Creato da LivinginFortaleza il 16/12/2009

Fortaleza Report

Giorno dopo giorno da Fortaleza

 

 

Ciak a Quixadà

Post n°650 pubblicato il 05 Maggio 2012 da LivinginFortaleza
 

monoliti attorno a Quixadà

Bisogna armarsi di pazienza, percorrere una lunga strada costantemente diritta, fare attenzione a buche ed avvallamenti stradali, ma poi eccoli lì in tutta la loro magnificenza. Colossi di granito nati 600 milioni di anni fa, monoliti sparsi qua e là per questa Vale das Pedras,  pietroni che visti dall'alto sembrano sparsi a casaccio, come bricioline di pane.. levigati e graffiati, di forme bizzarre, alcuni assomigliano ad animali, profili, altri sono quasi tondeggianti.. sopra o ai lati, negli anfratti crescono aloe e piante grasse, cactus che si accontentano di una manciata di terra e di poche rare gocce d'acqua.. tutt'intorno la caatinga del sertão centrale del Cearà, a circa 200 km dalla capitale. 

monoliti lungo la strada  nelle vicinanze di Quixadà

Quixadà ed i suoi monoliti sono stati dichiarati Area Protetta e Patrimonio Nazionale negli anni 2004-2005,  per preservare tale ambiente di grande importanza geologica, evitarne la distruzione o il degrado. Un complesso "montuoso" , sparso su 200.000 ettari, conosciuto e riconosciuto anche all'estero, visto che le "pedras", accanto alla Serra di Guaramiranga ed al Parco Nazionale di Ubajara, altre due interessanti zone montuose del Cearà- fanno parte dell'Associazione Internazionale Montagne Famose (World Famous Mountains Association - WFMA). Massicci composti da graniti e dioriti, roccie antichissime formatesi anteriormente all' Era Cambriana e successivamente emerse per lenta erosione dell'acqua.

E' fra questi scenari molto surreali e profondamente tipici, che sono state girate numerose pellicole, prima fra tutte il film "A morte comanda o cangaço", del 1960, diretto da Carlos Coimbra. Sorta di western alla brasiliana, racconta la storia, ambientata nel 1929, di un cangaceiro, protetto da un coronel, ricco e potente proprietario terriero.  A poco a poco altri registi hanno deciso di girare qui, utilizzando angoli della città ed ambienti rurali circonstanti e  a tutt'oggi sono ben 50 le produzioni cinematografiche realizzate, fra film, cortometraggi, videoclips, video sperimentali, documentari, tanto che ormai si parla della cittadina come di una specie di Hollywood sertaneja.

troupe cinematografiche girano presso lo Chalet da pedra, Quixadà


Se i registi sfruttano l'ambientazione naturale, senza ricostruire od approntare niente, i direttori della fotografia hanno il loro bel daffare a regolare e utilizzare al meglio la particolare luminosità che c'è a queste latitudini. Uno dei fattori, infatti, determinanti nella scelta di tale luogo, oltrechè per la particolarità dell'ambiente naturale, è anche la luce : il cielo è quasi un fondale irreale e fittizio, tanto è azzurro, ed ogni cosa è avvolta da un nitore rilucente. Anche il fattore climatico ha avuto sempre la sua importanza. Il clima semi-arido, che ha inflitto agli abitanti nei secoli passati, ed anche odierni, cicliche siccità, assume, in questo caso, connotazione positiva, perchè la scarsità di piogge, e quindi il gran numero di giornate di sole, si traduce nella possibilità di fare le riprese diurne, del tutto indisturbati.  

Chalet da pedra, Quixadà

Quixadá non avebbe mai immaginato di trasformarsi un giorno in un privilegiato set cinematografico. E se all'inizio, i circa 46.000 abitanti erano indifferenti al via vai di macchinari ed operatori, registi e produttori, se ne interessavano poco, come un qualcosa di assai distante dalle loro vite e dalla loro quotidianità, piano piano, hanno iniziato ad apprezzare e prenderci gusto ed è scattata la febbre del cinema. I giovani hanno  fondato l' Associação de Cinema e Vídeo de Quixadá (ACVQ), molti hanno seguito passo passo tutte le varie fasi della lavorazione, finendo per assistere alle riprese, affascinati, immobili e silenziosi, davanti al mitico "Ciak ! Si gira". In alcuni casi sono state coinvolte intere comunità, come quelle di Juatama, piccolo villaggio a 20 km da Quixadà, dove tutti hanno provato l'ebbezza di sentirsi attori per una volta nella vita, anche se nelle vesti di figuranti. Quando il copione esigeva una fazenda,  si è sempre ricorso alla Fazenda Fonseca, a 5 Km dal centro, i cui proprietari, vantano orgogliosamente di aver fornito lo scenario per i film  "A morte comanda o cangaço", "O Quinze", e "Siri-a-rá". 

sul set diel film "Homens com cheiro de flor"/ trailer del film "O Caminho das Nuvens"

Ma sono tanti i lungometraggi girati fra i monoliti di Quixadà, come  "Dora Doralina", "Corisco e Dadá", "Ô Casamento", "Vila Lobos", "O Caminho das Nuvens". Quest'ultimo, del 2003, ispirato ad una storia vera, narra di un camionista disoccupato di Paraiba che è costretto a percorrere 3200 km in bicicletta assieme alla moglie e ai cinque figli, per raggiungere Rio de Janeiro dove lo aspetta un buon impiego. Lungo il  viaggio la famiglia dovrà affrontare stanchezza, caldo, fame e violenza. Anche "Cine Tapuia", film di Rosemberg Cariry del 2006, è una sorta di road movie.. e narra la storia di un cieco ed una india che viaggiano per l'entroterra nordestino proiettando vecchi film in bianco e nero, finchè non conoscono un portoghese che vende vhs e dvd pirata. 

 

scene del film "A morte comanda o cangaço" / scene del film "O Cangaceiro Trapalhão"

Il filone però senz'altro più sfruttato  e ricorrente è quello che ruota intorno ai cangaceiros. "O cangaceiro trapalhão" (il cangaceiro goffo) è una commedia del 1983, di Daniel Filho, che lo presenta non tanto come un coraggioso bandito,  ma piuttosto come un poveraccio credulone, fifone, stolto, clownesco. Girato per la maggior parte nel villaggio di Juatama, la scena della "gallina dalle uova d'oro" è stata invece ambientata sulle pendici e sulla sommità della formazione rocciosa - una fra le più famose- chiamata Pedra da Galinha Choca (pietra della gallina che cova) chiamata così per il particolare profilo che richiama appunto quello di tale animale.

Pedra da Galinha Choca - Açude do Cedro - Quixadà

Anche se la maggior parte delle riprese furono effettuate in località Madalena, nel vicino distretto di Quixeramobim, in una grande fazenda- la Fazenda Teutonio (di proprietà del gruppo Edson Queiroz) tutt'ora all'avanguardia nell'allevamento selettivo di bovini ed ovini- il lungometraggio "Luzia Homem", di Fabio Barreto (1984), venne girato in parte anche a Quixadà. Tratto dall'omonimo romanzo di Domingos Olimpio, racconta la storia di una bambina che dopo aver assistito all'omicidio della madre, viene allevata alla durezza del sertão da un mandriano ed acquisisce modi maschili. Quando cresce e diventa donna,va alla ricerca degli assassini per potersi vendicare, ma finisce per incontrare l'amore.

monoliti attorno a Quixadà

Ed infine si arriva a produzioni più recenti. "O Quinze" (Il Quindici) film di Jurandir de Oliveira, del 2004, liberamente tratto dal romanzo omonimo di Rachel de Queiroz, che proprio a Quixadà lo scrisse, parla delle sofferenze degli abitanti del sertão centrale del Ceará, a seguito di una grande siccità che si abbattè nel 1915. "Homens com cheiro de flor",  film del 2010, firmato Joe Pimentel, invece narra la storia di tre moderni pistoleri, le cui vite si intrecceranno : Deodato, che vorrebbe smetterla con questa vita, Zé Galego, che da bovaro casualmente si fa coinvolgere e diventa un assassino a pagamento e Custódio, che da poliziotto si trasforma in killer professionista. Quasi uno studio antropologico sul tema, con tanto di credenze, costumi, leggende, valori ed ambizioni.

monoliti attorno a Quixadà

Approccio senz'altro più leggero per la commedia "O auto da camisinha" lungometraggio che ha visto la partecipazione di un famoso attore comico cearense - di recente scomparso- Chico Anysio- del regista quixadense Clébio Viriato Ribeiro. Attraverso una serie di situazioni legate al quotidiano ed espressioni della cultura sertaneja, viene lanciato un messaggio educativo, per  incentivare l'uso del preservativo fra i giovani e prevenire la trasmissione dell'HIV. Del medesimo regista anche "Gato Preto" (Gatto nero), girato in vari punti turistici della città, fra cui l' Açude (lago artificiale) do Eurípides e l'Açude do Cedro.  Al centro del film la presenza degli zingari- numerosi per le vie della città negli anni '70- soggetti a discriminazioni e pregiudizi, ed una leggenda urbana molto diffusa a Quixadà, che il regista sentiva spesso da bambino : una ragazzina saliva  periodicamente sulla parte più alta della Pedra do Cruzeiro, in pieno centro città, spinta a farlo - lei diceva- da un gatto.

monoliti attorno al  Açude do Cedro - Quixadà

Il modo migliore per godere di tale paesaggio ed abbracciare con lo sguardo tutta l'area e la sua particolare bellezza, sarebbe infatti quello di salirci sopra, i free climber e rocciatori li prediligono per le loro arrampicate, gli appassionati di parapendio è proprio da qui che si lanciano per i loro voli ed anche la Madonna ha pensato bene di sistemarsi in alto per benino.. in posizione dominante, sulla sommità della Serra di Urucum, a una dozzina di km da Quixadà, il  Santuario della Madonna Immacolata "Rainha do Sertão" (Regina del Sertão) accoglie pellegrini e devoti che salgono fin qui su in processione, e fra una sosta e l'altra della via crucis  riprendono fiato ed ammirano il panorama sottostante. Santuario voluto da un intraprendente religioso, vescovo della città per 19 anni, tale don Adelio Tomasin, veneto della provincia di Verona, al quale i quixadensi devono pure l'ospedale, centri di accoglienza e persino un' università privata, l' Università Cattolica "Rainha do Sertão",  aperta nel 2003 con 18 facoltà. 

monoliti attorno al Açude do Cedro - Quixadà

L'ultima fatica cinematografica che ha i misteriosi  monoliti come protagonisti - in questi giorni uscita nelle sale brasiliane - è  "Area Q", cooproduzione brasiliana- americana,  filmata fra Quixadá, Quixeramobim e Los Angeles. Il regista Gerson Sanginitto, affronta l'avvicente tema dell'avvistamento ed apparizioni di UFO,   e si è ispirato ad episodi realmente accaduti, verso la fine degli anni '70, in queste due città. Un giornalista americano giunge in Brasile per investigare su strani fatti che stanno accadendo nel Cearà, incontra Joao Batista, un semplice, umile sertanejo... Il "caso Barroso" ebbe luogo il 3 aprile 1976 a Quixadá. Il contadino Luis Fernandez Barroso "..una volta alla settimana, si recava in fattoria per badare alla mandria, e per approfittare del fresco mattutino,  partiva molto presto, alle 2.00 del mattino. Un giorno, mentre guidava il carretto, entrò in contatto con qualcosa che sembrava un aereo - solo che discese, gli scese vicino, e sparò un fascio di luce potente e quasi accecante su di lui " così racconta il figlio.  

 
 Açude do Cedro - Quixadà


Costui, Francisco Barroso, narra che dopo tale presunto contatto con gli alieni, il padre mostrò strani sintomi sulla pelle- dapprima arrossata come se fosse bruciata e poi ringiovanita, come se si fosse rinnovata. Quando morì, il figlio afferma che aveva una pelle troppo giovane, non adeguata alla sua vera età. L'uomo subì anche un deterioramento psichico, una sorta di regressione all'infanzia,  riusciva a malapena a pronunciare poche semplici parole e le sue facoltà mentali risultarono compromesse, ridotte a quelle di un bambino. Visitato da specialisti e recatosi in vari ospedali a Fortaleza, nessuno fu in grado di dare una spiegazione scientifica. Il suo caso rimase un  mistero irrisolto e al contempo iniziò a diffondersi e diventare oggetto di studio da parte di vari ufologi, spagnoli, portoghesi, italiani. 

monoliti attorno al Açude do Cedro - Quixadà

 Il figlio, ora proprietario di un negozio di alimentari a Quixadà, che ha, fra l'altro, recitato nel film suddetto- afferma di aver avuto esperienze simili, mentre stava guidando lungo la stessa strada, in direzione della fattoria.. "Ero in moto e ho visto un oggetto che emetteva una luce molto brillante. Mi sono allontanato per evitare di essere accecato dalla luce e  ho rallentato. Mi sono ricordato due consigli che mi dava sempre mio padre -Non aver paura e non essere nervoso. Cerca di stare vicino alle radici di un albero,perchè lì il dispositivo che usano gli alieni perde il contatto". Pare che dopo quella prima volta, queste apparizioni siano divenute una prassi normale nella sua vita, e per lui ciò non costituisce alcun problema "Dopo un pò ci si abitua. Non ho alcun rancore contro gli extraterrestri. E 'stato un incidente. Sarebbe potuto accadere a me, a te, o a chiunque altro ". L'ufologo Reginaldo de Athayde ha seguito il caso Barroso, dal momento in cui l'agricoltore fu rapito, fino alla sua morte. Per 17 anni, diligentemente, si recava a Quixadà una volta la mese con altri ricercatori. Tutto documentato nel suo libro "ET, Santos e Demonios na Terra do Sol" (Santi e Demoni nella Terra del Sole).

trailer del film "Area Q"
 

Crederci ? Non crederci ? La magia di questi luoghi è innegabile, una terra incantata, facile che ispiri miti, suggestioni, leggende. Una antichissima, di origine india,  parla di pietre volanti, che non sono state sempre nello stesso posto..

 
 
 

Voci dal Brasile

Post n°649 pubblicato il 04 Maggio 2012 da LivinginFortaleza
 

Silvia Machete canta "Simplesmente Mulher"

 
 
 

Enciclopedia del Sertão

Post n°648 pubblicato il 03 Maggio 2012 da LivinginFortaleza
 

"Grande Sertão: Veredas" opera prima

Ogni volta che lo rileggo, emergono nuovi dettagli.. in quel suo continuo rimuginare e descrivere i momenti di una vita travagliata e sicuramente eccezionale, scorre davanti lo scenario al completo.. una pellicola testuale dove si ritrovano accorpati il minuto e lo sguardo d'insieme, il particolare e l'universale e l'autore, si diverte, come fosse un fotografo, a zoommare su tali vastità. Il "Grande Sertão" è un monumento letterario, da portarsi sempre dietro e consultare, pagina per pagina, neanche fosse un dizionario. E' così che voglio presentarlo, con quel suo carattere enciclopedico, che tutto accoglie, esaustivo, omnicomprensivo. Perfezionista lo era parecchio, João Guimarães Rosa, amava rivedere, riprendere, riflettere, rielaborare le sue storie. Un lavorìo continuo, per un uomo dagli interessi multipli, con una doppia vita e una doppia personalità. Quella mondana del diplomatico che sapeva varie lingue straniere e visse gran parte della sua vita all'estero, e quella dell'ex medico condotto, che amava intrattenersi con i mandriani del sertão, ascoltarne le storie più bizzarre, osservarne la flora e la fauna, goderne gli odori e i colori.. tutto archiviato nella sua memoria.Me lo immagino proprio in groppa ad un cavallino percorrere km e km nell'interno del sertão mineiro, per raggiungere e curare i suoi pazienti; me lo vedo, annotare cambiamenti di clima, miti e leggende popolari, nomi di luoghi, colori di fiori, profumi e paesaggi, tanto diversi, ora tanto cambiati.    

Parco Nazionale Grande Sertão Veredas (Minas Gerais)

Interessi zoologici, botanici, entomologici, ornitologici, mineralogici, folclorici, antropologici eccheggiano nel racconto..fra le sue pagine, tra una sparatoria e l'altra, fra un vagare indistinto dei jagunços ed implacabili caccie all'uomo, l'autore ci proietta dentro l'ambiente, appellandosi a  tutti gli strumenti sensoriali a disposizione, per restituire nel modo più completo possibile, i luoghi. La natura innanzitutto, nel suo costante divenire, fra dirupi scoscesi, pianori estesi, montagne ricoperte da foreste inesplorate, deserti sabbiosi, veredas- oasi salvifiche d' acqua e vegetazione- fiumi grandi e piccoli, palmeti e paludi, altopiani, pascoli fertili e dune di sabbia. Dosa perizia e tenerezza nel descrivere le piante, nessuna esclusa, dai grandi e imponenti alberi alle pianticelle stagionali, sa dove crescono, come si moltiplicano, che fiore fanno, e che profumo ha quel fiore, quando fruttificano, se è di qualche utilità..i campi fioriti in aprile, il cocco del buritì  maturo in febbraio, tutte le erbe da foraggio, il loro alternarsi e quali sono le migliori, le sabbie mobili dei deserti, i nasturzi che di notte sembrano fosforescenti, e le incredibili piante che crescono nei deserti, il mandacarù, cactus,erbe striscianti, ruvide, pelose, spinose.

E' in quel suo girare fra queste lande che Guimarães Rosa apprese come interpretare i segni della natura, osservare i comportamenti di animali e piante per prevedere il tempo. Animali di tutti i tipi popolano il sertão.. giaguari e lupi, cervi, rospi e tapiri, armadilli  e serpenti, lontre ed enormi anaconde, scimmiette  e caimani..  si sofferma appena può sugli uccelli, una vera dichiarazione d'amore la sua..  che siano di fiume o di palude, cicogne crestate, germani, anatre, sparvieri,aironi, garze e tarabusi.. che siano regali o banali, cuculi, pernici, corvi e merli, maestose arara, civette e urubus, che portino bene o che siano di malaugurio.. li enumera, ne descrive usi e costumi,  il piumaggio,  il volo, i loro versi, gradevoli o agghiaccianti.. 

Con la medesima cura, da vero entomologo, avvicina la lente di ingrandimento, sul mondo degli insetti..  fastidiosi tafani, cicale e grilli, farfalle coloratissime, api e formiche alate a sciami, falene e scarabei, zanzare che danno il tormento sulle sponde dei fiumi. L'animale-simbolo  del sertão però, quello attorno al quale ruota quel  mondo è il bue.. mandrie in fila indiane lungo i corsi dei fiumi, buoi che si abbeverano timorosi per gli attacchi di piranhas, anaconde e caimani, che pascolano, sparpagliati a macchia d'olio, che si coricano all'ombra e si strofinano la schiena, che di notte si ricoprono di pipistrelli, tali e quali a piccoli fazzoletti neri, che rimangono impantanati nelle paludi e non ne escono più..Una natura udita, sentita , annusata e vista.. come su una tavolozza di colori vediamo l'azzurro- verde del cielo, il grigio degli altipiani, il bianco o il giallo della sabbia, il violaceo delle pianure, la terra fra il rosato ed il cenere, le striature ferro caldo e sangue del tramonto, il verde del vento, delle acque, della vegetazione, i colori dei fiori, arancio, rosso, viola, bianco.. e l'autore non si limita a colori puri, ma butta lì pure delle sfumature, tonalità che virano..Descrive le albe e i tramonti, nebbioline e incandescenze, lo scrosciare ininterrotto della pioggia, il turbinìo del vento, i movimenti delle  nuvole, una luce enorme, assassina.. nulla pare sfuggirgli.

Parco Nazionale Grande Sertão Veredas (Minas Gerais)

 

E gli uomini ? La presenza umana è quasi irrilevante..incontri rarissimi, fortuiti o sfortunati, dipende dai casi..  due le categorie : gli stanziali,  contadini, allevatori e fattori, legati  alla terra, chi la possiede e chi la lavora, uomini "sensati" e pratici, uomini "definitivi" ed il popolo dei migratori,  lebbrosi, sbandati, ladri di bestiame, qualche commerciante, venditore ambulante, anche straniero, e naturalmente  jagunços - questi ultimi uomini "provvisori", mezzi matti, sempre in movimento, talvolta senza saper dove andare e cosa fare. Capita, nel sertão, che ci si imbatta in carovane, lunghe file di bestie da soma che trasportano sale, cera, strumenti, tabacco, acquavite, pelli di giaguaro o lontra.. 

capita di incontrare intere città che migrano in cerca di pietre preziose, ma anche villaggi fantasma, decimati dalla peste, contadini poverissimi e cenciosi, bordelli improvvisati, rivendite di campagna. Un ambiente così difficile che rende gli uomini quasi simili alle bestie, li ingiallisce, ingrigisce, infiacchisce, inselvatichisce.. un abbruttimento fisico e mentale tanto che non vige più nessuna morale, ed allora una madre può benissimo decidere di sposare il proprio figlio, e due fratelli possono assassinare tranquillamente il padre. Il sertão pare un luogo a sè, con le sue leggi, i suoi ritmi, i suoi castighi e le definizioni, tante, varie, che l'autore ne dà, chiariscono bene il quadro della situazione.

Museu Cultura e Arte Popular, Fortaleza

 Un luogo dove comanda il più forte e il più astuto, dove "vivere è molto pericoloso", un luogo pieno di vuoti, che più cerchi di spingerlo indietro e più te ne ritrovi circondato, e guai a non obbedirgli.. "coloro che lo vogliono cavalcare riescono a tenersi in groppa solo per qualche tratto,  e sotto la sella ti ritrovi una tigre". Un luogo, questo grande deserto, "che se lo cerchi, non lo trovi mai,  e quando meno te lo aspetti, quello arriva, sordido e vero". E' potente, ti aiuta in modo poderoso o ti tradisce, il sertão è un'attesa, enorme.. difficile conoscerlo veramente .. solo gli uccelli dall'alto  ne vedono tutte le miserie e le allegrie.. Il sertão infine, ti produce, per poi inghiottirti, masticarti e sputarti fuori..Come può l'uomo, in questo ambiente ostile, conservare la sua umanità ?

biotopo della Caatinga

Qualche isoletta c'è, a dire il vero, che si preserva da tanta bruttura e ferocia.. le fazendas disperse sul territorio, diventano quasi delle oasi di piacere, profumi di forno, biscotti fatti in casa, fresche lenzuola e tran tran quotidiano rassicurante..è qui che spesso si rifugiano tutti, buoni e cattivi.. appendono le loro amache, si accampano amichevolmente e nel peggiore dei casi, rubano, saccheggiano, incendiano e stuprano tutto quel ben di Dio..sognano luoghi che poi finiscono per distruggere. Le preghierine della sera in ginocchio, i vestiti stirati, le feste di paese, i giardinetti con i fiori, giovani ragazze da sposare, i banchetti seduti a tavola  .. una vita domestica tranquilla, regolare, che sembra un miraggio ..  e di fatto lo è  : le fattorie  sono quasi sempre abbandonate.  Ed infine loro, i  jagunços, via di mezzo fra pistoleri  a pagamento e banditi, un'accozzaglia di gente delle più diverse, animati qualcuno da buoni sentimenti ed altri, più simili più a belve. Come piccoli (e neanche tanto) eserciti, con  regole, valori, gerarchie. Professionisti del combattimento, quasi lo succhiano dal latte materno, i più sono senza famiglia e niente hanno da perdere .. conoscono bene le armi e da quelle non si separano mai, gli danno dei nomi, le curano e le puliscono con affetto. Valorosi, non temono la morte, perchè rientra tutto nel gioco, coesi e solidali,  a volte generosi. Gruppi armati autosufficienti, ben organizzati, capaci di affrontare ogni privazione, sempre in perenne movimento.. si concedono solo qualche sosta, una tregua, per riposare e respirare un pò. Ognuno specializzato in qualcosa.. chi sa imitare il fischio degli uccelli, chi sa cucinare, chi conosce di tutte le erbe le virtù, e con queste cura raffreddori e febbri, dolori e ferite. C'è il maniscalco ed il veterinario, chi si occupa delle munizioni (forse il bene più prezioso), chi è un provetto esploratore e guida tutti per scorciatoie e giusti cammini, chi sa individuare dove c'è l'acqua, chi ha una mira infallibile..si parla poco e ci si capisce ad un cenno, ci sono quelli da rispettare e quelli da disprezzare, ognuno con i suoi vizietti, con le sue manie.

xilografia "Banda di Lampião" di João Pedro do Juazeiro

Sanno dormire a comando, muoversi come gatti, vedere al buio, annusano l'aria, hanno un sesto senso ed un intuito formidabile. Sono come uccelli migratori, cambiano luoghi e donne, lasciandosi dietro figli mai conosciuti. Quando non combattono contro bande nemiche o fuggono dai soldati governativi, trascorrono il tempo cacciando o pescando, perlustrando l'immenso terriotorio. Chi preferisce giocare a carte,  farsi il bagno nei laghi, chi  mangia  e dorme, chi spettegola e litiga. Qualcuno gioca a braccio di ferro, c'è anche chi recita preghiere, nessuno ruba o bara. Difficile avere veri amici nella banda, però capita, e se capita, è un legame fortissimo.. si diventa come figli, come fratelli. Talvolta hanno nomi fittizi o sono chiamati per soprannomi, il nome vero resta un tabù- forse scappano da qualcosa, preferiscono vivere nell'anominato. Nessuno li costringe a quella vita e quando vogliono, se ne possono andare. Dopo un pò, per stanchezza e mancanza di entusiasmo, facile aspettarsi delle defezioni. Si raccontano tante storie, fumando o masticando tabacco attorno al fuoco, prendono gusto a spararla più grossa, alcune storie sono vere, ma ingigantite, passate di bocca in bocca.. tesori sotto case, paludi assassine, fuochi fatui e fatture, donne che da streghe diventano sante, miracoli e processioni. Spesso creduloni ed ignoranti, fanno scongiuri, si affidano a qualche santo, tutti portano talismani ed immaginette sacre, piccole reliquie cucite addosso, se le regalano e se le scambiano. Si preoccupano  di seppellire i morti, di rendere gli onori  a chi merita, di vendicare le offese subite, e la colpa peggiore di tutte, il tradimento.

Museu Cultura e Arte Popular, Fortaleza

jagunços sono capaci di mangiare qualunque cosa.. non solo la succulenta carne allo spiedo, il riso e i fagioli, la carne essiccata, la farinha e la polenta di manioca, ma si arrangiano con quello che trovano e in mancanza di meglio frutta, legumi selvatici e pesci. I più coraggiosi, in fatto di stomaco, si accontentano di serpenti e scimmie, formiche e cavallette, ramarri. Appena è possibile tracannano uno e più sorsi di cachaça. Uomini senza radici e senza legami, questi  jagunços del  sertão , non appartengono ad alcun luogo, pare non abbiano passato, ma nemmeno futuro. Per uccidere la solitudine, si accompagnano a prostitute, considerate quasi sorelle, degne di rispetto, allegre ed esperte nella loro attività. In loro mancanza possono anche arrivare a rapire e stuprare fanciulle e madri di famiglia, come fosse una necessità.. per niente gentiluomini e molto bestiali. E' sempre alle donne che pensano, è sempre di loro che parlano. Non così i loro capi-gruppo, nè il capo supremo, circondato, sembra, da un alone di sacralità.. altamente rispettati, i capi possiedono qualità che mancano ai più. Intelligenti ed astuti, pazienti e magnanimi, sanno sempre quello che si deve fare, si intendono di strategie e manovre tattiche. Parlano poco e pensano tanto.  Nell'aspetto sono imponenti, aitanti, splendenti. Incendono in modo deciso, non hanno ovviamente paura di niente, non perdono la testa, non cedono a debolezze.Conoscono ad uno ad uno i loro uomini, ne sanno vizi e pregi, se ne sentono fortemente responsabili. Nessuno è in grado di stargli alla pari, sono al di sopra di tutti, una "razza d'uomini che non si vede più.."

dettaglio pannello di Carybè - Centro Cultural do Banco do Nordest, Fortaleza

 Questo il  sertão raccontato da Guimarães Rosa. E tanto ancora ci sarebbe da dire. Un ultimo sguardo su un fagotto di cose impilate, oggetti d'uso comune che girovagano, anche loro, per queste lande desertiche,  raccolti in borse ricamate,  penzolanti da colli e spalle,  buttati per terra o portati da muli.. Non sono, per la verità tanti, ma sono di questa vita raminga, un paradigma.  Fucili, mauser e winchester, carabine e tromboni, revolver e moschetti.. coltellacci e borracce, cartucciere e tascapani, bisacce e scapolari. Si dorme per terra ma anche su amache di cotone dai bordi ricamati, o su pelli di bue e per ripararsi dalle notti più fredde, pelli di montone. Qualcuno fa quotidiano uso di sapone e si lava anche i vestiti, lo specchio ed il rasoio- indispensabili per non trasformarsi in eremiti, ed ancora medagliette e santini contro malattie e malocchio,  i cappelli di pelle a larghe tese,  stivaloni di pelle di serpente e  sandali, anelli alle dita e zucchette per l'acqua. Di abbigliamento se ne vede di tutti i tipi, per lo più in pelle, ampia libertà di scelta, solo i vestiti bianchi sono rigorosamente banditi. Ed infine i cavalli, preziosi compagni, senza i quali, nel sertão, si è praticamente morti... Vivere è molto pericoloso ...

Berrantes, corni di bue usati per il richiamo del bestiame

 
 
 

Voci dal Brasile

Post n°646 pubblicato il 02 Maggio 2012 da LivinginFortaleza
 

Silvia Machete canta "Extravaganza"

 
 
 

Voci dal Brasile

Post n°645 pubblicato il 29 Aprile 2012 da LivinginFortaleza
 

Huaska canta "Chega de Saudade"

 
 
 

Innocua follia a zonzo

Post n°644 pubblicato il 28 Aprile 2012 da LivinginFortaleza
 

"A metà del secolo scorso,  certi tipi davvero "folcloristici" frequentavano,  girovagando, alcune zone del centro città. Erano buffi personaggi, eccentrici, e per questo attiravano l'attenzione di tutti coloro che li incrociavano, non solo passanti ma anche coloro che per quelle strade stavano svolgendo le loro normali, quotidiane attività.  Essendo una città provinciale, assai distante dall'espansione odierna, era normale che li conoscessero tutti. 

"Feijão sem banha"

"Feijão sem banha" era un tipo strano, che faceva ridere al solo vederlo, per quel suo acconciarsi vistosamente, quando camminava per la città. Aveva l'abitudine di mettere certi aggeggi penzolanti, attaccati con  sottile fil di ferro ad un pezzo di legno arcuato alle estremità e con due lattine, ad imitazione di un berimbau. Come se fosse una specie di reco-reco,muovendosi, emetteva un suono assordante, per niente piacevole, ma sufficientemente forte da attirare l'attenzione di chi passava di lì, sui marciapiedi. E lui ne approfittava per  chiedere l'elemosina a chi si stava recando al lavoro o andava a fare spese. Intonava canti senza capo nè coda, di difficile comprensione, attirando l'attenzione in un linguaggio imcomprensibile. Era perennemente ubriaco, ma alcune volte lo faceva apposta per trarne qualche vantaggio e commuovere i passanti.Era, come si dice "un pazzo furbo", un pò commediante. Quando le lattine erano piene di monete, se ne andava via, battendo nelle latte ed urlando. I bambini lo seguivano, in processione, canzonandolo : "Feijão?" (fagiolo) e  un altro gruppo di ragazzini rispondeva "Arroz?" (riso) e poi tutti insieme "Banha"(grasso) !E lui tutto arrabbiato  gridava  "Mistura Fio d´uma égua, mistura filho da puta!". E continuava con questa imprecazione camminando  a passi lenti. Il percorso che seguiva iniziava da Praça do Ferreira fino all'inizio dell'Avenida Santos Dumont,  che allora era assai meno trafficata di oggi. Lì sotto alcuni alberi, davanti alla Escola Normal, si fermava, proprio all'orario di uscita degli scolari, che di corsa, tutti accalcati ,si allontavano per paura di quella strana figura. Andava su e giù per le strade, con le lattine appese anche su braccia, gambe e collo, quasi strumenti musicali per farsi notare. Una specie di orchestra ambulante stonata, che faceva un rumore fastidioso, in totale coerenza con il "suonatore", poco pulito e con una barba bianca folta e sporca.  Spaventava i bambini e ragazzi che facevano il  suo medesimo percorso  -centro città, Beco dos Pocinhos, Escola Normal, Collegio  Imaculada Conceição- per andare  o per uscire da scuola e che appena lo vedevano, si stringevano tutti insieme e si tenevano per mano, correndo e insultandolo.

Ferrugem

Fra le varie figure che popolarono l'immaginario giovanile dell'epoca una delle più ricorrenti era  Ferrugem (Ruggine). Usava un fazzoletto per coprirsi la testa rasata, operazione questa che le facevano i barbieri, con la macchinetta apposita. Un taglio a zero, con buchi laterali e lasciando una cresta in alto. La Compagnia tramviaria Ceará Light  era solita fare alcuni sconti a particolari personaggi o categorie di persone. Ferrugem era una di queste, una passeggera onoraria, che non pagava mai il biglietto e mai gli e lo chiedevano. Appena saliva sul tram, tutti le cedevano il posto a sedere. Lei non chiedeva nulla e non ringraziava, trattata sempre con rispetto e delicatezza, per non urtare la sua suscettibilità. Impassibile, quasi inerte, non disturbava nessuno, nè voleva fare conversazione, solo talvolta chiedeva una sigaretta.Si recava nel quartiere signorile di Jacarecanga. Lì sostava presso le ricche case ed ogni giorno non mancava chi le offrisse colazione e pranzo. Vagò per la Fortaleza degli anni '40, fino agli anni '80, girovagando per le strade del centro, sedendosi nei bar e ristoranti, mai senza nulla chiedere. I clienti più generosi le regalavano sigarette, le offrivano del cibo. I barbieri le tagliavano i capelli e quando i iniziavano a ricrescere, se li sistemava da sola, creandosi una testa da far spavento. Alcuni ragazzi, i più dispettosi, si nascondevano e le gridavano dietro :" Ferrugem è un uomo !". Lei subito, da muta e tranquilla, si inalberava, sciorinava tutto un dizionario di parole pornografiche e terminava mostrando le parti intime e battendo la mano sul pube rispondeva "Guarda qui ! Non sono uomo per niente!" e giù altri improperi.. Di lei non si sapeva niente. Sembrava non avere famiglia e nemmeno si sapeva qualcosa della sua patologia. Non riusciva ad esprimersi e comunicare, chiusa nel suo  mutismo. Era di bassa statura e fumava in modo compulsivo. Dopo aver mangiato solitamente si sdraiava sotto un fícus-benjamim, quello della casa del Dottor Pedro Sampaio, angolo Rua Guilherme Rocha con Avenida Coronel Filomeno Gomes. Tirava avanti così, aliena a tutto e a tutti, senza alcuna preoccupazione, senza obblighi e doveri da compiere. Non amò nessuno e non fu amata. Visse senza fare del male a nessuno.

Fernandão

 Un altro pazzo famoso era Fernandão, un tipo  squallido che girava per le strade chiedendo elemosina, implorando carità per sopravvivere e per bere i suoi bicchierini. Stava sempre seduto o sdraiato sui marciapiedi delle strade centrali. Si ubriacava ed era volgare. La gente non lo considerava e allora lui talvolta fingeva di soffrire e blaterava che stava per morire." Omosessuale, abitava in Rua Senador Castro e Silva, fral' Avenida do Imperador, proprio vicino all' Avenida Tristão Gonçalves, dove aveva il suo negozietto. Era un bravo pasticcere , cucinava alla perfezione e vendeva pasti da portar via. Era un tipo pacato, riservato, non beveva e non fumava. Aveva una voce nasale, femminile e non faceva mistero dei suoi gusti sessuali, ma rispettava tutti e da tutti era rispettato. Se aveva una relazone era assai riservato. Chiamato dagli amici Bia (diminutivo di Beatrice), era di notevole statura, spalle larghe, una pelle scura olivastra, quasi nero-grigia, gli mancava solo un vassoio in testa e poteva sembrare una perfetta bahiana venditrice di  vatapá, caruru, mugunzá. Gli alunni del Liceo del Ceará, appena lo vedevano lo prendevano in giro, con insulti e fischi fragorosi che attiravano l'attenzione dei passanti. Oggi di lui non si più nulla, nè dove abita. Se è vivo, dovrebbe avere circa 90 anni. Un altro tipo originale, che aveva problemi nell'esprimersi, disturbi di locuzione, era conosciuto come Bebê Chorão (bebè piagnone). Il padre era benstante, possedeva alcuni immobili sparpagliati per il centro della città. Viveva con tutta la famiglia davanti al santuario di São Francisco, fra l' Av. do Imperador, e le Ruas Guilherme Rocha e Liberato Barroso. Nonostante il medico gli avesse proibito di bere alcolici, lui disobbediva con una certa frequenza. Non beveva nè con raziocinio, nè con giudizio e quando i ragazzini lo vedevano in questo stato di ubriachezza, gli gridavano dietro : "Bebê Chorão, Bebê Chorão. Ora viene papà a prendere il bambino. Prendi il tuo ciuccio che ti dò un centesimo". E subito il padre, la madre e le sorelle andavano in suo soccorso, per sottrarlo agli scherni. Se le sue sorelle erano riunite sul marciapiedi davanti casa, spesso un gruppetto di bambini, per deriderle, cantava loro  in coro una canzoncina. Il nomignolo gli era stato dato per il fatto che era così incredibilmente brutto da far spavento, da far piangere i neonati. Ma anche perchè assomigliava a quelle bambole di celluloide da poco prezzo, che se avvicinate al fuoco, bruciavano in un istante, riducendosi ad un pezzettino di gomma. Questo nomignolo divenne famoso in città e fu un vero tormento per l'intera famiglia, che veniva appunto chiamata la "Família dos Bebês Chorões". Cosa assai spiacevole, perchè appena uno di loro passava per la via, ecco subito arrivare sussurri, commenti e risatine. 


Bebê Chorão


 Bumba Chora era un tipo strambo, che appariva solo di notte, in Praça do Ferreira. Non parlava, sempre ben vestito, con la giacca pulita, era di buona famiglia. Aveva avuto un ictus, con conseguente paralisi facciale e problemi motori, per cui camminava scomposto, tutto di lato, osservando malamente chi lo fissava, senza però reagire in alcun modo, nemmeno dinnazi agli insulti dei ragazzi e procedeva come se niente fosse. Dopo aver attraversato la piazza, sceglieva un posto adatto, si sedeva e non proferiva alcuna parola. Silenzioso, passava ore  e ore osservando il viavai della gente, che andava di qua e di là. I bambini ne aveano paura, perchè anche lui, era proprio brutto, ma inoffensivo. Apatico, quasi un uomo trasparente, senza luce e senza ombre, di quelli che muoiono senza nemmeno aver vissuto."

     traduzione di articoli di Zenilo Almada, Diario do Nordeste, 28 Aprile/26 Maggio 2012   


 
 
 

Voci dal Brasile

Post n°643 pubblicato il 28 Aprile 2012 da LivinginFortaleza
 

Matanza canta "O Último Bar"

 
 
 

Voci dal Brasile

Post n°642 pubblicato il 27 Aprile 2012 da LivinginFortaleza
 

Afroreggae canta "Quero só você"

 
 
 

Voci dal Brasile

Post n°641 pubblicato il 27 Aprile 2012 da LivinginFortaleza
 

Marcelinho da Lua  canta  "Ela Partiu"

 
 
 

Voci dal Brasile

Post n°640 pubblicato il 27 Aprile 2012 da LivinginFortaleza
 

Dão  canta "Não vá dizer que vai ficar de fora desse samba"

 
 
 

Cordel, presente e futuro

Post n°639 pubblicato il 25 Aprile 2012 da LivinginFortaleza
 

Gli argomenti sono dei più disparati.. politica, notizie di cronaca eclatanti, fatti curiosi del sertão,  quotidianità e  fantasia , tutto può diventare argomento del cordel.Alcuni ricercatori affermano che questo tipo di letteratura popolare, così diffusa nel nord est, sia di orgine tedesca. In Brasile i primi apparvero nel 1893. L'estrema diffusione ed il grande successo erano dovuti agli alti indici di analfabetizzazione della popolazione.. i poeti declamavano o cantavano i loro versi, per attirare clienti, accompagnandosi con una chitarra, cose d'altri tempi, ma ancora in alcune località, in alcune piazze,  si possono trovare. Gli argomenti, tutti scritti rigorosamente in rima, suscitano nel pubblico i sentimenti più diversi, ma certo non lasciano indifferenti chi li ascolta ..malinconici, riflessivi, allegri, delicati, grotteschi, violenti, comici, sognanti.  Bisogna seguire regole metriche ben precise.. per alcuni è più facile scrivere, i versi vengono così, di getto,  come se possedessero un dono speciale, altri invece hanno bisogno di allenamento e pratica. Il sapere improvvisare non è da tutti ed anche le storie non si studiano a tavolino, c'è chi scrive su ordinazione, altri non riescono proprio, scrivono solo d'impulso.. sempre con carta e penna a portata di mano. Fresca di stampa ora un'antologia della letturatura del cordel brasiliano, presenta una selezione accurata di 15 autori.

Evaristo Geraldo da Silva, Rouxinol do Rinaré, Arievaldo e Klévisson Viana

Ci sono voluti cinque anni per realizzarla, tra pianificazioni ed elaborazioni. L'idea - del ricercatore e cordelista Marco Haurélio- era quella di proporre una raccolta di qualità- prima nel suo genere -  che includesse autori del passato e del presente, di vari stati nordestini (Ceará, Pernambuco, Paraíba, Bahia e Piauí). Per ogni autore viene presentato un testo, prediligendo fra quelli meno conosciuti o inediti. E così accanto ai pionieri di questo genere letterario come  Leandro Gomes de Barros, con il suo "O soldado jogador", si possono trovare i "classici" José Pacheco (con il suo "História do caçador que foi ao inferno" / Storia del cacciatore che andò all'inferno) e Francisco Salles Arêda o autori contemporanei, fra cui Pedro Monteiro e lo stesso Marco Haurélio. A contemplarli tutti, ne sarebbe venuto  fuori un tomo di mille pagine e si sta già pensando ad un secondo volume. Fra i cordelisti scelti, quattro sono cearensi. Arievaldo, Klévisson Viana (quest'ultimo fondatore della casa editrice Tupynanquin, specializzata in letteratura del cordel), Evaristo Geraldo da Silva e Rouxinol do Rinaré, sono i rappresentanti della nuova generazione di autori del Cearà. Dopo due decenni di silenzio e di crisi, negli anni ' 80 e '90, quando anche le case editrici "storiche" come la Lira Nordestina a Juazeiro do Norte, chiusero i battenti, adesso si assiste ad una sorta di rinascita. Il cordel era stato dato per spacciato e invece sta riconquistando i favori del pubblico.La moda del momento, quanto meno quello che il mercato adesso richiede, pare siano i romanzi, adattamenti di opere di grandi autori classici come Josè de Alencar, con personaggi ben costruiti e trame ricche. Anche i giovani li leggono, anzi.. il cordel entra normalmente nelle aule scolastiche ed è usato come strumento paradidattico. Tutti e quattro questi cordelisti, infatti, sono stati coinvolti in progetti educativi, tengono laboratori per bambini e ragazzi. Una forma questa, anche se con metodi differenti e  più moderni, di dare  continuità ad una tradizione molto antica e radicata. 



Alcuni  studenti poi spinti dall'entusiamo, vanno oltre, e da lettori si trasformano in scrittori. E' quanto è successo al giovane Josuè Lima, di 13 anni, che dopo aver seguito un laboratorio due anni fa, ha iniziato a scrivere cordeis. La prima tematica affrontata non era nemmeno poi tanto leggera- "Os malefícios das drogas na visão de uma criança" (I malefici delle droghe secondo un bambino). Successivamente ha pubblicato "O príncipe sortudo e a sapinha encantada" (Il principe fortunato e la ranocchia incantata) e "O Mandarim e a borboleta" (Il Mandarino e la farfalla), insieme al padre Evaristo Geraldo.Timido, Josué preferisce esprimersi attraverso i suoi testi, si prepara leggendo molto, consultando il vocabolario, esercitandosi nella metrica, con la quale ha ancora qualche difficoltà.

Josè Lima, cordelista di 13 anni

 Chi invece procede spedita nella rima è  la studentessa di pedagogia Julie Ane Oliveira, 18 anni, figlia del già citato cordelista Rouxinol do Rinaré. Lei è stata un pò una privilegiata.. si può dire sia cresciuta in mezzo ai cordeis, cresciuta a riso e cordeis. In casa si leggeva molto, non solo le opere dal padre, ma anche  i classici di Leandro Gomes de Barros, come "O cavalo que defecava dinheiro", "O cachorro dos mortos" e "A peleja de riachão com o diabo" , ed anche i foglietti scritti da Arievaldo Viana, Marco Haurélio e Klevisson Viana, hanno fatto parte della sua formazione.

Julie Ane Oliveira giovane cordelista

Ha iniziato a scrivere i suoi primi versi a 10 anni e ad 11 ha pubblicato il suo primo cordel dal titolo "A esperteza de João, o rapaz pobre que casou com uma princesa" ( La furbizia di João, il ragazzo che si sposò con una principessa) . Fino ad oggi ne ha pubblicati quattro ed  altri sono in preparazione. Il pubblico  a cui si rivolge sono essenzialmente bambini,  adatta  favole classiche, racconti d' avventura, storie d'amore, con principi e principesse, tutto ciò che possa incantare l'immaginario infantile, così come lei è rimasta affascinata dalla sonorità delle rima, dalla cantilena, da quelle storie di re impavidi, di personaggi fantastici. Si è cimentata anche in una storia drammatica, dal titolo"Uma tragédia em família ou o pai que matou o filho" (Una tragedia familiare o il padre che uccise il figlio), ma  non ha avuto gran che successo.. Il cordel del futuro è comunque nelle loro mani e mi pare siano buone..

 
 
 

Qui c'è puzza di petrolio

Post n°638 pubblicato il 24 Aprile 2012 da LivinginFortaleza
 

Il buongiorno non si vede dal mattino e le cose, insegna la storia, iniziano in un modo e finiscono in un altro.. chi avrebbe mai pensato che il colosso brasiliano che produce 2.455.636 barili al giorno - solo considerando quelli estratti nei bacini del territorio brasiliano -  e che continua a trovare nuovi giacimenti - l'ultimo è quello di qualche mese fa individuato nel pozzo 4-SPS-86B chiamato Carcará, a 232 km dalla costa di São Paulo- all'inizio non ne voleva proprio sapere di cercare il petrolio ?

scena del film "Ouro negro"

Gli esordi si fanno risalire al 1858, anno in cui il Marchese di Olinda concesse a José de Barros Pimentel il diritto di estrarre bitume nei suoi terreni, situati ai margini del  rio Maraú, a Bahia. Ma per la prima perforazione vera e propria, in profondità - si raggiunsero i 488 metri- si deve aspettare il 1892. L'intrepido si chiamava Eugenio Ferreira de Camargo, la località era Bofete, in territorio paulistano, ma ciò che si trovò fu solo acqua sulfurea.

Eugenio Ferreira de Camargo e suoi aiutanti accanto alla sonda che realizzò la prima perforazione pioniera a Bofete (SP), 1892

 Nei primi decenni del '900 studiosi e ricercatori tentarono di perforare senza ottenere alcun esito. L'ingegnere agronomo Manoel Inácio Bastos nel 1930 venne a sapere che gli abitanti di Lobato, quartiere popolare di Salvador de Bahia, usavano una specie di "fango nero", oleoso, come combustibile per i loro lampioni. Incuriosito dalla notizia, realizzò varie ricerche, effettuò esperimenti, raccolse  campioni di fango oleoso, arrivò alla conclusione che si trattava di petrolio e che ce ne doveva essere in abbondanza, ma purtroppo non aveva contatti influenti e persone che potessero investire nel progetto. Fu bollato come visionario, maniaco.

trailer del film "Ouro negro"

Nel 1936  lo scrittore paulista Josè Bento Monteiro Lobato scrisse "Lo scandalo del petrolio" nel quale accusava il governo di "non perforare e non lasciare nemmeno che si perforasse", denunciava l'arretratezza del paese nel settore petrolifero e l'ingerenza di multinazionali. Da una parte c'era una buona dose di amatorialismo, scarsa professionalità di chi personalmente comprava equipaggiamenti e tentava la fortuna, senza criteri ed alcun metodo, stile corsa all'oro forsennata. Dall'altra le multinazionali straniere erano poco interessate perchè era ancora tutto a livello embrionale e si sarebbero dovute investire grosse somme di denaro nella ricerca geologica, equipaggiamenti e tecnici specializzati. Di qui l'atteggiamento governativo a dissuadere. se non, nel peggiore dei casi, ad ostacolare iniziative perforative, sia nazionali che straniere.

copertina del libro infantile "Il pozzo del Visconte" di Monteiro Lobato

 Il libro fu un successo, tutte le copie furono vendute, tanto da dover essere  censurato l'anno dopo da Getulio Vargas, mentre lo scrittore aveva già bell'è pronto un altro libro, "Il pozzo del Visconte", in cui, sotto le innocue vesti di un libro per l'infanzia, Monteiro Lobato ribadiva altre accuse e critiche riguardo la presenza di petrolio in quantità e la cecità delle autorità.

scena del film "Ouro negro"

Liberamente ispirato a fatti e personaggi reali, anche il film "Ouro Negro" di Isa Albuquerque (2008)  sottolinea la persistente ottusità del governo e le posizioni di chiusura a questo riguardo, la lotta ostinata di chi invece nel petrolio profondamente credeva. E' il caso del  medico e geologo tedesco Josè Josch che negli anni '10 decide di mettere su una piccola impresa per lo sfruttamento di  minerali nello stato dell'Alagoas. Il suo sogno però è quello di cercare petrolio e a questo scopo conduce ricerche insieme al cognato. La sua uccisione interrompe la ricerca che verrà ripresa, seguendo strade diverse, dal figlio e dall'assistente, entrambi ingegneri. Sebbene sia una fiction, il copione si è basato strettamente su fatti reali, le ricostruzioni sono state fatte sulla base di resoconti di polizia dell'epoca e  racconti dei parenti dei pionieri, modificando solo alcuni dettagli, nomi di persone e di istituzioni. Riguardo la morte di alcuni personaggi, anche se non si sa con certezza se si suicidarono o se furono uccisi, perchè mancano le prove, si è optato per la seconda ipotesi, dando fede ai racconti dei familiari."Ouro negro" è quasi un film documento, attraverso il quale si possono cogliere i fatti salienti relativi al petrolio in Brasile,  dai primi litigi dei proprietari terrieri per il diritto di sfruttamento, all'apertura del primo pozzo produttivo del paese a Lobato, a Bahia nel 1939, fino alla nazionalizzazione del petrolio con Getulio Vargas e la creazione della Petrobras. Momenti di storia poco conosciuti e ricordati.

Oscar Cordeiro, pioniere nell'esplorazione del petrolio davanti al pozzo di Lobato a Bahia - anni'30

  Nel 1938 venne creato il Consiglio Nazionale del Petrolio (CNP), che accoglieva richieste di ricerca e sfruttamento di riserve petrolifere e tutta l'attività petrolifera passa, per legge, ad essere obbligatoriamente realizzata da brasiliani. Nel medesimo anno,  sotto il controllo del recente CNP,  si procede alla perforazione del pozzo DNPM-163, a Lobato, e nel 1939 finalmente si trova il petrolio. Altri pozzi iniziano a sorgere un pò dovunque nel Recôncavo bahiano; nel  1941 si individua in grosso giacimento a Candeias, Bahia. Nel 1940 Monteiro Lobato torna a farsi sentire. Scrive due lettere, di cui una indirizzata personalmente a Vargas in cui sparava a zero sul CNP, sul Dipartimeno Nazionale di Produzione Mineraria, denunciava l'inefficenza della ricerca nazionale, la distruzione delle compagnie nazionali, la legislazione restrittiva.. tutto ciò limitava l'effettiva autonomia del paese e lo condannava a dipendere dalle importazioni di petrolio straniere. Monteiro Lobato appoggiava la cosiddetta "Teoria della Cospirazione", condivisa da molti intellettuali sudamericani dell'epoca, secondo la quale il governo boicottava le compagnie brasiliane per favorire quelle straniere. Nel 1941 lo scrittore verrà arrestato, ironicamente per ordine di un generale che diventerà, più tardi, uno dei leader della campagna petrolifera. Resterà in prigione tre mesi, infine liberato grazie alla pressione dell'opinione pubblica e degli intellettuali. Dal 1939 al 1953 vennero perforati ben 52 pozzi, ma  pare che ancora negli anni '50 il Brasile fosse costretto ad importare petrolio...

Manifestazione a favore del monopolio petrolifero nel Brasile promossa dal Centro de Estudos e Defesa do Petróleo e da Economia Nacional

 Sotto il governo di Gaspar Dutra (1946-1951), la situazione cambia radicalmente. Fautore di una politica liberale, opposta a quella del suo predecessore, Gaspar Dutra riassumerà la sua politica riguardo la gestione del problema petrolifero nello "Statuto del petrolio", in cui si dichiarava apertamente favorevole ad accogliere capitali stranieri nelle attività di estrazione. Ma doveva far i conti con la fazione dei nazionalisti, che diede il via ad una  massiccia campagna a difesa del monopolio di stato, con il famoso slogan “O Petróleo é Nosso!” (il petrolio è nostro). Nel 1948 viene creato, come reazione al suddetto statuto, il Centro Studi e Difesa del Petrolio e della Economia Nazionale (CEDPEN), che dirigerà la campagna, coinvolgendo un curioso miscuglio di politici conservatori, militanti comunisti e  militari nazionalisti. Nel 1951 Getulio Vargas venne nuovamente eletto alla presidenza della Repubblica e dopo due anni firma la legge Nr. 2004 -con la quale nasce la Petrobras (Petroleo Brasileiro S.A.)- e con essa una serie di disposizioni riguardo la politica nazionale del petrolio e la definizione delle competenze del CNP. La monopolizzazione dell'oro nero, era solo una questione di tempo ed i tempi, evidentemente, erano ora maturi.

Manifestazione a favore del monopolio petrolifero  Rio de Janeiro 13 marzo 1964

Nel 1963 il monopolio statale è esteso all'importazione ed esportazione di petrolio e derivati. Situazione che durerà inalterata per 44 anni, finchè nel 1997 una nuova legge apre alla partecipazione privata nella ricerca, estrazione, raffinazione,esportazione, importazione e distribuzione del petrolio.

Prima piattaforma marina P-1 (1968)

Da qui in poi è tutta una strada in discesa. Nel 1968 la Petrobras sviluppa un progetto per cercare ed estrarre il petrolio nelle profondità marine. L'ultima novità si chiamava P-1, prima piattaforma marina fluttuante, nel campo di Guaricema, Sergipe, costruita nel 1968 in cantieri brasiliani ma su progetto statunitense, dotata di una sonda capaca di arrivare fino a 4000 metri di profondità. Nel 1974 si scopre uno dei giacimenti più estesi, nel bacino di Campos, la maggior riserva petrolifera del paese, nel Campo de Garoupa. Verso la  fine degli anni '70 e i primi anni '80,  viene introdotto il cosiddetto "Sistema di Produzione Avanzata", ossia si perfora attraverso una piattaforma temporanea, mentre si  pone a termine la costruzione di quella definitiva, per risparmiare su tempi e costi e per ottenere informazioni più precise in anticipo sul giacimento che si andrà a sfruttare.  

Prima piattaforma semi-sommersa P-18 (1994)

 Nel bacino di Campos vengono scoperti uno dopo l'altro enormi riserve di greggio  : nel 1984 ad Albacora, da cui si  estraggono 500.000 barili di petrolio al giorno. L'anno dopo il Campo di Marlim. E' qui che i tecnici della Petrobras  svilupperanno e costruiranno nel 1994 la prima piattoforma semi sommersa (P-18). Nel 1996 arriva la scoperta del terzo grande giacimento, quello del Roncador. Nel 2000 in questo pozzo si arriverà a quota 1.877 metri di profondità, raggiungendo il record mondiale. Il XXI secolo porta con sè due fatti fondamentali : la scoperta del più grande giacimento di gas naturale nella piattaforma continentale brasiliana, il  Campo di Mexilhão, bacino di Santos,  e la scoperta di petrolio pre-salino (ossia strati di petrolio localizzati in grandi profondità, sotto le acque oceaniche, al di sotto di uno spesso strato di sale). Nel corso degli anni la produzione aumenta ed aumenta pure la profondità di perforazione. 

E proprio sopra una di queste piattaforme, la P-50 che l'allora presidente Lula, nel corso di una commemorazione, parlando dell'autosufficienza energetica del Brasile, si impiastricciò ben bene le mani nel petrolio e pronunciò la fatidica frase "Il petrolio è nostro", ricalcando quella pronunciata da Getulio Vargas in visita ai pozzi di Lobato negli anni ' 30...quasi un fil noir oleosissimo..

 
 
 

Voci dal Brasile

Post n°637 pubblicato il 24 Aprile 2012 da LivinginFortaleza
 

Marcela Bellas canta "Alto do Coqueirinho"

 
 
 

Alle dipendenze di Sua Maestà il mare

Post n°636 pubblicato il 21 Aprile 2012 da LivinginFortaleza
 

Jangada a Iguape

Sono come dei moderni Ulisse, uomini di mare in balia del vento, a percorrere miglia marine, alla ricerca di una buona pesca.. le loro donne, proprie come Penelope, li aspettano sulla spiaggia, e all'ombra di una palma, intrecciano sapientemente fili e ricamano merletti, si interrompono solo quando avvistano la jangada del marito ed emettono un sospiro di sollievo. Non sono una specie in via di estinzione i jangadeiros ancora esistono. Li puo incontrare la mattina presto, che riparano reti sulla Beira mar di Fortaleza e guardano un pò perplessi i turisti e i tanti sportivissimi concittadini di ogni età che corrono e camminano a passo svelto, fasciati in tutine e calzoncini acrilici.

Jangadas tirate a secco a Mucuripe, Fortaleza

Qualcuno, ogni tanto, lo incroci con i pesci sulle spalle, infilzati ad un cordino come fossero perle di una collana. Le jangadas sono tutte a Mucuripe, alla fine del lungomare, in secca con le vele ben arrotolate, o a riposo, disposte di traverso sulla spiaggia, forse in attesa di una qualche riparazione. I pesci lì arrivano e lì vengono venduti, da sempre, direttamente dal produttore al consumatore, in un mercato del pesce un pò precario - che farebbe storcere il naso a normali  ispettori d'igiene - ma pregno di storia..  

Pescatore, statuina di legno artigianale

Le jangadas una volta erano molto basiche ed esponevano il pescatore alle mercè del tempo. Cinque tronchi d'albero, legno molto comune negli acquitrini dell'Amazzonia,  che fluttua bene sull'acqua, resistente, non marcisce e non secca (piuba, araticum o timbauba). I tronchi, ripuliti della corteccia, erano assemblati e legati strettamente fra loro, senza l'uso di un solo chiodo. Quasi delle zattere- le più piccole vengono chiamate panquetes- solo un poco più sofisticate, con alcuni accorgimenti. Un albero maestro, ricavato da un tronco sottile di tamanqueira, regge una vela triangolare di tela di cotone, sulle quali scritte dipinte, da "Madonna dell'Apparizione" a "Grotta dell'amore", indicavano quali fossero le inclinazioni del proprietario. Fondamentali gli espeques inseriti nei tronchi,strutture semplici di legno per proteggere strumenti e tutto ciò che non si deve bagnare- in alto è collocata la legna per accendere il fornello, vela, rotoli di corda. In basso il barile d'acqua per bere, la pentola per cucinare e la latta con il cibo.

jangada de piuba - Museu Arte e cultura Popular Fortaleza

    Ora sono realizzate con tavole (jangadas de tabua) assemblate con chiodi,  comode, durano di più, e  poichè cave, in caso di pioggia ci si può rifugiare dentro. Le vele continuano ad essere di cotone, il materiale migliore, che resiste meglio all'acqua salina ed al sole. La jangada de tabua ha una vela più grande ed una più piccola per il governo dell'imbarcazione. 

"Jangadeiro"/ "Pescatore con sumburà" di Raimondo Cela, 1943 (Collezione MAUC Fortaleza)

Si sveglia prima dell'alba il jangadeiro, salta già dall'amaca che è ancora buio, si veste - un tempo la "divisa" era  pantalone e camicia di panno spesso di una tinta rossastra, ottenuta con un colorante a base di radice di caju, per indurire e resistere al salino ed un cappello di paglia bianco, reso impermeabile con un colore oleoso. Una veloce colazione a base di cafè con tapioca o pesce fritto e farinha, un saluto alla moglie e si incammina verso la spiaggia. Porta con sè poche cose : la lenza e gli ami, la latta con il cibo, fiammiferi e sigarette, il contenitore per i pesci. Quando arriva alla jangada i compagni sono già là.. devono sfruttare il terral, che soffia al mattino. 

jangadas a Jericoacoara

Sulla barca è tutto pronto : la vela è srotolata,  a bordo ogni cosa è al suo posto -il samburà, cesto di cipò per raccogliere i pesci, anche se oggi si preferisce una cassa con il ghiaccio in polistirolo, il toaçu (un' àncora molto rudimentale), il lampione (un tempo non c'era nemmeno quello), il fornelletto da campo improvvisato formato dalla bola de japones (boa) o una latta di cherosene tagliata a metà, poi riempita di sabbia, carbone e bucce secche di noce di cocco. La jangada viene fatta scivolare sulla sabbia su tronchi e avviata verso le onde. Il maestro osserva il vento, governa la vela, impugna il remo. Le onde invadono ogni cosa, bagnano piedi e pantaloni, nulla oppone loro resistenza, bisogna assecondarle, e con movimenti e spostamenti, l'equipaggio mantiene l'equilibrio e segue le oscillazioni..

Una vita pesante e faticosa, poveri sono e poveri restano. La barca non è la loro, il proprietario resta a terra e dividerà a metà il pescato. Pochi sono riusciti, dopo una vita di lavoro, ad avere una barca propria. In molti, invece, si sono rovinati la salute, per problemi d' ernia e agli occhi. Un certo benessere si raggiunse negli anni' 60 con la pesca dell'aragosta, ma adesso la pesca è regolamentata e si sono dovuti imporre dei fermi. Il documentario "Canoa Veloz" di Joe Pimentel dà voce proprio a loro,  i pescatori di aragosta cearensi, e tutti, giovani e vecchi, che abbiano in testa un cappello di paglia sfilacciato o un berrettino di tela con visiera, hanno un comune sentire, l'ineluttabiltà della fine di questo genere di pesca. I primi sono più ottimisti e spavaldi, i secondi sono solo preoccupati : hanno fatto sempre, e solo quello e dopo.. cosa faranno?

"Rolando para a terra" olio di Raimondo Cela-1946 (Collezione MAUC Fortaleza)

Nelle comunità costiere cearensi,  in quelle tradizionali, a Caponga, ad Aracati o a Jericoacoara, la pesca è fatta come una volta, con metodi antichi, e diventa ogni giorno più difficile competere con le barche motorizzate e dotate di mezzi  tecnologici che provengono da Mucuripe. In compenso ora sono più organizzati, hanno una sorta di sindacato,  documenti di lavoro ed un minimo di assistenza,  ed anche le loro mogli, che hanno sempre pescato granchi, gamberi, siris, ostriche e pixoletas, con reti a strascico, finalmente vedono i loro diritti riconosciuti.

il toaçu (Museu de arte e cultura popular, Fortaleza)

La pesca è fatta con lenza e amo. Buttato il toaçu, inizia la pesca, sul bordo della barca in piedi, si lancia la lenza e si aspetta, pazientemente. La biquara, la garoupa, mariquitas e sapurunas si pescano in acque basse e poco profonde, invece ben lontano dalla costa si possono trovare pesci più grandi - la cavala, il cangulo, l' arabaiana, il sefigado e la carapitanga. Ed ancora ciobas,sirigados, guaiabas, beijupiras, pargos...Può andare bene e possono non trovare niente e così si ricomincia il giorno dopo, altra zona, altra pesca. Possono restare in mare anche per 4-5 giorni. Nell'attesa si fuma, si beve un caffè, si cucina e si mangia. Il fuoco è acceso con una sigaretta e prende subito, quando c'è vento. Di solito mangiano il pesce che pescano, un tempo si portavano anche carne de sol (essiccata). Adesso hanno ampliato la scelta ed integrano la dieta con succhi di frutta, caffè, pasta e riso.

pescatore di rientro alla capanna - Jericoacoara  

E' di solito al tramonto che ritornano, quando soffia il vento dal mare verso terra ed è più facile rientrare, ma può capitare che il vento non ci sia o sia contrario, ed allora lottano per ore, in una lotta estenuante. Il vento è buono nel Cearà- dicono loro -ma ci sono periodi propizi ed altri no.  Ottobre, novembre e dicembre è la stagione migliore. A Natale soffia un vento chiamato "tormenta di festa", poi arriva la bonaccia e cominciano le piogge. I più vecchi ricordano ancora questi venti capricciosi ed uno strano andamento del mare che formava tre onde altissime.

Cappella dei Naviganti - Fortaleza /Nostra Signora dei Naviganti, Museu do Cearà, Fortaleza

Sarà per tutte queste incognite, imprevisti e pericoli che i pescatori a qualche santo devono pur votarsi. Nel Nord est le comunità della costa sono particolarmente devote a S.Pietro, alla Madonna dei Naviganti,  Al Buon Gesù dei Naviganti,  e a San Giuseppe di Ribamar, a loro sono dedicate le barche e le  cappellette che spesso sorgono sulla spiaggia o vicino al mare. I momenti di svago e di festa sono legati a processioni e feste religiose, ma anche a tradizioni folcloriche molto antiche, approntate all'aperto, in tutta semplicità, con pochi mezzi. Uno di questi è la chegança, sorta di atto popolare, messo in scena a Caponga, ricostruzione di una battaglia fra mori e cristiani. I preparativi iniziano pochi giorni prima del Natale. Si ricostruisce una barca, i personaggi indossano abiti caratteristici- uniformi bianche, spesso ricavate da sacchi di farina, galloni sulle spalle, bottoni luccicanti. Un variante è la Nau Caterineta, anch'essa tradizione folclorica di origine iberica, l' una ad esaltare l'eroismo spagnolo contro i saraceni, l'altra ad omaggiare il coraggio dei marinai portoghesi nella ricerca di nuove terre. Si finge una battaglia a bordo della nave e si intonano canti.

Jangadas a Flecheiras

   Le notti, nelle colonie di pescatori, sono anche allietate da racconti di storie legati al mare, miti  e leggende, ed anche se nessuno osa portare amuleti in barca, non sono immuni da superstizioni. C'è sempre chi ha visto qualcosa, qualcuno.. esseri magici, spiriti, luci, suoni che appaiono e scompaiono e le mitiche sirene che si pensa, abitino sulla linea dell'orizzonte, laddove l'oceano Atlantico incontra il Pacifico. Di costituzione muscolosa, di statura bassa, con la pelle rovinata dal sole ed i piedi deformati,  il jangadeiro  affronta il mare come la vita, con serena determinazione, i pericoli e le difficoltà fanno parte del gioco. Intelligenza, abilità, solidarietà, coraggio e forza sono, per l'etnologo Camara Cascudo, qualità indispensabili, e ciò che lo rendono un essere speciale. Nuotatori provetti, nati lungo il mare, abituati a tirare le reti sin da piccoli, parlano assai poco, silenziosi e riservati.

 

"Testa di jangadeiro" olio di Raimundo Cela, 1933, (Collezione MAUC Fortaleza)

  I più giovani  pescatori affrontano le onde con meno timore, indossano canottiere e bermuda, ascoltano la radio in mare e talvolta ballano sulla barca..spinti a  fare questo genere di vita per quel senso di libertà ed autonomia che il mare dà, un lavoro senza padroni, un contatto diretto con la natura,

per la quale, tutti indistintamente ,

nutrono un profondo rispetto e sempre sarà così...

speriamo. 

Monumento al pescatore- Prainha

 
 
 

Costruire farmacie vive

Post n°635 pubblicato il 21 Aprile 2012 da LivinginFortaleza
 

Con gli occhiali sul naso e piegato per terra con in mano una lente di ingrandimento.. così l'emerito professore Francisco José de Abreu Matos, è ritratto in un murale nel Dipartimento di Scienza della UFC di Fortaleza (Universidade Federal do Cearà). Attorniato da grandi scienziati di livello mondiale, la sua caricatura rende bene il personaggio, sintetizza tutta una vita dedicata alla ricerca,  in laboratorio o sul campo, e non in senso metaforico ... una vita fra erbe, arbusti, alberi ..

Abreu Matos nel mural di Valber Benavides "Scienziati della Terra", Facoltà di Scienza UFC Fortaleza

Nato a Fortaleza nel 1924 ed ivi morto nel 2008, si era laureato presso la facoltà di Farmacia della UFC. Quella dei farmacisti, si sa,  è una professione di famiglia.. era stato proprio il  suo bisnonno, Francisco José de Mattos, originario di Aracati,  l'inventore nel 1846 di pillole purganti e depurative a base di estratti di due piante - batata de purga (Luffa operculata) e cabacinha (convolvolus operculata) - le famose "pillole di Mattos" o "pilua di Mato". Suo nonno, Joaquim de Alencar Matos, continuò la produzione e la vendita nella "Farmácia e Drogaria Matos" aperta a Baturité nel 1883, dove accanto alle pillole miracolose - rivestite di argento per evitare falsificazioni, e registrate regolarmente presso il Ministero della Salute - erano prodotti : l'Elisir di Velame (macrosiphonia velame) Caroba (semi di jacaranda) e Manacà (Brunfelsia uniflora) (depurativo del sangue efficace contro la sifilide), il Peitoral de Juca e Goma- agico (sciroppo contro la tosse), sciroppo di Urucù (contro l'asma), l'elisir de Torem (per lo stomaco), l' Agua Juvenil (per i capelli), la pasta dentifricia di Hennè e Vetiver, e il vino di Jurubeba. Infine il padre, Francisco Campelo Matos, si mise in società con imprenditori di Fortaleza e creò un laboratorio per la fabbricazione industriale delle suddette pillole.

Cabacinha (Luffa operculata)

E lui ? Per meritarsi di essere omaggiato gomito a gomito con Einstein, Pitagora, Galielo Galilei, o Marie Curie, solo per dirne alcuni..ha creato il progetto Farmácias Vivas, nonchè l'orto di piante medicinali ed un annesso  Laboratorio di Prodotti Naturali nell già citata università.  E' stato un infaticabile ricercatore nel campo della fitoterapia ed autore di vari libri sull'argomento. Riconosciuto studioso di fitoterapia e chimica organica a livello nazionale e mondiale, Abreu Matos, il medesimo anno in cui inizia ad insegnare, nel 1983, lancia il suo progetto. Per rendergli omaggio, ogni 21 maggio è festeggiato il giorno della Pianta Medicinale, per volere delle autorità cittadine, sin dal 1994.

L'obiettivo era, e continua ad essere, quello di offrire assistenza farmaceutica fitoterapica ad entità pubbliche, private e comunità particolarmente in difficoltà, un'iniziativa senza scopi di lucro, un'alternativa per ridurre gli alti costi dei medicinali cui difficlmente le persone più povere, hanno possibilità di accesso. L'idea è quella di insegnare alle comunità ad impiantare un orto, prendersene cura , raccogliere le erbe e successivamente essere in grado di trasformarle in medicamenti, sciroppi, tisante, tinture o pomate. Fatte in casa sì, ma scientificamente, seguendo le regole dettate dalla'OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità. Le conoscenze, i materiali,  le piantine, tutto è  fornito dall'università, così come i consulenti tecnici, un agronomo ed un farmacista. Si possono curare numerosi disturbi, dai problemi circolatori ad infiammazioni, da febbri e raffreddori, a problemi di pelle. Altro obiettivo importante era quello di studiare le erbe, in primo luogo quelle locali e regionali, dotate di efficacia terapeutica comprovata. Sono stati curati casi di malattie parassitarie con capsule di menta, lo sciroppo di  cumaru-malvariço-menta giapponese (Mentha arvensis), si è rivelato un ottimo bronco dilatatore e espettorante, la tintura di malva santa (Plectranthus barbatus) cura  la gastrite, le pillole di mororó sono efficaci contro il diabete, mentre l'elisir di aroeira combatte l' ulcera e la gastrite.  

Capim-limão, capim santo detto anche capim cidreira (Citronella)

 In realtà l'uso di piante e radici fa parte del costume tradizionale locale, un sapere popolare antichissimo affidato ai cosiddetti rezadores - curatori -nonchè a memorie familiari.. così come facevano i nonni, ancora oggi si  usa la tisana di maracujà o di cupim- santo per i casi di insonnia, l'infuso di  boldo per calmare le coliche, la tisana di limone con miele contro il raffreddore, l'acqua di cocco per idratare i bambini, il thè di citronella per calmare il nervosismo,  l'aroeira  ha mille usi, fra cui  l'igiene intima e la cura di problemi ginecologici... e questa consuetudine dei cearensi -e dei brasiliani tutti- con le erbe spontanee, la si può anche vedere fra gli scaffali dei più grandi supermercati, dove, alcune di queste  erbe sono belle e impacchettate, accanto ad una normalissima camomilla, o agli angoli delle strade dove  venditori ambulanti offrono bevende, foglie fresche in mazzi, radici e cortecce essiccate, erbe e spezie confezionate artigianalmente.  

orto di piante medicinali del Nufito (Núcleo de Fitoterapia da Secretaria da Saúde do Estado) -  Messejana, Fortaleza

La prima preoccupazione  di Abreu Matos fu quella di studiare le erbe medicinali usate empiricamente per tradizione e raccogliere informazioni ad uso scientifico. Per anni, lui ed il compagno botanico Afrânio Fernandes, hanno vagato per le campagne del nord est brasiliano, alla ricerca di piante native, successivamente catalogate e identificate nell'erbario Prisco Bezerra della UFC. Più di 500 quelle classificate, fra le quali 130 solo del Cearà, tutte riportate nel suo libro "Piante medicinali", dove oltre alla foto e alla descrizione, si danno consigli sulla giusta preparazione e dosaggio del medicamento. Fra queste il piqui, la poaia,  la sete-bruxas, la sete-dores, l'umbaúba, la cambará, la marcela, l' erva cidreira (Lippia Alba) la vindicá, l' erva-botão, la  colônia (Alpinia zerumbet),  la faveira, l' artemísia amara, l' alecrim-pimenta (Lippia sidoides).  Hanno proprietà diverse, sono repellenti per insetti, profumano l'alito, sono espettoranti, afrodicisiaci, cicatrizzanti, proteggono dal sole, stimolanti. La scoperta più sensazionale è stata la specie Croton regelianus var. matosii, della famiglia dell'Euphorbiaceae,  grazie alla quale ora il nome di Abreu Matos appare nelle famose collezioni del prestigioso orto botanico inglese Royal Kew Garden.

 

faveira

Nell'orto di piante medicinali localizzato nel campus universitario del PICI, curato un tempo dal compianto professore,  si possono trovare una sessantina di piante  fra cui  juazeiro, cajueiro, zafferano, zenzero, agrião (nasturzio officinale), acerola, poejo (mentha longifolia), malvariço ( un tipo di menta), aglio, chambà (justicia pectoralis), melograno, malva-santa, copaíba (Copaifera langsdorifi), Capim santo (Cymbopogon citratus), confrei (borragine), alfavaca (basilico), babosa (aloe vera), maracujà, goiabeira, pau d'arco, romazeira. Il modello della  "farmacia viva", di tali orti farmaceutici, si è rivelato un successo, nel 2011 ha ottenuto anche un premio dal Ministero della Cultura ed oltre a diffondersi in tutto lo stato - finora nel Cearà sono attive 74 unità- è stato copiato nel resto del paese ..nel Piauí, Parnaiba, Brasília,  Pará, Rio Grande do Norte, Rio de Janeiro, Maranhão, São Paulo, senza contare i numerosi orti nati spontanemente, influenzati da tale idea. 

 

 marcela

E se l'anno scorso, Fortaleza è stata scelta per essere la sede del XX Congresso Italo - Latino Americano di Etnomedicina, penso si debba sempre a lui, ad Abreu Matos. La SILAE (Società Italo – Latino Americana di Etnomedicina) che lo ha promosso ed organizzato,  ha come scopo quello di promuovere la ricerca, lo studio, lo sviluppo, la divulgazione delle forme di coltivazione e trasformazione delle piante di interesse alimentare e terapeutico in prodotti, così come la loro commercializzazione, sia nel Sud America che in Europa. Grande attenzione viene data agli aspetti antropologici e terapeutici dell'uso di piante medicinali, promuovendo contatti e scambi fra diverse entità, pubbliche e private, fra diverse nazioni.. proprio quel clima di cooperazione che sarebbe piaciuto tanto anche al professore..

 
 
 

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