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Fecondazione, Zain il primo bambino nato con l'aiuto delle staminali

Post n°100 pubblicato il 08 Maggio 2015 da ekeo

ZAIN Rajani  ha 22 giorni. E' il primo bambino al mondo nato con "l'aiuto" delle staminali grazie alla scoperta di un gruppo di scienziati di Toronto. I medici canadesi hanno sviluppato  una tecnica di fecondazione in vitro che potrebbe aprire un nuovo capitolo nella storia della medicina. Già dall'estate, come anticipa il giornale Time, dovrebbero nascere altri bambini con questo metodo che migliora sensibilmente le possibilità di portare a termine la gravidanza.

Ovuli più forti. Gli esperti hanno studiato a fondo l'infertilità femminile. Si sono concentrati sul fatto che molte pazienti hanno ovuli "più deboli", che non riescono ad essere fecondati. Hanno capito che la soluzione del problema era utilizzare  cellule staminali di ovuli sani non ancora sviluppati per "ringiovanire" quelli più vecchi. Fra l'altro, mentre la maggior parte delle cellule staminali possono svilupparsi in altre cellule nel corpo e a volte diventare cancerogene, in questo caso non c'era un pericolo di questo tipo. Le staminali degli ovuli più giovani si trasformano solo in ovuli.

La mamma di Zain. Un anno fa, a maggio 2014, è stato prelevato alla mamma di Zain, Natasha Rajani, una piccola parte di tessuto ovarico in laparoscopia. La donna, 34 anni, ha subìto questo piccolo intervento nel centro di First Steps Fertility di Toronto, Canada, città dove vive. Gli esperti del centro OvaScience, hanno in seguito identificato le cellule staminali ed estratto al loro interno i mitocondri, le cosiddette "centrali elettriche" della cellula che le danno 'forza e energia'.

Quattro embrioni. A quel punto si è deciso di inserire i mitocondri negli ovuli più deboli della donna e di eseguire la fecondazione in vitro, utilizzando lo sperma del marito. Nel primo tentativo Natasha ha prodotto 15 ovuli e solo 4 sono stati fecondati. Ma solo uno si è sviluppato in modo tale da poter essere trasferito nell'utero della paziente. "Sapevo che non era un embrione di primissima qualità, ma era tutto quello che lei aveva", racconta il suo medico Marjorie Dixon, del First Steps Fertility. Una scelta fortunata, perché da quell'embrione sarebbe nato Zain. Alla fine della sperimentazione la coppia ha prodotto 4 embrioni, due dei quali sono stati congelati.

La sperimentazione. In futuro il test potrebbe aprire nuove speranze per quelle donne che hanno problemi di infertilità, in parte dovuti all'età e alla qualità degli ovuli. Questo tipo di sperimentazione è vietata negli Stati Uniti perché la  Food and Drug Administration (Fda) considera l'uso dei mitocondri una forma di terapia genetica. Ma fino ad oggi una trentina di donne in 4 diversi paesi hanno cercato di avere un figlio con questa tecnica, e ora 8 di loro sono incinte. "Potrebbe essere l'inizio di qualche cosa di veramente importante - ha detto Owen Davis, presidente dell'American Society of Reproductive Medicine (Asrm) - . Potrebbe diventare veramente rivoluzionario".

L'attesa. Era da tempo che i genitori di Zain cercavano di fare un figlio. Tempo fa Natasha si è sottoposta a un trattamento di fecondazione in vitro e non è riuscita a portare a termine la gravidanza. "Ho cercato di essere ottimista, speravo di vedere la luce alla fine del tunnel, speravo che il bambino mi potesse aspettare alla fine del tunnel", ha spiegato la neo mamma.

Bimbi nati da 3 genitori. La pazienza della coppia e la tenacia di Natasha è stata ricompensata. La chiave di tutto questo, spiegano gli scienziati, è che le cellule vengono dalla mamma. I mitocondri contengono il Dna del futuro genitore e questo non crea problemi etici. Questioni di questo tipo sono state sollevate invece qualche tempo fa nel caso di bambini nati da tre genitori. Con un pronunciamento storico il Parlamento britannico ha detto sì questa tecnica. I piccoli che nasceranno con questo tipo di fecondazione, infatti, avranno il Dna di mamma e papà oltre a quello di una 'seconda mamma' donatrice, per evitare il rischio di malattie genetiche mitocondriali.

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