PARCO SOMMERSO BAIAARCHEOLOGIA SUBACQUEA |
IL BRADISISMO NEI CAMPI FLEGREI
Come l'eruzione del Vesuvio ha coperto e conservato le splendide città romane di Pompei ed Ercolano, cosi il mare ha sigillato i resti della antica Baia. Citata da Orazio , Baia era il piu' lussuoso posto di villeggiatura per i patrizi romani. E' un viaggio nel passato in un sito unico al mondo dove la bellezza ti lascia senza respiro. Resti di impianti termali, vasche ,alzati di mura e pavimenti a mosaico, sono oggi sommersi a pochi metri di profondità. Se vi appassiona il passato e vi piace l'archeologia Romana, questo è il "viaggio"......
LA FINE DEL MONDO...
l'ultimo fiume avvelenato,
l'ultimo pesce pescato,
vi accorgerete che il denaro non è commestibile....
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a cura del Gruppo Archeologico Napoletano
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« Campi Flegrei | MONETAZIONE ROMANA IN CAMPANIA » |
Fu, all’inizio, un’operazione basata sulla fiducia, movimentata da colloqui delicati. Hanno truvato ‘e lampetelle romane a Baia!., ci disse, in tutto segreto, uno dei nostri amici pescatori. Spettò a noi condurre poi una complicata indagine, per avere particolar più concreti. Si mosse il giro delle conoscenze e alla fine potemmo venire a capo della faccenda, non dopo aver assicurato una nostra spassionata iniziativa presso la Soprintendenza alle Antichità per il riconoscimento del giusto premio. L’esplorazione sottomarina del tratto di mare antistante il litorale flegreo non ci aveva dato, quest’anno, frutti apprezzabili. E ciò, malgrado una impegnativa serie di ricerche, nel quadro di una campagna archeologica già preventivamente stabilita.
Un primo sopralluogo sulla zona finalmente rivelata , ci mise di fronte a serie difficoltà: i ruderi sommersi che nascondevano le lucerne erano sepolti sotto strati di sabbia e sassi, Per raggiungere i pavimenti delle stanze, inoltre, bisognava sgomberare i vani da enormi massi e sollevare le macerie dei solai. Qualche ottimo esemplare di lucerna, rinvenuto durante questa prima immersione, ci spronava a continuare nell’opera iniziata.
I massi più pesanti li avremmo spostati con le apposite sacche da riempire d’aria. Per la sabbia e il fango si scartò invece l’idea di una normale sorbona per non arrecare danni agli oggetti:
occorreva invece un’apparecchiatura dalle dimensioni e capacità ridotte. Adottammo così un piccolo compressore (messo a disposizione da Armando Carola, capo equipe, della quale facevano anche parte, tra gli altri, Luigi e Giovanni Lucignano, Migliorini e Massimo Scarpati), cui venne applicato un tubo del diametro di circa cento millimetri, chiuso all’imboccatura da una rete metallica in modo da evitare l’aspirazione anche dei più piccoli oggetti come monete, chiodi, frammenti vari.
Alla seconda immersione, andai per primo. Il panorama mi era noto per averlo fotografato più volte, ma stavolta non sapevo da dove iniziare, Mi diressi verso un muro che riuscii ad intravedere nell’acqua non limpida. Nuotai lungo il muro e con le mani rimossi sabbia e detriti in un punto centrale, Scoprii alcune piccole lucerne di fattura semplice. Più tardi, con gli altri, fu possibile raccogliere un centinaio di esemplari prima che l’acqua diventasse una grossa macchia nera. La successiva immersione fu meno caotica; ci dividemmo più dettagliatamente i compiti e cominciammo a lavorare con le sacche di plastica e la sorbona, finché non liberammo diversi metri quadri di fondo. Scoprii uno strato di lucerne con le quali vennero riempiti numerosi cesti che, dietro segnale, calarono dalla barca-appoggio. Era tardi quando decidemmo di tornare e la barca era letteralmente piena di ceste colme di lucerne.
Data l’ora non riuscimmo a metterci in contatto con la Soprintendenza di Napoli, sicchè depositammo il materiale presso l’anfiteatro Flavio di Pozzuoli affidandolo all’assistente capo alle Antichità, Angelo Angellotti. Il giorno dopo ci mettemmo in contatto con il dottor Giorgio Buchner della Soprintendenza il quale, dopo aver esaminato le lucerne che fece risalire al primo secolo dopo Cristo, decise di accompagnarci per poterci assistere durante le ricerche e le successive immersioni. Per fortuna, quel giorno l’acqua era abbastanza chiara, tanto da permettere al dottor Buchner di osservare dalla barca con un batiscopio come eseguivamo il lavoro.
I suoi consigli frutto di una lunga esperienza di lavori nell’isola d’Ischia, ci permisero di eseguire uno scavo secondo i dettami della moderna tecnica archeologica. Questa volta scattai numerose fotografie durante ciascuna fase dell’operazione, cercando anche di documentare i vari strati che ricoprivano le lucerne.
Lavorammo per tutto il giorno con un ritmo frenetico. Man mano che liberavamo il vano dai massi e dai detriti, i muri perimetrali ci mostravano la conformazione della stanza. Ci rendemmo conto della quantità di macerie che ricopriva il pavimento.
Recuperammo altre centinaia di lucerne, erano in maggioranza di tipo semplice; ma quelle figurate che trovammo erano di ottima fattura con pregi artistici apprezzabilissimi.
Queste operazioni si susseguirono per giorni e giorni, con la speranza di rinvenire anche un pavimento a mosaico sul fondo del vano. Purtroppo dopo circa due settimane di lavoro, ci accorgemmo che il pavimento non era a mosaico ma in calcestruzzo, Evidentemente capitammo in un deposito ove erano state conservate le diverse migliaia di lucerne. Ma, era proprio un deposito? Ed a cosa erano servite tante lucerne, visto che quasi tutte presentavano il beccuccio annerito dall’uso? Qualcuno avanzò l’ipotesi che fossero state usate per le feste delle lampadoforie * che si tenevano nella zona ed erano in gran voga presso i romani; altri, che fossero servite ad illuminare le banchine del porto di Pozzuoli, in occasione dell’arrivo di qualche personaggio. C’è chi avanzò l’ipotesi che le lucerne fossero servite per illuminare il ponte di navi che Caligola fece costruire fra Baia e Pozzuoli per attraversare di notte, in sella al suo cavallo, il tratto di mare che separa le due località, perchè si avverasse la profezia che lo voleva imperatore di Roma se fosse riuscito in tale impresa.
Supposizioni fantastiche senza dubbio. Resta comunque il fatto del rinvenimento piuttosto singolare, almeno per quello che ne sappiamo sui fenomeni che hanno interessato la ripa Puteolana. La scienza ci dice che il litorale è stato interessato da un movimento bradisismico e senza dubbio la cosa risponde a verità, tanto che è da attribuirsi a questo movimento il decadimento e l’abbandono della zona. Ma noi che conosciamo il fondo marino ove sono sommersi i ruderi della città di Pozzuoli e di Baia, noi che abbiamo osservato da vicino i resti di numerose abitazioni, che abbiamo rinvenuto numerosi reperti intatti come statue, are, monete, - suppellettili di ogni genere, non possiamo non considerare un’altra ipotesi:
che qualche fenomeno improvviso abbia determinato l’abbandono da parte delle popolazioni di alcune delle più ridenti cittadine della Roma Imperiale. Un giorno, forse, avremo una risposta definitiva a questi interrogativi.
Inviato da: cassetta2
il 04/11/2020 alle 10:15
Inviato da: Aridelia_sono_io
il 08/11/2010 alle 09:38
Inviato da: sergius65
il 03/11/2009 alle 17:32
Inviato da: Anonimo
il 03/11/2009 alle 15:33
Inviato da: Anonimo
il 01/08/2009 alle 19:29