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Rosemary's baby . R. Polanski - 1968

Post n°30 pubblicato il 30 Maggio 2007 da wellburnthesky
Foto di wellburnthesky

La pellicola narra la storia di una coppia newyorkese, Rosemary (Mia Farrow) e Guy Woodhouse (John Cassavetes). La vita per i due sembra essere in un ottimo momento: si sono appena trasferiti in un nuovo appartamento, Guy, attore teatrale, sta ottendendo un buon successo e Rosemary aspetta un bambino.

L'attesa però non è facile: Rosemary, infatti, inizia ad avere strane sensazioni dentro di sé, e quando una ragazza del condominio si suicida comincia ad essere al centro di grandi attenzioni (spesso eccessive) da parte di strani individui. Cercando di proteggere il proprio bambino, in un'atmosfera sempre più sinistra, dove sogno e realtà si confondono, Rosemary perde poco alla volta il controllo della situazione, fino a quando si rende conto di essere stata la vittima di una setta satanica, nella quale è coinvolto anche il marito, nell'ambizione di guadagnare fama e successo, ed i vicini, Roman e Minnie Castevet.

Rosemary's Baby è il primo film girato negli Stati Uniti da Roman Polanski e il secondo a trattare una tematica orrorifica dopo il disturbante Repulsion del 1965, storia di una donna mentalmente instabile e sessuofobica.
Il film, il cui soggetto è tratto da un racconto di Ira Levin, venne sceneggiato dallo stesso Polanski che qui crea un sottile gioco ambiguo che non permette per lungo tempo allo spettatore di capire se stia assistendo alle allucinazioni di una giovane donna disturbata o a avvenimenti reali.
Quando Rosemary si scopre incinta poco dopo avere avuto una visione che la vede fecondata dal diavolo, la sua paranoia pare esplodere e con essa i nostri dubbi che, piano piano, si trasformano in una forte empatia per la giovane ragazza, che vediamo comunque vittima, anche se non sappiamo ancora bene di cosa.
E' stato spesso detto che questo film tratta il tema del male che nasce dall'alienazione che si vive nelle grandi città, dove si è spesso soli anche se circondati da nostri simili. Ciò che è certo è che si tratta di un film che nulla ha perso negli anni della sua originalità e meno ancora della sua capacità di angosciare lo spettatore, che si ritrova impotente testimone di eventi che riguardano una persona che, fondamentalmente lasciata sola proprio dalla persona cui è più legata, si ritrova indifesa nel contrastare una situazione più grande di lei e della sua comprensione.
Non ci sono effetti speciali né trucchi di alcun tipo, il regista si basa unicamente sulla nostra immaginazione, sul nostro tentativo di guardare oltre ciò che vediamo sullo schermo. Prova ne sia il fatto che non è difficile imbarcarsi in lunghe discussioni con altri spettatori convinti di avere visto più di quanto il film in realtà mostri. Polanski è efficace nel manipolare il pubblico attraverso il mero potere dell'immaginazione. Ciò che rende il film ancora più disturbante è il fatto che trascende dai classici elementi del cinema dell'orrore. Non ci sono case cadenti isolate su colline bensì un signorile palazzo nel centro di New York, i personaggi dei vicini di casa non sono facilmente identificabili come portatori di iattura bensì appaiono come innocui, anche un po' buffi e svaniti, personaggi di mezza età. Mancano tutti gli elementi che in una vicenda di questo genere potrebbero darci il conforto della comprensione.

E' la testimonianza di come sia possibile fare un film dell'orrore in grado di entusiasmare al tempo stesso sia i fans del genere che gli spettatori più esigenti. Un capolavoro tutto giocato sul filo dell'ambiguità e dell'angoscia: pochi sussulti, tanta tensione.  Angoscioso melodramma a cavallo fra giallo e horror, diretto da un Polanski diabolicamente crudele nel tenere lo spettatore sulla corda: la spaurita protagonista è matta o è davvero circondata dagli spiriti maligni? La paura fa novanta con quell'atmosfera da incubo che non dà mai tregua. Terrore e sarcasmo, accoppiata vincente!

Voto: 9

 
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