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La morte di un innocente ....

Post n°4437 pubblicato il 04 Dicembre 2014 da manu78_it

 

Relativamente al caso del piccolo Loris ho trovato questo articolo su "La Stampa", a firma di Marina D'Amato, per fermarci a riflettere un po'tutti. 


 "Loris, anche i bambini hanno diritto al rispetto"di Marina D'Amato*

 Di Loris non sappiamo nulla ma i giornali e la televisione ci fanno pensare a tutto, hanno esplorato la sua breve vita riassumendola nell’attimo della sua morte senza conoscere, ...
senza sapere ancora niente. È l’ultimo caso in più che si aggiunge della «strategia dell’emozione»: quella che usa strumentalmente l’infanzia per creare pathos e per inorridire il mondo degli adulti. Il meccanismo è noto: tanto più efferato sarà il delitto, e a tutt’oggi pieno di congetture e di contraddizioni continue, tanto più sarà capace di occupare con l’orrore la mente di tutti. Ignobile dire che su quel corpicino ci siano state violenze prima di accertarle; orrendo affermare che Loris «ha preso la strada verso l’orco»; surrettizio insinuare che tutti «sanno ma non dicono»; impudico raccontare e mostrare le immagini del suo viso e ribadire con sempre nuovi elementi la storia della sua tortura. Come se ci fosse un diffuso piacere nel raccontare una situazione morbosa; di questo si tratta. Infatti i telegiornali, anche quelli della Rai, si sono soffermati a lungo su ipotesi ancora tutte da verificare, mettendo in evidenza attraverso Loris l’uso strumentale di tutte le infanzie in Tv e sulla carta stampata. L’enfasi viene posta sui bambini in una cultura puerocentrica come la nostra, sempre più preoccupata, ma non attenta ai più piccoli, fatta di adulti infantili che vogliono crescere precocemente i loro figli. Tutto ciò si riflette in una cultura mediatica che vuole emozionare e turbare le coscienze, di fatto più o meno consapevolmente, per placarle. Così tanto più conturbante sarà il racconto di una fine: Loris è stato violentato prima di essere strangolato e ucciso? Come è stato poi gettato? Perché in un posto così facile per essere presto ritrovato? Chi è il lupo cattivo tra novemila anime di un piccolo centro dove tutti si conoscono? Esiste l’omertà? Anche in questa tragedia? Le illazioni pervadono ogni aspetto di questa vicenda: quello politico, quello mafioso, quello della perversione pedofila, quello dell’incuria, quello dell’anonimato… ma assurdamente tutto questo serve a calmare tutti. Nessuno escluso eccetto naturalmente i familiari e gli amici e quanti si dolgono per due ragioni: la morte di un innocente e la morte del rispetto e della dignità. Di questo si tratta: i bambini, e Loris li riassume tutti in questo caso, hanno il diritto stabilito dalla convenzione internazionale dei diritti del fanciullo dell’Onu al rispetto della loro persona: sia viva che morta! In questo caso questo diritto è vilipeso perché la morbosità con cui si racconta il fatto supera di gran lunga la necessità di conoscere l’evento. Il diritto alla rappresentazione di sé che impone ai media di non mostrare i volti dei bambini, ma esiste solo quando si è vivi? O la dignità deve superare la vita e rispettare ancor più la morte? Le pagine di giornali, tg e le trasmissioni televisive ci rinviano da tre giorni di fatto solo la spettacolarizzazione del dolore, la morbosità delle insinuazioni, e il ludibrio della persona che con la scusa dell’informazione ci viene narrata con così tanta emozione e con così strategiche insinuazioni da farci sentire tutti buoni: noi siamo tutti gli Altri, poiché non siamo «l’orco» siamo buoni, ascoltiamo i bambini non abbiamo nei loro confronti altro che cura e rispetto! E di più come avrebbe detto Aristotele tanta violenza produce una catarsi, ci fa esorcizzare l’evento, ce lo allontana mille miglia dalla nostra coscienza. Se è vero che l’onnipresenza dei media e la loro capacità di produrre «esperienza» scavalca il limite oggettivo tra l’evento e il suo racconto, è forse il momento di smettere di usare i bambini per farlo. Qual è il ruolo dell’autorità delle comunicazioni, del Consiglio nazionale degli utenti se non quello di incidere sui media impedendo questo uso strumentale dei fanciulli? Dove è la voce forte del garante dell’infanzia per impedire che la rappresentazione dei più piccoli smetta di gravitare intono ai sentimenti di regressione emotiva o a stati d’animo di incertezza e paura? Perché i bambini esistono in televisione sorridenti solo quando la loro immagine è utile a trasferire su un prodotto l’autenticità della loro persone? Perché i bambini vengono rappresentati nella loro veridicità soltanto negli spot pubblicitari? Da anni i media continuano ad usarli per descrivere i mali del mondo con la coscienza sporca perché da morti in guerra, in mare, su un prato, in una discarica, o come in questo caso in un canalone di cemento, servono a reincantare un mondo disincantato, usando anche il torbido per farlo.

*Marina D’Amato è professore ordinario di Sociologia all’Università Roma --- È coordinatrice di ricerche nazionali e internazionali sui temi del cambiamento, dei media e dell’infanzia e ha diretto l’Ufficio Minori presso la presidenza del Consiglio. È autrice per Laterza del libro «Ci siamo persi i bambini. Perché l’infanzia scompare»

 
 
 
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