Post n°648 pubblicato il 03 Maggio 2012 da LivinginFortaleza
"Grande Sertão: Veredas" opera prima Ogni volta che lo rileggo, emergono nuovi dettagli.. in quel suo continuo rimuginare e descrivere i momenti di una vita travagliata e sicuramente eccezionale, scorre davanti lo scenario al completo.. una pellicola testuale dove si ritrovano accorpati il minuto e lo sguardo d'insieme, il particolare e l'universale e l'autore, si diverte, come fosse un fotografo, a zoommare su tali vastità. Il "Grande Sertão" è un monumento letterario, da portarsi sempre dietro e consultare, pagina per pagina, neanche fosse un dizionario. E' così che voglio presentarlo, con quel suo carattere enciclopedico, che tutto accoglie, esaustivo, omnicomprensivo. Perfezionista lo era parecchio, João Guimarães Rosa, amava rivedere, riprendere, riflettere, rielaborare le sue storie. Un lavorìo continuo, per un uomo dagli interessi multipli, con una doppia vita e una doppia personalità. Quella mondana del diplomatico che sapeva varie lingue straniere e visse gran parte della sua vita all'estero, e quella dell'ex medico condotto, che amava intrattenersi con i mandriani del sertão, ascoltarne le storie più bizzarre, osservarne la flora e la fauna, goderne gli odori e i colori.. tutto archiviato nella sua memoria.Me lo immagino proprio in groppa ad un cavallino percorrere km e km nell'interno del sertão mineiro, per raggiungere e curare i suoi pazienti; me lo vedo, annotare cambiamenti di clima, miti e leggende popolari, nomi di luoghi, colori di fiori, profumi e paesaggi, tanto diversi, ora tanto cambiati. Parco Nazionale Grande Sertão Veredas (Minas Gerais) Interessi zoologici, botanici, entomologici, ornitologici, mineralogici, folclorici, antropologici eccheggiano nel racconto..fra le sue pagine, tra una sparatoria e l'altra, fra un vagare indistinto dei jagunços ed implacabili caccie all'uomo, l'autore ci proietta dentro l'ambiente, appellandosi a tutti gli strumenti sensoriali a disposizione, per restituire nel modo più completo possibile, i luoghi. La natura innanzitutto, nel suo costante divenire, fra dirupi scoscesi, pianori estesi, montagne ricoperte da foreste inesplorate, deserti sabbiosi, veredas- oasi salvifiche d' acqua e vegetazione- fiumi grandi e piccoli, palmeti e paludi, altopiani, pascoli fertili e dune di sabbia. Dosa perizia e tenerezza nel descrivere le piante, nessuna esclusa, dai grandi e imponenti alberi alle pianticelle stagionali, sa dove crescono, come si moltiplicano, che fiore fanno, e che profumo ha quel fiore, quando fruttificano, se è di qualche utilità..i campi fioriti in aprile, il cocco del buritì maturo in febbraio, tutte le erbe da foraggio, il loro alternarsi e quali sono le migliori, le sabbie mobili dei deserti, i nasturzi che di notte sembrano fosforescenti, e le incredibili piante che crescono nei deserti, il mandacarù, cactus,erbe striscianti, ruvide, pelose, spinose. E' in quel suo girare fra queste lande che Guimarães Rosa apprese come interpretare i segni della natura, osservare i comportamenti di animali e piante per prevedere il tempo. Animali di tutti i tipi popolano il sertão.. giaguari e lupi, cervi, rospi e tapiri, armadilli e serpenti, lontre ed enormi anaconde, scimmiette e caimani.. si sofferma appena può sugli uccelli, una vera dichiarazione d'amore la sua.. che siano di fiume o di palude, cicogne crestate, germani, anatre, sparvieri,aironi, garze e tarabusi.. che siano regali o banali, cuculi, pernici, corvi e merli, maestose arara, civette e urubus, che portino bene o che siano di malaugurio.. li enumera, ne descrive usi e costumi, il piumaggio, il volo, i loro versi, gradevoli o agghiaccianti.. Con la medesima cura, da vero entomologo, avvicina la lente di ingrandimento, sul mondo degli insetti.. fastidiosi tafani, cicale e grilli, farfalle coloratissime, api e formiche alate a sciami, falene e scarabei, zanzare che danno il tormento sulle sponde dei fiumi. L'animale-simbolo del sertão però, quello attorno al quale ruota quel mondo è il bue.. mandrie in fila indiane lungo i corsi dei fiumi, buoi che si abbeverano timorosi per gli attacchi di piranhas, anaconde e caimani, che pascolano, sparpagliati a macchia d'olio, che si coricano all'ombra e si strofinano la schiena, che di notte si ricoprono di pipistrelli, tali e quali a piccoli fazzoletti neri, che rimangono impantanati nelle paludi e non ne escono più..Una natura udita, sentita , annusata e vista.. come su una tavolozza di colori vediamo l'azzurro- verde del cielo, il grigio degli altipiani, il bianco o il giallo della sabbia, il violaceo delle pianure, la terra fra il rosato ed il cenere, le striature ferro caldo e sangue del tramonto, il verde del vento, delle acque, della vegetazione, i colori dei fiori, arancio, rosso, viola, bianco.. e l'autore non si limita a colori puri, ma butta lì pure delle sfumature, tonalità che virano..Descrive le albe e i tramonti, nebbioline e incandescenze, lo scrosciare ininterrotto della pioggia, il turbinìo del vento, i movimenti delle nuvole, una luce enorme, assassina.. nulla pare sfuggirgli. Parco Nazionale Grande Sertão Veredas (Minas Gerais)
E gli uomini ? La presenza umana è quasi irrilevante..incontri rarissimi, fortuiti o sfortunati, dipende dai casi.. due le categorie : gli stanziali, contadini, allevatori e fattori, legati alla terra, chi la possiede e chi la lavora, uomini "sensati" e pratici, uomini "definitivi" ed il popolo dei migratori, lebbrosi, sbandati, ladri di bestiame, qualche commerciante, venditore ambulante, anche straniero, e naturalmente jagunços - questi ultimi uomini "provvisori", mezzi matti, sempre in movimento, talvolta senza saper dove andare e cosa fare. Capita, nel sertão, che ci si imbatta in carovane, lunghe file di bestie da soma che trasportano sale, cera, strumenti, tabacco, acquavite, pelli di giaguaro o lontra.. capita di incontrare intere città che migrano in cerca di pietre preziose, ma anche villaggi fantasma, decimati dalla peste, contadini poverissimi e cenciosi, bordelli improvvisati, rivendite di campagna. Un ambiente così difficile che rende gli uomini quasi simili alle bestie, li ingiallisce, ingrigisce, infiacchisce, inselvatichisce.. un abbruttimento fisico e mentale tanto che non vige più nessuna morale, ed allora una madre può benissimo decidere di sposare il proprio figlio, e due fratelli possono assassinare tranquillamente il padre. Il sertão pare un luogo a sè, con le sue leggi, i suoi ritmi, i suoi castighi e le definizioni, tante, varie, che l'autore ne dà, chiariscono bene il quadro della situazione. Museu Cultura e Arte Popular, Fortaleza Un luogo dove comanda il più forte e il più astuto, dove "vivere è molto pericoloso", un luogo pieno di vuoti, che più cerchi di spingerlo indietro e più te ne ritrovi circondato, e guai a non obbedirgli.. "coloro che lo vogliono cavalcare riescono a tenersi in groppa solo per qualche tratto, e sotto la sella ti ritrovi una tigre". Un luogo, questo grande deserto, "che se lo cerchi, non lo trovi mai, e quando meno te lo aspetti, quello arriva, sordido e vero". E' potente, ti aiuta in modo poderoso o ti tradisce, il sertão è un'attesa, enorme.. difficile conoscerlo veramente .. solo gli uccelli dall'alto ne vedono tutte le miserie e le allegrie.. Il sertão infine, ti produce, per poi inghiottirti, masticarti e sputarti fuori..Come può l'uomo, in questo ambiente ostile, conservare la sua umanità ? biotopo della Caatinga Qualche isoletta c'è, a dire il vero, che si preserva da tanta bruttura e ferocia.. le fazendas disperse sul territorio, diventano quasi delle oasi di piacere, profumi di forno, biscotti fatti in casa, fresche lenzuola e tran tran quotidiano rassicurante..è qui che spesso si rifugiano tutti, buoni e cattivi.. appendono le loro amache, si accampano amichevolmente e nel peggiore dei casi, rubano, saccheggiano, incendiano e stuprano tutto quel ben di Dio..sognano luoghi che poi finiscono per distruggere. Le preghierine della sera in ginocchio, i vestiti stirati, le feste di paese, i giardinetti con i fiori, giovani ragazze da sposare, i banchetti seduti a tavola .. una vita domestica tranquilla, regolare, che sembra un miraggio .. e di fatto lo è : le fattorie sono quasi sempre abbandonate. Ed infine loro, i jagunços, via di mezzo fra pistoleri a pagamento e banditi, un'accozzaglia di gente delle più diverse, animati qualcuno da buoni sentimenti ed altri, più simili più a belve. Come piccoli (e neanche tanto) eserciti, con regole, valori, gerarchie. Professionisti del combattimento, quasi lo succhiano dal latte materno, i più sono senza famiglia e niente hanno da perdere .. conoscono bene le armi e da quelle non si separano mai, gli danno dei nomi, le curano e le puliscono con affetto. Valorosi, non temono la morte, perchè rientra tutto nel gioco, coesi e solidali, a volte generosi. Gruppi armati autosufficienti, ben organizzati, capaci di affrontare ogni privazione, sempre in perenne movimento.. si concedono solo qualche sosta, una tregua, per riposare e respirare un pò. Ognuno specializzato in qualcosa.. chi sa imitare il fischio degli uccelli, chi sa cucinare, chi conosce di tutte le erbe le virtù, e con queste cura raffreddori e febbri, dolori e ferite. C'è il maniscalco ed il veterinario, chi si occupa delle munizioni (forse il bene più prezioso), chi è un provetto esploratore e guida tutti per scorciatoie e giusti cammini, chi sa individuare dove c'è l'acqua, chi ha una mira infallibile..si parla poco e ci si capisce ad un cenno, ci sono quelli da rispettare e quelli da disprezzare, ognuno con i suoi vizietti, con le sue manie. xilografia "Banda di Lampião" di João Pedro do Juazeiro Sanno dormire a comando, muoversi come gatti, vedere al buio, annusano l'aria, hanno un sesto senso ed un intuito formidabile. Sono come uccelli migratori, cambiano luoghi e donne, lasciandosi dietro figli mai conosciuti. Quando non combattono contro bande nemiche o fuggono dai soldati governativi, trascorrono il tempo cacciando o pescando, perlustrando l'immenso terriotorio. Chi preferisce giocare a carte, farsi il bagno nei laghi, chi mangia e dorme, chi spettegola e litiga. Qualcuno gioca a braccio di ferro, c'è anche chi recita preghiere, nessuno ruba o bara. Difficile avere veri amici nella banda, però capita, e se capita, è un legame fortissimo.. si diventa come figli, come fratelli. Talvolta hanno nomi fittizi o sono chiamati per soprannomi, il nome vero resta un tabù- forse scappano da qualcosa, preferiscono vivere nell'anominato. Nessuno li costringe a quella vita e quando vogliono, se ne possono andare. Dopo un pò, per stanchezza e mancanza di entusiasmo, facile aspettarsi delle defezioni. Si raccontano tante storie, fumando o masticando tabacco attorno al fuoco, prendono gusto a spararla più grossa, alcune storie sono vere, ma ingigantite, passate di bocca in bocca.. tesori sotto case, paludi assassine, fuochi fatui e fatture, donne che da streghe diventano sante, miracoli e processioni. Spesso creduloni ed ignoranti, fanno scongiuri, si affidano a qualche santo, tutti portano talismani ed immaginette sacre, piccole reliquie cucite addosso, se le regalano e se le scambiano. Si preoccupano di seppellire i morti, di rendere gli onori a chi merita, di vendicare le offese subite, e la colpa peggiore di tutte, il tradimento. Museu Cultura e Arte Popular, Fortaleza I jagunços sono capaci di mangiare qualunque cosa.. non solo la succulenta carne allo spiedo, il riso e i fagioli, la carne essiccata, la farinha e la polenta di manioca, ma si arrangiano con quello che trovano e in mancanza di meglio frutta, legumi selvatici e pesci. I più coraggiosi, in fatto di stomaco, si accontentano di serpenti e scimmie, formiche e cavallette, ramarri. Appena è possibile tracannano uno e più sorsi di cachaça. Uomini senza radici e senza legami, questi jagunços del sertão , non appartengono ad alcun luogo, pare non abbiano passato, ma nemmeno futuro. Per uccidere la solitudine, si accompagnano a prostitute, considerate quasi sorelle, degne di rispetto, allegre ed esperte nella loro attività. In loro mancanza possono anche arrivare a rapire e stuprare fanciulle e madri di famiglia, come fosse una necessità.. per niente gentiluomini e molto bestiali. E' sempre alle donne che pensano, è sempre di loro che parlano. Non così i loro capi-gruppo, nè il capo supremo, circondato, sembra, da un alone di sacralità.. altamente rispettati, i capi possiedono qualità che mancano ai più. Intelligenti ed astuti, pazienti e magnanimi, sanno sempre quello che si deve fare, si intendono di strategie e manovre tattiche. Parlano poco e pensano tanto. Nell'aspetto sono imponenti, aitanti, splendenti. Incendono in modo deciso, non hanno ovviamente paura di niente, non perdono la testa, non cedono a debolezze.Conoscono ad uno ad uno i loro uomini, ne sanno vizi e pregi, se ne sentono fortemente responsabili. Nessuno è in grado di stargli alla pari, sono al di sopra di tutti, una "razza d'uomini che non si vede più.." dettaglio pannello di Carybè - Centro Cultural do Banco do Nordest, Fortaleza Questo il sertão raccontato da Guimarães Rosa. E tanto ancora ci sarebbe da dire. Un ultimo sguardo su un fagotto di cose impilate, oggetti d'uso comune che girovagano, anche loro, per queste lande desertiche, raccolti in borse ricamate, penzolanti da colli e spalle, buttati per terra o portati da muli.. Non sono, per la verità tanti, ma sono di questa vita raminga, un paradigma. Fucili, mauser e winchester, carabine e tromboni, revolver e moschetti.. coltellacci e borracce, cartucciere e tascapani, bisacce e scapolari. Si dorme per terra ma anche su amache di cotone dai bordi ricamati, o su pelli di bue e per ripararsi dalle notti più fredde, pelli di montone. Qualcuno fa quotidiano uso di sapone e si lava anche i vestiti, lo specchio ed il rasoio- indispensabili per non trasformarsi in eremiti, ed ancora medagliette e santini contro malattie e malocchio, i cappelli di pelle a larghe tese, stivaloni di pelle di serpente e sandali, anelli alle dita e zucchette per l'acqua. Di abbigliamento se ne vede di tutti i tipi, per lo più in pelle, ampia libertà di scelta, solo i vestiti bianchi sono rigorosamente banditi. Ed infine i cavalli, preziosi compagni, senza i quali, nel sertão, si è praticamente morti... Vivere è molto pericoloso ... Berrantes, corni di bue usati per il richiamo del bestiame |
Post n°644 pubblicato il 28 Aprile 2012 da LivinginFortaleza
"A metà del secolo scorso, certi tipi davvero "folcloristici" frequentavano, girovagando, alcune zone del centro città. Erano buffi personaggi, eccentrici, e per questo attiravano l'attenzione di tutti coloro che li incrociavano, non solo passanti ma anche coloro che per quelle strade stavano svolgendo le loro normali, quotidiane attività. Essendo una città provinciale, assai distante dall'espansione odierna, era normale che li conoscessero tutti. "Feijão sem banha" "Feijão sem banha" era un tipo strano, che faceva ridere al solo vederlo, per quel suo acconciarsi vistosamente, quando camminava per la città. Aveva l'abitudine di mettere certi aggeggi penzolanti, attaccati con sottile fil di ferro ad un pezzo di legno arcuato alle estremità e con due lattine, ad imitazione di un berimbau. Come se fosse una specie di reco-reco,muovendosi, emetteva un suono assordante, per niente piacevole, ma sufficientemente forte da attirare l'attenzione di chi passava di lì, sui marciapiedi. E lui ne approfittava per chiedere l'elemosina a chi si stava recando al lavoro o andava a fare spese. Intonava canti senza capo nè coda, di difficile comprensione, attirando l'attenzione in un linguaggio imcomprensibile. Era perennemente ubriaco, ma alcune volte lo faceva apposta per trarne qualche vantaggio e commuovere i passanti.Era, come si dice "un pazzo furbo", un pò commediante. Quando le lattine erano piene di monete, se ne andava via, battendo nelle latte ed urlando. I bambini lo seguivano, in processione, canzonandolo : "Feijão?" (fagiolo) e un altro gruppo di ragazzini rispondeva "Arroz?" (riso) e poi tutti insieme "Banha"(grasso) !E lui tutto arrabbiato gridava "Mistura Fio d´uma égua, mistura filho da puta!". E continuava con questa imprecazione camminando a passi lenti. Il percorso che seguiva iniziava da Praça do Ferreira fino all'inizio dell'Avenida Santos Dumont, che allora era assai meno trafficata di oggi. Lì sotto alcuni alberi, davanti alla Escola Normal, si fermava, proprio all'orario di uscita degli scolari, che di corsa, tutti accalcati ,si allontavano per paura di quella strana figura. Andava su e giù per le strade, con le lattine appese anche su braccia, gambe e collo, quasi strumenti musicali per farsi notare. Una specie di orchestra ambulante stonata, che faceva un rumore fastidioso, in totale coerenza con il "suonatore", poco pulito e con una barba bianca folta e sporca. Spaventava i bambini e ragazzi che facevano il suo medesimo percorso -centro città, Beco dos Pocinhos, Escola Normal, Collegio Imaculada Conceição- per andare o per uscire da scuola e che appena lo vedevano, si stringevano tutti insieme e si tenevano per mano, correndo e insultandolo. Ferrugem Fra le varie figure che popolarono l'immaginario giovanile dell'epoca una delle più ricorrenti era Ferrugem (Ruggine). Usava un fazzoletto per coprirsi la testa rasata, operazione questa che le facevano i barbieri, con la macchinetta apposita. Un taglio a zero, con buchi laterali e lasciando una cresta in alto. La Compagnia tramviaria Ceará Light era solita fare alcuni sconti a particolari personaggi o categorie di persone. Ferrugem era una di queste, una passeggera onoraria, che non pagava mai il biglietto e mai gli e lo chiedevano. Appena saliva sul tram, tutti le cedevano il posto a sedere. Lei non chiedeva nulla e non ringraziava, trattata sempre con rispetto e delicatezza, per non urtare la sua suscettibilità. Impassibile, quasi inerte, non disturbava nessuno, nè voleva fare conversazione, solo talvolta chiedeva una sigaretta.Si recava nel quartiere signorile di Jacarecanga. Lì sostava presso le ricche case ed ogni giorno non mancava chi le offrisse colazione e pranzo. Vagò per la Fortaleza degli anni '40, fino agli anni '80, girovagando per le strade del centro, sedendosi nei bar e ristoranti, mai senza nulla chiedere. I clienti più generosi le regalavano sigarette, le offrivano del cibo. I barbieri le tagliavano i capelli e quando i iniziavano a ricrescere, se li sistemava da sola, creandosi una testa da far spavento. Alcuni ragazzi, i più dispettosi, si nascondevano e le gridavano dietro :" Ferrugem è un uomo !". Lei subito, da muta e tranquilla, si inalberava, sciorinava tutto un dizionario di parole pornografiche e terminava mostrando le parti intime e battendo la mano sul pube rispondeva "Guarda qui ! Non sono uomo per niente!" e giù altri improperi.. Di lei non si sapeva niente. Sembrava non avere famiglia e nemmeno si sapeva qualcosa della sua patologia. Non riusciva ad esprimersi e comunicare, chiusa nel suo mutismo. Era di bassa statura e fumava in modo compulsivo. Dopo aver mangiato solitamente si sdraiava sotto un fícus-benjamim, quello della casa del Dottor Pedro Sampaio, angolo Rua Guilherme Rocha con Avenida Coronel Filomeno Gomes. Tirava avanti così, aliena a tutto e a tutti, senza alcuna preoccupazione, senza obblighi e doveri da compiere. Non amò nessuno e non fu amata. Visse senza fare del male a nessuno. Fernandão Un altro pazzo famoso era Fernandão, un tipo squallido che girava per le strade chiedendo elemosina, implorando carità per sopravvivere e per bere i suoi bicchierini. Stava sempre seduto o sdraiato sui marciapiedi delle strade centrali. Si ubriacava ed era volgare. La gente non lo considerava e allora lui talvolta fingeva di soffrire e blaterava che stava per morire." Omosessuale, abitava in Rua Senador Castro e Silva, fral' Avenida do Imperador, proprio vicino all' Avenida Tristão Gonçalves, dove aveva il suo negozietto. Era un bravo pasticcere , cucinava alla perfezione e vendeva pasti da portar via. Era un tipo pacato, riservato, non beveva e non fumava. Aveva una voce nasale, femminile e non faceva mistero dei suoi gusti sessuali, ma rispettava tutti e da tutti era rispettato. Se aveva una relazone era assai riservato. Chiamato dagli amici Bia (diminutivo di Beatrice), era di notevole statura, spalle larghe, una pelle scura olivastra, quasi nero-grigia, gli mancava solo un vassoio in testa e poteva sembrare una perfetta bahiana venditrice di vatapá, caruru, mugunzá. Gli alunni del Liceo del Ceará, appena lo vedevano lo prendevano in giro, con insulti e fischi fragorosi che attiravano l'attenzione dei passanti. Oggi di lui non si più nulla, nè dove abita. Se è vivo, dovrebbe avere circa 90 anni. Un altro tipo originale, che aveva problemi nell'esprimersi, disturbi di locuzione, era conosciuto come Bebê Chorão (bebè piagnone). Il padre era benstante, possedeva alcuni immobili sparpagliati per il centro della città. Viveva con tutta la famiglia davanti al santuario di São Francisco, fra l' Av. do Imperador, e le Ruas Guilherme Rocha e Liberato Barroso. Nonostante il medico gli avesse proibito di bere alcolici, lui disobbediva con una certa frequenza. Non beveva nè con raziocinio, nè con giudizio e quando i ragazzini lo vedevano in questo stato di ubriachezza, gli gridavano dietro : "Bebê Chorão, Bebê Chorão. Ora viene papà a prendere il bambino. Prendi il tuo ciuccio che ti dò un centesimo". E subito il padre, la madre e le sorelle andavano in suo soccorso, per sottrarlo agli scherni. Se le sue sorelle erano riunite sul marciapiedi davanti casa, spesso un gruppetto di bambini, per deriderle, cantava loro in coro una canzoncina. Il nomignolo gli era stato dato per il fatto che era così incredibilmente brutto da far spavento, da far piangere i neonati. Ma anche perchè assomigliava a quelle bambole di celluloide da poco prezzo, che se avvicinate al fuoco, bruciavano in un istante, riducendosi ad un pezzettino di gomma. Questo nomignolo divenne famoso in città e fu un vero tormento per l'intera famiglia, che veniva appunto chiamata la "Família dos Bebês Chorões". Cosa assai spiacevole, perchè appena uno di loro passava per la via, ecco subito arrivare sussurri, commenti e risatine. Bebê Chorão
traduzione di articoli di Zenilo Almada, Diario do Nordeste, 28 Aprile/26 Maggio 2012 |
Post n°639 pubblicato il 25 Aprile 2012 da LivinginFortaleza
Gli argomenti sono dei più disparati.. politica, notizie di cronaca eclatanti, fatti curiosi del sertão, quotidianità e fantasia , tutto può diventare argomento del cordel.Alcuni ricercatori affermano che questo tipo di letteratura popolare, così diffusa nel nord est, sia di orgine tedesca. In Brasile i primi apparvero nel 1893. L'estrema diffusione ed il grande successo erano dovuti agli alti indici di analfabetizzazione della popolazione.. i poeti declamavano o cantavano i loro versi, per attirare clienti, accompagnandosi con una chitarra, cose d'altri tempi, ma ancora in alcune località, in alcune piazze, si possono trovare. Gli argomenti, tutti scritti rigorosamente in rima, suscitano nel pubblico i sentimenti più diversi, ma certo non lasciano indifferenti chi li ascolta ..malinconici, riflessivi, allegri, delicati, grotteschi, violenti, comici, sognanti. Bisogna seguire regole metriche ben precise.. per alcuni è più facile scrivere, i versi vengono così, di getto, come se possedessero un dono speciale, altri invece hanno bisogno di allenamento e pratica. Il sapere improvvisare non è da tutti ed anche le storie non si studiano a tavolino, c'è chi scrive su ordinazione, altri non riescono proprio, scrivono solo d'impulso.. sempre con carta e penna a portata di mano. Fresca di stampa ora un'antologia della letturatura del cordel brasiliano, presenta una selezione accurata di 15 autori. Evaristo Geraldo da Silva, Rouxinol do Rinaré, Arievaldo e Klévisson Viana
Josè Lima, cordelista di 13 anni Chi invece procede spedita nella rima è la studentessa di pedagogia Julie Ane Oliveira, 18 anni, figlia del già citato cordelista Rouxinol do Rinaré. Lei è stata un pò una privilegiata.. si può dire sia cresciuta in mezzo ai cordeis, cresciuta a riso e cordeis. In casa si leggeva molto, non solo le opere dal padre, ma anche i classici di Leandro Gomes de Barros, come "O cavalo que defecava dinheiro", "O cachorro dos mortos" e "A peleja de riachão com o diabo" , ed anche i foglietti scritti da Arievaldo Viana, Marco Haurélio e Klevisson Viana, hanno fatto parte della sua formazione. Julie Ane Oliveira giovane cordelista Ha iniziato a scrivere i suoi primi versi a 10 anni e ad 11 ha pubblicato il suo primo cordel dal titolo "A esperteza de João, o rapaz pobre que casou com uma princesa" ( La furbizia di João, il ragazzo che si sposò con una principessa) . Fino ad oggi ne ha pubblicati quattro ed altri sono in preparazione. Il pubblico a cui si rivolge sono essenzialmente bambini, adatta favole classiche, racconti d' avventura, storie d'amore, con principi e principesse, tutto ciò che possa incantare l'immaginario infantile, così come lei è rimasta affascinata dalla sonorità delle rima, dalla cantilena, da quelle storie di re impavidi, di personaggi fantastici. Si è cimentata anche in una storia drammatica, dal titolo"Uma tragédia em família ou o pai que matou o filho" (Una tragedia familiare o il padre che uccise il figlio), ma non ha avuto gran che successo.. Il cordel del futuro è comunque nelle loro mani e mi pare siano buone.. |
Il buongiorno non si vede dal mattino e le cose, insegna la storia, iniziano in un modo e finiscono in un altro.. chi avrebbe mai pensato che il colosso brasiliano che produce 2.455.636 barili al giorno - solo considerando quelli estratti nei bacini del territorio brasiliano - e che continua a trovare nuovi giacimenti - l'ultimo è quello di qualche mese fa individuato nel pozzo 4-SPS-86B chiamato Carcará, a 232 km dalla costa di São Paulo- all'inizio non ne voleva proprio sapere di cercare il petrolio ? scena del film "Ouro negro" Gli esordi si fanno risalire al 1858, anno in cui il Marchese di Olinda concesse a José de Barros Pimentel il diritto di estrarre bitume nei suoi terreni, situati ai margini del rio Maraú, a Bahia. Ma per la prima perforazione vera e propria, in profondità - si raggiunsero i 488 metri- si deve aspettare il 1892. L'intrepido si chiamava Eugenio Ferreira de Camargo, la località era Bofete, in territorio paulistano, ma ciò che si trovò fu solo acqua sulfurea. Eugenio Ferreira de Camargo e suoi aiutanti accanto alla sonda che realizzò la prima perforazione pioniera a Bofete (SP), 1892 Nei primi decenni del '900 studiosi e ricercatori tentarono di perforare senza ottenere alcun esito. L'ingegnere agronomo Manoel Inácio Bastos nel 1930 venne a sapere che gli abitanti di Lobato, quartiere popolare di Salvador de Bahia, usavano una specie di "fango nero", oleoso, come combustibile per i loro lampioni. Incuriosito dalla notizia, realizzò varie ricerche, effettuò esperimenti, raccolse campioni di fango oleoso, arrivò alla conclusione che si trattava di petrolio e che ce ne doveva essere in abbondanza, ma purtroppo non aveva contatti influenti e persone che potessero investire nel progetto. Fu bollato come visionario, maniaco. trailer del film "Ouro negro" Nel 1936 lo scrittore paulista Josè Bento Monteiro Lobato scrisse "Lo scandalo del petrolio" nel quale accusava il governo di "non perforare e non lasciare nemmeno che si perforasse", denunciava l'arretratezza del paese nel settore petrolifero e l'ingerenza di multinazionali. Da una parte c'era una buona dose di amatorialismo, scarsa professionalità di chi personalmente comprava equipaggiamenti e tentava la fortuna, senza criteri ed alcun metodo, stile corsa all'oro forsennata. Dall'altra le multinazionali straniere erano poco interessate perchè era ancora tutto a livello embrionale e si sarebbero dovute investire grosse somme di denaro nella ricerca geologica, equipaggiamenti e tecnici specializzati. Di qui l'atteggiamento governativo a dissuadere. se non, nel peggiore dei casi, ad ostacolare iniziative perforative, sia nazionali che straniere. copertina del libro infantile "Il pozzo del Visconte" di Monteiro Lobato Il libro fu un successo, tutte le copie furono vendute, tanto da dover essere censurato l'anno dopo da Getulio Vargas, mentre lo scrittore aveva già bell'è pronto un altro libro, "Il pozzo del Visconte", in cui, sotto le innocue vesti di un libro per l'infanzia, Monteiro Lobato ribadiva altre accuse e critiche riguardo la presenza di petrolio in quantità e la cecità delle autorità. scena del film "Ouro negro" Liberamente ispirato a fatti e personaggi reali, anche il film "Ouro Negro" di Isa Albuquerque (2008) sottolinea la persistente ottusità del governo e le posizioni di chiusura a questo riguardo, la lotta ostinata di chi invece nel petrolio profondamente credeva. E' il caso del medico e geologo tedesco Josè Josch che negli anni '10 decide di mettere su una piccola impresa per lo sfruttamento di minerali nello stato dell'Alagoas. Il suo sogno però è quello di cercare petrolio e a questo scopo conduce ricerche insieme al cognato. La sua uccisione interrompe la ricerca che verrà ripresa, seguendo strade diverse, dal figlio e dall'assistente, entrambi ingegneri. Sebbene sia una fiction, il copione si è basato strettamente su fatti reali, le ricostruzioni sono state fatte sulla base di resoconti di polizia dell'epoca e racconti dei parenti dei pionieri, modificando solo alcuni dettagli, nomi di persone e di istituzioni. Riguardo la morte di alcuni personaggi, anche se non si sa con certezza se si suicidarono o se furono uccisi, perchè mancano le prove, si è optato per la seconda ipotesi, dando fede ai racconti dei familiari."Ouro negro" è quasi un film documento, attraverso il quale si possono cogliere i fatti salienti relativi al petrolio in Brasile, dai primi litigi dei proprietari terrieri per il diritto di sfruttamento, all'apertura del primo pozzo produttivo del paese a Lobato, a Bahia nel 1939, fino alla nazionalizzazione del petrolio con Getulio Vargas e la creazione della Petrobras. Momenti di storia poco conosciuti e ricordati. Oscar Cordeiro, pioniere nell'esplorazione del petrolio davanti al pozzo di Lobato a Bahia - anni'30 Nel 1938 venne creato il Consiglio Nazionale del Petrolio (CNP), che accoglieva richieste di ricerca e sfruttamento di riserve petrolifere e tutta l'attività petrolifera passa, per legge, ad essere obbligatoriamente realizzata da brasiliani. Nel medesimo anno, sotto il controllo del recente CNP, si procede alla perforazione del pozzo DNPM-163, a Lobato, e nel 1939 finalmente si trova il petrolio. Altri pozzi iniziano a sorgere un pò dovunque nel Recôncavo bahiano; nel 1941 si individua in grosso giacimento a Candeias, Bahia. Nel 1940 Monteiro Lobato torna a farsi sentire. Scrive due lettere, di cui una indirizzata personalmente a Vargas in cui sparava a zero sul CNP, sul Dipartimeno Nazionale di Produzione Mineraria, denunciava l'inefficenza della ricerca nazionale, la distruzione delle compagnie nazionali, la legislazione restrittiva.. tutto ciò limitava l'effettiva autonomia del paese e lo condannava a dipendere dalle importazioni di petrolio straniere. Monteiro Lobato appoggiava la cosiddetta "Teoria della Cospirazione", condivisa da molti intellettuali sudamericani dell'epoca, secondo la quale il governo boicottava le compagnie brasiliane per favorire quelle straniere. Nel 1941 lo scrittore verrà arrestato, ironicamente per ordine di un generale che diventerà, più tardi, uno dei leader della campagna petrolifera. Resterà in prigione tre mesi, infine liberato grazie alla pressione dell'opinione pubblica e degli intellettuali. Dal 1939 al 1953 vennero perforati ben 52 pozzi, ma pare che ancora negli anni '50 il Brasile fosse costretto ad importare petrolio... Manifestazione a favore del monopolio petrolifero nel Brasile promossa dal Centro de Estudos e Defesa do Petróleo e da Economia Nacional Sotto il governo di Gaspar Dutra (1946-1951), la situazione cambia radicalmente. Fautore di una politica liberale, opposta a quella del suo predecessore, Gaspar Dutra riassumerà la sua politica riguardo la gestione del problema petrolifero nello "Statuto del petrolio", in cui si dichiarava apertamente favorevole ad accogliere capitali stranieri nelle attività di estrazione. Ma doveva far i conti con la fazione dei nazionalisti, che diede il via ad una massiccia campagna a difesa del monopolio di stato, con il famoso slogan “O Petróleo é Nosso!” (il petrolio è nostro). Nel 1948 viene creato, come reazione al suddetto statuto, il Centro Studi e Difesa del Petrolio e della Economia Nazionale (CEDPEN), che dirigerà la campagna, coinvolgendo un curioso miscuglio di politici conservatori, militanti comunisti e militari nazionalisti. Nel 1951 Getulio Vargas venne nuovamente eletto alla presidenza della Repubblica e dopo due anni firma la legge Nr. 2004 -con la quale nasce la Petrobras (Petroleo Brasileiro S.A.)- e con essa una serie di disposizioni riguardo la politica nazionale del petrolio e la definizione delle competenze del CNP. La monopolizzazione dell'oro nero, era solo una questione di tempo ed i tempi, evidentemente, erano ora maturi. Manifestazione a favore del monopolio petrolifero Rio de Janeiro 13 marzo 1964 Nel 1963 il monopolio statale è esteso all'importazione ed esportazione di petrolio e derivati. Situazione che durerà inalterata per 44 anni, finchè nel 1997 una nuova legge apre alla partecipazione privata nella ricerca, estrazione, raffinazione,esportazione, importazione e distribuzione del petrolio. Prima piattaforma marina P-1 (1968) Da qui in poi è tutta una strada in discesa. Nel 1968 la Petrobras sviluppa un progetto per cercare ed estrarre il petrolio nelle profondità marine. L'ultima novità si chiamava P-1, prima piattaforma marina fluttuante, nel campo di Guaricema, Sergipe, costruita nel 1968 in cantieri brasiliani ma su progetto statunitense, dotata di una sonda capaca di arrivare fino a 4000 metri di profondità. Nel 1974 si scopre uno dei giacimenti più estesi, nel bacino di Campos, la maggior riserva petrolifera del paese, nel Campo de Garoupa. Verso la fine degli anni '70 e i primi anni '80, viene introdotto il cosiddetto "Sistema di Produzione Avanzata", ossia si perfora attraverso una piattaforma temporanea, mentre si pone a termine la costruzione di quella definitiva, per risparmiare su tempi e costi e per ottenere informazioni più precise in anticipo sul giacimento che si andrà a sfruttare. Prima piattaforma semi-sommersa P-18 (1994) Nel bacino di Campos vengono scoperti uno dopo l'altro enormi riserve di greggio : nel 1984 ad Albacora, da cui si estraggono 500.000 barili di petrolio al giorno. L'anno dopo il Campo di Marlim. E' qui che i tecnici della Petrobras svilupperanno e costruiranno nel 1994 la prima piattoforma semi sommersa (P-18). Nel 1996 arriva la scoperta del terzo grande giacimento, quello del Roncador. Nel 2000 in questo pozzo si arriverà a quota 1.877 metri di profondità, raggiungendo il record mondiale. Il XXI secolo porta con sè due fatti fondamentali : la scoperta del più grande giacimento di gas naturale nella piattaforma continentale brasiliana, il Campo di Mexilhão, bacino di Santos, e la scoperta di petrolio pre-salino (ossia strati di petrolio localizzati in grandi profondità, sotto le acque oceaniche, al di sotto di uno spesso strato di sale). Nel corso degli anni la produzione aumenta ed aumenta pure la profondità di perforazione. E proprio sopra una di queste piattaforme, la P-50 che l'allora presidente Lula, nel corso di una commemorazione, parlando dell'autosufficienza energetica del Brasile, si impiastricciò ben bene le mani nel petrolio e pronunciò la fatidica frase "Il petrolio è nostro", ricalcando quella pronunciata da Getulio Vargas in visita ai pozzi di Lobato negli anni ' 30...quasi un fil noir oleosissimo.. |
Post n°636 pubblicato il 21 Aprile 2012 da LivinginFortaleza
Jangada a Iguape Sono come dei moderni Ulisse, uomini di mare in balia del vento, a percorrere miglia marine, alla ricerca di una buona pesca.. le loro donne, proprie come Penelope, li aspettano sulla spiaggia, e all'ombra di una palma, intrecciano sapientemente fili e ricamano merletti, si interrompono solo quando avvistano la jangada del marito ed emettono un sospiro di sollievo. Non sono una specie in via di estinzione i jangadeiros ancora esistono. Li puo incontrare la mattina presto, che riparano reti sulla Beira mar di Fortaleza e guardano un pò perplessi i turisti e i tanti sportivissimi concittadini di ogni età che corrono e camminano a passo svelto, fasciati in tutine e calzoncini acrilici. Jangadas tirate a secco a Mucuripe, Fortaleza Qualcuno, ogni tanto, lo incroci con i pesci sulle spalle, infilzati ad un cordino come fossero perle di una collana. Le jangadas sono tutte a Mucuripe, alla fine del lungomare, in secca con le vele ben arrotolate, o a riposo, disposte di traverso sulla spiaggia, forse in attesa di una qualche riparazione. I pesci lì arrivano e lì vengono venduti, da sempre, direttamente dal produttore al consumatore, in un mercato del pesce un pò precario - che farebbe storcere il naso a normali ispettori d'igiene - ma pregno di storia.. Pescatore, statuina di legno artigianale Le jangadas una volta erano molto basiche ed esponevano il pescatore alle mercè del tempo. Cinque tronchi d'albero, legno molto comune negli acquitrini dell'Amazzonia, che fluttua bene sull'acqua, resistente, non marcisce e non secca (piuba, araticum o timbauba). I tronchi, ripuliti della corteccia, erano assemblati e legati strettamente fra loro, senza l'uso di un solo chiodo. Quasi delle zattere- le più piccole vengono chiamate panquetes- solo un poco più sofisticate, con alcuni accorgimenti. Un albero maestro, ricavato da un tronco sottile di tamanqueira, regge una vela triangolare di tela di cotone, sulle quali scritte dipinte, da "Madonna dell'Apparizione" a "Grotta dell'amore", indicavano quali fossero le inclinazioni del proprietario. Fondamentali gli espeques inseriti nei tronchi,strutture semplici di legno per proteggere strumenti e tutto ciò che non si deve bagnare- in alto è collocata la legna per accendere il fornello, vela, rotoli di corda. In basso il barile d'acqua per bere, la pentola per cucinare e la latta con il cibo. jangada de piuba - Museu Arte e cultura Popular Fortaleza Ora sono realizzate con tavole (jangadas de tabua) assemblate con chiodi, comode, durano di più, e poichè cave, in caso di pioggia ci si può rifugiare dentro. Le vele continuano ad essere di cotone, il materiale migliore, che resiste meglio all'acqua salina ed al sole. La jangada de tabua ha una vela più grande ed una più piccola per il governo dell'imbarcazione. "Jangadeiro"/ "Pescatore con sumburà" di Raimondo Cela, 1943 (Collezione MAUC Fortaleza) Si sveglia prima dell'alba il jangadeiro, salta già dall'amaca che è ancora buio, si veste - un tempo la "divisa" era pantalone e camicia di panno spesso di una tinta rossastra, ottenuta con un colorante a base di radice di caju, per indurire e resistere al salino ed un cappello di paglia bianco, reso impermeabile con un colore oleoso. Una veloce colazione a base di cafè con tapioca o pesce fritto e farinha, un saluto alla moglie e si incammina verso la spiaggia. Porta con sè poche cose : la lenza e gli ami, la latta con il cibo, fiammiferi e sigarette, il contenitore per i pesci. Quando arriva alla jangada i compagni sono già là.. devono sfruttare il terral, che soffia al mattino. jangadas a Jericoacoara Sulla barca è tutto pronto : la vela è srotolata, a bordo ogni cosa è al suo posto -il samburà, cesto di cipò per raccogliere i pesci, anche se oggi si preferisce una cassa con il ghiaccio in polistirolo, il toaçu (un' àncora molto rudimentale), il lampione (un tempo non c'era nemmeno quello), il fornelletto da campo improvvisato formato dalla bola de japones (boa) o una latta di cherosene tagliata a metà, poi riempita di sabbia, carbone e bucce secche di noce di cocco. La jangada viene fatta scivolare sulla sabbia su tronchi e avviata verso le onde. Il maestro osserva il vento, governa la vela, impugna il remo. Le onde invadono ogni cosa, bagnano piedi e pantaloni, nulla oppone loro resistenza, bisogna assecondarle, e con movimenti e spostamenti, l'equipaggio mantiene l'equilibrio e segue le oscillazioni.. Una vita pesante e faticosa, poveri sono e poveri restano. La barca non è la loro, il proprietario resta a terra e dividerà a metà il pescato. Pochi sono riusciti, dopo una vita di lavoro, ad avere una barca propria. In molti, invece, si sono rovinati la salute, per problemi d' ernia e agli occhi. Un certo benessere si raggiunse negli anni' 60 con la pesca dell'aragosta, ma adesso la pesca è regolamentata e si sono dovuti imporre dei fermi. Il documentario "Canoa Veloz" di Joe Pimentel dà voce proprio a loro, i pescatori di aragosta cearensi, e tutti, giovani e vecchi, che abbiano in testa un cappello di paglia sfilacciato o un berrettino di tela con visiera, hanno un comune sentire, l'ineluttabiltà della fine di questo genere di pesca. I primi sono più ottimisti e spavaldi, i secondi sono solo preoccupati : hanno fatto sempre, e solo quello e dopo.. cosa faranno? "Rolando para a terra" olio di Raimondo Cela-1946 (Collezione MAUC Fortaleza) Nelle comunità costiere cearensi, in quelle tradizionali, a Caponga, ad Aracati o a Jericoacoara, la pesca è fatta come una volta, con metodi antichi, e diventa ogni giorno più difficile competere con le barche motorizzate e dotate di mezzi tecnologici che provengono da Mucuripe. In compenso ora sono più organizzati, hanno una sorta di sindacato, documenti di lavoro ed un minimo di assistenza, ed anche le loro mogli, che hanno sempre pescato granchi, gamberi, siris, ostriche e pixoletas, con reti a strascico, finalmente vedono i loro diritti riconosciuti. il toaçu (Museu de arte e cultura popular, Fortaleza) La pesca è fatta con lenza e amo. Buttato il toaçu, inizia la pesca, sul bordo della barca in piedi, si lancia la lenza e si aspetta, pazientemente. La biquara, la garoupa, mariquitas e sapurunas si pescano in acque basse e poco profonde, invece ben lontano dalla costa si possono trovare pesci più grandi - la cavala, il cangulo, l' arabaiana, il sefigado e la carapitanga. Ed ancora ciobas,sirigados, guaiabas, beijupiras, pargos...Può andare bene e possono non trovare niente e così si ricomincia il giorno dopo, altra zona, altra pesca. Possono restare in mare anche per 4-5 giorni. Nell'attesa si fuma, si beve un caffè, si cucina e si mangia. Il fuoco è acceso con una sigaretta e prende subito, quando c'è vento. Di solito mangiano il pesce che pescano, un tempo si portavano anche carne de sol (essiccata). Adesso hanno ampliato la scelta ed integrano la dieta con succhi di frutta, caffè, pasta e riso. pescatore di rientro alla capanna - Jericoacoara E' di solito al tramonto che ritornano, quando soffia il vento dal mare verso terra ed è più facile rientrare, ma può capitare che il vento non ci sia o sia contrario, ed allora lottano per ore, in una lotta estenuante. Il vento è buono nel Cearà- dicono loro -ma ci sono periodi propizi ed altri no. Ottobre, novembre e dicembre è la stagione migliore. A Natale soffia un vento chiamato "tormenta di festa", poi arriva la bonaccia e cominciano le piogge. I più vecchi ricordano ancora questi venti capricciosi ed uno strano andamento del mare che formava tre onde altissime. Cappella dei Naviganti - Fortaleza /Nostra Signora dei Naviganti, Museu do Cearà, Fortaleza Sarà per tutte queste incognite, imprevisti e pericoli che i pescatori a qualche santo devono pur votarsi. Nel Nord est le comunità della costa sono particolarmente devote a S.Pietro, alla Madonna dei Naviganti, Al Buon Gesù dei Naviganti, e a San Giuseppe di Ribamar, a loro sono dedicate le barche e le cappellette che spesso sorgono sulla spiaggia o vicino al mare. I momenti di svago e di festa sono legati a processioni e feste religiose, ma anche a tradizioni folcloriche molto antiche, approntate all'aperto, in tutta semplicità, con pochi mezzi. Uno di questi è la chegança, sorta di atto popolare, messo in scena a Caponga, ricostruzione di una battaglia fra mori e cristiani. I preparativi iniziano pochi giorni prima del Natale. Si ricostruisce una barca, i personaggi indossano abiti caratteristici- uniformi bianche, spesso ricavate da sacchi di farina, galloni sulle spalle, bottoni luccicanti. Un variante è la Nau Caterineta, anch'essa tradizione folclorica di origine iberica, l' una ad esaltare l'eroismo spagnolo contro i saraceni, l'altra ad omaggiare il coraggio dei marinai portoghesi nella ricerca di nuove terre. Si finge una battaglia a bordo della nave e si intonano canti. Jangadas a Flecheiras Le notti, nelle colonie di pescatori, sono anche allietate da racconti di storie legati al mare, miti e leggende, ed anche se nessuno osa portare amuleti in barca, non sono immuni da superstizioni. C'è sempre chi ha visto qualcosa, qualcuno.. esseri magici, spiriti, luci, suoni che appaiono e scompaiono e le mitiche sirene che si pensa, abitino sulla linea dell'orizzonte, laddove l'oceano Atlantico incontra il Pacifico. Di costituzione muscolosa, di statura bassa, con la pelle rovinata dal sole ed i piedi deformati, il jangadeiro affronta il mare come la vita, con serena determinazione, i pericoli e le difficoltà fanno parte del gioco. Intelligenza, abilità, solidarietà, coraggio e forza sono, per l'etnologo Camara Cascudo, qualità indispensabili, e ciò che lo rendono un essere speciale. Nuotatori provetti, nati lungo il mare, abituati a tirare le reti sin da piccoli, parlano assai poco, silenziosi e riservati.
"Testa di jangadeiro" olio di Raimundo Cela, 1933, (Collezione MAUC Fortaleza) I più giovani pescatori affrontano le onde con meno timore, indossano canottiere e bermuda, ascoltano la radio in mare e talvolta ballano sulla barca..spinti a fare questo genere di vita per quel senso di libertà ed autonomia che il mare dà, un lavoro senza padroni, un contatto diretto con la natura, per la quale, tutti indistintamente , nutrono un profondo rispetto e sempre sarà così... speriamo. Monumento al pescatore- Prainha |
Post n°635 pubblicato il 21 Aprile 2012 da LivinginFortaleza
Con gli occhiali sul naso e piegato per terra con in mano una lente di ingrandimento.. così l'emerito professore Francisco José de Abreu Matos, è ritratto in un murale nel Dipartimento di Scienza della UFC di Fortaleza (Universidade Federal do Cearà). Attorniato da grandi scienziati di livello mondiale, la sua caricatura rende bene il personaggio, sintetizza tutta una vita dedicata alla ricerca, in laboratorio o sul campo, e non in senso metaforico ... una vita fra erbe, arbusti, alberi .. Abreu Matos nel mural di Valber Benavides "Scienziati della Terra", Facoltà di Scienza UFC Fortaleza Nato a Fortaleza nel 1924 ed ivi morto nel 2008, si era laureato presso la facoltà di Farmacia della UFC. Quella dei farmacisti, si sa, è una professione di famiglia.. era stato proprio il suo bisnonno, Francisco José de Mattos, originario di Aracati, l'inventore nel 1846 di pillole purganti e depurative a base di estratti di due piante - batata de purga (Luffa operculata) e cabacinha (convolvolus operculata) - le famose "pillole di Mattos" o "pilua di Mato". Suo nonno, Joaquim de Alencar Matos, continuò la produzione e la vendita nella "Farmácia e Drogaria Matos" aperta a Baturité nel 1883, dove accanto alle pillole miracolose - rivestite di argento per evitare falsificazioni, e registrate regolarmente presso il Ministero della Salute - erano prodotti : l'Elisir di Velame (macrosiphonia velame) Caroba (semi di jacaranda) e Manacà (Brunfelsia uniflora) (depurativo del sangue efficace contro la sifilide), il Peitoral de Juca e Goma- agico (sciroppo contro la tosse), sciroppo di Urucù (contro l'asma), l'elisir de Torem (per lo stomaco), l' Agua Juvenil (per i capelli), la pasta dentifricia di Hennè e Vetiver, e il vino di Jurubeba. Infine il padre, Francisco Campelo Matos, si mise in società con imprenditori di Fortaleza e creò un laboratorio per la fabbricazione industriale delle suddette pillole. Cabacinha (Luffa operculata) E lui ? Per meritarsi di essere omaggiato gomito a gomito con Einstein, Pitagora, Galielo Galilei, o Marie Curie, solo per dirne alcuni..ha creato il progetto Farmácias Vivas, nonchè l'orto di piante medicinali ed un annesso Laboratorio di Prodotti Naturali nell già citata università. E' stato un infaticabile ricercatore nel campo della fitoterapia ed autore di vari libri sull'argomento. Riconosciuto studioso di fitoterapia e chimica organica a livello nazionale e mondiale, Abreu Matos, il medesimo anno in cui inizia ad insegnare, nel 1983, lancia il suo progetto. Per rendergli omaggio, ogni 21 maggio è festeggiato il giorno della Pianta Medicinale, per volere delle autorità cittadine, sin dal 1994. L'obiettivo era, e continua ad essere, quello di offrire assistenza farmaceutica fitoterapica ad entità pubbliche, private e comunità particolarmente in difficoltà, un'iniziativa senza scopi di lucro, un'alternativa per ridurre gli alti costi dei medicinali cui difficlmente le persone più povere, hanno possibilità di accesso. L'idea è quella di insegnare alle comunità ad impiantare un orto, prendersene cura , raccogliere le erbe e successivamente essere in grado di trasformarle in medicamenti, sciroppi, tisante, tinture o pomate. Fatte in casa sì, ma scientificamente, seguendo le regole dettate dalla'OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità. Le conoscenze, i materiali, le piantine, tutto è fornito dall'università, così come i consulenti tecnici, un agronomo ed un farmacista. Si possono curare numerosi disturbi, dai problemi circolatori ad infiammazioni, da febbri e raffreddori, a problemi di pelle. Altro obiettivo importante era quello di studiare le erbe, in primo luogo quelle locali e regionali, dotate di efficacia terapeutica comprovata. Sono stati curati casi di malattie parassitarie con capsule di menta, lo sciroppo di cumaru-malvariço-menta giapponese (Mentha arvensis), si è rivelato un ottimo bronco dilatatore e espettorante, la tintura di malva santa (Plectranthus barbatus) cura la gastrite, le pillole di mororó sono efficaci contro il diabete, mentre l'elisir di aroeira combatte l' ulcera e la gastrite. Capim-limão, capim santo detto anche capim cidreira (Citronella) In realtà l'uso di piante e radici fa parte del costume tradizionale locale, un sapere popolare antichissimo affidato ai cosiddetti rezadores - curatori -nonchè a memorie familiari.. così come facevano i nonni, ancora oggi si usa la tisana di maracujà o di cupim- santo per i casi di insonnia, l'infuso di boldo per calmare le coliche, la tisana di limone con miele contro il raffreddore, l'acqua di cocco per idratare i bambini, il thè di citronella per calmare il nervosismo, l'aroeira ha mille usi, fra cui l'igiene intima e la cura di problemi ginecologici... e questa consuetudine dei cearensi -e dei brasiliani tutti- con le erbe spontanee, la si può anche vedere fra gli scaffali dei più grandi supermercati, dove, alcune di queste erbe sono belle e impacchettate, accanto ad una normalissima camomilla, o agli angoli delle strade dove venditori ambulanti offrono bevende, foglie fresche in mazzi, radici e cortecce essiccate, erbe e spezie confezionate artigianalmente. orto di piante medicinali del Nufito (Núcleo de Fitoterapia da Secretaria da Saúde do Estado) - Messejana, Fortaleza La prima preoccupazione di Abreu Matos fu quella di studiare le erbe medicinali usate empiricamente per tradizione e raccogliere informazioni ad uso scientifico. Per anni, lui ed il compagno botanico Afrânio Fernandes, hanno vagato per le campagne del nord est brasiliano, alla ricerca di piante native, successivamente catalogate e identificate nell'erbario Prisco Bezerra della UFC. Più di 500 quelle classificate, fra le quali 130 solo del Cearà, tutte riportate nel suo libro "Piante medicinali", dove oltre alla foto e alla descrizione, si danno consigli sulla giusta preparazione e dosaggio del medicamento. Fra queste il piqui, la poaia, la sete-bruxas, la sete-dores, l'umbaúba, la cambará, la marcela, l' erva cidreira (Lippia Alba) la vindicá, l' erva-botão, la colônia (Alpinia zerumbet), la faveira, l' artemísia amara, l' alecrim-pimenta (Lippia sidoides). Hanno proprietà diverse, sono repellenti per insetti, profumano l'alito, sono espettoranti, afrodicisiaci, cicatrizzanti, proteggono dal sole, stimolanti. La scoperta più sensazionale è stata la specie Croton regelianus var. matosii, della famiglia dell'Euphorbiaceae, grazie alla quale ora il nome di Abreu Matos appare nelle famose collezioni del prestigioso orto botanico inglese Royal Kew Garden. faveira Nell'orto di piante medicinali localizzato nel campus universitario del PICI, curato un tempo dal compianto professore, si possono trovare una sessantina di piante fra cui juazeiro, cajueiro, zafferano, zenzero, agrião (nasturzio officinale), acerola, poejo (mentha longifolia), malvariço ( un tipo di menta), aglio, chambà (justicia pectoralis), melograno, malva-santa, copaíba (Copaifera langsdorifi), Capim santo (Cymbopogon citratus), confrei (borragine), alfavaca (basilico), babosa (aloe vera), maracujà, goiabeira, pau d'arco, romazeira. Il modello della "farmacia viva", di tali orti farmaceutici, si è rivelato un successo, nel 2011 ha ottenuto anche un premio dal Ministero della Cultura ed oltre a diffondersi in tutto lo stato - finora nel Cearà sono attive 74 unità- è stato copiato nel resto del paese ..nel Piauí, Parnaiba, Brasília, Pará, Rio Grande do Norte, Rio de Janeiro, Maranhão, São Paulo, senza contare i numerosi orti nati spontanemente, influenzati da tale idea. marcela E se l'anno scorso, Fortaleza è stata scelta per essere la sede del XX Congresso Italo - Latino Americano di Etnomedicina, penso si debba sempre a lui, ad Abreu Matos. La SILAE (Società Italo – Latino Americana di Etnomedicina) che lo ha promosso ed organizzato, ha come scopo quello di promuovere la ricerca, lo studio, lo sviluppo, la divulgazione delle forme di coltivazione e trasformazione delle piante di interesse alimentare e terapeutico in prodotti, così come la loro commercializzazione, sia nel Sud America che in Europa. Grande attenzione viene data agli aspetti antropologici e terapeutici dell'uso di piante medicinali, promuovendo contatti e scambi fra diverse entità, pubbliche e private, fra diverse nazioni.. proprio quel clima di cooperazione che sarebbe piaciuto tanto anche al professore.. |
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