Creato da: MICHELEALESSANDRO il 15/07/2012
PREISTORIA UMANA E TRADIZIONALISMO INTEGRALE

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IL POLO

Post n°19 pubblicato il 17 Settembre 2012 da MICHELEALESSANDRO
 

Abbiamo visto che per il primo Grande Anno appare piuttosto nebulosa la questione di quale tipo di uomo / divinità possa esserne considerato il soggetto centrale (è un discorso che approfondiremo più avanti), mentre invece maggiormente definite sembrano essere le caratteristiche cosmologiche del “luogo” ad esso collegato.  

Quello che vi corrisponde nella Tradizione Cristiana – ovvero, il Paradiso Terrestre – non è situato in un “altrove” metafisico, ma, come Frithjof Schuon ci ricorda, si trova nella stessa dimensione corruttibile che occupiano noi stessi; e nell’ottica “boreale” qui seguita, non ci sembra intanto azzardato proporre un primo paralleo tra la vasta terra di Eden, descritta nella Bibbia come un’immensa ed arida steppa (nella quale Dio pianta un giardino circoscritto), e la tundra nordica meno ospitale.

Ma sono soprattutto caratteristiche legate all’altezza e alla polarità del luogo primordiale, che si segnalano.

Per restare alla tradizione biblica, è la dimora di Yahweh stesso a trovarsi su un monte “all’estremo limite del settentrione”, mentre nella cultura indiana (induista e buddista) il supremo dio Varuna dimora sulla sommità del monte Sumeru, che si erge in mezzo ad una foresta incantevole; il Sumeru è il centro della terra paradisiaca primordiale, Ilavrita, e la residenza della divinità è bianca, come bianca, completamente, è descritta la stessa altissima montagna, che nella tradizione indiana viene anche denominata Meru. Non si può escludere che le descrizioni della foresta, o del giardino piantato da Dio, possano avere un carattere simbolico, come pure l’aspetto candido indicato per le montagne settentrionali, o anche il fatto che tradizionalmente il punto collegato all’idea di centralità è anch’esso di colore bianco (almeno visto dall’esterno ed in quanto origine della manifestazione cosmica); non ci sentiremmo però nemmeno di escludere, ad un livello più basso ed immediato, anche una certa relazione di questa caratteristica cromatica con il bianco della calotta polare.

L’idea di centralità assoluta rimanda, quindi, non soltanto ad una terra genericamente posta a latitudini molto elevate, ma a quella ancor più precisamente definita dallo stesso Polo, raffigurato come chiodo del mondo da certe popolazioni siberiane, o dagli Etruschi immaginato come il fulcro del pianeta e ritenuto quindi sede degli dei. E’ evidente che a ciò si ricollega Guenon, quando ricorda il particolare punto geografico dal quale nei tempi primordiali si poteva vedere il sole fare il giro completo dell’orizzonate senza tramontare – citando anche Omero che parla della Tula iperborea posta là “dove sono le rivoluzioni del sole” – o quando segnala che è sempre il simbolismo polare ad essere anteriore a quello genericamente solare.

Guenon ritenne, invece, tutto sommato secondaria la questione di un eventuale spostamento del polo terrestre nel corso del tempo (ipotesi che venne proposta, per il periodo wurmiano, da studiosi quali Koeppen e Wegener) né, a quanto ci risulta, ebbe modo di affrontare la specifica questione della sua glacializzazione, o meno. In effetti, i dati in merito sembrano essere piuttosto contraddittori e, a parte quelli, già esposti, di vaste aree artiche che godettero in tempi antichi di un clima più favorevole di quello attuale, sulla situazione geoclimatica del Polo Nord tra 52.000 e 65.000 anni fa ci sentiamo solamente di ritenere piuttosto improbabile l’eventualità che non sia stato interessato dal fenomeno glaciale; ciò, sia per il fatto di essere indiscutibilmente il punto terrestre a minor irraggiamento solare nell’arco dell’anno, sia perché l’intervallo temporale costituito dal primo Grande Anno si situa in un periodo anteriore a quello del già citato interstadiale Laufen, che dovette essere, questo sì, relativamente caldo.

Ma se sulle antiche condizioni climatiche dello specifico punto polare non riteniamo sussistere elementi sufficientemente solidi per formulare delle ipotesi convincenti, sembrano invece esservi maggiori indizi sulla sua posizione, o, meglio, sulla posizione dell’asse terrestre, rispetto al piano dell’eclittica. Molti dati tradizionali, tra i quali i Purana indù ed il latino Ovidio, ripresi anche da Julius Evola e Renè Guenon, segnalano infatti che durante l’età dell’oro non esistevano ancora le stagioni, ma un perpetuo clima da “eterna primavera”; tale situazione dovette evidentemente essere la conseguenza di una posizione assiale perpendicolare rispetto al piano orbitale della terra, garantendo in questo modo al nostro pianeta condizioni equinoziali per tutto l’anno. Il susseguirsi delle stagioni dovette inziare solo a partire dalla successiva età dell’argento, posta sotto il regno di Zeus, per effetto di un traumatico mutamento antropo-cosmico che per Guenon corrisponde alla “Caduta dell’Uomo”, ovvero la perdita definitiva del Paradiso Terrestre e l’inizio della storia post-edenica (databile, secondo la prospettiva qui seguita, circa 39.000 anni fa, cioè al termine del secondo grande anno del Manvantara).

Con tale situazione astronomica, il Polo dovette quindi trovarsi in una condizione di continua luce crepuscolare, forse tale da non oscurare la vista delle costellazioni celesti ma tuttavia senza l’esperienza di una vera notte, e con lo zenith coincidente al polo dell’eclittica solare: probabilmente quanto di più vicino, su questo piano dell’esistenza, all’idea di perennità, di tempo “sospeso”.

 

 

 
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