Creato da fuggy73 il 21/03/2007

Alla FiNe Ci RiuScì!

I Neuroni se ne vanno via sempre in coppia!!

 

 

Ci SoNo AnCoRA!!

Post n°13 pubblicato il 05 Aprile 2007 da fuggy73

Carissimi, un salto veloce per scusarmi della mia assenza di questi giorni ,il lavoro ed altri impegni vari mi hanno tenuto lontano dal blog, ma non temete tornerò presto e come promesso ci saranno novità "letterarie". Approfitto per fare a tutti gli auguri di una serena Pasqua! Ciao!!!

 
 
 

Il MiO GiALLo

Post n°12 pubblicato il 27 Marzo 2007 da fuggy73
Foto di fuggy73

Quello che segue è l'ottavo capitolo del giallo che sto scrivendo e che è in dirittura di arrivo. A voi l'ardua sentenza....

VIII

Dopo pranzo, se pranzo poteva chiamarsi un etto di prosciutto crudo, un panino e un caffè, rientrò in ufficio. Si sedette alla scrivania, dove con pazienza, si mise a firmare una montagna di carte, che diligentemente gli avevano fatto trovare in bella mostra, accompagnate da un biglietto: -le firmi per favore-. Il braccio andava da solo ma la testa, quella, seguiva traiettorie personali, ma tutte andavano in una sola direzione. Chissà perché si era fatto persuaso che l’omicidio era in qualche modo collegato con la scomparsa del ragazzo, anche se niente fino a quel momento poteva metterli in relazione. Ma quell’idea non lo abbandonava. Era come se da qualche parte dentro la sua testa qualcosa si fosse inceppato, come un ingranaggio che non girava più a causa di un granello che si era insinuato fra i denti di quelle ruote che erano i suoi pensieri, ma cosa era quel granello, quel sassolino che non permetteva alla mente di girare? Niente. Irremovibile l’ingranaggio restava fermo, anzi no come un trenino a molla si caricava e si  riavvolgeva in continuazione. L’ultima firma la mise che erano quasi le otto di sera. Decise di tornarsene a casa. La frescura che provò uscendo dal commissariato era piacevole, ottobre quell’anno stava regalando ancora giornate calde. Ad ogni passo Enrico sentiva crescere dentro di lui la voglia di non rintanarsi subito tra quattro mura ma di infilarsi tra i vicoli stretti del centro storico a quell’ora semi deserti. Camminò a lungo e pensò molto. La sparizione del ragazzo, l’omicidio di quell’uomo gli avevano ricordato che lui era comunque un poliziotto, la monotonia estiva gli aveva messo addosso una specie di letargo ma ora violentemente se ne era risvegliato. Quel cadavere gli aveva rimesso in circolo quel virus che spinge fin da piccoli ad essere guardie e non ladri. E lui come guardia doveva necessariamente essere pronto, sveglio e non farsi impoltrire dal noioso andazzo di una cittadina come quella. Infilandosi in vicoli sempre più stretti e arrampicandosi su, per viuzze sempre più ripide arrivò in uno slargo che  apriva direttamente la vista sul castello bizantino che dominava la città vecchia. Era stato restaurato da qualche anno e le sue torri circolari imponenti e massicce, dall’altro lato del profondo fossato,  sembravano essere state piantate sulla roccia in un sol colpo e non costruite un pezzo alla volta. L’aria si era fatta ancora più fresca e da mare si era levata la solita brezza serale. Si diresse verso un muretto proprio vicino a quello che doveva essere stato un tempo il ponte levatoio ora sostituito da una grande passerella in legno che poggiava su delle arcate in pietra che tradivano la recente epoca di costruzione. Si affacciò e ciò che vide gli calmò spirito mente e corpo. La fila di luci si protraevano  verso nord faceva riconoscere tutta la litoranea, concentrandosi si potevano distinguere le fievoli luci di Vietri e poi più su quella che era la costiera Amalfitana con le sue rocce a picco e le sue calette deserte e irraggiungibili. Pensò a Roma, ai suoi amici  e colleghi, ma non provò nostalgia, semplicemente li ricordava come tali, amici e colleghi. Capì in un solo istante quello che da tanto cercava di tenere nascosto a se stesso e agli altri. XXXX era un paese che si amava subito o si odiava fino a farti scoppiare le viscere e lui quella sera capì che, internamente si sentiva in piena salute. Si accese una sigaretta, diede tre tiri e la gettò a terra gli sembrò che con il fumo stesse contaminando la tela di un prezioso quadro. Continuò a fissare le luci del lungomare, la brezza portava fin lassù il rumore della risacca ad una cinquantina di metri sotto di lui, dove le leggere onde si infrangevano su rocce in quel punto ripide e taglienti. Si chiese che ore fossero ma non voleva distogliere lo sguardo da ciò che gli stava offrendo quella sera…….

 

 
 
 

uN RacCoNtO IMpRoVviSaTO

Post n°11 pubblicato il 24 Marzo 2007 da fuggy73
Foto di fuggy73

Scritto nel giro di una mezz'ora mentre aspetto che finisca la lavatrice...

Dieci minuti.

Sì dieci minuti ed entro. Cinque minuti e sono fuori. Il vecchio Joe non se lo aspetta, non reagirà, non farà nulla, anzi, farà quello che gli dirò di fare.

Nove minuti.

Entro gli punto il fucile addosso e lo faccio sdraiare a terra. Giro intorno al bancone prendo i soldi e via. Sono già fuori. Il vecchio Joe farà quello che gli dirò, è decrepito non farà l’eroe, non vuole lasciarci la pelle in quella fetida rivendita di liquori.

Otto minuti.

E se reagisce?No non reagirà. Sì ma se lo fa?Cazzo non lo farà!Lo conosco bene, lo conosco da quando di nascosto ci vendeva le bottiglie di gin  per le feste. No non farà nulla.

Sette minuti.

Il tempo di una sigaretta e poi vado. Il passamontagna lo metto subito sceso dall’auto. No forse è meglio che arrivi alla porta. Cazzo che caldo. E se mi riconosce?No ho il passamontagna, è impossibile. E la voce? Cazzo quella la conosce bene per tutte le volte che l’ho rimproverato per i suoi prezzi!Non parlerò, ecco, gli farò solo segno di stare a terra. Al limite sussurro qualcosa se proprio devo.

Un minuto.

Ok, vado.

Nessuno in giro, bene. Cazzo  sto tremando.Cinque minuti e sono fuori con i soldi. Sì tanti soldi! Stai calmo. Passamontagna di merda, non mi fa respirare. Ho caldo, cazzo! Con la destra, sfonda la porta con la gamba destra. Punta subito su Joe e sui soldi……

Zero minuti

E questo chi cazzo è?Che.........

 

- E passiamo ora alla cronaca cittadina, ieri sera un ragazzo di 23 anni, Ramon Hernado, è stato ucciso nel corso di una rapina, freddato da un colpo di pistola sparato da un agente fuori servizio.L’agente di cui non sono state note le generalità, si trovava in visita al proprietario della rivendita di liquori molto nota qui in città quando….……

 
 
 

....GrAzIe!!!...

Post n°10 pubblicato il 23 Marzo 2007 da fuggy73

Grazie..grazie a tutti per i bei commenti che mi avete lasciato... mi state facendo venire voglia di riprendere in mano la mia "opera" incompiuta!!A parte gli scherzi..infinite grazie di cuore a tutti voi anche a chi passa solo di sfuggita!

 
 
 

....CuRioSItà...ConFUsioNE eD UN LIbRO IN uN CaSsETto....

Post n°9 pubblicato il 23 Marzo 2007 da fuggy73
Foto di fuggy73

Davvero non capisco. È incredibile come venga attratto da cassetti stracolmi di fogli e documenti di cui ignoravo anche la sola esistenza. Per non palare poi degli scatoloni, sì gli scatoloni, quelli dove ci si mette un po’ di tutto in attesa di mettere a posto, quando e se, ce ne verrà mai voglia. Ebbene io non resisto. Istigato dal fatto di essermi da poco trasferito nella nuova casa, di questi scatoloni ce ne è ancora qualcuno in giro. Bè insomma, torno a casa con la sola voglia di una sana doccia, un boccone veloce per poi dirigermi dritto dritto a letto a leggermi un buon libro, quando un triangolino di carta fa capolino dal cassetto dell’ingresso. LA FINE! Addio serata tranquill-culturale. Tra bollette pagate ( e non ) ritrovo vecchie foto, vecchie lettere, vecchie penne, vecchie 100 lire ( che ci faranno poi lì dentro?). Insomma, sono le 23.20 ed ho appena finito di, nell’ordine, 1) Leggere qualsiasi cosa scritta – compresi gli scontrini, chiedendomi ancora adesso quando mai sono andato a prendermi un caffè in quel fetido bar all’angolo..bhoo; 2) Strappare qualsiasi cosa scritta che potesse danneggiare i miei neuroni sentimentali; 3) Pentirmi di aver strappato qualcuno di quei foglietti; 4) Avere due ginocchia doloranti per aver assunto, in tutto questo, la posizione da chierichetto inginocchiato; 5) Maledirmi per non aver saputo resistere e dover quindi mettere tutti i rimasugli a posto. Insomma la serata è passata così. Sono contento però di aver trovato una pagina stampata chissà quando tratto da un mio ipotetico libro iniziato la bellezza di sei anni fa, quando avevo trasfigurato la mia storia amorosa in un romanzo un po’ particolare. Cerco tra i cd dove potessi aver bekappato il file e.. DA DAA eccolo lì. Per la cronaca quel libro non è mai terminato a differenza della mia storia amorosa! Sono dubbioso sul fatto di poterlo mai terminare e a parte la mia Lei di allora non lo ha mai letto nessun altro. Bè sarei tentato di pubblicare qui qualche pagina ed io , come diceva Wilde “So resistere a tutto, tranne che alle tentazioni!” Quindi, buona lettura.

 

CAPITOLO 1

L’aria era fredda, quel freddo pungente che ti entra nelle ossa e ti fa rendere conto di quanto il sole con il suo calore penetrante sia importante ma Erik non se ne curava. Attendeva che l’oscurità lasciasse il posto a quel sole che tanto detestava. Era seduto con le gambe incrociate, le scarpe da ginnastica consunte con i lacci che una volta avevano avuto sicuramente un aspetto migliore. Le mani infilate nelle tasche del giubbotto di pelle nera con il bavero alzato fin dietro la nuca. L’odore delle alghe lasciate a marcire sulla battigia era forte ma non fastidioso dopo un po’ era quasi piacevole. Gli occhi di Erik erano persi verso l’orizzonte che iniziava a tingersi dei colori dell’alba, i capelli scuri tagliati molto corti nascondevano quelli che una volta erano boccoli e riccioli . Se ne stava lì con un sorriso appena accennato, le labbra carnose, la bocca semi aperta lo faceva somigliare a un bimbo stupito.

Sfilò una mano dalla tasca e comparve in essa un pacchetto di sigarette. Lo aprì con l’indice mentre con il pollice ne porse una alla bocca, l’altra mano cercava nella tasca l’accendino, ma invano. Rimase lì con la sigaretta spenta tra le labbra imprecando per la sua dimenticanza.

-Dove eravamo prima questo non era un problema- Disse una voce dietro di lui.

 Erik si voltò e riconobbe nella sagoma scura il volto di Gabriel.

-Lo so ma qui le cose funzionano in modo differente e tu dovresti saperlo- Rispose Erik con la voce impiastrata dalla sigaretta che ancora teneva tra le labbra.

Gabriel era alto e slanciato i capelli lunghi e biondi gli toccavano le spalle, indossava un cappotto scuro, allacciato molto stretto che faceva intravedere un paio di Jeans e le sue scarpe a punta.

-Hai sempre buon gusto nello sceglierti i vestiti!- Disse Erik alzandosi.

-Invece di sfottere vuoi dirmi che ci fai qui? Se vai avanti di questo passo la tua situazione  non migliorerà affatto-

 I due stavano l’uno di fronte all’altro, Erik fece un cenno e prontamente nella mano di Gabriel si materializzò un accendino. Erik inspirò una boccata di fumo che espirò immediatamente.

-Tu invece sei prossimo alla partenza - Disse Erik volgendo lo sguardo verso il mare da cui ormai il sole iniziava a sorgere.

-Sì- Semplicemente.

Un brivido percorse Erik, gli occhi che fino a poco prima erano vispi tutto di un tratto persero espressione. Mentre il rossore del sole sempre più intenso si rifletteva sul suo volto capì per l’ennesima volta che se voleva tornare indietro doveva assolutamente trovare la sua vittima e doveva farlo in fretta.

Lo scooter rosso schizzava via tra le auto come impazzito, la figura che lo guidava era alta e dai lunghi capelli che sfuggivano dal casco integrale si capiva che lo spericolato pilota era una donna. Le scarpe ginniche si muovevano come se stessero danzando, scivolando dalla pedana del ciclomotore alla strada lasciando lunghe strisce di gomma bianca sul ruvido asfalto. Le mani sembravano quelle di una dattilografa impegnate come erano con la leva del freno e l’acceleratore. Finalmente lo scooter si fermò con una piccola impennata della ruota posteriore. I piedi toccarono finalmente terra da fermi. Il casco che nascondeva i lineamenti del viso venne sfilato. Era una ragazza giovane, non più di 18 20 anni, gli occhi nerissimi i capelli lunghi con una frangetta che si appisolava dolcemente sulla fronte. Il naso era piccolo e regolare, le labbra con un filo di rossetto erano strette tra i denti perfetti e bianchissimi. Il piede destro fece leva sul cavalletto e il corpo della ragazza fece un salto all’indietro mettendo in risalto il seno che traspariva nascosto da un maglione. Smontò da quello che era stato il suo destriero tenendo il casco nella mano sinistra e sistemandosi velocemente i capelli, girò intorno allo scooter riponendo il casco sotto la sella. Si guardò intorno con l’aria assonnata del primo mattino. Sbadigliò e si sedette nuovamente in sella. Osservava il via vai di gente davanti alla scuola, gli autobus stracolmi di  studenti che ridevano, dormivano, pensavano.

In quello stesso momento un auto avanzava lenta nel traffico mattutino. Erik osservava i ragazzi scendere dagli autobus e passare di corsa davanti a lui e alla sua auto. Ne udiva le risate, gli schiamazzi e percepiva i loro pensieri. Volse lo sguardo verso l’entrata della scuola e vide la ragazza sullo scooter i loro sguardi si incrociarono, un brivido di caldo intenso attraversò le vene di Erik, sentì come una lama arroventata penetrargli il cervello per poi scendere verso la gola.

-E’ lei - mormorò.

Poi accelerò bruscamente e riguadagnò la strada che si era liberata davanti a lui. La ragazza osservò l’impennata del muso dell’auto che aggrediva l’asfalto. Rimase per una frazione di secondo con gli occhi fissi sulla porzione di spazio che aveva occupato poco prima l’auto di quello sconosciuto, poi si scosse, scese dallo scooter e si avviò verso l’entrata dell’istituto.

CAPITOLO 2

Gabriel stava fumando l’ennesima sigaretta della giornata, steso sul letto fissava il soffitto di quella stanza, vuota, come si sentiva lui, la luce filtrava dalla finestra, i vetri macchiati dalla pioggia caduta incessante durante la notte lasciavano appena intravedere i tetti delle abitazioni vicine. Gabriel espirava il fumo verso l’alto e ne seguiva i disegni che creava passando fra i raggi di sole, ne vedeva il mutarsi il deformarsi …il dissolversi. Lui, il fumo era lui, pensava, non aveva corpo era informe e poteva plasmarsi a suo piacimento, penetrare ovunque, infiltrarsi nei meandri più oscuri e nelle strettoie più contorte delle menti. Fissava il soffitto Gabriel, quando sopravvenne l’oscurità, il buio poi il niente. Sentì il piacere della sofferenza vicino a lui, quella sottile lama, vagare alla ricerca del corpo in cui conficcarsi. Il buio la luce, che differenza faceva per il dolore!. Il dolore era presente sempre quando Gabriel era presente. E lui voleva essere lì  testimone di quel dolore che era la sua vita la sua vera vita. La luce lo abbagliò ne sentì il calore sulla sua pelle e capì che era ritornato nella realtà ma non nella sua.-Basta!-Gridò,-Voglio tornare indietro! Riprendetemi con voi!-.Si sentiva bloccato, schiacciato su quel letto reale troppo reale per lui. La porta della camera si aprì di scatto. -Gabriel!- Gridò Erik. Gabriel si alzò con un salto, come se una mano invisibile l’avesse sollevato di peso.-Loro sono stati qui, sono stati qui, perché perché mi fanno questo Erik, perché!?- Erik lo abbracciò dicendo-Perché dobbiamo pagare il nostro sbaglio Gabriel, dobbiamo pagare!- Le mani di Gabriel si erano strette in una morsa l’una dentro l’altra, il sudore rendeva lucida la sua pelle gli occhi fissi nel nulla. Si divincolò dall’abbraccio di Erik e si sedette sul letto. Erik lo guardava e ne seguiva i movimenti ritmici provocati dal tremore che ancora lo attanagliava, poi si avvicinò alla finestra e diede uno sguardo all’ esterno. Per strada la gente camminava tranquilla, i bambini giocavano a rincorrersi. Ad un tratto notò una figura familiare seduta su una panchina. Era la ragazza dello scooter rosso!!”-Lei- Disse a voce alta

-Come?- Balbettò Gabriel ancora scosso.- Devo andare - Erik si precipitò fuori dalla stanza, corse giù per le scale che sembravano non finire mai. Arrivò all’ultima rampa e con un salto ne superò tutta la lunghezza. Uscì dal portone. La luce lo abbagliò per un istante, poi si orientò. La finestra che dava sulla strada affacciava dalla parte opposta alla sua. Camminò velocemente lungo tutto il perimetro del fabbricato poi vide la panchina distante e si fermò. Lei era lì,  seduta sulla spalliera, e guardava continuamente verso la strada.- Forse aspetta qualcuno, forse le amiche di questa mattina, forse…- Non finì il pensiero che la ragazza si alzò e si diresse di corsa verso un ragazzo che camminava in senso opposto. Lo abbracciò forte, lui la sollevò un poco da  terra e le fece fare una giravolta. Si baciarono, un bacio lungo sensuale. Le mani di lui le cingevano i fianchi accarezzandoli. Erik si appoggiò al muro dietro di lui. Li osservava mentre si allontanavano ridendo.

- Ridono, loro ridono..-

 

Bè penso che possa bastare per il momento. Ho ancora un po’ di magone a rileggere queste righe. Comunque aspetto qualche commento bello o brutto che sia! Un ciao e una buona giornata!

 

 

 

 
 
 

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