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Un blog creato da Kaos_101 il 23/10/2006

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Messaggi del 02/08/2008

Irene (finale)

Post n°249 pubblicato il 02 Agosto 2008 da Kaos_101
 

Irene è ancora appoggiata al muretto, ripercorre gli avvenimenti di quella notte, come se si trattasse del più classico flashback cinematografico.
Marco è simpatico, brillante, spiritoso, e il Tentatore, come è facile immaginare, alla fine ha la meglio
Sembra tutto perfetto, Irene è ancora in bilico, forse dopotutto si può anche dire di no al Tentatore.
Il destino, però, ha già messo in moto i suoi ingranaggi.
Fa un caldo tremendo qui.
Esordisce Marco nella più scontata delle scuse
Che ne dici se ce ne andiamo via?
Tutto precipita velocemente: crollano le ultime resistenze di Irene,
Ma si dai! In fondo si vive una volta sola!
Un ultimo brindisi, quella maledetta pastiglia sciolta a tradimento nel bicchiere e poi via nella notte.
Vieni che ti mostro la mia macchina.
Marco è euforico, le cose si stanno mettendo bene e Irene, una volta tacitata definitivamente la coscienza, lo asseconda di buon grado.
Dopo cinque minuti stanno già baciandosi, dopo dieci lui le propone di passare sui sedili posteriori.
No qui non mi va, c’è un sacco di gente ci possono vedere.
E dove vuoi andare? Non conosco i posti, te l’ho detto che non sono di qui.
Metti in moto che ti porto io.
Irene lo guida fino al boschetto, già meta in passato di qualche avventuretta estiva.
Marco spegne il motore armeggia col sedile.
No, dai, non mi piace in macchina, qui non c’è nessuno ed è una notte così bella.
Va bene come vuoi tu, devo avere un plaid nel bagagliaio.
La notte è davvero splendida, nonostante siano già le quattro, l’aria è ancora tiepida e profuma di fieno, il silenzio è rotto solo dal verso di qualche uccello, la luce della luna filtra tra le foglie creando una soffusa penombra.
Marco si fa più ardito, la spinge contro un albero, la blocca col suo corpo e, mentre la bacia, cerca di infilare una mano sotto la mini.
No, non  così!
Aspetta vado a prendere una cosa in borsa.
Irene si libera di quella stretta. scivola via leggera, infila la testa nell’auto e ne riemerge con un pezzo di corda di un’ottantina di centimetri.
Giochiamo a modo mio dai!
Marco la guarda perplesso ma non si ribella quando lei gli lega i polsi dietro la schiena e lo spinge contro quell’albero da dove è appena sgusciata via.
Rilassati
Gli dice
Penso io a tutto
Irene si sfila le scarpe dal tacco vertiginoso, si inginocchia davanti a lui, slaccia i jeans, li abbassa fino alle caviglie, fa lo stesso con gli slip, si sofferma un attimo a contemplare compiaciuta l’eccitazione che ha suscitato e si dedica con passione a quel membro turgido.
Si succhia succhia…sei proprio brava!
Continua così, non ti fermare.

Irene, sempre accasciata sul muretto, avverte ancora distintamente, mescolato a quello dolciastro del sangue, quel sapore acre che tanto la disgusta e la eccita nel contempo.
Stupida! Sono stata una stupida a fidarmi! Non avrei dovuto slegarlo!
Poco alla volta, allo stordimento si sostituisce la morsa violenta della paura per il pericolo corso e il risentimento per l’imprudenza commessa.
Del resto quando lo vede scivolare a terra con quell’espressione un po’ idiota dipinta sul volto, le viene naturale immaginare che la pastiglietta abbia fatto il suo dovere e che non le resti che “finire il lavoro”
Non le piacciono i ragazzi, non sopporta quel loro provarci sempre e comunque, non tollera l’idea di essere considerata una vacca al mercato, quella oscena sensazione di essere guardata, vivisezionata, palpata, stuprata da centinaia di occhi infoiati la manda in bestia.
Vedrai che quando avrò finito con te non porterai più nessuna in camporella.
Sogghina tra sé e sé.
Gli slega i polsi, avvolge la corda al collo di Marco e comincia a tirare.
Le altre volte tutto era filato liscio come l’olio e il passaggio dal sonno chimico a quello eterno le era sembrato solo un semplice cambio di livello di incoscienza.

Stanotte, invece, qualcosa non va per il verso giusto: Marco non ci sta a recitare passivamente il ruolo dell’agnello sacrificale. Prima ancora che la corda cominci a stringersi davvero attorno al suo collo riprende conoscenza, ammesso che mai l’avesse persa davvero, si divincola, rotea le braccia.
Il primo pugno la colpisce alla bocca procurandole la profonda ferita al labbro, il secondo è una mazzata che le centra in pieno l’occhio destro procurandole un blackout improvviso.
Quando, pochi attimi dopo, torna in sè, la situazione è radicalmente mutata.
Marco è a cavalcioni sopra di lei, le mani strette attorno al collo: non ci sono dubbi sulle sue intenzioni.
Brutta troia! Non ti bastava legarmi le mani, volevi ammazzarmi eh?
Ma te la faccio passare io la voglia di fare certi giochini.
Ti ammazzo, ti ammazzo!
Irene è in preda al panico, sebbene abbia sempre avuto l’accortezza di scegliere uomini particolarmente esili, la posizione in cui si trova non le consente di liberarsi in alcun modo da quella morsa furibonda.
Comincia a mancarle l’aria, la vista le si annebbia, si dimena, prova ad inarcarsi cercando di fargli perdere la presa, le mani si muovono scomposte alla disperata ricerca di un appiglio al quale aggrapparsi per tentare un’ultima improbabile resistenza.
In quel mulinare disperato, le capita sotto la mano un sandalo, lo afferra e colpisce violentemente alla tempia Marco col tacco.
L’effetto è immediato, l’uomo si accascia su di lei senza un gemito.
Irene si divincola, lo scalcia via da sopra di sé, è scossa dai tremiti violenti del panico.
Bastardo, bastardo! Gli grida mentre lo tempesta di pugni.
Afferra la corda e questa volta non commette errori: finisce il lavoro come si deve.
Sei stata una stupida, una stupida!
Si ripete con rabbia
La prossima volta portati DUE pezzi di corda!
No non ci sarà una prossima volta!
Questa è l’ultima.
Ci sarà, ci sarà…

La voce del Tentatore è melliflua e carica di ironia, sa che Irene tornerà a voler giocare quello strano gioco che è il solo che le dia un brivido di emozione e di piacere.
…in fondo si vive una sola volta no?

 
 
 
 

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