Post n°14 pubblicato il 30 Aprile 2008 da leonardoflamminio
L’essere umano è fatto per la relazione, lo scambio, la comunicazione, non è autosufficiente; aspira a dare ma ha bisogno di ricevere. La crescita personale e sociale si realizza grazie alle relazioni insieme alla capacità di ognuno. La soddisfazione o la frustrazione di questo bisogno e di questa aspirazione condizionano lo sviluppo psicologico, gli atti, i pensieri, le relazioni. L’ambiente di appartenenza di una persona crea quel clima relazionale che permette la costruzione di un sistema di valori in una prospettiva etico-morale, all’interno della quale l’individuo può trovare risposte, aiuti per contenere, per alleviare degli aspetti dolorosi dell’esistenza, per l’acquisizione di significati che diano un senso e uno scopo alla quotidianità. Perciò l’uso delle tecnologie come supporto si inserisce nel contesto della riduzione alle disuguaglianze nell'accesso e nell'utilizzo delle tecnologie della cosiddetta "società dell'informazione". Il "digital divide", divario, disparità, disuguaglianza digitale significano, in sostanza, la difficoltà da parte di alcune categorie sociali di usufruire di tecnologie che utilizzano una codifica dei dati di tipo digitale rispetto ad un altro tipo di codifica precedente, quella analogica. Eliminare o comunque ridurre significativamente il "digital divide" per quelle categorie sociali, ovvero le persone con disabilità fisiche e/o sensoriali, che dall’uso delle tecnologie possono trarre grandi opportunità per la loro qualità di vita sia nella sfera privata che in quella lavorativa. Le nuove tecnologie possono consentire la comunicazione delle conoscenze a tutti gli individui. La multimedialità, la realtà virtuale, insomma la rete.. Internet, modificano i processi di comunicazione del sapere ma anche i modi con cui si acquisiscono. La divulgazione del sapere attraverso la rete, la possibilità di interagire con il multimediale, con un mondo di immagini e volti raggiungibili, tutto ciò sta certamente cambiando le nostre vite, i nostri pensieri, il nostro modo di acquisire e di dare conoscenza. Tutto quello che ho appena enunciato evidenzia l'importanza di integrare le conoscenze informatiche con la capacità di utilizzare la tecnologia nell'attività formativa/lavorativa di ogni singolo individuo: essere sapiente,essere agente, configurandolo aspirazioni, bisogni nel mondo”sommerso” quasi dimenticato dei disabili. Anche a loro le tecnologie hanno sconvolto in senso positivo un po’ la vita e le abitudini; se prima tante cose erano a loro impedite da barriere fisiche e psicologiche, oggi forse pian piano qualcosa sta cambiando: Le possibilità sono tante, molte di più che nel passato ed è giusto che del cambiamento in atto nella società cognitiva, anche loro siano protagonisti attivi. Non bisogna più classificare, specificare tra"normodotati"o “disabili”perchè la tecnologia e la sua apertura da la possibilità di interagire in modo autonomo non distinguendo il discorso sulle varie tipologie di disabilità e di handicap esistenti. Sono convinto del fatto che la ricchezza della rete stia nelle persone che popolano le reti, e non nella potenza degli strumenti utilizzati per collegarsi. e mi ha fatto capire che la tanto acclamata "multimedialità” rischia di trasformarsi in una nuova barriera per chi non ha la possibilità di utilizzare programmi che fanno utilizzo di suoni, colori, immagini, filmati e altri effetti speciali che a noi possono sembrare tanto carini, ma che rappresentano una nuova occasione di esclusione ed emarginazione per chi non può vedere o ascoltare . Il riconoscimento ottico dei caratteri permette di "catturare" le parole da libri o giornali e trasformarle in voce sintetizzata o in caratteri su uno "schermo" braille, in maniera da scavalcare l'handicap che nasce dalla disabilità visiva, e facilitare in questo modo lo studio e la lettura. Viceversa, chi e' impossibilitato ad usare la penna o la tastiera, può servirsi di programmi di riconoscimento vocale per fare in modo che sia il computer a trasformare la voce in lettere e parole sullo schermo. Oggi la tecnologia, precisamente l'informatica offre moltissime possibilità di valorizzazione perle persone disabili, che "in rete" sono difficilmente distinguibili dai cosiddetti "normodotati". Esiste tuttavia il rischio che questa possibilità di superare la disabilità venga trasformata in un nuovo muro tra chi può e chi non può. La tecnologia deve servire a migliorare la qualità della vita, non ad innalzare nuove barriere. Se domani si affermerà uno standard per comandare a voce i nostri computer, ecco che anche chi non può parlare usando la voce verrà svantaggiato (handicappato) e gli sarà impossibile esercitare come tutti il diritto di essere un cittadino. L'incoraggiamento deve essere soprattutto culturale piuttosto che economico ed assistenziale. Nelle case di molti disabili italiani ci sono già molti computer più o meno nuovi completamente inusati : mancano motivazioni e l'accessibilità e la presenza del sociale e del suo supporto. Nel senso che per tutti c'è una maggiore possibilità di comunicazione con i rischi che questa comunicazione comporta. Proprio per la rapidità con cui avviene, a volte la comunicazione attraverso la Rete è troppo disinvolta, non è accompagnata dalla giusta riflessione, dalla giusta elaborazione. E poi c'è un problema che è latente per tutti ma si accentua quando ci troviamo di fronte ad una persona disabile. Se con la telematica le barriere dello spazio e dell'immagine vengono superate, se ne possono creare delle altre che sono dovute al fatto che, credendo di essere in contatto diretto, mandandosi messaggi molto frequenti, si rischia di non vedersi e di non incontrarsi più. Credo che l'incontro debba essere quasi sempre un incontro dei cinque sensi e i cinque sensi in una posta elettronica non sono esercitati. Si può ridefinire pensando che ci sono sicuramente delle possibilità di ridurre l’handicap. O meglio gli handicap, mettiamolo pure al plurale, perché sono sempre più d’uno. Non si può illudere nessuno sulla riduzione del deficit perché, se il danno è irreversibile, non si può ridurre. Però la riduzione dell’handicap, consente di vivere meglio un deficit irreversibile. Il deficit è un dato di fatto, è un po’ come l'anagrafe, non ci si può togliere gli anni che si hanno. Però se un individuo è in salute, anche se è avanti con l’età, porta meglio gli anni che ha. Ritengo che l'espressione 'cultura dell’handicap' sia da completare aggiungendo 'cultura della riduzione dell'handicap'. A me piacerebbe più usare 'cultura dell'integrazione'. Però l’integrazione è già un termine che richiama le diversità. L’informatica può aiutare in questo senso. Anche se a volte l’informatica può dare l’impressione di favorire una omologazione, una riduzione delle diversità. Credo che si possa dire che l'informatica è strumento. Dipende da noi gestirla e farla diventare un ottimo strumento per ridurre gli handicap e per produrre un progetto di integrazione che rispetti e che arricchisca l'umanità nelle diversità. Le tecnologie non sono le competenze, ma sono le competenze che si rivelano attraverso le tecnologie....Internet possa consentire un maggior equilibrio tra pubblico e privato. Però un progetto di questo genere deve essere fatto dalle persone, non lo può fare Internet al posto nostro. Il web rappresenta per i disabili una grande potenzialità, attraverso cui informarsi e avere opportunità impensabili fino a dieci anni fa. Ma è anche vero che possono esistere delle barriere al pieno utilizzo delle nuove tecnologie. Se con «usabilità» si indica in modo generico la facilità di navigazione di un sito, il termine «accessibilità» si riferisce al superamento delle difficoltà che una persona con deficit può incontrare nell'uso di Internet. È chiaro che una persona non vedente pur dotato di un sintetizzatore vocale che gli legge la pagina web, di fronte a delle immagini sperimenterà difficoltà interpretative, così come un non udente si troverà a disagio di fronte a contenuti audio, sempre più frequenti sul web. Ma molti ignorano che una delle barriere più comuni è rappresentata dalla difficoltà di orientarsi in un sito e di comprendere i contenuti veicolati da Internet, indecifrabili da parte di persone che hanno un deficit cognitivo. Credo che questo sia un punto su cui c'è ancora molto da studiare. Vorrei usare una metafora che può far capire l’importanza di questo tipo di studio. Quando una persona, per esempio a causa dell'età, ha bisogno di usare una protesi acustica perché non ci sente più bene, ha bisogno anche di una educazione alla protesi. Non basta avere la protesi per ripristinare il suono che non si sente. Che succede alle persone anziane con problemi di udito? Spesso la persona che ha la protesi la prova e poi la mette nel cassetto e non la vuole usare più perché non ci sono i filtri adatti. I filtri sono appunto un’educazione all’ascolto. Infatti quando parliamo abbiamo quasi sempre un panorama sonoro che riusciamo a tenere sullo sfondo per ascoltare in primo piano la voce o il suono che vogliamo sentire. Se questo filtro, che è intenzionale e quindi frutto di educazione, salta, arrivano tutti i rumori nello stesso momento e il soggetto viene disorientato. La stessa cosa avviene con le nuove tecnologie. Con la facilità di comunicazione che abbiamo, possiamo subire una sorta di overdose di informazioni. Abbiamo una grande capacità e possibilità di comunicare tutto: quello che è importante, quello che non è importante, quello che dovrebbe essere riservato. Dobbiamo perciò fare un'operazione di educazione. Mentre per la protesi acustica è necessaria una educazione del singolo, in questo caso abbiamo una educazione sociale da fare. |
Post n°10 pubblicato il 24 Aprile 2008 da leonardoflamminio
I nuovi metodi d'insegnamento innescati dalla nascita di nuovi mezzi di comunicazione multimediali affrontano la profonda trasformazione dell'attuale modello di formazione prospettata dall'utilizzo di queste nuove tecnologie multimediali e di internet per migliorare al qualità dell'apprendimento, agevolando, allo stesso tempo, l'accesso a risorse e servizi, nonché gli scambi e la collaborazione a distanza, ovvero tutto ciò che viene comunemente definito come l'e-Learning. Gli ambiti di ricerca coltivati dal Pedagogista Tecnologo possono essere così sintetizzati: a) Il rapporto tra teoria e pratica in campo educativo; b) Ricerca educativa e metodologie qualitative; c) La costruzione di modelli formativi di tipo riflessivo; d) L'educazione permanente e degli adulti; e) Le tecnologie dell'apprendimento e la progettazione on-line; f) Il sapiente e l'agente in collaborative learning. Nuove prospettive di ricerca nei settori della pedagogia, "L'educazione non dovrebbe essere una preparazione alla vita, ma la vita stessa". Oggi si trovano sempre meno spazi, meno occasioni per gli incontri, pertanto urge la riconquista di ambiti di confronto nei diversi scenari di ricerca individuando una comune strategia in spazi culturali differenti. Gli elementi circostanziali che possono agevolare i canali di ricerca, possono appoggiarsi all'immagine: guardare, visionare, studiare figure come rappresentazioni di racconti storici in differenti ambientazioni sociali, di territorio, di conoscenza. a) IDEARE, progettare e realizzare interventi formativi; b) PROGETTARE per competenze (percorsi formativi individuali); c) ACQUISIRE metodologie e tecniche di monitoraggio e valutazione dei percorsi formativi erogati; d) CONOSCERE i criteri di utilizzo didattico dei "giochi d'aula"; e) INTEGRARE, con una visione globale la rete e le sottoreti; f) EROGARE in maniera efficace ed efficiente i percorsi formativi; g) EFFETTUARE interventi di riparto delle competenze. Sicuramente bisogna fare riferimento alla originalità della nostra storia, per conferirgli quello spessore educativo indispensabile alla nostra modernità e dare una fruttuosa e innovativa ricerca delle fonti (da uno scavo storico ad un recupero funzionale di ricerche attuali che si devono continuamente sovrapporre per delimitare una precisa interpretazione del tessuto originale di consultazione).È necessario chiederci in che modo dobbiamo, oggi, ricercare il metodo per l'interpretazione delle fonti tenendo presente: a) Come sono state influenzate le ricerche delle fonti in quel dato momento storico. Bisogna criticizzare l'ambito di studio andando a ricreare quel segmento di ricerca dove la figura dello storico si deve necessariamente amalgamare sia con la figura del pedagogista e ultimamente anche con la figura del tecnologo inserito nel campo didattico per potersi attener alla circolarità delle finalità pedagogiche a 360°. a) L'ideologia storica del momento, Lungo il mio personale percorso formativo ho avuto modo di "incontrare" le tecnologie e i suoi aspetti trasversali inserendo in un nuovo contesto di trasmissione collaborativa i bisogni di destinatari sempre più dinamici, sempre più attenti alle innovazioni (ampliare lo scenario delle fonti in maniera innovativa).Considero perciò Internet non il futuro, bensì il presente che unisce lo storico al futuro stesso convogliando domande, chiarimenti degli utenti in forum di discussione, dove tutto e tutti sono indirizzati alla fruibilità autonoma o collaborativa di spunti (una navigabilità circolare a 360° in modo multi-direzionale). Analizzando la fonte essa si descrive, indica una provenienza, cosa è stato prodotto per essere esibito, cosa è stato prodotto come ricerca personale in fasi, su riflessioni, per modalità.Il Pedagogista con il suo "slargamento" visivo di più orizzonti può cogliere mutamenti, fratture, precisi momenti che possono essere stati deviati da un percorso originale a vantaggio di un dato profilo storico. Tuttavia non ritengo di poter trarre delle conclusioni facendomi così condizionare da vantaggi o svantaggi in un momento di crescita, in quanto tutto conduce ad una grande quantità e qualità di stimoli, di approfondimenti, di momenti di riflessione che implicano una sempre maggior coscienza che l'interscambio ci porta: ricordiamoci della cassetta degli attrezzi che deve essere sempre a portata di mano, ricordiamoci sempre di unire il passato al presente, ricercare il nostro raccontare di ieri in un raccontare di oggi dove la storia, la propria storia, il proprio vissuto può essere la relazione con le fonti di domani.
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Post n°9 pubblicato il 27 Marzo 2008 da leonardoflamminio
Flussi di reti in vari ambienti, in diversi contesti con diversi attori definiscono i ruoli della nostra comunicazione…rigida ma dinamica, personale ma nello stesso tempo formale. Tutti cambiamenti che formano e indirizzano a macroprocessi che ci riconducono a spirali comunicazionali del passato, del presente, della nostra modernità-quotidianità. L'obiettivo dell'attività educativa è formare l'uomo, non vi è infatti libertà e felicità nell'integrità della persona se non all'interno di un ambiente affettivo che sfocia nella politica, nella costruzione di una società libera e felice. Si potrebbe addirittura dire che la formazione della tendenza della società civile, politica ed economica porta a una netta specializzazione dei compiti. La divisione del lavoro tende ad aumentare considerevolmente nell'età moderna, per raggiungere il suo culmine con l'industria.La società esprime il bisogno di specialisti, di uomini con compiti definiti, che abbiano competenze sempre più approfondite nei singoli campi. Non si può tralasciare la metamorfosi che la diffusione delle nuove tecnologie ha richiesto nei giovani: possedere un p.c. a casa non è più solo una comodità o un passatempo da sfruttare, ma un fatto di responsabilità nei confronti dei giovani che si rapportano con una nuova tecnologia che non è altro che il passaporto per una futura carriera lavorativa.La tecnologia sta sempre più condizionando le nostre vite, anche l’educazione non si può sottrarre alla ferrea legge del digitale.Scuola e tecnologia sono un binomio che si sta sempre più rafforzando nella società moderna: due concetti strettamente legati.Occorre essere aggiornati e studiare sempre di più per sapersi muovere in un mondo complesso e in questo quadro emerge quanto siano importanti lo studio e l’apprendimento: non solo i bambini e i ragazzi devono poter studiare di più e meglio, ma anche gli adulti sono sottoposti a un continuo processo di formazione per cui se da una parte la tecnologia espande le potenzialità dell’uomo, dall’altro lo obbliga a inseguire continuamente le novità tecnologiche e a rimanere costantemente aggiornato.L’esperienza insegna che i bambini si avvicinano al computer in modo estremamente naturale poiché spesso l’approccio degli adulti con la tecnologia non è stato privo di difficoltà, ci si meraviglia del fatto che i bambini sembrano quasi “nati con il mouse in mano”, la verità è che l’approccio dei bambini è completamente diverso. In molti istituti scolastici negli anni passati sono stati varati vari progetti per l’alfabetizzazione informatica inseriti in un contesto di comunicazione. Attraverso i videogiochi i ragazzi trovano spesso il modo di sviluppare la propria abilità nel risolvere i problemi, nel reagire a situazioni inaspettate, nel prendere coscienza delle regole, insomma nell’applicare la propria intelligenza, iniziano ad interagire, a comunicare, cominciano a sperimentare la multimedialità da protagonisti. |
Post n°8 pubblicato il 12 Gennaio 2008 da leonardoflamminio
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Post n°7 pubblicato il 12 Gennaio 2008 da leonardoflamminio
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Inviato da: leonardoflamminio
il 20/08/2014 alle 16:01