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Rivista "Estado de Minas" domenica 11-02-2007 La violazione dei diritti dell'infanzia è molto più comune di quanto la società può percepire. Brasilia: Traduzione a cura di Isabella Marinelli e Jessica Sanna. |
Alcune agenzie sulla notizia Fonte: Varie agenzie - 13 giugno 2006 dal sito www.disarmo.org Roma, 13 GIU (Velino) - Continua a crescere la spesa militare nel mondo, attestatasi nel 2005 su una cifra complessiva di 950 miliardi di euro, pari al 2,5 per cento del Pil mondiale. Valore che, seppur inferiore ai picchi registrati verso la fine della Guerra Fredda (1987-1988), fa registrare un aumento delle spese nell'ordine del 3,4 per cento rispetto al 2004 e del 34 per cento dal 1996 ad oggi. I dati provengono dal rapporto annuale del Sipri, Stockholm International Peace Research Institute, presentato ieri mattina nella sala stampa del ministero degli Esteri svedese. Al primo posto della classifica per le spese militari stilata dal prestigioso istituto figurano gli Stati Uniti d'America, responsabili - secondo quanto si legge nel rapporto - del "48 per cento della spesa mondiale". Seguono a grande distanza Gran Bretagna, Francia, Giappone, e Cina, con quote del 4,5 per cento l'una. Sul Pentagono ricade inoltre l'80 per cento circa dei 30 milioni di euro in piu' spesi nel settore rispetto all'anno precedente. "Il processo di concentrazione delle spese militari e' continuato nel 2005 con un numero decrescente dei Paesi responsabili dell'incremento: i 15 Paesi con i maggiori budget per la difesa coprono attualmente l'84 per cento del totale - prosegue il rapporto -. La rapida crescita delle spese militari degli Usa e' largamente attribuibile ai costi per le campagne militari in Afghanistan e Iraq. Nel 2005 un ruolo importante e' stato giocato anche dagli effetti prodotti dagli uragani Katrina e Rita". Opposta tendenza si registra invece nel Vecchio Continente, dove la spesa militare e' scesa nel 2005 dell'1,7 per cento, con riduzioni piu' sensibili in Italia e in Gran Bretagna. Tra i quindici Paesi che piu' spendono nel settore, l'Italia occupa comunque la sesta posizione dopo Usa, Gran Bretagna, Francia, Giappone e Cina. Se l'egemonia statunitense nella classifica delle Military expenditure non desta sorprese, qualche novita' la si registra invece nei dati sulle esportazioni. Stando al rapporto del Sipri, infatti, nel 2005 Mosca avrebbe scalzato, seppur di stretta misura, un primato che era di Washington: nel periodo fra il 2000 e il 2004 avrebbe esportato armamenti per un valore pari a 26,9 miliardi di dollari, seguita dagli Stati Uniti con un miliardo di meno e poi, a distanza, da Francia, Germania e Gran Bretagna. In termini di export, Russia e Stati Uniti si confermano comunque sostanzialmente alla pari, coprendo rispettivamente un 30 per cento del mercato e lasciando alle tre nazioni europee un 20 per cento ciascuno del rimanente. (pap) |
l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. |
Il caso dell'aeroporto Dal Molin nasce da un accordo segreto, di un paio d'anni fa, tra il precedente governo Berlusconi e il sindaco di Vicenza Hullweck, che, senza rendere partecipi i suoi concittadini, nè il consiglio comunale, si rese disponibile, per il suo amico Silvio, ad accogliere nel territorio vicentino una nuova base americana. Solo nel maggio del 2006 cominciarono a circolare le prime notizie sul progetto e così i cittadini residenti nelle zone limitrofe alla nuova base, costituitisi in sei comitati, cominciarono ad agire in modo coordinato. In poche parole la nuova base americana andrebbe ad occupare una zona a nord del comune di Vicenza nell'attuale aeroporto civile Dal Molin e servirebbe agli USA per riunire la 173^ Brigata aviotrasportata Airborne, attualmente presente in parte ad Aviano (Pordenone) e in parte Germania. L'obiettivo statunitense è di intervenire rapidamente nelle areee geografiche del medioriente, ricche di fonti energetiche strategiche per il sistema economico vigente. Vicenza, secondo questo piano, è dunque destinata a diventare un nodo importantissimo per i nuovi assetti militari mondiali. La maggioranza dei cittadini di Vicenza e dei comuni limitrofi è fortemente contraria alla costruzione di una nuova base militare. Lo dicono i cittadini e lo dice anche un sondaggio della Demos di Ilvo Diamanti (63% NO). I motivi del NO sono vari e possono essere riassunti nel fatto che il progetto e' devastante, sia da un punto di vista ambientale, ma anche sociale ed economico, perchè una città Unesco, come Vicenza, non può fondare la sua esistenza su un’economia di guerra. Dopo un continuo rimpallo di responsabilità tra Governo Prodi e Comune di Vicenza, nell'ormai storico consiglio comunale di Vicenza del 26 ottobre 2006 una scellerata maggoranza, sorda alle tantissime richieste di democrazia e partecipazione popolare (fra cui anche la richiesta di indire un referendum comunale consultivo) si espresse a favore della nuova base (maggioranza risicata 21 a 17). Quel giorno il sindaco Hullweck uccise l'anima della democrazia a Vicenza. A Caldogno, piccolo comune a confine con l'aeroporto Dal Molin, il 15 novembre 2006 votò invece ad unanimità NO all'insediamento della nuova base. La patata bollente passò quindi al Governo Prodi e in particolare al Ministro della Difesa Parisi, che non si è mai espresso in maniera chiara contro l’allargamento della caserma Ederle, tentennando sempre tra la "Santa Alleanza" con gli USA e il programma elettorale dell'Unione in cui "ogni azione di grande impatto sul territorio sarà sempre presa nel rispetto dell'opinone delle popolazioni locali". Il 23 novembre 2006 Parisi comunque invitò a Roma una rappresentanza dei comitati cittadini per sentire direttamente dalla gente le motivazioni del NO. L'incontro fu molto proficuo tanto che prese di nuovo quota l'ipotesi di un referendum comunale consultivo. I comitati, collaborando con l'osservatorio sulle servitù militari di Vicenza (coordinamento di associazioni e gruppi pacifisti e antimilitaristi), da maggio hanno dato vita ad una lunga serie di azioni per bloccare il progetto della nuova base americana: presìdi in piazza e davanti all'aeroporto, rumorose presenze in consiglio comunale, raccolta firme (più di diecimila in un mese!), convegni informativi, blocchi del traffico, fiaccolate, scioperi studenteschi, invasione della pista dell’aereoporto, costituzione di un comitato per il referendum, partecipazione di massa al consiglio comunale del 26 ottobre, dove 2.000 persone, "armate" di pentole, fischietti, trombette, hanno disturbato il consiglio comunale, e, il 2 dicembre 2006, la lunga marcia dei 30 mila "per difendere la terra per un futuro senza basi di guerra " . L'aspetto nuovo e dirompente nella placida tranquillità cittadina è che a Vicenza "si è costituito un movimento di cittadini, autonomo ed indipendente da schieramenti politici, che riesce a coniugare la necessità della salvaguardia del proprio territorio e dei beni comuni, con il NO alla guerra e alle servitù militari". Questa comunione di obiettivi ha dato vita all'Assemblea Permanente dei cittadini per il NO al Dal Molin che unisce comitati, associazioni, singoli cittadini. L’Assemblea permanente è conscia di essere un movimento moltitudinario, la cui ricchezza sta nella sua molteplicità di pensiero, linguaggio e pratica. DAL SITO INTERNET www.altravicenza.it |
Inviato da: Anonimo
il 23/03/2008 alle 15:23
Inviato da: Anonimo
il 25/12/2007 alle 21:27
Inviato da: Anonimo
il 13/12/2007 alle 19:19
Inviato da: Anonimo
il 25/11/2007 alle 04:26
Inviato da: ac_fatamorgana
il 12/11/2007 alle 12:34