Nell’ultimo piano industriale, l’attuale amministratore
delegato, ha individuato nei voli di
feederaggio per Malpensa (voli che portano i passeggeri dalla periferia
italiana a Malpensa per alimentare i
voli intercontinentali o internazionali) una perdita di circa 150-200 milioni.
Ne mancano all’appello ancora oltre 900. L’analisi della
tabella 3 ci dice che, per ogni 100 € incassati, l’Alitalia ne spende 15,6 per pagare il personale
e 94,2 per tutto il resto rimettendoci 9,9 € di tasca propria.
Per far volare i propri aeroplani e trasportare i propri
passeggeri, invece, l’Air France-KLM, per esempio, ne spende, sempre per ogni
100 € incassati, 31,5 per pagare il personale
e 65,6 per tutto il resto guadagnandone 2,8 ogni
100 (non sarà molto ma a quanto pare basta per essere i più grandi d’Europa)
La differenza anche con le altre compagnie è evidente.
Come si vede, quindi, per far funzionare l’intero apparato
(carburante, catering, tasse di sorvolo e stazionamento, manutenzione, alberghi,
consulenze, pubblicità e quant’altro) l’Alitalia spende mediamente circa il 25%
in più delle altre compagnie, mentre per il personale (che, è utile ricordare,
produce più del doppio della concorrenza) spende la metà o poco meno.
Riportando le percentuali in quantità reali, abbiamo che il
25% di 4,7 miliardi di euro (ovvero dei ricavi Alitalia dell’ultimo bilancio
ufficiale: 2006) corrisponde a circa 1
miliardo e 100 milioni di Euro l’anno, soldi, questi, che
l’Alitalia spende per cose che le altre compagnie, evidentemente, ritengono
superflue o per cattiva organizzazione.
Senza queste spese l’Alitalia potrebbe sanare il proprio
bilancio ed avere un attivo finale di oltre 500 milioni euro.
È il caso di dire: “domanda da un miliardo di euro”!!!
Adesso alcune domande:
- possibile
che illustri commercialisti come Tremonti, imprenditori di successo come
Berlusconi e Professori universitari come Padoa Schioppa o lo stesso Prodi,
nonché i bravissimi amministratori delegati da loro nominati, non si siano
mai accorti di questa sproporzione nei costi? - basandosi
sul normale buon senso, dove si dovrebbe cominciare a mettere mano? Si dovrebbe intervenire
sui costi del personale e sulla sua produttività o andare a cercare dove
finisce questo miliardo “extra”? - come
mai nessun amministratore delegato fino ad oggi ha mai intrapreso un’azione
per la riduzione dei costi ma solo quella della riduzione dei ricavi
(tagli di aeroplani e linee e riduzione del costo del personale)? - come
mai si continua con una politica, invece, basata sulla vendita dei
gioielli di famiglia e sul taglio
delle linee? - come
mai in Alitalia non è mai entrato un Ufficiale della Guardia di Finanza a
controllare i conti? - come
mai la Magistratura
non si è mai interessata di un’azienda che ogni tre anni è sull’orlo della
bancarotta e consuma, negli stessi periodi, miliardi di euro delle nostre
tasse?
Un’ultima considerazione a proposito dei
tagli alle linee.
I costi diretti di una linea sono quelli relativi al
carburante, equipaggi, manutenzione, tasse di sorvolo e stazionamento ecc., quelli
indiretti sono quelli relativi alle consulenze, all’amministrazione, alla
pubblicità alle sponsorizzazioni ecc.
Sembrerebbe ovvio affermare che, a parità di ore di volo, i
costi diretti debbano essere uguali a quelli delle altre compagnie (fatta
eccezione per il carburante senza assicurazione di hedging).
A meno che, infatti, l’Alitalia non faccia viaggiare i propri
aeroplani con gli aerofreni estratti (consumando il doppio) o gli faccia
sorvolare due volte la Francia
sulla rotta per New York (pagando due volta la tassa di sorvolo) non si vede
perché le sue linee dovrebbero costare di più che alla concorrenza; se ciò non
avviene allora se ne deduce che i costi diretti dovrebbero essere gli stessi se
non addirittura inferiori, visto che il personale costa circa la metà che agli
altri e produce il doppio.
Allora quello che incide in maniera anomala sui costi delle
varie linee potrebbe essere costituito dalle spese indirette, ovvero le
consulenze, la pubblicità, l’amministrazione, le sponsorizzazioni e magari
qualche appalto un po’ “trascurato”, spese che, come dicevamo, debbono essere distribuite equamente su tutti i voli
che la compagnia opera.
Questo potrebbe spiegare il perché altri vettori, come per
esempio l’Iberia, sono in attivo con
coefficienti di riempimento del 63,5% e noi cancelliamo (in quanto
passive) linee come la Malpensa Delhi e la Malpensa Shanghai
che hanno coefficienti di riempimento, a detta della stessa Alitalia, superiori
all’80%.
Così facendo, però, se è vero che si riducono le spese
dirette relative alle due linee in questione è altrettanto vero che si riducono anche i ricavi ma soprattutto non vengono intaccate le spese indirette della compagnia che,
quindi, verranno distribuite su un
numero inferiore di linee rendendo passive altre direttrici con coefficienti di
riempimento superiori a quelli delle linee cancellate.
Ciò renderà presto necessaria la cancellazione, a loro volta, di altre linee e così via fino alla completa
distruzione dell’azienda, alla faccia
dei vari piani di risanamento e/o sopravvivenza.
Quanto sopra per una corretta informazione e per evitare
che si cada, come già successo, nei
luoghi comuni, addossando responsabilità a chi non ne ha e salvando la faccia
di chi, invece, più che responsabilità ha proprio delle colpe ed anche, se
ancora possibile, per vedere risanata l’azienda che mi dà da vivere.
Per ulteriori informazioni, anche se oramai un po’ superate,
si rimanda al sito www.analisialitalia.too.it
costruito a suo tempo dallo scrivente in quanto nessuno dei quotidiani e
settimanali interpellati per pubblicare le informazioni in esso contenute ha
voluto fornire ai propri lettori quelle notizie.
Comandante Massimo Gismondi