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Sonata per Sasha (terza ed ultima parte)

Post n°69 pubblicato il 11 Dicembre 2014 da korov_ev

Nessuno avrebbe saputo dire da quanto tempo vivesse lì; nessuno conosceva il suo nome. Di lui si sapeva soltanto che era arrivato un giorno d’autunno e da allora non aveva più lasciato quell’angolo sotto i portici.
Ogni mattina riponeva con cura le pareti della sua casa di cartone, piegava fatto bene la coperta di lana dai ricchi motivi e apriva con tocco lieve l’astuccio da sassofono in cui riposava un vecchio contralto scalcagnato che aveva perso lo smalto dorato d’un tempo tornando alla sua natura di legno. Tra bilancieri sballati e ance consumate si guardavano muti, lui e la sua voce d’ottone, intanto che la gente attraversava di fretta la mattina quasi fredda di novembre.  Poi, d’improvviso, una vibrazione dalla morbidezza inaspettata dava vita ad una danza di fantasmi in maschera che piano si mischiavano e si confondevano e ballavano con quella  folla di aliti veloci e distratti che è la gente.
La bimba strattonò per un attimo la mano di sua madre che si voltò indispettita:
- Cosa c’è, adesso?
- Mamma, ascolta questa voce.
- Non è una voce, Emma, è musica. Vedi là? È quel signore che sta suonando.
- No, mamma, è una voce, racconta una storia. È una storia triste, però anche un po’ allegra.
- Su Emma, smetti di dire sciocchezze e muoviti che mi fai far tardi. Tieni, mettigli cinquanta centesimi sulla stuoia e andiamo.
La bimba si avvicinò sorridente. Non l’intimoriva affatto quell’uomo mal vestito con quello strano serpente sbiadito in bocca. Quando gli fu vicina poggiò delicatamente la moneta sulla stuoia, in mezzo alle poche altre lasciate, per non saper fare altro, da qualche passante impietosito, poi, malgrado i rimbrotti della madre, rimase ad ascoltare finché la musica non smise.
- E’ bellissimo! - disse la bimba prima di fare un pomposo inchino da palcoscenico che l’uomo ricambiò con un trillo squillante.
- Come ti chiami? –  fece appena in tempo a gridargli prima che la nebbia inghiottisse i suoi piccoli passi tirati via a forza da un marciare di tacchi sordo e spazientito.
Una vaporosa cascata di crome  rotolò svelta e morbida sul selciato serpeggiando tra le pieghe dei pantaloni e le onde delle gonne facendo eco alla domanda gridata della bimba:
Mi chiamo Sasha, principessa, Sasha Mirovic: primo sassofono e voce d’ultima fila nell’orchestra filarmonica di mio padre il Mondo.

 
 
 
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