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La società del situazionismo (II)

Post n°4 pubblicato il 13 Febbraio 2007 da fuoriii

20 Poiché la teoria situazionista è una critica di tutti gli aspetti della vita alienata, le sfumature diverse dei situazionismi devono riflettere, in una forma concentrata, le illusioni generali della società; le difese ideologiche generate dai situazionisti prefigurano le difese ideologiche del sistema.

21 La teoria situazionista ha chiuso il cerchio quando la sua critica della vita quotidiana arriva a fornire il vocabolario sofisticato per una giustificazione dello statu quo. Ad alcuni individui sono state rimproverate la mancanza di “attitudine al godimento”, di “senso del gioco” o anche di “soggettività radicale”, perché hanno espresso la loro insoddisfazione verso gli pseudo-piaceri autocompiacenti nell’ambiente situazionista; inoltre sono stati accusati di “volontarismo” o di “militantismo” per avere proposto concretamente dei progetti radicali o attività più sperimentali del solito.

22 Il vaneigemismo è una forma estrema dell’anti-puritanesimo moderno che deve fingere di prendere piacere da ciò che è supposto darne. Come il cittadino che afferma la sua preferenza per “la vita in campagna” benché, per una ragione o per un’altra, non ci vada mai, e che, quando ci vada, si annoi presto e ritorni in città, il vaneigemista deve fingere il piacere perché la sua attività è per definizione “appassionnante”, anche quando quest’attività è in realtà noiosa o inesistente. Facendo sapere a tutti che “rifiuta il sacrificio” e che egli “chiede tutto”, non differisce dall’uomo delle pubblicità che “esige il meglio”, se non per il grado delle sue pretese e per il suo riconoscimento ideologico — spesso appena più che simbolico — degli ostacoli che incontra sulla via della sua realizzazione totale. Dimenticando l’insoddisfazione e la noia quando sono denunciate in modo noioso, nel momento in cui anche le ideologie più retrograde diventano sinceramente pessimiste ed autocritiche nella loro decomposizione, il vaneigemista presenta un’immagine effettiva di soddisfazione del presente.

23 L’egoismo ideologico vaneigemista considera come essenza radicale dell’umanità la condizione più alienata dell’umanità, che si rimproverava alla borghesia che “non lasciava esistere un altro legame tra l’uomo e l’uomo al di fuori del freddo interesse”; differendo solo casualmente dalla versione borghese che prevede mezzi diversi di realizzazione per questo agglomerato di ego isolati. Questa posizione è smentita dall’esperienza storica reale delle rivoluzioni, e spesso anche dalle azioni di quelli che la invocano.

24 Lo spirito critico dei situazionisti, come pure la loro “arroganza” calcolata ed il loro utilizzo spesso adeguato degli insulti — una volta usciti dal contesto della lotta attiva per cambiare la vita — trovano un posto naturale in un mondo in cui tutti sono presentati con uno spettacolo d’inferiorità, e dove ciascuno è incoraggiato a pensare che sia “diverso”; dove ogni turista cerca di evitare “i turisti” e dove ogni consumatore si vanta di non di credere alle pubblicità (illusione di superiorità spesso intenzionalmente programmata nei messaggi pubblicitari, per facilitare la penetrazione simultanea e subconscia del messaggio principale). L’individuo pseudo critico afferma, attraverso le sue critiche disdegnose e senza conseguenze, la sua superiorità statica sugli altri individui che hanno illusioni più semplici o almeno differenti. Lo humour situazionista — prodotto dalla contraddizione tra le possibilità latenti dell’epoca e la sua assurda realtà — una volta che cessa di essere pratico, si avvicina semplicemente allo humour popolare medio di una società in cui il buon spettatore è largamente soppiantato dallo spettatore cinico.

25 Come reinvestitori delle ricchezze culturali del passato, i situazionisti, una volta che si è perso l’uso di queste ricchezze, si ricongiungono alla società spettacolare come semplici promotori di cultura. Il processo della rivoluzione moderna — la comunicazione che contiene la sua critica, il dominio permanente del presente sul passato — si innesta al processo di una società che dipende dallo smaltimento permanente delle merci, dove ogni nuova menzogna critica le menzogne precedenti. Il fatto che un’opera abbia qualcosa a vedere con la critica dello spettacolo — perché contiene un elemento di “radicalità autentica” o rappresenta un momento della decomposizione dello spettacolo che è stato teoricamente esposto — è appena svantaggioso per essa dal punto di vista dello spettacolo. Sebbene i situazionisti abbiano ragione a segnalare gli elementi deturnabili dei loro predecessori, simultaneamente guadagnano per loro un posto nello spettacolo che, poiché il qualitativo gli manca così crudelmente, fa buona accoglienza all’affermazione che si può trovare qualcosa sul mercato fra le merci culturali. Il frammento deturnato è riscoperto come frammento; quando l’uso sparisce, il consumo rimane; i deturnatori sono deturnati.

26 Un concetto così vitale quanto quello di situazionista conosce necessariamente nello stesso tempo gli usi più veri e più menzogneri, con una moltitudine di confusioni intermedie.

27 Come con altri concetti teorici fondamentali, non si può eliminare la confusione interessata che si applica al concetto di situazionista eliminando l’etichetta di situazionista. Le ambiguità di questo termine riflettono le ambiguità della critica situazionista stessa, al tempo stesso separata della società che combatte e facendone parte, al tempo stesso partito separato e negazione di questa separazione. L’esistenza di un “milieu situazionista” distinto, che è sia concentrazione sociale della coscienza rivoluzionaria avanzata che personificazione sociale del situazionismo concentrato, esprime le contraddizioni dello sviluppo ineguale della lotta cosciente in quest’epoca. Anche se essere esplicitamente situazionista può essere appena la garanzia di una pratica intelligente, non esserlo praticamente è una garanzia di obiettivi di falsificazione, o di un’ignoranza sempre più difficile da mantenere involontariamente. Lo “spettacolo” sarà considerato come un concetto specificamente situazionista, finché sarà considerato soltanto come un elemento periferico tra gli altri della società. Ma quando questa società respinge simultaneamente i suoi aspetti centrali e la teoria che li ha articolati più radicalmente, e pensa così di prendere due piccioni con una fava trattando insieme questi due elementi della realtà che non si lasciano ridurre in categorie, essa conferma la loro reale unità; come quando, ad esempio, la bibliografia di un lavoro associa in una stessa rubrica “vita quotidiana, società di consumo e temi situazionisti”.

28 Per l’I.S., l’etichetta situazionista è servita a decidere tra l’incoerenza dominante ed un’esigenza nuova. L’importanza di questo termine deperisce nella misura in cui le nuove esigenze sono in gran parte conosciute e praticate, nella misura in cui il movimento proletario diventa situazionista. Tale etichetta facilita anche la categorizzazione spettacolare di ciò che rappresenta. Ma questa categorizzazione espone nello stesso tempo la società alla coerenza delle diverse posizioni situazioniste che un’etichetta unica rende possibile; il lato della barricata a favore del quale tenderà questa bilancia dipende dall’insieme dei significati posseduti dal termine in un momento dato. È l’incisività del termine che è in gioco nei diversi confronti per sapere se qualcuno o qualcosa è situazionista; è una vittoria considerevole di questa incisività il fatto che il termine “pro-situazionista” sia stato riconosciuto universalmente come peggiorativo. Benché la loro associazione all’etichetta non possa servire a difendere degli atti, in un certo senso gli atti dei situazionisti difendono il termine “situazionista”, contribuendo a presentarlo come una bomba troppo concentrata e troppo pericolosa perché la società vi giochi. Così, la società che presenta con poche difficoltà alcuni dei suoi settori come “comunisti”, “marxisti” o “libertari” trova ancora impossibile o imprudente presentare uno dei suoi aspetti come “situazionista”, mentre lo avrebbe certamente già fatto se per esempio un senso “nashista” (opportunista e neo-artistico) del termine fosse prevalso.

29 Ai suoi inizi, quando nessun’altra le si avvicinava, la critica situazionista sembra così intrinsecamente anti-ideologica ai suoi difensori, che difficilmente possono immaginare un situazionismo, che non sia un’enorme menzogna o un malinteso. “Non c’è situazionismo”, è una “parola priva di senso” dichiara l’Internazionale Situazionista n. 1. Una semplice distinzione basta a difendere il termine dal cattivo uso. La Quinta conferenza dell’I.S. decide che tutti i lavori artistici prodotti dai suoi membri devono essere esplicitamente definiti “anti-situazionisti”. Ma la critica situazionista, che si oppone per definizione alla sua ideologizzazione, non può definitivamente o assolutamente separarsene. L’I.S. scopre una tendenza “infinitamente più pericolosa della vecchia concezione artistica contro cui abbiamo tanto lottato. Era più moderna quindi meno evidentemente chiara (...) Il nostro progetto si è formato contemporaneamente alle tendenze moderne all’integrazione. Vi è quindi un’opposizione diretta, ed anche una certa somiglianza, in quanto siamo realmente contemporanei (...) noi siamo obbligatoriamente sulla stessa via dei nostri nemici — quasi sempre davanti a loro” (I.S. n. 9).

30 È notorio che l’intelligentsia moderna ha spesso utilizzato alcuni elementi della teoria situazionista; un tempo senza riconoscerlo, più recentemente riconoscendolo spesso (un tale plagio è divenuto molto difficile da mascherare, ma allo stesso tempo l’associazione spettacolare con i situazionisti aumenta il prestigio di questo plagio, più di quanto la rivelazione della sua dipendenza verso di loro non lo diminuisca). Ma ancora più significative sono le molte manifestazioni teoriche ed ideologiche che, senza alcuna influenza diretta dei situazionisti, ed anche senza conoscere la loro esistenza, sono ineluttabilmente condotte verso le stesse questioni e le stesse formulazioni, perché quest’ultime non sono nient’altro che gli aspetti fondamentali intrinseci della società moderna e delle sue contraddizioni.

31 Nella misura in cui la teoria situazionista si sviluppa e si approfondisce, la società moderna deve recuperarne sempre maggiori elementi; semplicemente per comprendere un minimo del suo funzionamento e della sua opposizione, o per costruire lo spettacolo che rifletterà ciò che è più generalmente desiderato; altrimenti, respingendo l’esistenza di questa teoria, si espone ai suoi “angoli ciechi” che crescono di conseguenza.

32 Tutto ciò che l’I.S. ha detto sull’arte, il proletariato, la vita quotidiana, l’urbanismo, lo spettacolo, si trova oggi sparso ovunque, meno l’essenziale. Nell’anarchia del mercato ideologico, le ideologie particolari incorporano elementi della teoria situazionista, separandoli dalla loro totalità concreta; ma se si considerano queste manifestazioni nel loro insieme, esse riuniscono effettivamente questi elementi come una totalità astratta. Tutta l’ideologia modernista, presa in blocco, costituisce il situazionismo.

33 Il situazionismo è il furto dell’iniziativa al movimento rivoluzionario, la critica della vita quotidiana condotta dal potere stesso. Lo spettacolo si presenta, se non come l’iniziatore, almeno come il forum necessario dove si possono discutere le idee della sua distruzione. Le tesi rivoluzionarie non appaiono come le idee dei rivoluzionari, cioè legate ad un’esperienza ed un progetto preciso, ma piuttosto come un accesso improvviso di lucidità dei dirigenti, delle stars e dei mercanti di illusioni. La rivoluzione diventa un momento del situazionismo.

34 La società del situazionismo non sa di esserlo; sarebbe troppo prestarle questa lucidità. Solo il proletariato può comprendere la sua totalità distruggendola. È il campo rivoluzionario soprattutto, che genera le diverse illusioni e le sfumature ideologiche che possono sostenere il sistema e giustificare uno statu quo restaurato. I successi stessi delle rivolte, che sono arrivate ad un punto d’equilibrio ambiguo con il sistema, servono in parte a fare la pubblicità della grandezza di un sistema che può generare ed adattarsi a tali successi radicali.

35 È nell’essenza del situazionismo di non essere realizzabile immediatamente, né completamente. Non vuole essere preso alla lettera, ma seguito ad una minima distanza; se questa distanza è soppressa, la mistificazione appare.

36 Producendo il suo situazionismo, la società fa volare in pezzi la coesione delle altre ideologie, fa piazza pulita delle falsificazioni arcaiche ed accidentali, e riunisce i frammenti che può reintegrare. Ma concentrando così la falsa coscienza sociale, la società prepara la strada all’espropriazione di questa coscienza espropriata. Il carattere sofisticato del recupero costringe i rivoluzionari a disingannarsi, la sua unità spinge il conflitto verso un livello più elevato, e gli elementi di situazionismo diffusi universalmente incitano al loro superamento, in regioni in cui ancora non si erano neppure sviluppati a partire da una base teorica locale.

37 L’I.S. fu esemplare non soltanto per ciò che ha detto, ma soprattutto per tutto ciò che non ha detto. La prolissità diluisce il potere della critica. La discussione sui punti che non fanno la differenza offusca i punti che la fanno. Quando sale sulla tribuna dello pseudo-dialogo dominante, la verità si trasforma in un momento della menzogna. I rivoluzionari devono saper tacere.

KEN KNABB
1976

 

Versione italiana di The Society of Situationism, traduzione dall’inglese di Omar Wisyam.

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