Post N° 8

Post n°8 pubblicato il 05 Maggio 2006 da TheSun_83
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SOCIETA

'Vespa se 60 vi sembran pochi

Da Vacanze Romane ai Lunapòp

28/4/2006

di Stefano Semeraro

PONTEDERA. La Vespa c'era. C'è sempre stata. E' nata quando l'Italia era ancora monarchica, appena dopo la Moka Bialetti, ma prima della Olivetti Lettera 22. Persino Ben Hur l'ha guidata, peraltro sei anni dopo l'immortale Gregory Peck e l'eterna Audrey Hepburn. I vespisti, intesi come adepti della due ruote, circolano da tempo nello Zingarelli. La Vespa è un pezzo della Repubblica, insieme alla Cinquecento ne rappresenta la colonna mobile, zelig capace di attraversare i decenni senza mai cambiare e cambiando mille volte, matrimoniale e birichina, rassicurante e scandalosa. «La prima cosa interamente italiana dai tempi della biga», come scrisse il «Times» alla sua apparizione. Non è un caso che per celebrare il suo sessantesimo compleanno - il brevetto fu depositato il 23 aprile 1946 - i vertici dell'azienda, il Presidente Roberto Colaninno e l'amministratore delegato Rocco Sabelli in testa, abbiano chiamato ieri a Pontedera, all'interno del Museo Piaggio intitolato a Giovanni Alberto Agnelli, il giornalista più istituzionale e omonimo possibile: Bruno Vespa. Con loro Massimiliano Fuksas, l'architetto che ha progettato la nuova casa del Museo, un capannone che pare arrivare da un futuro vintage, pieno di arnie di vetro, pronto si spera nel giro di un anno. L'11 maggio Colaninno presenterà invece in Campidoglio un nuovo modello, uno scooter a tre ruote, prevedibilmente rivoluzionario. E' la storia che si rinnova.

La Vespa nacque nel dopoguerra dai rovelli immaginosi di Enrico Piaggio, figlio del patriarca Rinaldo, che insieme al fratello Armando decise di ricostruire sulle macerie delle bombardatissime industrie Piaggio - arredi navali, motori, tram, treni, idrovolanti e aeroplani, da Pontedera a Genova, a Biella - una impresa tutta nuova, scommettendo sulla voglia di mobilità di un Paese che non sapeva ancora di avere davanti un boom. L'idea gli ronzava in testa già dagli ultimi anni di guerra, quando aveva prodotto motocicli per usi militari. Affidò a un ingegnere aeronautico geniale e leonardesco, Corradino D'Ascanio, il compito di pensare a un mezzo economico, di largo consumo. D'Ascanio, che aveva inventato (eh sì) l'elicottero costruendoselo nel garage, fra un balocco per i nipotini amatissimi e lo schizzo per la Littorina, odiava però le moto. Le giudicava scomode, sporche, mostri senza carena. Amava gli aerei, il volo, le idee comode all'aria. Così l'oggetto che gli spuntò dalla matita, già dal primo e bocciato prototipo, il «paperino», fu di natura femminile, leggera ma abitabile, civettuola e funzionale. Una ninfa meccanica, ricoperta da un velo di acciaio, con il manubrio esile da bicicletta, il «ventre» copiato dalla carlinga di un'aereo, e una «vita» stretta che consentiva una seduta pratica anche per utenti in gonna e tacchi alti. «Pare una vespa», disse Piaggio, e fu il battesimo.

Pensata già ab origine come due-posti, prima nella versione da 98 cc, poi da 150 cc, la Vespa dopo una breve incertezza iniziò a sciamare, sopra la Penisola e nel mondo. Creatura diabolica per i bigotti che vedevano sfrecciare giovani ragazze in gonna danzante e foulard, scabrosamente abbrancate al moroso. Ma perfetto strumento di emancipazione negli incunaboli di un miracolo economico che ancora non offriva alla classe operaia stipendi sufficienti all'acquisto di un'automobile: costava 55 mila lire, 61 nella versione lusso. Moderna, trendy, romantica. Ovidiana, nella sua passione per le metamorfosi: la Vespa ha corso la Dakar (nell'80) e il rally di Montecarlo (nel '59). Il modello del '51 era quello maltrattato dal duo Peck-Hepburn in «Vacanze Romane», anno 1953, ma l'esercito francese ne ordinò una versone con tanto di cannone incorporato. Ne esiste un esemplare decorato da Salvador Dalì, uno jamesbondistico con tanto di elica per decollare sul set. La Vespa siluro ha stabilito record di velocità, il giornalista Giorgio Bettinelli ha percorso più di 250 mila chilometri, da un capo all'altro del pianeta: ieri era in collegamento video da Hong Kong, dove si prepara a un tour in Cina lungo 16 mesi. L'hanno guidata John Wayne, Gary Cooper e Jean Paul Belmondo, Charlie Chaplin a Ischia e Gene Kelly nella Francia di Hollywood («Destinazione Parigi», 1957), il molto cool David Bowie in «Absolute Beginners» 1986) e il «mod» Phil Daniels nell'opera rock Quadrophenia. Un cult internazionale, ma soprattutto il veicolo ideale per tutte le mode, le fobie e le manie di sessant'anni d’Italia. Sulla Vespa accelerano il poligamo Ugo Tognazzi per fuggire dalle sue mogli («Menage all'italiana», 1965), e i paparazzi della Dolce Vita di Fellini; la maneggia nevroticissimo Carlo Verdone («Maledetto il giorno che ti ho incontrato», 1996) per volare dallo psicologo. Nanni Moretti ne ha fatto una stracitata elegia in «Caro Diario», ma Adriano Celentano la usava, versione sidecar, in «Urlatori alla sbarra» già nel 1960. Il vespino 50 operaio di «Mimì metallurgico» era giallo shocking, e tempestato di santini. Walter Chiari, l'immigrato che ha fatto fortuna in America di «Moglie e Buoi» (1956), tornato al paesello parcheggia la Cadillac e inforca una Vespa per «sentirsi più italiano».

La Vespa è nata - anche - grazie ai soldi del piano Marshall, hanno finito per cantarla i Lunapop. Si è fatta copiare l'idea del calendario sexy (Jayne Mansfield, Gloria Paul) dalla Pirelli, ha interpretato lo spirito dei tempi tanto con campagne pubblicitarie «demenziali» («Chi Vespa mangia le mele, chi non Vespa, no») à la page persino oggi, quanto con slogan impegnativi come «Pace chi Vespa», in un 1972 ancora in equilibrio fra figli dei fiori e anni di piombo. L'incarnazione del design perfetto che si trasforma in «brand» vincente. Ne sono stati venduti 16 milioni di esemplari, in 50 paesi. E se la Piaggio è rinata, dopo gli anni della crisi, è stato anche grazie al suo fascino ineffabile. Dopo averci fatti muovere negli anni del boom, chissà che non sia ora ad aspettarci là davanti, lanciata in ripresa sulle praterie dei mercati made in Asia che tanto allettano il suo pilota Colaninno.

 
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...Filippo Nardi... 

Post n°7 pubblicato il 05 Maggio 2006 da TheSun_83
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Stasera all’Hanger 28 di Viale Fratti il Miami club, con direzione artistica Glamour staff, presenta Filippo Nardi. Tra le sue recenti esperienze in consolle, impossibile non ricordare quelle londinesi al The Wag nell’ambito dei venerdì “Love”, e alla “Pyramid Nite” dell’Heaven (la più grande sala della capitale inglese). Reso celebre dalla clamorosa uscita dal Grande Fratello, il Conte ribelle realizza un servizio e diventa "Iena". Nel 2003 conduce "Anteprima Festivalbar". I suoi dj set mostrano una spiccata vocazione per i nuovi confini dell’house, un'energia pazzesca ed una naturale vocazione per la sperimentazione. Inoltre in consolle dj Sportelli (Prince di Riccione), voice Jennifer  (Crepa di Modena).

NON potete mancare!!!

http://www.glamourstaff.com/

 
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MORTE DI UN MILIZIANO- CAPA

Post n°6 pubblicato il 29 Aprile 2006 da TheSun_83
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...una delle immagini più note del fotogiornalismo!!!

 
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Post N° 4

Post n°4 pubblicato il 20 Aprile 2006 da TheSun_83

La grande quantità di materiale e informazioni che viaggiano via etere a volte ha un rovescio della medeglia: è difficile trovare ciò che in realtà si cerca o ancora peggio ciò che affettivamente ci interessa. Cinque minuti di navigazione non sono infatti sufficienti, a meno che non si sappia usare molto bene un motore di ricerca. Il metodo migliore è usare dei meta come "and" "not" o racchiudere le parole chiave tra "...." solo così si riesce a raffinare la ricerca. digitando nel motore di ricerca di google Blog and giornali il risultato è il seguente

Risultati 1 - 10 su circa 2.780.000 per giornali and blog. (0,34 secondi)

ma per visitarli tutti non basterebbe un intera giornata. Ragion per cui generalmente si cerca tra i primi 10 risultati. Se non si è soddisfatti si raffina maggiormente la ricerca. Sicuramente però 5 minuti non sono sufficienti. Internet richiede soprattutto pazienza.

 
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Giornali e Blog. E’ convergenza?

Post n°2 pubblicato il 20 Aprile 2006 da TheSun_83
 

Informazione. Negli Usa un accordo permette di pubblicare alcuni blog su quotidiani. Una collaborazione fruttuosa ma forse penalizzante per i professionisti
Massimo Eleuteri 


Internet inteso come medium ha innescato un’evoluzione nei meccanismi di partecipazione e di aggregazione che viene interpretata in maniera discorde.
I fautori del messaggio ottimistico che sostiene la progressiva trasformazione delle nostre società in una sorta di villaggio globale, vedono in Internet lo strumento salvifico che può azzerare le diseguaglianze e le barriere tra e dentro le società. La capillarità e l’immediatezza del mezzo possono infatti aggirare difficoltà e lungaggini burocratiche e portare addirittura ad una democrazia effettiva.
Questi ottimisti tralasciano però gli effetti collaterali e non previsti che stanno paradossalmente aprendo un baratro tra in e out: i sostenitori del cosiddetto digital divide, infatti, sottolineano il divario che si sta aprendo sempre più tra chi ha la possibilità di accedere alle nuove tencologie e chi invece non può farlo. La differenza è presente anche all’interno di uno stesso Paese, ma si fa drammatica confrontando i Paesi tecnologicamente avanzati e quelli invece arretrati.
Questo scenario si arricchisce in questi giorni di un fattore per molti aspetti positivo. E’ nata un’iniziativa che darà il via ad una forma di collaborazione tra blog e giornali. A partorire sono stati la “Pluck Corp.” e una manciata di quotidiani statunitensi. Vediamo meglio in cosa consiste l’accordo.

La Pluck, società che elabora e gestisce tecnologie per blog, ha dato vita a BlogBurst, una syndacation che raccoglie circa 600 blog, per far sì che i materiali e i contenuti di questi blog possano essere utilizzati per le pubblicazioni dei quotidiani aderenti all’iniziativa. Al momento fanno parte dell’accordo due grandi testate, “Washington Post” e “San Francisco Chronicle”, e alcuni altri giornali (“Gannett”, “Austin American-Statesman” e “San Antonio Express”).
Il vantaggio è evidente per entrambi i soggetti: i quotidiani potranno colmare i vuoti della propria redazione in ambiti tematici quali viaggi, tecnologie, femminilità, divertimento etc; i blogger più capaci avranno la soddisfazione di vedere le proprie righe pubblicate su giornali veri e propri (online o cartacei), guadagnando in visibilità e diffusione, e spingendo verso un innalzamento del livello qualitativo. Un’ulteriore ripercussione positiva riguarda anche i gestori dei blog: grazie a questa operazione, la popolarità crescente garantirà un’affluenza maggiore verso i siti dei blog, che potranno usufruire quindi di sostanziosi introiti derivanti dalle inserzioni pubblicitarie online.

E’ grande la soddisfazione dell’amministratore delegato di Pluck Dave Panos, che prevede già un’estensione dell’accordo a centinaia di altri quotidiani. Per chi si preoccupasse per l’inattendibilità di queste notizie dal basso, BlogBurst ha approntato uno staff che verificherà e revisionerà i vari testi prima della loro pubblicazione, correggendo così una pecca da molti ritenuta fisiologica dei blog, e che fino ad oggi ha inibito qualsiasi tentativo di convergenza blog-giornali.

La situazione odierna, in effetti, è tutt’altro che rose e fiori. I media tradizionali subiscono sempre più la concorrenza di questa fonte di informazioni fresca, informale e spregiudicata. Le lotte contro questo avversario che sottrae lettori si sono accavallate, ma le fondamenta di questo edificio mediatico ancora in costruzione sono già solide. Molto spesso le accuse di diffusione di notizie in modo parziale sono state agilmente evitate mettendo in luce gli errori dei giornali tradizionali.

Bisogna chiedersi però: questa collaborazione avrà un futuro? E in che direzione porterà?
Jeff Jarvis, un ex critico dei mezzi di comunicazione ora entrato nella cerchia dei blogger, non ha dubbi sulla bontà della scelta dei giornali che hanno aderito, e prospetta un’evoluzione in chiave aggregativa: “la linea di demarcazione tra media principali ed il resto del mondo comincerà a dissolversi, non perchè le persone (i blogger) si stanno aggregando ai media principali ma per l'effetto opposto: i media principali si stanno riaggregando alle persone”.

Eppure tutta questa manovra, associata da alcuni ad una sorta di blog outsourcing, farà storcere la bocca a chi conosce bene questo modo di fare. Effettivamente sembra di trovarci di fronte ad una vera e propria cessione all’esterno di attività precendentemente svolte dalla redazione interna ai giornali: il quotidiano sceglie di delegare ad altri (i blogger) la copertura di contenuti in alcune aree non pienamente efficienti. Il tutto all’insegna del risparmio e della flessibilità. E così come ci si preoccupa dell’outsourcing tradizionale perché mira a ridurre o eliminare i costi relativi al personale, forse si dovrebbe tenere sott’occhio anche questa sua nuova inedita applicazione.
Come dire, portando all’estremo questa preoccupazione: bella la convergenza, ma i giornalisti poi che faranno?
Per il momento possiamo solo applaudire questo ulteriore passo verso una più personale partecipazione al mondo dell’informazione e della società in generale, tenendo comunque ben in mente ogni possibile devianza.

 
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