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Il 5 febbraio 2007 arrivò il grande giorno. Era una giornata splendida,……..
Scesi dopo un volo in coppia per sgranchirmi ed assaporare lentamente la nuova eccitante situazione: il primo volo da solo.
Due chiacchiere con Luciano, un breve briefing e la sua raccomandazione “ un giro solo eh !” .
Ora mi apprestavo a salire per la prima volta da solo; il primo gesto che segnò il passaggio in una nuova dimensione fu chiudere da solo il tettuccio, prima il gancio dal mio lato e poi, quello che faceva sentire di più la differenza, il gancio di destra, sporgendomi sul sedile di Luciano, questa volta vuoto. Bloccare il fermo sul cielo del tettuccio, per il movimento molto simile al solito, invece non evocò particolari emozioni.
Ora ero da solo, lontano da ogni sicurezza se non quella che da solo avrei saputo infondermi
Era la resa dei conti. Se ero stato onesto con me stesso in un anno di lezioni di volo, se avevo veramente assimilato non solo la tecnica ma anche e soprattutto l’atteggiamento che Luciano aveva cercato di trasmettere, lo avrei saputo di li a poco.
Ora non c’era lui a guardare e giudicare; il peso delle valutazioni e delle decisioni sarebbe toccato a me.
Guardare fuori e vedere Luciano a terra fu chiaramente una novità, una delle tante, piccole grandi differenze di quel volo che mi apprestavo a compiere.
Con molta calma presi la check list e cominciai i controlli per la messa in moto, con uno stato d’animo ancora sereno domandandomi quando avrei cominciato a realizzare davvero che ero solo. La cosa non mi preoccupava, mi domandavo però se sarebbe arrivato il momento in cui avrei dovuto sforzarmi di mantenere la calma.
In questi momenti, quando si ha tempo per pensare, ogni piccola sfumatura assume importanza, con il rischio di inchiodarsi appresso ad elucubrazioni al limite del paranoico. Ed in quel momento il tempo si era fermato, non è una battuta ma è esattamente quello che mi sentivo dentro.
Mi stavo gustando quel momento tutto mio, sublime , etereo e la cosa più interessante è che tali sensazioni nascessero dalla piena consapevolezza di quello che dovevo fare. La preparazione che avevo, in tutta coscienza mi faceva sentire a mio agio. Se così non fosse stato, non avrei vissuto nulla di etereo ma solo il terrore di chi è cosciente di non sapere. Sono situazioni di estrema solitudine, nelle quali ci si guarda dentro, non si può mentire, è tutto molto chiaro.
Effettuata la messa in moto dovevo prendere per la prima volta una decisione in piena autonomia, assumendomene tutte le responsabilità; dovevo valutare una situazione che non si era mai presentata. Enrico stava verniciando a spruzzo i piani di coda dell’aliante ed io dovevo decidere cosa fare per evitare di dargli noia investendolo con il flusso d’aria generato dall’elica. Veramente una banalità, una sfumatura appunto, ma in quel momento rappresentava un problema e lo dovevo affrontare. Fare tutti i controlli con l’aereo fermo nel punto dove avevo eseguito la messa in moto e poi transitare e allinearmi rapidamente per il decollo, riducendo al minimo le folate che investivano Enrico, oppure eseguire la procedura solita sostando al punto attesa con il rischio di creargli problemi alla verniciatura ? (e beccarmi le stramaledizioni che mi avrebbe mandato)
Se avessi manovrato con perizia cercando una posizione adeguata al punto attesa avrei potuto optare per la seconda ipotesi, senza disturbarlo e nello stesso tempo garantendomi una operatività più attinente al mio standard. E così feci.
Al punto attesa feci i controlli ed eccolo , era arrivato, il momento di agitazione era arrivato : stavo per decollare da solo; allora che fare ? …che fare? Innanzi tutto non fare nulla. Pensare, anzi no, eseguire, leggere ed eseguire la check list che tenevo tra le mani. Come avevo sempre fatto. Mi aggrappai a quella check list, cominciai a leggere ad alta voce ed eseguire, come avevo sempre fatto e l’agitazione se ne andò, era svanita. Ora cominciava il bello , quanto di meglio potessi chiedere.
Tanto per iniziare, c’era la cosa più gustosa, l’annuncio radio, è una cosa che mi dà proprio soddisfazione. .
Da adolescente avevo due “baracchini”, radio cb, con le quali passavo ore intere a parlare e a cercare di captare altre trasmissioni.
A rispondere alla mia chiamata fu Luciano e la cosa aumentò il paciere e mi confortò non poco, era l’unica fonte di sicurezza.
Da quel momento, feci tutto con estrema tranquillità . Non credo di essere presuntuoso e nemmeno incosciente, ma ripensando a quel volo, posso dire che una volta finiti i controlli non ebbi alcuna esitazione.
In decollo con una sola persona a bordo e con una lieve brezza contraria, il Sierra salì con esuberanza, un vero piacere; anticipai un poco, rispetto al solito, la virata in sottovento per non allontanarmi troppo dal campo e poi effettuai il classico circuito controllando la mia posizione rispetto ai riferimenti, l’eventuale traffico; al traverso pista con i flap a 15 ° l’aereo volava benissimo.
Virai in base, poi in finale e quando fu il momento ridussi la manetta, flap a 40° e cercai i 100. Ricordo perfettamente che avevo 3200 rpm che poi andai a regolare ulteriormente. Da solo potevo scendere a 90, li saggiai ma preferii impostare la discesa a 95. Una folata mi alzò leggermente l’ala destra, passando sopra il canalone che precede la testata 32.
Proseguita la discesa, mi avvicinavo al momento della flare. Velocità a posto, iniziai la richiamata, muso alto, via motore, sempre muso alto (tienilo così !), per un attimo l’aereo smise di scendere ( fermo così con la cloche !) , proseguì lentamente la discesa fino al contatto. Controllo con i piedi, muso sempre alto, la velocità che scendeva e via così fino a che non ebbe cessato l’azione deportante del timone di profondità. I ruotino toccò il prato, lo lascia smaltire velocità, frenai e girai l’aereo per tornare al parcheggio. Finalmente mi resi conto che avevo volato da solo. Per aria non provai emozioni particolari, se non il piacere del volo, ma nulla se paragonato a quanto provato fino ad un attimo prima del decollo ed a quanto avrei provato dopo.
Il pensiero della fiducia che Luciano aveva dimostrato facendomi volare da solo aggiungeva ed aggiunge ancora emozione all’emozione e tanta gratitudine.
L’eccitazione mi arrivò il pomeriggio in auto e la sera, la notte ed il mattino seguente. Mi trovavo in uno stato di grazia, beato ed un po’ distaccato dal mondo esterno, continuavo a volare, a ripensare a quei momenti.
Nello scrivere questi appunti, le emozioni si sono ravvivate e quando ogni tanto le rileggo mi sembra di essere ancora lassù, di vivere ancora l’ebbrezza di quei momenti.
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