AREA PERSONALE
Post n°12 pubblicato il 26 Febbraio 2007 da ilsilenziodeimusei
Tratto dal sito http://www.amnesty.it/educazione/formazione/mainstreaming/bambini/istituzioni.html (Amnesty international) Gli orfanotrofi In alcuni stati, alle istituzioni riconosciute come servizi sociali, come orfanotrofi e centri di affidamento, viene accordata una bassa priorità e fondi insufficienti. Presentano quindi molti problemi strutturali, fra cui il personale poco addestrato e sottopagato e una cronica mancanza di risorse. I minori che vi trovano rinchiusi possono quindi essere soggetti a condizioni crudeli, inumane e degradanti o rischiare la vita per abusi o negligenza. Nel rapporto di Amnesty International sulla tortura sui minori, "Scandalo nascosto, vergogna segreta", vengono riportate le conclusioni di uno studio condotto da Human Rights Watch in Cina. Secondo questa associazione che più del 90% dei decessi avvenuti in istituti statali per i minori era dovuto a crudeltà, abusi e gravi negligenze. Il governo cinese contestò questi risultati, ma le sue stesse statistiche dimostravano che minori ospitati negli orfanotrofi avevano meno del 50% di possibilità di sopravvivere nel primo anno; in alcune province tale probabilità si riduceva ulteriormente (1 su 10). Resoconti di testimoni oculari e relazioni mediche provenienti da uno dei più prestigiosi orfanotrofi della Cina, lo Shanghai Children's Welfare Institute, hanno rivelato che gli orfani venivano deliberatamente ridotti alla fame, sottoposti a torture e ad abusi sessuali tali da farne morire più di 1000 solo dal 1986 al 1992. Personale addetto all'assistenza avrebbe selezionato neonati non voluti e bambini e li avrebbe intenzionalmente fatti morire di fame e di sete; questo è un sistema noto come " risoluzione sommaria" dei bambini con gravi problemi di salute. Il rapporto fa intendere che tali abusi siano una conseguenza di politiche statali: accusa a cui danno credito l'inadeguata risposta del governo cinese alle proteste internazionali e la lunghezza delle indagini. In Russia, più di 100.000 minori all'anno vengono lasciati all'assistenza dello stato. Il trattamento di alcuni di questi ragazzi evidenzia un grave livello di crudeltà e negligenza. Molti bambini di pochi mesi affidati alle istituzioni statali sono classificati come disabili, relegati in isolamento, cambiati e nutriti saltuariamente. Se costoro avessero alla nascita una qualche forma di disabilità, questa si aggraverebbe a causa della man-canza di contatti umani, visivi o uditivi e della deprivazione di affetti e di giochi. A quattro anni i bambini vengono nuovamente sottoposti a visite di controllo. Coloro a cui è diagnosticato un grave ritardo mentale sono condannati a trascorrere il resto della loro vita isolati e rinchiusi in reparti neuro-psicologici, dove continuano ad essere deprivati di stimolazioni e cure mediche. Sono costretti dentro camicie di forza o legati al letto o ad altri mobili; sono saltuariamente nutriti o lavati adeguatamente. Anche i bambini classificati "normali" subiscono trattamenti brutali, comprese percosse e abusi sessuali; talvolta vengono rinchiusi in stanze gelide anche per giorni; si è rilevato un caso in cui un bambino era tenuto rinchiuso in una piccola cassa di legno penzolante da un'alta finestra. I ragazzi più grandi vengono incoraggiati a picchiare, minac-ciare e intimidire i più piccoli. I ragazzi non hanno né mezzi né possibilità per protestare contro i maltratta-menti e gli abusi subiti da parte dello staff o degli altri compagni. I minori negli orfanotrofi sono anche vulnerabili a sfruttamenti potenzialmente dannosi. Nel maggio 2000, nell'orfanotrofio Maria Teresa a Stara Zagora in Bulgaria, uno psicologo condusse un esperimento con il "Rispolept ", un farmaco usato per controllare l'aggressione nei soggetti schizofrenici, su 15 minori non malati. Tre di essi furono ricoverati in ospedale poco tempo dopo aver assunto il farmaco. Ai 15 ragazzi lo psicologo aveva chiesto di compilare un questionario da cui si deduceva che lui stava conducendo una ricer-ca a nome di un professore della facoltà di medicina dell'università Thrace. Sull'episodio si sta indagando. La legge su farmaci e farmacie, adottata nel gennaio 2000, comprende una clausola che permette la speri-mentazione di farmaci su orfani dopo aver ottenuto il consenso del tribunale, anche se, in questo caso, tale consenso non sarebbe stato richiesto.
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Post n°11 pubblicato il 05 Novembre 2006 da ilsilenziodeimusei
..tradurre (grazie alla signora FULDA, america-italiana che ha gentilmente seguito la traduzione) 11 settembre... SEPTEMBER ELEVEN SEPTEMBER ELEVEN SEPTEMBER ELEVEN I saw a man throw himself from a window the day of september eleven. You saw explosions, flames, debris falling, thick smoke of death, men and women crying, wonded with red blood. If tomorrow remained an only feeling in your heart. But I saw a man and behind this story cover by a only moviment, an arc planned in haven, behind a woman, a home, a life, someone that still wait for him. I know nothing, nothing at all, but I saw a man throw himself for a window and it's september eleven no more. ... Patrizia Granzie ancora professoressa Fulda! |
Post n°10 pubblicato il 28 Ottobre 2006 da ilsilenziodeimusei
Quaglie addormentate sui peperoni e i funghi (anche dette: come una mamma partorisca otto quaglie e le addormenti su pezzi di peperone e falde di fungo porcino fino all'ora di pranzo) Acquistare otto quaglie di ottima qualità nel supermercato migliore della zona (pubblicità niente finchè non mi caricate di omaggi!), prendere una pentola capiente dove le quaglie possano essere sdraiate tutte vicine... Cantare in ordine: Through her eyes (dream theater) It's a wonderful word (louis armstrong) Ascoltare e suonare con il solo piede sinistro (in piedi cucinando): Dvorak - Nona sinfonia in E minore detta anche Dal nuovo mondo Non fare rumore fino all'ora di pranzo (sto scrivendo piano piano), e spostarle soltanto dalla pentola a un piatto nero grande...aspettare in silenzio... Ringraziare i musicisti per la collaborazione, prendere gli applausi a tavola. Non gasarsi!!! |
Post n°9 pubblicato il 28 Settembre 2006 da ilsilenziodeimusei
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Post n°8 pubblicato il 15 Settembre 2006 da ilsilenziodeimusei
Vado punto e a capo così (GIANNA NANNINI) |
Post n°7 pubblicato il 24 Novembre 2005 da ilsilenziodeimusei
Qualche anno fa, più per caso che per volontà, andai ad Erto e Casso, i famosi comuni che si affacciano sulla diga del Vajont. La storia del Vajont è stata, per me, lunga e faticosa ricostruzione, fatta attraverso le ricerche sui libri, grazie allo spettaccolo di Marco Paolini, grazie a Tina Merlin, la scrittrice del libro "Sulla pelle viva". Quando accade io ero una bambina troppo piccola per capire e sapere, per vedere. Mi ricordo solo, più avanti, quando alla tv sentivo dire la parola Vajont e poco altro, la mia domanda a mia madre a la sua risposta. Cos'è mamma il Vajont? Di cosa parlano? E' una disgrazia. Una diga, tanti morti. (mia madre non disse solo questo e ometto parole che ancora oggi mi congelano l'anima..parole amare e sentimenti tristi). Per me era come dire: cerca ancora, non è tutto qui. Ho cercato. Ho visto, ho compreso. Non certo tutto. E ho visto. Sulla alta valle, circondata dai monti, il lago e la diga, ancora in piedi e là, in alto, immensa la parte sfaldata del monte. Immensa che a percorrerla non ci riesce l'occhio, da sotto. Un mondo mancante. Un intero mondo, non metri cubi di roccia e terra. Una ferita tremenda, uno squarcio dilaniato, ancora, dopo tanti anni, che congela, che rapisce lo sguardo per la vastità, che sgomenta l'anima e ti fa sentire, col cuore solo, un rumore bieco e sordo, il cosa può essere sentire un rumore così. E sotto, ai piedi, insieme al lago, ancora terra della frana su cui c'è una strada asfaltata. Ne percorremmo un tratto poi io volli tornare indietro. Mi sentivo come, anche se così non è, non vi sono morti sotto questa terra, se camminassi sui cadaveri. Mi sentivo come se stessi profanando, come se percorrere quella strada fosse percorrere qualcosa che non aveva diritto d'essere. Questa strada non doveva essere. Il Vajont non fu una disgrazia, troppo voluta, troppo vilmente non considerata. Guardando io sentii un silenzio, gurdai ancora e ancora in silenzio e quello lo ricordo bene, era pesante come la frana. Era cupo come il mio sguardo, un gelido dolore verso un chiosco che vende bibite e cartoline della tragedia. E quel silenzio che da quando conosco quella storia mi prende in ogni immagine pensata e vista. Un silenzio che nessuno può cancellare e che non è solo mio. Patrizia P.
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Post n°6 pubblicato il 24 Novembre 2005 da ilsilenziodeimusei
A due passi da Cortina. 40 anni dopo il disastro, lungo un itinerario in cui si perdono le proporzioni dello spazio e del tempo Teatro Il disastro del Vajont è tornato alla ribalta pochi anni fa, per merito di Marco Paolini e Gabriele Vacis che hanno ricostruito in un?orazione civica la storia del disastro. Inizialmente spettacolo solo teatrale è diventato un evento televisivo che ha tenuto inchiodati al piccolo schermo milioni di telespettatori. Chi avesse perso la trasmissione in tv, può acquistare la videocassetta e il libro allegato. Ed. Einaudi.Cinema Fra poco uscirà nelle sale cinematografiche italiane il film Vajont di Renzo Martinelli, girato sui luoghi del disastro. Vedendolo riconoscerete certamente i luoghi che avete visitato. Libri Oltre al libro "Sulla pelle viva. Come si costruisce una catastrofe." di Tina Merlin, per capire il carattere degli abitanti di questa valle, consigliamo la lettura dei libri di Mauro Corona. E? un personaggio singolare: montanaro, scalatore, scultore e di recente anche scrittore. Sfollato dopo il disastro, quand?era ancora un ragazzo, è voluto tornare tra i suoi monti. Storie vere di uomini, rocce e animali. Sullo sfondo la montagna ferita.. "Il volo della martora". Ed. Vivalda "Finché il cuculo canta". Ed.Biblioteca dell?Immagine. Qui, dove ci si aspetterebbe di trovare un bacino artificiale, conviene fermarsi. C?è una piccola cappella in ricordo di quanti morirono e l?acqua non è al suo posto. Dove c?era il lago ci sono milioni di metri cubi di detriti. Ritornando a piedi per la strada appena percorsa, si può vedere da vicino la grande diga e la gola spaventosa nella quale s?incanalò l?onda di morte. Neppure la terra su cui si sta camminando è al suo posto. La terra era lì, sul monte Toc di fronte a noi, proprio dove adesso c?è una "M".Non occorre essere geologi per capire che quella "M" è la grande ferita da cui si staccò la frana. E sembra impossibile che si sia potuta spostare, ma lo fece. Rimontiamo in macchina. Anche la strada non è al suo posto. La vecchia non c?è più e quella nuova si insinua tra i massi e la terra che 40 anni fa era da un?altra parte, molto più in alto. Sulla sinistra notiamo una palestra di roccia che riflette il carattere forte degli abitanti di questa valle. Ancora qualche centinaio di metri e sulla sinistra troviamo il bivio per Casso, il paese parzialmente salvato proprio dalle rocce che poco più sotto abbiamo ammirato. Anche gli abitanti di Casso, come quasi tutto nella valle, non sono al loro posto: il paese è semi abbandonato, ma noi scendiamo dall?auto e camminiamo percorrendolo tutto. Il percorso non è faticoso. E? un sentiero facile facile, ma qui non arriva molta gente, tutti si fermano in basso. Così superiamo la chiesa e continuiamo per il sentiero in costa che ci conduce sopra la diga. Vicino alla diga, dove eravamo poco fa, si perdono le proporzioni visive. Ma venendo fin quassù, percepiamo quelle proporzioni che poco più sotto apparivano falsate. Ora è più facile immaginare cosa successe quella notte del 9 ottobre 1963. Ora facciamo silenzio. Di GIOVANNI SONEGO |
Post n°5 pubblicato il 06 Novembre 2005 da ilsilenziodeimusei
VAI A CAPO QUANDO VUOI
Neanche mia sei, vai a capo solo quando vuoi, resti e mi parli, ma ascolto piano, poi, come se non fosse necessario mai, tra noi, avvertire e dire, spiegarsi o sognare, te ne vai, mi lasci quasi vuota e barcollante, lo so che ci sei e so di te, tutto, il momento in se però diventa magico, mi abbandoni quasi solo per darmi la certezza che non sei neanche mia. E vai a capo quando vuoi, senza dire mai il perché, se non si vede già, ci vai e due interlinee o tre, oppure nessuna, due per la firma, una per l’a capo semplice. E tante e tante per dare immagine precisa al maiuscolo, so che ogni svolta ti preme forte sulle tempie arse, vive, nuovo colore e immagini tue, di te, in quel momento io non esisto, se non come contenitore, tuo, se non come piccolo gesto appeso, immerso nel tuo solo errare. Lo so che sei mia, so che non ti si prende tra le dita, non c’è cattura, non sogno in cui tu sia immobile, statica statua fredda, al silenzio e al fresco non esisti, ma quando te ne vai, anche se è un solo istante, anche se è un solo a capo, mi sconcerti ancora e mi tagli il respiro. Io di te, colma, e di te viva, mi prendo poco sul serio e tu, ridi, dello sfarfallio del video immacolato del tempo, muovendosi va verso altre sponde di mari aperti. E allora so, lo so, con te anima sono in buone mani.
Patrizia P.
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Post n°3 pubblicato il 13 Ottobre 2005 da ilsilenziodeimusei
...ma come fa una persona, ad avere sette blog, sette, e andare a scrivere su quelli altrui? Qui si esagera alla grande! E stai a casa tua, silenziodei musei! Il nick è il titolo di un racconto breve di Lucarelli (Carlo), inserito nel più noto libro "Il lato sinistro del cuore" (un racconto, questo, di una delicatezza che mi si muove l'inchiostro al contrario a leggerlo), l'ho preso proprio per via del racconto. E' un thriller che nasce nel contesto di un museo, nella notte, in cui avviene, o dovrebbe avvenire, un furto. La voce narrante sono i quadri, genio inimitabile di Lucarelli. E' dolce, è delicato, è sapientemente scritto, è un'opera, piccola, d'arte letteraria. Invece, l'altro (il lato sinistro del cuore) è il racconto che parla di un investigatore privato. Lui parla di una persona, particolare, che si rivolge a lui per capire chi tenta di distruggere la sua vita, commettendo omicidi sui suoi clienti. Si tratta di un uomo, ma è in realtà un transessuale. Proprio della sua dolcezza, infinitamente femminile, dei suoi movimenti, del suo modo, delicato, di porsi, si innamora l'incuato protagonista. Deciso a risolvere la vita della persona che ama, ci riuscirà, stupendoci, facendoci gridare, istruendoci l'anima di dolcezza. Invece il mio primo amore, per quanto riguarda i libri di Lucarelli (non ti rovinare che hai fatto bellissime cose!), fu Almost blue. Il titolo in inglese significa: solo blu o solo triste. I doppi significati già mi incatenano da loro. Poi in almost ci sono personaggi molto belli. Abbiamo un serial killer da chat, anche, che è schiavo del suo desiderio di approppiarsi delle anime degli altri (e quindi ne ruba le sembianze uccidendoli e indossandoli). Un gruppo di poliziotti umanissimi e probabili. Un capo inflessibile quanto indelicato. Una donna. Il ritratto della investigatrice della polizia è un sogno pittorico! Piccola, semplice, capelli e occhi neri, oberrata dal suo lato femminile, in parte, completamente presa dal lavoro. Scaltra, umana, martellante immagine che non ti abbandona mai, nel racconto, e che ti prende per mano accompagnandoti anche negli incubi, nelle immagini, nel deserto dei pensieri. La piccola piuma che sconvolge i piani del killer. La sua definitiva sconfitta, questo è Grazia (spero di non sbagliare il nome perchè per queste cose ho pessima memoria), e una continua carezza che Lucarelli ci fa, senza darci tregua. Grazia sa rapirti per non lasciarti mai, e prende anche l'amore del giovane cieco, un ottimo personaggio, disegnato con attenzione. Lucarelli nel suo breve romanzo, ci fa vedere i problemi di chi è cieco (ma possiamo pensare problemi anche di altre persone), la sua solitudine, il suo dolore per ciò che non avrà e, tuttavia, ill come superare anche questi ostacoli: la divesità. Ci offre direttamente dalle sue mani l'immagine femminile, la sua sofferenza e il suo pregio. Quello che a Grazia pesa è l'esser tacciata di esser donna! Ma è, e sa essere, il suo punto di forza. Il coraggio, sfrontato, con cui non teme il killer. La proposizione, certa e forte, che lo prenderà. Il dolore di chi di ogni morte, come di ogni dolore, sa soffrire, ma sa anche come venirne fuori. Grazia diviene immagine altamente positiva, si contrappone al killer, lo distrugge anche come immagine, lo chiude nel silenzio di se stesso, pur lasciandolo parlare. Grazia usa anche la psicologia, anche verso i colleghi e vince, vince l'anima e Grazia insieme. L'immagine della madre del cieco, pure, è realistica, e ci porta anche i limiti di noi, madri, quando pretendiamo di sapere cosa è meglio, anche erroneamente, spesso, per i nostri figli. Il finale è anche un monito, che il dopo, il poi, può essere alienante quanto la morte e se sarà morte o vita sta a noi deciderlo. Bravo, Lucarelli, bravo. Un sublime e pittorico disegno della realtà, anche ironico, anche triste, o "solo triste". Patrizia P. |
Post n°2 pubblicato il 10 Ottobre 2005 da ilsilenziodeimusei
Era una sera di ottobre, ma ancora tiepida d'estate. La gente affollava la stanza, decidiamo di uscire dall'altro lato per andare a vedere la mostra fotografica. Haber, l'attore di "Regalo di natale", film che ho amato tanto, non è ancora in sala. Ma io lo vedo subito, appena fuori. Lui è appoggiato a quella che deve, per forza, esser la sua auto (è targata bologna), un bel colore di uno strano azzurro, mi piace. Lo guardo, ma sta parlando e non oso fare altro, entro e mentre sono alla mostra fotografica penso: io ritorno fuori e, se ha tempo, mi faccio fare un autografo. In realtà non mi importa dell'autografo in se, ma del come, di quello che riuscirò a percepire mentre lo farà. Mi interessa comprendere se l'attore e l'uomo, come ho spesso pensato, sono molto vicini. Ci sono attori che si trasfomano e lo sanno fare tutti, ma dagli occhi esce una parte di se, segreta, che elude anche la miglior recitazione. E passa, come un sottile filo a ricordarci che dietro un attore c'è sempre un uomo. Esco, mi dirigo verso di lui, anche incerta, ma sicura che non rifiuterà, se ha tempo, un semplice autografo. Lui mi guarda avvicinarmi e pare, come me, insicuro, sono una sconosciuta infatti. Lo guardo negli occhi con i miei, blu vivacissimo: "Signor Alessandro Haber" "Si" "Mi farebbe un autografo?" "Si, certo." Gli porgo la mia mano e la stringe, ne sono felice, è un piacere stringere la mano a qualcuno per cui hai avuto grande ammirazione. Il dialogo non sarà preciso, ma lo è abbastanza, credete. Frugo nella borsa e gli porgo l'agenda del '71, perfetta e immacolata. Poi ricomincio a frugare per trovare la penna, non ci riesco, uppure ne ho tre almeno. Lui, gentilmente, mi dice che c'è la sua. Mi chiede il mio nome, lo scrive. Io penso che sia bellissimo guardare uno dei protagonisti di Regalo di Natale. Ha recitato con straordinaria bravura. Mentre scrive io guardo, mi pare quasi che sia anche lui, pare strano, un po' incerto. Forse è una persona che a queste cose non si abitua mai del tutto. Quando il signor Haber mi porge l'agenda pare quasi che abbia qualcosa da dire, forse non osa commentare i miei occhi blu (sono finti signor Haber, non tema, non c'è ancora l'invasione degli ultracorpi, ma son strani parecchio). Io credo che stesse per dire qualcosa, forse il suo pensiero non era quello. Ma c'è una persona che aspetta me. E questo è importante, è lì vicino e ho rubato già troppo tempo al signor Haber, e dopo deve recitare Bukowsky. Lascialo concentrarsi e pensare. Gli leggo negli occhi che è un essere dolce e affettuoso, leggo un velo di tristezza, una sottile malaria per questa vita. Ha lo sguardo del poeta del vivere, di chi ha sbagliato (abbiamo sbagliato tutti, neanche le persone famose fanno eccezioni), di chi ha intensamente vissuto ma con l'anima tra le dita. Ha l'anima negli occhi, il signor Haber. Grazie Alessandro (lei ha il nome del mio bambino), grazie di avermi lasciato guardare nei suoi occhi, grazie per la stretta di mano. Dopotutto non sono famosa e non ho visto tutti i suoi film, ma ne ho visti tanti. Certo quello ci cui ho parlato l'ho amato tantissimo e ho ammirato lei quanto Carlo Delle Piane (che superbo attore!). E anche la sua lettura di Bucowsky era superba, ma lei recita (recita sta per rende migliore, rende vivo, rende sensibile) anche quando parla e sorride. Anzi, mi spiego meglio. Lei non recita mai! Lei ravviva un testo, per quanto bello di suo. Ma quando ill testo non c'è, quando firma un autografo o stringe una mano, lei, ancora, ci mette tutto se stesso. E per chi ha vissuto e vive non è poco. Per chi ha tanto da dire e lo riserva alle persone intime, non è poco. Che lei sia bravo di certo l'han detto tanti, qualche critico avrà detto no. Ma lei piace alle persone, lei piace a quelli che l'anima la tengon stretta tra le dita. Vorrei sentirla recitare una mia poesia, non accadrà mai, peccato. Ma sarebbe bello sentirla dalla sua bocca e dalla sua anima. Le confesso che fra i miei miti del cinema c'è anche Gassman, e le sue letture poetiche. confesso, ho tanti gusti attenti, ma non riesco a vedere tutto quello che vorrei. Ma grazie di aver letto tanto bene e con tanto dannatissimo cuore! Patrizia P. |
Post n°1 pubblicato il 30 Settembre 2005 da ilsilenziodeimusei
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Inviato da: volandfarm
il 25/03/2009 alle 02:48
Inviato da: volandfarm
il 25/03/2009 alle 02:48
Inviato da: volandfarm
il 24/03/2009 alle 21:03
Inviato da: volandfarm
il 24/03/2009 alle 17:16
Inviato da: volandfarm
il 24/03/2009 alle 16:14