Creato da marino.giannuzzo il 08/10/2009
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da ISTANTANEE

Post n°14 pubblicato il 21 Ottobre 2009 da marino.giannuzzo

Solo

 

 

Solo

nella quiete misantropica

più nera

sono in questa via

e se taluno

esser vuole

compagno nel mio viaggio

indifferente resto

o indisponente.

 

Bramo l’amico

che tutto dia per nulla,

che amico sia

solo per me stesso,

come Cristo in croce.

 

Ma io non ho un amico

che meco s’accompagni

in questa via.

 

 

Sorriso

 

Sorriso d’una madre

col bambino in braccio

con bambino brutto

mostriciattolo piangente

nella piazza vidi

frutto della donna

dal sorriso beato.

 

Rischiara quel sorriso

il volto dell’infante

che le labbra schiude

tenere

alle brutture della vita.

 

Il sorriso d’una madre

ho visto.

 

Illuminava il volto

del piccolo alla vita

e il piccolo sorriso

d’un bimbo neonato

illuminava il volto

d’una madre bella

dai tratti brutti

su volto emaciato.

 

 

Stelle

 

 

Nella sera

limpida di stelle

pieno era il cielo

nero e senza luna:

solitario andavo

mio compagno un cane.

 

Nella sera illune

silente rimbombava

l’infinito.

 

Fu mio il paradiso.

 

Tra una stella e un’altra

io vagai

privo d’amori

d’odi e di rancori.

 

Era una sera

tacita di giugno

senza sussulti

senza amori e odi

e navigavo

con un cannocchiale

tra i mondi vari

lucenti ed infiniti.

 

Le stelle variopinte

e a mille luci

brillanti nella notte

io scoprii.

 

Eran le stelle

delle notti insonni

eran le stelle

dei viandanti scalzi

degli antichi Maja

e dei novelli Egizi

eran le stelle

che vedranno i figli

dei secoli futuri.

 

Eran le stelle

vigili ed eterne

sulle vite brevi

dei miseri mortali. 

                                                                                                            

Suore

 

 

Dietro il cancello

luminoso e puro

saliva in alto

il coro delle suore.

 

Voci sonore,

squillanti, argentine,

s’intrecciano tra loro,

si sciolgono nell’aere

pregno d’incenso

nell’angusta chiesa,

calice terso di cristallo.

 

Musica è la voce

soave

priva di strumenti

che diano impulso

al coro arcano e dolce

delle suore.

 

Preghiera è il canto

che s’innalza al cielo

ardente di passione

di donne innamorate

d’un Essere Divino.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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da ISTANTANEE

Post n°13 pubblicato il 21 Ottobre 2009 da marino.giannuzzo

Silenzio

 

 

Datemi il silenzio

il mio silenzio muto

con Bach e con Vivaldi

con Puccini e Verdi.

 

Datemi il buio

senza bei colori

suoni e realtà

viventi.

 

Bramo la calma

dei mari tropicali

bramo la vita

di esseri sperduti

su pianeti

incontaminati.

 

Bramo la pace

degli esseri viventi

solitari e muti.

 

 

 

 

Soffio

 

 

Novità che l’uomo

a natura apporta

durerà in eterno

nella mente sua.

 

Dura talvolta

più di cento vite

dura talvolta

una notte sola.

 

Ciò che la vita

o natura detta

solo illusione pare

effimera e discreta.

 

Soffio divino

soffio dell’Eterno

momentaneo e vago

l’esistenza.

 

Eterno è l’uomo

in vita imperitura

vita senza soste

che in altra si tramuta.

 

 

Sogni

 

 

Non ricordo più

i sogni miei.

Sono svaniti

e vita più non hanno.

 

Eran gagliardi

possenti ed infiniti:

sono scomparsi

di vita nei meandri.

 

Sono scomparsi

volatili chimere.

 

Nati son altri

sogni senza vita

vane illusioni

che spingono nel vuoto

senza confini

come i sogni vani

come i sogni vuoti

sogni senza vita

e gloria.

 

 

 

 

Sogno

 

 

Lo giri e lo rigiri

quasi a piacimento

senza lo sforzo

della volontà.

 

Logica non ha

il sogno:

cambia faccia a tutto

in gioia o in tormento

seguendo alfin l’istinto.

 

Sognai stanotte

un’avvenente donna

distesa nel mio letto.

Era un’amica

e abbracciai mia moglie.

 

Ebbi una casa

che non fu più mia

ma dell’amica

che non fu mia moglie.

 

Ebbi il possesso

di cose mai inventate

che ebbi in uso

col corpo o con la mente.

 

Ora vagavo

tra mille cose tristi

che vegliando

sospese aveo lasciato.

 

Realtà novelle

altre dimensioni

sconosciute a tutti

eran le mie

e ne fui sommerso.

 

Era il mio sogno

il sogno come un sogno

vago e nudo

senza la logica

che mi assilla il giorno.

 

Sola

 

 

Gli amici se ne vanno

e tu rimani sola

col dolore e nel rimpianto

di chi ti fu compagno

fino a ieri

per spingere il carretto della vita.

 

Ma quel carretto

con forza e con coraggio

sola spingerai,

fermandoti talvolta

per la battente pioggia,

tal altra accelerando

nei giulivi giorni

che pur la vita serba

a chi dinanzi a sé

il fantasma ha solo

della morte.

 

Alfin vedrai

le luminose stelle.

 

T’aiuterà colui

che il cammin dei figli

guida da lontano.

 

Solitario

 

 

Solitario resto

nella notte scura.

 

Si spengono le luci

una ad una.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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da ISTANTANEE

Post n°12 pubblicato il 21 Ottobre 2009 da marino.giannuzzo

Salto

 

 

Io me ne andrò

senza salutare.

Nella bisaccia

non avrò un pane.

 

Non avrò acqua

che disseti il cuore

non il ricordo

d’un sincero amore.

 

Il salto io farò

dal buio nel bagliore

e ciò ch’io vissi

non avrà più vita.

 

O forse il buio

sarà di là dal salto

ed è luce

ciò che mi circonda.

 

Eterno dubbio

che c’è oltre la morte.

 

 

Sasà

 

 

Sasà per tutti

lo scemo è del paese,

sempre vagante

per le vie del borgo

tra diruti muri

di tuguri

abbandonati e muti.

 

Parla con essi

Sasà lo smemorato,

parla con Tutto

e nulla gli risponde.

 

Sasà ha ragione

ragione in quel che dice

ad animali e cose

ad uomini saccenti

che sorridendo ammiccano

allo scemo del paese,

che i comizi al palco

declama a nulla e a tutti.

 

Nessun lo contraddice

per non fargli torto

e Sasà gioisce

quando le mani

battono i bambini.

 

Egli è felice

di tutti il più felice

pur se per tutti

lo scemo è del paese.

 

 

 

 

 

Scirocco

 

 

Vento caldo d’Africa

scirocco

sulla spiaggia d’Alcamo

infocata

nell’umida foschia

giunge mortale

per gli esseri viventi

a luglio.

 

 

 

Segesta

 

 

Brillano lontane

le luci sul teatro

nella nebbia fosca

della sera.

 

Rivivono gli antichi

echi d’oltretomba

di tragici a Segesta

di comici e drammatici

di greci e di latini

ignari d’altri popoli

che nell’universo

civiltà irradiavano

silenti.

 

                          ( La gran muraglia

                            e il mare

                            i popoli divisero

                            ed all’umanità negarono

                            utili conquiste

                            per millenni.)

 

Tornano le luci

faro nella notte

e il dramma antico,

linfa riciclata,

rivivrà ancora

nella nebbia fosca

questa sera.

 

 

Sensazioni

 

 

Un ribollir

di sensi indefiniti

è lo spirto mio

nel buio della sera.

 

Gioia e dolore

tu vedresti misti

andar per mano

o in lotta e tristi.

 

Un uragan talvolta

scuote i sensi miei;

poi la bonaccia

l’affanno mio cancella.

 

Il sonno alfine vince

ogni mia stanchezza

ed ogni ambascia

mutasi in torpore.

 

Nel sonno mi si scioglie

la gioia ed il dolore:

nel buio tutto tace

e tutti i sensi han pace.

 

 

 

Sesso

 

 

Poso la guancia

sulle tue mammelle

candide e sode

come neve al sole.

 

T’accarezzo il corpo

e l’anima in osmosi

mia nella tua

lieve si transuma.

 

Le labbra e gli occhi

i fianchi e il seno tutto

le natiche e le gambe

tutte di velluto

tra le mie braccia tendi.

 

I sensi miei

e la fantasia

nella notte accendi

nella notte pregna

di fulgida allegria.

 

Ardono i sensi:

arde il corpo mio

arde il seno tuo

e in deflagrante scoppia

fuoco d’artificio

l’essere nostro

dentro il ventre tuo.

 

 

Sicilia

 

 

È il paese

dove le rondini

pur d’inverno stanno.

Sicilia bella

succo d’arancia

rossa e saporita.

 

Questa la terra

fertile e benigna

che figli ha dato

raminghi all’universo.

 

Amore e gioia

amore e fantasia

in questa terra

sempre troverai

o emigrante

che lontano vai.

 

Amore e gioia

amore e fantasia

tra le brune zolle

e nel mare azzurro

la natura tutta

d’intorno tu vedrai.

 

Della Sicilia splendida

succo d’arancia

rossa e saporita

amore innato

in te porterai.

 

.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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da ISTANTANEE

Post n°11 pubblicato il 21 Ottobre 2009 da marino.giannuzzo

Realtà

 

 

Unica e sola

la realtà vivente.

 

È il nostro umor che detta

gli attributi a lei

in tempi e luoghi

che al sentire nostro

il mondo adattano

e gli eventi suoi.

 

Il vero d’uno

non è il vero altrui

e il grande e smisurato

dell’essere formica

è il piccolo e ristretto

d’elefante.

 

Infinita e una

per ognun che osserva,

diverso dal vicino,

pure da se stesso,

tra un momento e un altro.

 

Ognun l’adatta e limita

perennemente a sé:

unica realtà

la realtà dei sogni.

 

Resurrezione

 

 

Come l’aratro,

nella terra nera,

che rinnova l’aria

alle radici

delle dormienti piante

così la fanciullezza

tormentata e triste

i dolci frutti dà

in primavera.

 

Tormento e pioggia

di giornate grigie

dànno la vita

a giovani virgulti.

 

I sudor nei solchi

rinnovano la vita

ad ogni chicco

che ha sete di rugiada.

 

 

 

Ricchezza

 

 

Al possesso

dei terreni beni

è necessario

che ognun si dica:

basta.

 

Sono nemici

sono prigionia

quando ci hanno

in forma smoderata.

 

Sentimento insulso

attaccarsi ai beni.

Non aver paura

che te li portin via.

 

Colui che è saggio

distribuisce a tutti

quel che lascerà

per l’eterna via.

 

Non è cristiano

questo ragionare

ha solo nome

di buon senso umano.

 

Sarà lieve

dei poveri il fardello

d’eternità al casello.

 

Il poco basta

il molto è maledetto.

 

 

 

 

Rimembranze

 

 

Tra gli eucalipti

ombrosi del viale

che porta al monte

la brezza di maestrale

io m’assisi

sulla panchina

dai secoli consunta.

 

L’adolescenza

gli amori ormai perduti

ivo seguendo

sugli amati poggi.

 

Rivedevo Bina

gli occhi stralunati

tra l’erba e i fior dei prati.

Più in là Pinuccia

nell’arsura e al sole

aprir le braccia

ed anelare amore.

 

Erano i tempi,

i tempi ormai lontani,

della giovinezza.

Erano i tempi

infelici e duri

che la vecchiaia

rende cari a tutti.

 

Tra gli eucalipti

all’ombra del viale

passano i giovani,

ignari degli amanti

dei passati tempi,

che di poggio in poggio

lasciano i segnali

dei focosi giorni

e delle notti ardenti.

 

Io resto qui,

sulla panchina

dai secoli consunta,

a rimembrar Pinuccia,

Bina e Rosalinda

tra gli eucalipti

ombrosi del viale.

 

                                                                                                            

 

 

Roccia

 

 

La roccia frastagliata

ricadente a  picco

sull’acque azzurre

nel mare dello Zingaro

in pieno giorno vidi

al solleon di luglio.

 

L’espandersi leggero

dell’onda senza schiuma

nel profondo incavo

vecchio di mill’anni

giungeva dolce

ai sopiti sensi

in incavata  roccia

nell’estate ardente

siciliana.

 

Furono i sensi

alfine in gran tripudio

abbarbicati alle membra tue

dolce fanciulla

sorta dalle acque

che gli anni miei rendesti

amabili e sospesi

tra il Nulla e il Tutto.

 

Con la risacca

rotolando l’onda

ora impetuosa e nera

dall’incavata roccia

nei profondi abissi

anima e corpo

risucchiati ci ha

e divisi.

 

Contro la roccia

frastagliata e bruna

la battente onda

di spumeggiante schiuma

nel vecchio incavo

vecchio di mill’anni

con fragor si schianta.

 

La fanciulla dolce

sorta dalle acque

e dai profondi abissi

eterna è diventata.

                                                                                                   

Rose

 

 

Ladro di rose fui

nel mezzo del giardino

comunale.

 

Colsi la rosa nera

che altrove non trovai,

mi punsi con la gialla

e le rose porpora

con quelle strinsi.

 

Profumate e vive

nella notte candida

sotto la luna piena

sul finir di maggio

di tanti anni fa.

 

Eran le rose

che non potei comprare,

rose per l’amante

che placida dormiva.

 

Con le rose rosse

e nere di velluto

all’alba la svegliai.

 

Nell’abbraccio tenero

mi punsi

e il labbro dolce

il sangue mio leccò.

Leccò il mio sangue

il petto e l’ombelico.

 

Giacemmo tra le rose

giacemmo tra i profumi

con l’amante mia

respirando amore

sul finir di maggio

di tanto tempo fa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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da ISTANTANEE

Post n°10 pubblicato il 21 Ottobre 2009 da marino.giannuzzo

Petalo

 

 

Era scritto “t’amo”

sul petalo di rosa

secco da trent’anni

per la fanciulla

che ora non c’è più,

per la ragazza bionda

dagli occhi verdi e vergini

e teneri che fu.

 

Il petalo di rosa

viva ha conservato

tra i colori scritta

l’antica giovinezza

tra i versi di Rimbaud,

dimentico del tempo

che pure è scivolato

tra gli ingialliti fogli.

 

Che scivola sui fogli

che scivola su noi.

 

Il petalo è rimasto

come il primo giorno,

un po’ mummificato.

 

I capelli biondi

gli occhi verdi e dolci

di vergine fanciulla

tenera che fu

sono scomparsi

con l’età più bella

di color che scrissero

sul petalo di rosa

secco da trent’anni

un po’ mummificato

tra i versi di Rimbaud:

un ardente “t’amo “.

Pianto Romano

 

 

Pianto Romano

detto fu quel colle

ove la pugna

fu cruenta e forte

ove i Borboni

dispongono alla morte

gli infelici

villani di borgata,

ove son giunte

le camicie rosse

di sangue degli eroi.

 

Sui petti corre

il sangue e sulle mani,

sangue glorioso

di garibaldini

che alla morte vanno

sconosciuti eroi.

 

Pianto Romano

detto fu quel colle

che immoto guarda

or Calatafimi

oscuro borgo

ma non più per noi.

 

Sacrario austero

di ossa degli arditi

mira lontano

il mare e i monti neri,

ricorda ancora

il grido degli alpini

che eco fanno

all’avventuriero:

qui facciam l’Italia,

l’Italia degli eroi.

 

Piccoli visi

 

 

Cento visi

piccoli di bimbi

rosei e ridenti

tutti affascinanti.

 

Piccoli e belli

pelle vellutata

guance di rosa

di pesca han le labbra.

 

Scompariranno

dei bimbi i rosei visi.

 

Andrà via con gli anni

la felicità

dei bimbi rosei

come fior di pesco.

 

Pioggia

 

 

Goccia d’acqua

che dall’alto scende

sulle foglie

a rinfrescar l’arsura

dell’estate.

 

Acqua piovana

acqua senza sale

tra le zolle scende

la terra a rinfrescare.

 

 

 

 

 

Pupazzo

 

 

Era un pupazzo

era alto e grosso

era di paglia

e detto fu paglino.

 

Era minchione,

minchione a tutto tondo,

era vigliacco

vigliacco sopra e sotto.

 

Era un buffone

si comportò da matto.

Volle darsi vita

ma restò pupazzo.

 

Restò  di paglia

e detto fu paglino.

 

 

Quassù

 

 

Tornato son quassù

tra le bianche nubi

rotonde e a pizzi

frastagliate o tenui

del cielo.

 

Vorrei schivarle

per tuffarmi in mare

tra salatini e bibite

di un’hostess ridente

che rallegra il cuore

in questo cielo immenso

inesistente e vero.

 

.

Quiete

 

 

Sereno l’esser mio

volteggia in cielo.

 

Soffice nuvola

ove lo spirto posa

spinge vento leggero

oltre la luna

tra mondi infiniti

incontaminati e muti..

 

Momento di quiete

anche nel corpo

che sereno posa

sul divano.

 

Odo voci lontano

vedo luci nel buio:

un immenso sentire.

 

Poi giacciono

spirito e corpo sereni.

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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