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« L'UOMO CONSUMATORE/2IL GRANDE BINDA »

L'UOMO CONSUMATORE 3

Post n°83 pubblicato il 22 Ottobre 2014 da giansartoretto

L'UOMO CONSUMATORE 3

Nei tempi che furono lo scrittore era un deus ex machina che scioglieva gli enigmi della vita dotato di poteri eccelsi entrava di diritto nell’aristocrazia per la sua capacità di portare in alto lo spirito umano per essere un esempio di rettitudine e virtù e la letteratura stessa era alta cultura mentre il popolo viveva di proverbi e favole.

Il letterato aveva un che di pedante e retorico era talvolta difensore e conservatore della bella lingua, del latino e della tradizione, amava la purezza della lingua e i giochi intellettuali sapevano di lezioso, di saccente, esteriore. A questa figura un po’ pomposa si contrapponeva l’artista-scrittore, più capace di aderire alla vita nel suo dato sanguigno, alla realtà delle esperienze, di sporcarsi le mani, ma anche all’esperienza della realtà per trarre nuovi insegnamenti di saggezza, di maestria, di completezza. L’artista scrittore diventava nell’800 un personaggio influente, celebre, acquisiva un posto importante nella società al punto da diventare una leggenda.

Fino agli anni ’60 del ‘900, su per giù agli inizi dell’era televisiva gli scrittori sapevano dare un’impronta intellettuale alla società, ne erano la coscienza critica, stavano al centro dei dibattiti, personaggi come Pasolini, Calvino, Vittorini erano un punto di vista costante non solo per la letteratura ma anche per la società. La letteratura usciva dai salotti perbenisti per stare in mezzo alla gente, l’intellettuale e lo scrittore erano attivi agenti di cambiamento sociale, sono i primi a denunciare i pericoli della televisione omologante, ma anche dell’industria culturale, il libro di massa che perde le sue caratteristiche letterarie per diventare scrittura d’evasione con i sottogeneri, il giallo, il thriller, il romanzo storico, vieppiù si perde la centralità dello scrittore intellettuale e la letteratura perde il suo centro visivo per diventare funzionale allo stesso sviluppo della società di massa, la grande letteratura poi si era ripiegata in un soggettivismo d’avanguardia a volte di difficile decodificazione se non proprio ermetico, mentre la letteratura di consumo creava i suoi best-sellers che attiravano masse di lettori e business d’impresa, quasi sempre erano romanzi di 500-600 pagine, quando la diffusione di vari mass-media e dei loro tempi di assimilazione, (un film massimo 90', un cd meno) avrebbe dovuto far ridurre i libri a non più di 150-180 pagine per non costringere il lettore a tempi troppo lunghi visto che oggi i luoghi della lettura sono le metropolitane, i giardini pubblici o le sale d'aspetto, che potrebbe utilizzare per usufruire di media più rapidi (la velocità).

Migliaia di titoli ogni anno dell'industria letteraria vanno a soddisfare esigenze diversificate, ce n’è per tutti i gusti, anche la letteratura d’impegno continua a sussistere confezionata in un certo modo, accanto a quella d’evasione, mentre l’informazione trova nei canali tv i suoi supporti ideali. Assistiamo quindi a società sempre più informate e informatizzate dove la tv gioca un ruolo importante perché ci sono immagini e storie in quantità seriale da soddisfare ogni tipo di palato.

Le immagini di consumo rubano al cinema (il depositario storico di immagini) saccheggiandone i significati, così come molto cinema ha saccheggiato in passato la letteratura.

Il cinema non racconta più storie di emarginati, di disadattati, di emigrati, ma riflette attraverso la commedia il bisogno di auto rispecchiamento, via il dolore e la sofferenza, le difficoltà se non transitorie, si al brillante personaggio di successo con qualche contrappunto dialettico che esorcizza la paura  di cadere giù, il consumo di immagini immediate le rende più esteriori anche se c’è il bisogno di contemplare un certo grado di profondità e di realizzazione che però deve portare verso l’alto, il riconoscimento, nessuno va a vedere il film di uno sconfitto, di uno sfigato, un disadattato, un disubbidiente e anche per non annoiarsi e pensare troppo, il cinema deve anestetizzare le coscienze, i problemi non devono essere insormontabili e la speranza di riscatto l’ultima a morire.

Il linguaggio cinematografico s’è fatto più scaltro e evoluto, non ci si accontenta di tramonti che ormai sono appannaggio delle pubblicità, all’immagine cinematografica si chiede qualcosa di più, le storie devono essere confezionate, si accettano anche prodotti culturali se sono autentici e non  mere segaiole attività di uno spirito narcisista.

Oggi tutto è patinato ed elegante, ciò che è sperimentale viene relegato ad oggetto di studio all’Università e non trova più tanto riscontro, il consumo è una valvola di sfogo per tutti, si rinuncia a una parte di sé che potrebbe essere pure pericolosa nel suo versante istintivo, per accumulare consumi di ogni tipo che se non altro drogano la mente costringendola ad una passivizzazione esorcizzante.

Importante è capire l’evoluzione della specie pur nel suo versante di evoluzione che fa specie, per poter prevedere nuove caratteristiche di sviluppo umano.

 
 
 
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