e di suture. Può restare una cosa tua. Nessuno insiste perché tu vada da un dottore. Inoltre non sei debilitato fisicamente quindi puoi continuare a produrre e a svolgere il tuo compito nella società, e così proprio perché non disturbi nessuno e prosegui nel tuo ruolo sociale, perché dovresti toglierti di mezzo?

Una volta, questa persona,  mi disse che la frase più stupida e, a suo parere insensibile, che si era sentita dire era “ Pensa quante persone vorrebbero essere al tuo posto?”.
Io a quest’amica non so cosa dire e poi se anche ci provassi non sarei convincente, una cosa però so con certezza vedendo il suo dolore, non le direi mai che il suo posto potrebbe essere ambito da qualcuno.

Oltre che insensibile mi sentirei cieca, sorda e imbecille.

 a.b.

scritto da: hesse_f   su: DIRE O NON DIRE...

 

 Grazie al blog PENNA CALAMAIO
 
 


 
 

 
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correva l'anno 2006

Post n°1 pubblicato il 08 Gennaio 2010 da hesse_f

Correva l'anno 2006


Adesso non più, sono vecchia e stanca. Ma c’è stato un tempo nella mia vita in cui pensavo che alcune delle cose che per me erano importanti, prendessero, in un certo senso, un’anima e quindi necessitassero di un nome. La pigrizia poi, per fortuna, rimetteva ogni cosa a suo posto, così se il primo gatto ( e adoro gli animali….) si chiamò gatto, pensate come si poteva chiamare la macchina fotografica o la moto??

Mi piaceva, comunque pensare che ci fosse un nome nel loro destino, ed ero altresì convinta che spesso lo meritassero più dei tanti claudio, maria o giovanni che avevo conosciuto. Se i blog avessero avuto un nome avrebbero di conseguenza avuto un onomastico e, se hai un onomastico a maggior ragione devi avere un compleanno. Tutta questa impalcatura, che non riesco a far star in piedi senza vergognarmi un po', è il risultato di alcune domande che hanno cominciato a prendere vita quando DIRE O NON DIRE si stava avvicinando alle 100.000 visite. Presupponendo che il mio blog, e quindi anche i vostri (!!?), avessero un’anima, mi chiedevo “Come festeggiano i compleanni?”.

Meglio ancora:
“Nel loro esistere è più importante il numero che rappresenta la data di nascita o quella dei visitatori?”
“Un blog vive perché è stato creato o perché viene frequentato?”
“Lasciati a se stessi i blog si parleranno? Forse ci criticheranno? Ci ameranno o ci odieranno come si fa con un custode che ti tratta male? O ci considereranno dei padroni con potere assoluto?” “Saranno dipendenti da noi, o non aspettano altro che noi si lasci la postazione per cominciare le loro visite?”
“E poi, magari, odiando quelli che noi abbiamo scelto come blogamici, in nostra assenza, si fanno i dispetti più crudeli?”
E’ così che ho trovato la spiegazione per cui dopo qualche mese ero a 30 blog amici e poi per un anno è stato un continuo salire e scendere con una forbice di 10 numeri.
Una colonnina di mercurio impazzita,insomma!
“Sono buona, carina, gentile ed equilibrata (!) com’è possibile allora? Deve per forza essere colpa del blog!”
Ho assunto un Investiblog che lo tenga d’occhio.
Dire o non dire, naturalmente non lo sa, quindi vi chiedo discrezione se, a conoscenza di qualche informazione importante voleste contattarlo.
Dopo quello che è successo al “Blog penna e calamaio” comincio a pensare sia necessario avvalorare qualsiasi ipotesi e prepararsi ad ogni evenienza..
 


 

gennaio 2010

 

non ho alcuna idea di cosa fosse successo al “blog penna e calamaio” ma, sapendo che è tuttora vivo e vegeto immagino che abbia brillantemente superato il momento critico (eh morton!). La crisi continua, invece, per me se, per riaprire le porte di questo spazio, non ho saputo fare altro che rispolverare un vecchio post sempre accantonato.

Ma, incredibile a dirsi, mi sembra che in questo momento le parole, pur in un contesto di sola scrittura non contino, quel che conta, invece, per me, ora, è …........ESSERCI.
 


 

a.b.

 


 


 

 
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